Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 35254 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 35254 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/10/2024 del TRIBUNALE di NAPOLI, Sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME, che ha chiesto emettersi declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 9 ottobre 2024 il Tribunale di Napoli, sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli avverso l’ordinanza emessa il 24 aprile 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, disponeva nei confronti, per quel che qui interessa, dell’indagato COGNOME NOME il sequestro preventivo del profitto del reato di truffa di cui al capo c) dell’imputazione provvisoria, previa esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., fino alla concorrenza della somma di euro 65.000,00.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il COGNOME, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo di doglianza con il quale deduceva violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 110, 495, 640, 61, n. 7), cod. pen., assumendo che nella specie era insussistente il fumus commissi delicti e deducendo che dalla lettura del provvedimento impugnato non emergeva alcun contributo del ricorrente alla COGNOME realizzazione dell’evento delittuoso, essendo COGNOME pertanto insussistente una condotta di partecipazione al reato posta in essere dal COGNOME, sia pure sotto il profilo del rafforzamento del proposito criminoso o dell’agevolazione materiale della condotta degli altri concorrenti; osservava al riguardo che la persona informata sui fatti, COGNOME NOME, in relazione all’acquisto del bene immobile aveva avuto contatti esclusivamente con NOME e NOME e che all’atto della stipula del contratto definitivo era presente, oltre ai predetti due soggetti, un terzo, che non era stato individuato nell’odierno ricorrente.
In data 21 maggio 2025 la difesa del RAGIONE_SOCIALE depositava note conclusionali insistendo nelle conclusioni rassegnate con il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e pertanto inammissibile.
Si deve premettere che al COGNOME viene contestato di avere concorso con altri a costringere i germani NOME NOME corrispondere somme derivanti dalla vendita di beni immobili di loro proprietà, vendite effettuate “anche sostituendo alla persona di COGNOME NOME i coindagati COGNOME NOME e COGNOME NOME, avvalendosi di falsi documenti d’identità” (v. pag. 6 dell’ordinanza impugnata), in tal modo inducendo in errore il notaio e gli acquirenti, così procurandosi un ingiusto profitto costituito dal corrispettivo degli atti di alienazione, uno de quali è contestato al capo c) dell’imputazione provvisoria.
Ciò premesso, osserva la Corte che il giudice della cautela, rendendo adeguata motivazione, ha dato conto in maniera puntuale degli elementi utilizzati per ritenere la sussistenza del fumus commissi delicti a carico del ricorrente in relazione alla truffa contemplata al capo c), traendo da tali elementi conseguenze del tutto logiche.
Il Tribunale ha richiamato, in particolare, le dichiarazioni rese dalla persona offesa NOME COGNOME, che “riferiva che da circa un anno lui e i suoi tre
fratelli erano vittima di estorsioni commesse da alcuni giovani” fra i quali l’odierno ricorrente e il fratello NOME, e che “per soddisfare le loro richieste, lui e i fratelli erano stati costretti a vendere alcune proprietà, i cui corrispetti venivano interamente riscossi dai COGNOME” (v. pag. 9 del provvedimento impugnato).
Le dichiarazioni del COGNOME venivano dal medesimo confermate nel corso di una seconda escussione, durante la quale la parte offesa aveva affermato “di essersi allontanato da Napoli per le continue minacce di COGNOME NOME e COGNOME NOME” (v. pag. 11 dell’ordinanza impugnata).
Con particolare riferimento alla truffa di cui al capo c) il Tribunale ha richiamato le dichiarazioni rese da COGNOME NOME, acquirente di due immobili, osservando congruamente che “la circostanza che egli non ricordasse della presenza di COGNOME NOME o di altri in occasione delle stipule non appare dirimente … perché tale presenza … non va necessariamente intesa come presenza presso gli studi notarili al momento della sottoscrizione (invero, alquanto improbabile esponendo gli indagati), ma piuttosto come partecipazione al momento attraverso un controllo esercitabile anche rimanendo nelle vicinanze di detti studi (come, peraltro, emerso dalle indagini svolte)” (v. pag. 16 del provvedimento impugnato).
Trattasi di motivazione coerente che attesta la sussistenza del fumus del reato anche con riferimento al concorso del ricorrente (v. pagg. 8 – 11 e 16 del provvedimento impugnato).
Il ricorso si appalesa pertanto come mera rivalutazione in fatto inammissibile in questa sede dove possono essere fatte valere solo violazioni di legge.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.; la cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 11/06/2025