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Fumus commissi delicti: i limiti del riesame

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imprenditore contro un’ordinanza di sequestro preventivo per reati fiscali e riciclaggio. La sentenza ribadisce che per il sequestro è sufficiente il fumus commissi delicti, ovvero un quadro indiziario serio, non essendo richiesti i gravi indizi di colpevolezza. Il ricorso è stato respinto perché mirava a una rivalutazione dei fatti, compito precluso al giudice di legittimità.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fumus Commissi Delicti: La Cassazione sui Limiti del Riesame nel Sequestro Preventivo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale (Sentenza n. 10987/2025) offre un importante chiarimento sui presupposti del sequestro preventivo e sui limiti del sindacato del giudice di legittimità. La decisione si concentra sul concetto di fumus commissi delicti, delineando la differenza con i gravi indizi di colpevolezza e ribadendo che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti di Causa: Sequestro per Frode Fiscale e Riciclaggio

Il caso ha origine da un’indagine che ha coinvolto un imprenditore, legale rappresentante di una società metallurgica. L’accusa era di aver evaso le imposte sui redditi avvalendosi di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti emesse da una serie di società compiacenti, tra cui una considerata dagli inquirenti una mera ‘società cartiera’. Quest’ultima, priva di una reale struttura operativa e di dipendenti, avrebbe fatturato ingenti forniture di materiale ferroso mai avvenute, consentendo alla società dell’imprenditore di abbattere il proprio carico fiscale. Il profitto illecito derivante da tale evasione era stato quantificato in oltre 3 milioni di euro.

Inoltre, l’imprenditore era accusato di riciclaggio per aver ricevuto un bonifico di 15.000 euro dal titolare della ‘società cartiera’, somma a sua volta proveniente da contributi statali indebitamente percepiti. Il G.i.p. del Tribunale di Velletri aveva disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca. Il Tribunale di Roma, in sede di riesame, aveva parzialmente riformato il provvedimento riducendo il valore del sequestro ma confermandolo nel suo impianto principale.

I Motivi del Ricorso e il ruolo del fumus commissi delicti

L’imprenditore ha proposto ricorso per cassazione, lamentando diversi vizi. In primo luogo, ha contestato l’apoditticità della motivazione dell’ordinanza, sostenendo che il Tribunale avesse ritenuto false le fatture e la documentazione di trasporto senza spiegare adeguatamente le ragioni e senza confrontarsi con le prove a discarico prodotte dalla difesa (come i bonifici di pagamento e le dichiarazioni di terzi destinatari dei rifiuti). Secondo la difesa, mancava una valutazione critica del materiale probatorio.

Un punto centrale del ricorso riguardava la violazione dei criteri per l’identificazione del profitto confiscabile e, soprattutto, la presunta carenza di motivazione sul fumus commissi delicti in relazione all’elemento soggettivo dei reati contestati. La difesa sosteneva che il Tribunale del riesame avesse illegittimamente integrato la motivazione del G.i.p., che era considerata del tutto mancante su questo aspetto essenziale. Infine, veniva contestata la competenza territoriale del Tribunale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Le argomentazioni della Suprema Corte sono cruciali per comprendere i limiti del giudizio di legittimità in materia di misure cautelari reali.

Innanzitutto, la Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge e non per riesaminare il merito dei fatti. Le censure dell’imprenditore, secondo i giudici, miravano proprio a questo: proporre una lettura alternativa delle risultanze investigative, contestando la valutazione del Tribunale sulla fittizietà delle operazioni. Questo tipo di doglianza è precluso in sede di legittimità.

La Corte ha poi chiarito la nozione di fumus commissi delicti, presupposto del sequestro preventivo. Per giustificare la misura non è necessaria la gravità indiziaria richiesta per le misure cautelari personali (art. 273 c.p.p.), ma è sufficiente l’esistenza di ‘concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari’, che rendano plausibile la riconducibilità del fatto alla condotta dell’indagato. Il Tribunale del riesame aveva correttamente basato la sua decisione su una pluralità di elementi (l’inconsistenza operativa della società fornitrice, i legami tra i soggetti coinvolti, ecc.), fornendo una motivazione logica e coerente che soddisfaceva pienamente tale requisito.

Infine, riguardo alla presunta illegittima integrazione della motivazione, la Cassazione ha precisato che il divieto per il tribunale del riesame di ‘sostituirsi’ al G.i.p. opera solo quando la motivazione del primo provvedimento sia totalmente assente su un requisito essenziale (come il fumus o il periculum). Nel caso di specie, la motivazione esisteva e il Tribunale del riesame l’ha semplicemente vagliata e confermata, rispondendo alle censure difensive, seppure implicitamente, attraverso la coerenza del proprio impianto argomentativo.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione contro le misure cautelari reali non è un’ulteriore istanza di merito. Le doglianze devono concentrarsi su vizi di legittimità, come una motivazione totalmente assente, illogica o contraddittoria, e non sulla richiesta di una diversa interpretazione delle prove. La Corte ha confermato che il fumus commissi delicti richiesto per il sequestro preventivo si basa su una valutazione di plausibilità del reato basata su indizi seri, un livello probatorio volutamente distinto e meno stringente rispetto ai gravi indizi di colpevolezza. Questa pronuncia serve da monito per le difese, orientando le strategie impugnatorie verso la corretta individuazione dei vizi di legge, unici ammessi nel giudizio di legittimità.

Qual è il livello di prova necessario per disporre un sequestro preventivo?
Per disporre un sequestro preventivo è sufficiente la sussistenza del ‘fumus commissi delicti’. Ciò significa che non sono richiesti i ‘gravi indizi di colpevolezza’ necessari per le misure cautelari personali, ma bastano ‘concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari’ che indichino la probabile commissione di un reato.

È possibile contestare la valutazione dei fatti del giudice in un ricorso per cassazione avverso un sequestro?
No. Il ricorso per cassazione contro ordinanze in materia di sequestro è ammesso solo per violazione di legge. Non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova e diversa valutazione delle prove o una ricostruzione alternativa dei fatti, poiché questo rientra nel giudizio di merito, precluso in sede di legittimità.

Il tribunale del riesame può integrare una motivazione del G.i.p. che sia totalmente mancante?
No, il tribunale del riesame non può sostituirsi al giudice di primo grado se la motivazione su un requisito essenziale (come il fumus commissi delicti o il periculum in mora) è del tutto assente, poiché tale carenza determina la nullità del provvedimento. Può, invece, integrare o specificare una motivazione esistente ma carente, purché gli elementi essenziali siano già evincibili dal provvedimento originario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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