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Fumus commissi delicti: cosa serve per il sequestro?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di tre imprenditori contro il sequestro preventivo di crediti d’imposta per oltre 4 milioni di euro. La Corte ha chiarito che, ai fini del sequestro, è sufficiente un valido fumus commissi delicti, basato su indizi concreti della sussistenza del reato, senza che sia necessaria una prova piena della colpevolezza, la cui valutazione è riservata al giudizio di merito. L’appello che mira a una rivalutazione dei fatti è inammissibile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fumus Commissi Delicti: Cosa Serve Davvero per il Sequestro Preventivo?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44714/2024, torna a pronunciarsi sui requisiti necessari per disporre un sequestro preventivo, focalizzandosi sul concetto di fumus commissi delicti. La decisione offre chiarimenti cruciali per imprese e professionisti coinvolti in procedimenti penali, specialmente in materie complesse come quelle legate ai bonus fiscali edilizi. Il caso riguarda il sequestro di crediti d’imposta per un valore di oltre 4 milioni di euro, e la sentenza sottolinea la differenza tra il giudizio cautelare e quello di merito.

I Fatti del Caso: Crediti d’Imposta e Superbonus nel Mirino

Tre imprenditori del settore edile si sono visti sottoporre a sequestro preventivo un ingente pacchetto di crediti d’imposta, ritenuti profitto del reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.). L’accusa si fondava sul presupposto che i lavori di ristrutturazione legati al c.d. Superbonus non avessero raggiunto la soglia del 30% di avanzamento entro la scadenza normativa del 30 settembre 2022, condizione necessaria per beneficiare dell’agevolazione.

Il Tribunale, in sede di rinvio dopo un precedente annullamento da parte della stessa Cassazione, aveva confermato la misura cautelare. Gli imprenditori hanno quindi proposto un nuovo ricorso, lamentando principalmente la mancanza di una motivazione adeguata sul fumus commissi delicti e un’erronea valutazione delle prove.

L’Appello e le Argomentazioni Difensive

La difesa ha articolato il ricorso su diversi punti, tra cui:

1. Vizio di motivazione: Secondo i ricorrenti, il Tribunale avrebbe basato la sua decisione su un’analisi parziale della documentazione (solo 12 contratti su oltre 120), rendendo la motivazione apparente e insufficiente.
2. Violazione di legge: Si contestava l’errata applicazione delle norme sul Superbonus e la mancata considerazione di elementi probatori a favore degli indagati.
3. Sproporzionalità: La misura del sequestro, estesa a tutti i crediti, veniva ritenuta sproporzionata rispetto alle presunte irregolarità.

In sostanza, la difesa chiedeva alla Corte di Cassazione di censurare la decisione del Tribunale per non aver adeguatamente provato la sussistenza del reato, anche solo a livello indiziario.

La Decisione sul Fumus Commissi Delicti e i Limiti del Giudizio Cautelare

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia di misure cautelari reali. Il punto centrale della decisione ruota attorno alla natura e alla portata del fumus commissi delicti.

La Cassazione ha chiarito che, in sede di riesame di un sequestro preventivo, il giudice non deve accertare la colpevolezza dell’indagato, ma solo verificare l’esistenza di elementi concreti e persuasivi che rendano plausibile l’ipotesi accusatoria. Non sono richiesti ‘gravi indizi di colpevolezza’, come per le misure cautelari personali, ma ‘sufficienti indizi’ che il fatto contestato costituisca reato.

Il Tribunale, secondo la Corte, aveva correttamente adempiuto a tale obbligo. La sua decisione non era basata su una mera congettura, ma su una pluralità di elementi fattuali:

* Sommarie informazioni testimoniali.
* Accertamenti della Guardia di Finanza.
* Date di acquisto di materiali (spesso successive alla scadenza del 30 settembre 2022).
* Date di stipula dei contratti.

Questi elementi, valutati nel loro complesso, erano sufficienti a sostenere, nella fase preliminare, l’ipotesi che i lavori non fossero stati eseguiti nei termini di legge, integrando così il fumus commissi delicti.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile principalmente per due ragioni. In primo luogo, ha stabilito che la motivazione del Tribunale non era né mancante né apparente. Al contrario, essa aveva dato conto degli elementi fattuali e delle fonti investigative su cui si fondava la decisione, adempiendo all’obbligo motivazionale richiesto per la fase cautelare. La disamina del giudice del rinvio non si era limitata a pochi contratti, ma aveva riguardato l’intera vicenda, evidenziando le fonti investigative che sostenevano l’ipotesi accusatoria per tutti i cantieri coinvolti.

In secondo luogo, e in modo ancora più netto, la Cassazione ha evidenziato che le argomentazioni difensive non denunciavano una reale violazione di legge, ma miravano a una diversa valutazione dei fatti e delle prove. I ricorrenti, di fatto, chiedevano alla Suprema Corte di sostituire il proprio apprezzamento a quello del giudice di merito, un’operazione preclusa in sede di legittimità. Il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. La difesa, limitandosi a eccepire genericamente una mancanza di motivazione senza confrontarsi specificamente con i rilievi del Tribunale, ha presentato un ricorso che è stato giudicato generico e, pertanto, inammissibile.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito: nel contesto di un sequestro preventivo, il controllo della Cassazione è rigorosamente limitato alla violazione di legge e ai vizi radicali della motivazione. Non è la sede per contestare l’interpretazione del materiale indiziario. Per le imprese e i professionisti, ciò significa che la strategia difensiva contro una misura cautelare reale deve concentrarsi, in sede di riesame, sulla dimostrazione dell’insussistenza degli indizi o della loro inidoneità a configurare il reato contestato. In Cassazione, invece, l’unica via percorribile è quella di evidenziare un errore di diritto o un’assenza totale di logica nel percorso argomentativo del giudice, e non di proporre una ricostruzione alternativa dei fatti.

Cosa si intende per ‘fumus commissi delicti’ ai fini di un sequestro preventivo?
Per la Cassazione, il ‘fumus commissi delicti’ non richiede una prova certa della colpevolezza, ma l’esistenza di sufficienti indizi e di elementi concreti che rendano plausibile e sostenibile l’ipotesi accusatoria. Si tratta di una valutazione di probabilità basata sugli atti disponibili in fase di indagine.

È possibile contestare la valutazione delle prove di un sequestro preventivo con un ricorso in Cassazione?
No. Il ricorso per cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. La Corte non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente. Può solo annullare una decisione per violazione di legge o per un vizio di motivazione così grave da renderla inesistente o puramente apparente.

La motivazione di un sequestro è valida anche se non analizza ogni singolo contratto o fattura?
Sì, secondo questa sentenza. La motivazione è considerata valida se si basa su una pluralità di elementi investigativi (accertamenti, testimonianze, documenti) che, nel loro complesso, supportano l’ipotesi di reato per l’intera vicenda, anche senza un’analisi parcellizzata di ogni singolo documento menzionato dalla difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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