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Fumus commissi delicti: Cassazione annulla sequestro

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro probatorio, accogliendo parzialmente il ricorso di un indagato. La decisione si fonda sulla carenza del cosiddetto ‘fumus commissi delicti’, ovvero sulla mancanza di elementi concreti e specifici che giustificassero il sequestro in relazione al reato di associazione per delinquere. La Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale del Riesame troppo generica e insufficiente, pur rigettando le altre eccezioni relative all’incompetenza del PM e all’uso di intercettazioni da altri procedimenti come notizia di reato.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fumus Commissi Delicti: La Cassazione Annulla Sequestro per Motivazione Generica

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 17687 del 2025, offre importanti chiarimenti sui requisiti necessari per disporre un sequestro probatorio, in particolare sulla corretta valutazione del fumus commissi delicti. La Corte ha annullato l’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva confermato il sequestro a carico di un indagato, ritenendo la motivazione carente e generica riguardo la sua partecipazione a un presunto sodalizio criminoso. Questa decisione ribadisce la necessità di elementi concreti per limitare i diritti fondamentali del cittadino.

Il Caso: Dal Sequestro al Ricorso in Cassazione

La vicenda ha origine da un decreto di sequestro probatorio e di corrispondenza emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno. L’indagato, accusato di associazione per delinquere e turbativa d’asta, si opponeva al provvedimento presentando un’istanza di riesame, che veniva però rigettata.

Contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame, la difesa proponeva ricorso per cassazione, articolando diverse censure:
1. Incompetenza territoriale dell’autorità giudiziaria.
2. Inutilizzabilità delle intercettazioni provenienti da altri procedimenti penali.
3. Assenza del fumus commissi delicti, ovvero la mancanza di sufficienti indizi di reato, e motivazione apparente o assente da parte del Tribunale.

In sostanza, la difesa sosteneva che il sequestro avesse una finalità puramente esplorativa e fosse basato su elementi inconsistenti, come l’acquisizione di schermate di chat di gruppo, senza un solido quadro indiziario.

La Valutazione del fumus commissi delicti da parte della Corte

La Corte di Cassazione ha esaminato attentamente i motivi del ricorso, rigettando le prime eccezioni procedurali. Ha confermato, in linea con la giurisprudenza consolidata (jus receptum), che l’incompetenza del Pubblico Ministero in fase di indagini preliminari non invalida gli atti compiuti, essendo un mero criterio organizzativo. Allo stesso modo, ha chiarito che i risultati di intercettazioni provenienti da altri procedimenti, pur non potendo essere usati come prova diretta, sono legittimamente utilizzabili come notitia criminis, ovvero come spunto per avviare nuove indagini.

Il punto cruciale della sentenza, tuttavia, riguarda l’accoglimento del motivo relativo al fumus commissi delicti. La Corte ha ritenuto fondata la censura della difesa, giudicando la motivazione dell’ordinanza impugnata insufficiente e generica, soprattutto riguardo alla partecipazione dell’indagato al presunto contesto associativo.

Le carenze della motivazione del Tribunale

Secondo la Cassazione, il Tribunale del Riesame non ha adeguatamente risposto alle argomentazioni difensive, limitandosi a indicare elementi generici che non dimostravano concretamente l’ipotesi criminosa associativa. La Corte ha sottolineato come l’utilizzo di comunicazioni tramite chat, un’attività ormai comune, non possa di per sé assumere una valenza indiziante. Allo stesso modo, il riferimento a vicende cautelari che coinvolgevano altri soggetti (come un sindaco e il suo portavoce) è stato ritenuto un elemento esterno e non direttamente riferibile alla posizione del ricorrente.

La necessità di una motivazione concreta e non esplorativa

La decisione evidenzia che, per giustificare un provvedimento invasivo come il sequestro probatorio, è necessaria una motivazione che vada oltre il semplice sospetto. L’autorità giudiziaria deve indicare elementi specifici e concreti che supportino l’ipotesi di reato a carico dell’indagato. In caso contrario, il sequestro assume un carattere esplorativo, non consentito dalla legge, poiché finisce per essere uno strumento per cercare prove piuttosto che per assicurare quelle già esistenti.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha ritenuto che l’ordinanza del Tribunale del Riesame mancasse di una effettiva interlocuzione con le deduzioni difensive relative al fumus commissi delicti. La motivazione fornita dal Tribunale per sostenere l’esistenza di un’associazione criminosa a carico del ricorrente è stata giudicata ‘generica’. Il semplice uso di chat di gruppo è stato considerato un comportamento comune e privo di intrinseca valenza indiziante. Inoltre, il riferimento alla formulazione e all’invio di schede progettuali è stato ritenuto un ‘elemento da approfondire’, e quindi non un indizio solido. Anche il richiamo a una precedente vicenda cautelare a carico di terzi è stato considerato non direttamente collegabile alla posizione del ricorrente. Di conseguenza, la Corte ha concluso che mancava un collegamento logico e probatorio sufficiente a giustificare il sequestro dei beni dell’indagato per il reato associativo contestato, rendendo la motivazione dell’ordinanza del tutto apparente.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio al Tribunale di Salerno. Quest’ultimo dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi di diritto enunciati, ovvero verificando in modo concreto e puntuale la sussistenza del fumus commissi delicti a carico dell’indagato. La sentenza rappresenta un importante monito sulla necessità di una motivazione rigorosa e specifica per tutti i provvedimenti che incidono sulla libertà e sulla proprietà dei cittadini, impedendo che le indagini si trasformino in una ricerca indiscriminata di prove senza un solido fondamento indiziario.

È possibile utilizzare intercettazioni di un altro procedimento per iniziare una nuova indagine?
Sì. La Corte di Cassazione ha specificato che, sebbene i risultati di intercettazioni non possano essere usati come prova in procedimenti diversi (salvo eccezioni previste dall’art. 270 c.p.p.), possono legittimamente costituire una ‘notitia criminis’, ovvero una notizia di reato sulla base della quale avviare nuove indagini.

L’incompetenza del Pubblico Ministero che ordina un sequestro rende l’atto nullo?
No. Secondo una giurisprudenza consolidata, la competenza del PM nella fase delle indagini preliminari è considerata un criterio di organizzazione del lavoro investigativo e non un requisito di validità degli atti. Pertanto, l’eventuale incompetenza non rende nullo il sequestro probatorio disposto.

Cosa si intende per motivazione ‘generica’ riguardo al fumus commissi delicti?
Una motivazione è ‘generica’ quando non indica elementi di fatto specifici e concreti che colleghino l’indagato al reato ipotizzato. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto insufficienti elementi come l’uso comune di chat di gruppo o il riferimento a vicende di terzi, poiché non dimostrano in modo puntuale la partecipazione del ricorrente all’associazione criminosa, rendendo così il sequestro ingiustificato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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