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Fumus commissi delicti e sequestro: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo per truffa. La Corte ha ritenuto sussistente il fumus commissi delicti a carico del ricorrente, basandosi sulle dichiarazioni della persona offesa e sulla logicità delle motivazioni del tribunale del riesame, che aveva evidenziato un concorso nel reato anche senza la presenza fisica al rogito notarile.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fumus Commissi Delicti: Quando il Sospetto Giustifica il Sequestro Preventivo

La recente sentenza della Corte di Cassazione penale, sez. 2, n. 35254 del 2025, offre un’importante lezione sul concetto di fumus commissi delicti e sulla sua applicazione nel contesto delle misure cautelari reali. Il caso analizzato riguarda un sequestro preventivo disposto per il reato di truffa, dove la difesa contestava proprio la sussistenza di un quadro indiziario sufficiente a giustificare la misura. La decisione della Suprema Corte chiarisce come la partecipazione a un reato possa essere provata anche senza la presenza fisica dell’indagato sulla scena del crimine, valorizzando invece elementi logici e dichiarazioni testimoniali.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli, che aveva disposto il sequestro preventivo di 65.000 euro, quale profitto del reato di truffa, nei confronti di un indagato. Secondo l’accusa, l’uomo, in concorso con altri, aveva costretto due fratelli a vendere diversi beni immobili di loro proprietà. Le vendite erano state realizzate inducendo in errore notai e acquirenti, grazie all’uso di documenti d’identità falsi e alla sostituzione di persona.

Le indagini avevano fatto emergere un quadro di estorsioni e minacce continue da parte dell’indagato e di suo fratello ai danni delle vittime. Queste ultime, per soddisfare le richieste economiche, erano state costrette a cedere il loro patrimonio immobiliare, i cui proventi venivano interamente incassati dagli indagati.

Il Ricorso in Cassazione

L’indagato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo l’insussistenza del fumus commissi delicti. La difesa argomentava che dal provvedimento impugnato non emergeva alcun contributo concreto del proprio assistito alla realizzazione della truffa. In particolare, si sottolineava che l’acquirente di uno degli immobili aveva dichiarato di aver avuto contatti solo con altri soggetti e che, al momento del rogito notarile, era presente un terzo individuo non identificato nell’indagato. Secondo il ricorrente, mancava quindi la prova di una condotta di partecipazione al reato, sia come rafforzamento del proposito criminoso altrui sia come agevolazione materiale.

La Valutazione del Fumus Commissi Delicti da Parte della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno stabilito che il ricorso si limitava a una mera rivalutazione dei fatti, operazione non consentita in sede di legittimità, dove si possono far valere unicamente violazioni di legge.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto che il Tribunale del riesame avesse fornito una motivazione adeguata e logica per giustificare la sussistenza del fumus commissi delicti. La decisione si fondava su elementi probatori solidi, primo fra tutti le dichiarazioni della persona offesa. Quest’ultima aveva chiaramente indicato il ricorrente e suo fratello come gli autori delle estorsioni che lo avevano costretto a vendere le proprietà.

Un punto cruciale della motivazione riguarda la partecipazione al reato. La Cassazione ha condiviso l’analisi del Tribunale secondo cui la mancata presenza fisica dell’indagato presso lo studio notarile al momento della stipula non era un elemento decisivo per escludere il suo concorso. La partecipazione, infatti, poteva concretizzarsi attraverso un ‘controllo esercitabile anche rimanendo nelle vicinanze’, come emerso dalle indagini. Questo approccio valorizza una visione sostanziale della complicità, che non si esaurisce nella mera esecuzione materiale, ma include anche il contributo strategico e il controllo dell’operazione criminale.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza riafferma un principio fondamentale: per l’applicazione di una misura cautelare come il sequestro preventivo, è sufficiente la presenza del fumus commissi delicti, ovvero un quadro indiziario che renda verosimile la commissione del reato. La valutazione di tale presupposto è demandata al giudice di merito, il cui giudizio, se logicamente motivato e privo di vizi di legge, non è sindacabile in Cassazione. La decisione sottolinea inoltre come il concorso di persone nel reato possa assumere forme diverse, non richiedendo necessariamente la presenza fisica di tutti i concorrenti durante l’esecuzione materiale, ma potendo basarsi su ruoli di controllo e supervisione che garantiscono il buon esito del piano criminoso.

Quando è legittimo un sequestro preventivo?
Un sequestro preventivo è legittimo quando sussiste il cosiddetto fumus commissi delicti, ovvero un insieme di indizi che rendono ragionevole e probabile la commissione di un reato. Lo scopo è impedire che il reato produca ulteriori conseguenze o assicurare le cose su cui potrebbe essere disposta la confisca.

Per essere considerati complici in una truffa è necessaria la presenza fisica al momento del reato, ad esempio dal notaio?
No. Secondo la sentenza, la partecipazione a un reato come la truffa può essere riconosciuta anche senza la presenza fisica al momento della sua consumazione. Un ruolo di controllo esercitato a distanza o un contributo all’ideazione e organizzazione del piano criminoso sono sufficienti a configurare il concorso nel reato.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, significa che non può esaminarlo nel merito perché non rispetta i requisiti previsti dalla legge. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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