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Fumus commissi delicti: contanti e ricettazione

La Cassazione conferma il sequestro di circa 600.000 euro in contanti trovati in possesso di una donna con redditi minimi. La Corte ha ritenuto sussistente il fumus commissi delicti del reato di ricettazione con presupposto di evasione fiscale, basandosi su un quadro indiziario grave, preciso e concordante, nonostante l’assenza di una prova diretta sull’origine del denaro.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fumus Commissi Delicti: Quando il Possesso di Contanti Diventa Reato

Il possesso di una grande quantità di denaro contante, in assenza di una giustificazione plausibile, può integrare gli indizi necessari per disporre un sequestro preventivo? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23954 del 2024, offre una risposta chiara, delineando i confini del cosiddetto fumus commissi delicti in materia di ricettazione. Questa pronuncia analizza il caso di una donna trovata con quasi 600.000 euro in contanti e stabilisce come un quadro indiziario solido possa superare la mancanza di prove dirette sulla provenienza illecita del denaro.

I Fatti: Un Tentativo di Rapina Svela un Tesoro Nascosto

La vicenda ha origine da un evento drammatico: una donna, mentre cammina nei pressi di una stazione ferroviaria di Roma con un trolley e uno zaino, subisce un tentativo di rapina. L’aggressore cerca di strapparle il trolley, ma la donna oppone una resistenza così tenace da finire a terra e venire trascinata per alcuni metri, senza mai mollare la presa. L’intervento delle forze dell’ordine, allertate dalla scena, mette in fuga il rapinatore.

Il comportamento della donna e la sua strenua difesa dei bagagli insospettiscono gli agenti, che procedono a un controllo. All’interno del trolley e dello zaino scoprono numerose mazzette di banconote di vario taglio, per un totale di 595.900 euro. Le successive indagini patrimoniali rivelano che la donna ha redditi dichiarati molto modesti, non è titolare di partita IVA né di beni immobili o mobili registrati. Inoltre, non fornisce alcuna spiegazione credibile sulla provenienza o sulla destinazione di quella ingente somma.

L’Iter Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Sulla base di questi elementi, la Procura chiede e ottiene dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) il sequestro preventivo della somma, ipotizzando il reato di riciclaggio (art. 648-bis c.p.) derivante da evasione fiscale.

La difesa presenta ricorso al Tribunale del Riesame, il quale conferma il sequestro ma riqualifica il reato da riciclaggio a ricettazione (art. 648 c.p.), ritenendo quest’ultima ipotesi più aderente al quadro indiziario emerso. Contro questa decisione, la difesa ricorre in Cassazione, lamentando principalmente:
1. Assenza del fumus commissi delicti: Mancanza di elementi concreti sul reato presupposto (l’evasione fiscale), come l’identità degli evasori o il superamento delle soglie di punibilità.
2. Errata qualificazione del fatto: Il Tribunale del Riesame non avrebbe potuto modificare l’imputazione originaria.
3. Violazione del principio di proporzionalità: Il sequestro dell’intera somma sarebbe sproporzionato rispetto all’ipotetico profitto del reato fiscale.

La Decisione della Cassazione sul Fumus Commissi Delicti

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la piena legittimità del sequestro. La sentenza si basa su un’analisi approfondita del concetto di fumus commissi delicti nel contesto delle misure cautelari reali.

I giudici supremi hanno stabilito che, ai fini del sequestro preventivo, non è richiesta la prova certa e incontrovertibile del reato presupposto. È sufficiente un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti che rendano logica e plausibile l’ipotesi accusatoria. Nel caso di specie, tale quadro indiziario era ampiamente sussistente.

Le Motivazioni

La Valenza degli Indizi nel Configurare il Fumus Commissi Delicti

La Corte ha valorizzato una serie di elementi fattuali che, letti congiuntamente, formano un quadro logico e coerente:
* L’enorme quantità di denaro contante: Un importo così elevato è di per sé anomalo e difficilmente compatibile con attività lecite, soprattutto a fronte dei redditi irrisori della donna.
* La sproporzione reddituale: La manifesta incapacità della donna di giustificare il possesso di tale somma con le sue fonti di reddito legali.
* Le modalità di trasporto: L’occultamento del denaro in un trolley e uno zaino è tipico delle attività di ‘corriere’ finalizzate a spostare capitali illeciti in modo non tracciabile.
* Il comportamento dell’indagata: La resistenza quasi eroica al tentativo di rapina e la successiva reticenza nel fornire spiegazioni sono state interpretate come la volontà di proteggere un bene non proprio e di occultarne l’origine illecita.

La Cassazione ha chiarito che questi elementi, nel loro complesso, permettono di inferire logicamente che il denaro provenisse da un delitto, identificato in via provvisoria nell’evasione fiscale, senza la necessità, in questa fase cautelare, di individuare gli autori specifici o di calcolare l’esatta imposta evasa.

La Riqualificazione del Reato da Riciclaggio a Ricettazione

Un punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda il potere del Tribunale del Riesame di modificare la qualificazione giuridica del fatto. La difesa sosteneva che tale modifica fosse illegittima. La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando che il Tribunale ha il potere-dovere di inquadrare giuridicamente il fatto descritto negli atti, purché non ne alteri la sostanza storica. Poiché la condotta di ricettazione è concettualmente contenuta in quella più complessa di riciclaggio (che richiede un quid pluris, ossia un’attività di ‘ripulitura’), riqualificare il fatto nel reato meno grave non costituisce un’alterazione inammissibile, ma un corretto esercizio della funzione giurisdizionale in fase cautelare.

Distinzione dal Possesso Ingiustificato di Valori

La difesa aveva tentato di assimilare la condotta a quella, non più prevista come reato, di ‘possesso ingiustificato di valori’. La Corte ha nettamente distinto le due situazioni. Mentre il possesso ingiustificato puniva la mera sproporzione tra patrimonio e reddito di determinati soggetti, nel caso di specie il possesso del denaro era inserito in un contesto fattuale ricco di indizi (il trasporto, il tentativo di rapina mirato, il comportamento della donna) che connotavano la condotta come una ‘ricezione’ di beni da terzi, elemento tipico del reato di ricettazione.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali: per giustificare un sequestro preventivo per reati come la ricettazione, è sufficiente dimostrare la sussistenza del fumus commissi delicti attraverso un solido impianto indiziario. Non è necessario avere già la prova piena del reato presupposto. Il possesso di ingenti somme di denaro contante, unito all’incapacità di fornirne una spiegazione lecita e a circostanze fattuali sospette, costituisce un quadro probatorio sufficiente per ritenere che tali somme derivino da un’attività criminale e per procedere al loro sequestro al fine di impedire la prosecuzione dell’illecito.

Il solo possesso di una grande somma di denaro in contanti è sufficiente per un sequestro?
No, il solo possesso non è di per sé sufficiente. Tuttavia, come chiarito dalla sentenza, diventa un indizio grave quando si unisce ad altri elementi, come la manifesta sproporzione con i redditi dichiarati, l’assenza di una giustificazione plausibile e circostanze di fatto anomale (come le modalità di trasporto e occultamento), che insieme possono costituire il necessario fumus commissi delicti.

È necessario provare con certezza il reato da cui proviene il denaro (reato presupposto) per procedere con un sequestro per ricettazione?
No, in fase di indagini e per l’applicazione di una misura cautelare come il sequestro, non è richiesta la prova certa e definitiva del reato presupposto. La sua esistenza può essere desunta in via logica da un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti che rendano altamente probabile l’origine illecita del denaro.

Il Tribunale del Riesame può cambiare la qualificazione giuridica del reato decisa dal GIP?
Sì, il Tribunale del Riesame ha il potere di dare una diversa qualificazione giuridica ai fatti, a condizione che non modifichi gli elementi storici e materiali della condotta contestata. Nel caso esaminato, ha legittimamente riqualificato il reato da riciclaggio a ricettazione, poiché quest’ultima fattispecie è meno grave e concettualmente contenuta nella prima, basandosi sugli stessi fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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