LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Fumus commissi delicti e truffa nel preliminare

La Corte di Cassazione ha confermato un sequestro preventivo di 30.000 euro per il reato di truffa. Un procuratore speciale, stipulando un contratto preliminare di vendita, aveva falsamente attestato la proprietà del bene in capo al suo mandante, incassando una caparra. La Corte ha ritenuto che la dichiarazione mendace e l’incasso della somma costituissero sufficienti elementi per configurare il ‘fumus commissi delicti’, giustificando la misura cautelare reale senza la necessità di prove complete come per le misure personali.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fumus commissi delicti: basta la falsa dichiarazione sulla proprietà per il sequestro?

La stipula di un contratto preliminare di compravendita immobiliare è un momento cruciale, basato sulla fiducia tra le parti. Ma cosa succede se chi vende, o chi lo rappresenta, mente sulla titolarità del bene? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito quali elementi sono sufficienti a integrare il fumus commissi delicti, ovvero la verosimile esistenza di un reato di truffa, giustificando un sequestro preventivo. Il caso analizza la condotta di un procuratore speciale che, incassata una cospicua caparra, aveva promesso in vendita un immobile non di proprietà del suo assistito.

I Fatti di Causa

Un soggetto, in qualità di procuratore speciale di un promittente venditore, stipulava un contratto preliminare per la vendita di un immobile. Durante la trattativa, i promittenti acquirenti versavano nelle mani del procuratore la somma di 30.000,00 euro a titolo di caparra confirmatoria. Successivamente, emergeva una realtà ben diversa: l’immobile non era di proprietà del soggetto rappresentato dal procuratore, bensì del fratello di quest’ultimo, il quale era completamente all’oscuro dell’accordo. Questo impedimento rendeva impossibile la stipula del contratto definitivo.
Il Giudice per le Indagini Preliminari disponeva quindi il sequestro preventivo della somma di 30.000,00 euro nei confronti del procuratore, indagato per il reato di truffa in concorso. Il Tribunale del riesame confermava la misura, spingendo l’indagato a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte e il fumus commissi delicti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo infondate le doglianze dell’indagato. Il ricorrente sosteneva che mancassero gli ‘artifici o raggiri’ tipici della truffa e che non vi fosse prova della sussistenza del fumus commissi delicti, presupposto indispensabile per il sequestro preventivo.

I giudici di legittimità, invece, hanno confermato la visione del Tribunale, individuando con precisione gli elementi che integravano la verosimiglianza del reato:
1. Il Raggiro: La dichiarazione mendace inserita nel contratto preliminare riguardo alla titolarità del bene è stata considerata l’artificio principale.
2. L’Ingiusto Profitto: L’ingiusto profitto è stato identificato nella caparra di 30.000,00 euro, versata dalle parti offese e interamente incamerata dal procuratore.

La Corte ha sottolineato che, per giustificare un sequestro preventivo, non è necessario raggiungere la soglia dei ‘gravi indizi di colpevolezza’ richiesta per le misure cautelari personali (come l’arresto), ma è comunque indispensabile accertare l’esistenza di elementi di fatto concreti e persuasivi che rendano plausibile la riconducibilità del fatto illecito alla condotta dell’indagato.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si è concentrata sulla distinzione tra la valutazione richiesta per le misure cautelari reali e quelle personali. Per il sequestro preventivo, il giudice deve compiere una verifica concreta e non meramente astratta della sussumibilità del fatto in un’ipotesi di reato.

Nel caso specifico, gli elementi concreti erano evidenti: la falsa attestazione sulla proprietà dell’immobile nel contratto e il fatto che la somma versata fosse stata interamente trattenuta dall’indagato. Quest’ultimo, pur sostenendo che gli acquirenti fossero a conoscenza della reale situazione proprietaria, non aveva fornito alcuna prova a supporto di tale affermazione. Anzi, i tentativi di dimostrare di aver girato parte della somma al promittente venditore si erano rivelati inefficaci, basandosi su certificazioni di bonifici per importi non corrispondenti e di cui non era noto l’esito.

Il Tribunale prima, e la Cassazione poi, hanno ritenuto che questi indizi, nel loro complesso, fossero sufficienti a configurare quel ‘fumus’ del reato di truffa necessario per mantenere in vita il sequestro della somma.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali: per disporre un sequestro preventivo non basta un semplice sospetto, ma sono necessari elementi fattuali concreti e persuasivi, seppur a livello indiziario, che colleghino una condotta a una specifica ipotesi di reato. La falsa dichiarazione sulla proprietà di un bene in un contratto, unita all’incasso di una somma a titolo di caparra, costituisce un quadro indiziario sufficientemente solido per giustificare il sequestro finalizzato a impedire che il profitto del presunto reato venga disperso. La decisione serve da monito sull’importanza della correttezza e della veridicità delle dichiarazioni rese in fase precontrattuale, le cui violazioni possono avere immediate e gravi conseguenze penali e procedurali.

Cosa si intende per ‘fumus commissi delicti’ ai fini del sequestro preventivo?
Per ‘fumus commissi delicti’ si intende la sussistenza di elementi di fatto concreti e persuasivi, anche solo a livello indiziario, che rendano verosimile l’esistenza di un reato e la sua riconducibilità alla condotta dell’indagato. Non è richiesta la prova piena necessaria per una condanna, né i ‘gravi indizi di colpevolezza’ previsti per le misure cautelari personali.

Una dichiarazione falsa sulla proprietà di un immobile in un contratto preliminare può costituire truffa?
Sì. Secondo la sentenza, la dichiarazione mendace, inserita in un contratto preliminare, relativa alla proprietà del bene promesso in vendita, costituisce un ‘raggiro’ o ‘artificio’ idoneo a integrare il delitto di truffa, inducendo in errore la controparte a versare una somma di denaro.

Per confermare un sequestro preventivo, è sufficiente che l’indagato abbia incassato una somma di denaro?
No, non è sufficiente solo l’incasso. È necessario che l’incasso della somma (in questo caso la caparra confirmatoria) sia la conseguenza di una condotta ingannevole, come la falsa dichiarazione sulla proprietà. La combinazione di questi due elementi – la condotta fraudolenta e l’ingiusto profitto – costituisce il quadro indiziario che giustifica il sequestro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati