Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17687 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17687 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Pagani il 08/03/1974
avverso la ordinanza del 23/01/2025 del Tribunale di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; uditi i difensori, Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME che hanno
chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Salerno ha rigettato la istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro probatorio e di corrispondenza emesso in data 3 dicembre 2024 dal Pubblico ministero presso il Tribunale di Salerno nei confronti – tra gli altri – del predett indagato in ordine ai reati di cui ai capi a)(art. 416 cod. pen.),b)(artt. 110,353 cod. pen.), c)(artt.110,353-bis cod. pen.) e d) (art.110,353 cod. pen.).
Avverso la ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato che con atto di ricorso deduce i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo violazione e inosservanza degli artt. 8, 125, comma 3, 253,254,270, 325 e vizio di assenza o apparenza della motivazione nonché insussistenza del fumus commissi delicti.
Il Tribunale ha pretermesso le argomentazioni difensive in merito alla sostanziale incompetenza per territorio della Autorità giudiziaria adita, all’inutilizzabilità del materiale captativo raccolto in seno ad altro procedimento penale, all’inutilizzabilità delle conversazioni e della corrispondenza per mancanza di preliminare attività ispettiva e per contrasto con orientamento giurisprudenziale europeo.
Quanto alla incompetenza per territorio, si deduceva che nell’incertezza del luogo di costituzione della associazione criminosa, soccorreva il criterio sussidiario e presuntivo del luogo del prinno reato commesso nonché di quello più grave individuabile in quello di cui al capo d), commesso in Napoli.
La risposta del Tribunale, che si è limitato a richiamare le disposizioni di cui agli artt. 54 e 54-bis cod. proc. pen., ha omesso di considerare la stessa competenza del Tribunale di statuire sulla odierna vicenda cautelare che ha evitato la verifica della legittimità dell’atto impugnato, rispetto al quale si deve ordinar la trasmissione degli atti sollecitando l’applicazione del rimedio previsto dagli artt. 54 e 54-bis cod. proc. pen. in favore della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli.
Quanto alla inutilizzabilità ex art. 270 cod. proc. pen. delle intercettazioni poste a base del decreto impugnato, trattandosi di intercettazioni compiute in altri procedimenti non connessi e iscritti precedentemente al 10.10.2023, rispetto ad una iscrizione per il reato di cui all’art. 416 cod. pen. avvenuta soltanto in data 3.12.2024, il Tribunale ha rigettato l’eccezione rilevando l’utilizzo dell intercettazioni non come elementi di prova a carico dell’indagato ma come notitia criminis sulla base della quale avviare le indagini. In tal modo si è espressa in modo del tutto sganciato dalla realtà endo-procedimentale e in contraddizione
rispetto al materiale “probatorio” raccolto che individuava la notitia criminis a carico del ricorrente nella inutilizzabile – per quanto appresso si dirà – acquisizione di una schermata della cd. “chat di gruppo”, mentre i risultati captativi erano destinati proprio a colorare la “chat di gruppo” in chiave probatoria.
– Quanto al fumus commissi delicti, è stata invocata la censura in merito all’originario decreto di sequestro probatorio perché a fondare il fumus commissi delicti vi erano dialoghi appresi in chat whatsapp e scambi di messaggistica, da ritenersi corrispondenza, non accompagnata da alcun sequestro probatorio nell’ambito del procedimento penale n. 800/23 RGNR dalla quale veniva appresa. Si deduceva l’irritualità non solo del decreto impugnato ma anche dei precedenti decreti di sequestro probatorio sui medesimi dispositivi in quanto essi ponevano in essere un’illogica apprensione della documentazione e della corrispondenza ancor prima di comprendere se effettivamente i dispositivi sequestrati, e quindi il loro contenuto, avessero una qualche minima relazione con i reati per i quali si procede, senza peraltro essersi proceduto – all’atto della emissione del presente decreto – né alla copia forense né all’analisi della stessa, onde rinvenirvi corrispondenza tra gli indagati, così designando la natura meramente esplorativa del provvedimento di sequestro impugnato, tale da escludere il diritto al contraddittorio, all’informazione all’indagato dei fatti per i quali si procede e all tutela della proprietà privata, richiamandosi l’orientamento di legittimità in relazione ai presupposti di pertinenzialità della cosa soggetta a vincolo rispetto alla necessaria descrizione della condotta incriminata.
Si richiama, inoltre, la sentenza resa dalla Grande Camera della Corte di giustizia in data 4.10.2024 nella Causa C-548/21 in cui si è affermato che le disposizioni della direttiva 2016/680, lette alla luce della Carta, ostano a una normativa nazionale che autorizza le autorità competenti ad accedere a dati contenuti in un telefono cellulare senza informare l’interessato dei motivi su cui si fonda l’autorizzazione da parte di un giudice o di un organo amministrativo indipendente ad accedere a tali dati, a partire dal momento in cui la comunicazione di tale informazione non rischia più di compromettere i compiti spettanti a tali autorità. In particolare, la Corte di giustizia ha escluso che il pubblico ministero sia individuabile come “autorità giudiziaria”, ossia come organo terzo e imparziale, cosicché si chiedeva dichiararsi l’inutilizzabilità delle conversazioni ritenute corrispondenza.
Pertanto, alla luce dei principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza di legittimità interna e sovranazionale, il decreto di sequestro impugnato appariva del tutto censurabile in ragione dell’assenza di specifiche indicazioni sul fumus commissi delicti, sull’apparenza della motivazione e, più in generale, sull’inopportunità che la Pubblica Accusa procedesse ad imporre il sequestro
probatorio senza un preventivo controllo da parte di una A.G. terza e imparziale, così designandosi l’inutilizzabilità delle conversazioni ritenute corrispondenza.
Il rinvio da parte del Tribunale a quanto già detto in sede di riesame avverso il decreto di sequestro probatorio del 30.10.2024, pretermette le argomentazioni difensive in merito alla sostanziale indeterminatezza dei presunti provvisori capi di imputazione, elevati a carico del ricorrente, incorrendo un una lacunosa e apparente motivazione sulla presunta sussistenza del fumus commissi delicti, sulla deviazione esecutiva del sequestro probatorio dei dispositivi informatici (disposto ab origine) e sulla rilevanza della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 4.10.2024.
I passaggi argomentativi rinvenibili a pg. 2-3 del provvedimento impugnato non possono essere in alcun modo valorizzati non trovando corrispondenza nell’originario decreto di sequestro probatorio e di corrispondenza che è muto quanto alla contestazione delle condotte e degli eventi, cosicché tali passaggi sono espressione di una non consentita operazione di “recupero” da parte del Tribunale, mancando – nell’odierna procedura cautelare reale – indicazioni concernenti le circostanze fattuali in virtù delle quali sarebbe possibile attribuire all’odiern ricorrente la presunta condotta criminosa e, più in generale, ipotizzare l’effettiva consumazione delle fattispecie delittuose contestate al medesimo.
Né può dirsi sostanziata la motivazione in ordine alle doglianze difensive dal riferimento alla futura attività investigativa riguardante in conferimento dell’incarico tecnico per l’acquisizione della copia forense, rimanendo l’assenza del previo accertamento del nesso di pertinenzialità dei beni appresi.
Alle doglianze difensive il Tribunale ha preferito rispondere con un sostanziale non liquet anziché spingersi verso la più corretta disapplicazione della normativa nazionale di riferimento in contrasto con il diritto europeo.
2.2. Con il secondo motivo violazione e inosservanza degli artt. 125, comma 3, 253, 254, 270, 325 cod. proc. pen. e vizio di assenza o apparenza della motivazione nonché insussistenza del fumus commissi delicti.
Il Tribunale ha omesso ogni valutazione in concreto in ordine alla sussistenza del fumus delicti in relazione alla posizione del ricorrente in seno al presunto sodalizio criminoso nonché circa la ricorrenza dell’elemento oggettivo del reato.
Alla deduzione difensiva secondo la quale le due informative di reato del 8/10/2024 e del 2/12/2024 invocate dal Pubblico ministero non evocano alcuna condotta illecita e alla deduzione della originaria insussistenza di qualsiasi indizio di reità, il Tribunale ha risposto non confrontandosi con le deduzioni difensive e con l’idoneità e la congruità in concreto degli elementi di accusa, legittimando una finalità esplorativa del mezzo di prova in assenza di una vera e propria notizia di
l
reato, segnalandosi nella successiva parte del ricorso i singoli passaggi della ordinanza censurati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è solo in parte fondato.
Il primo motivo è complessivamente infondato.
2.1. Il Tribunale ha correttamente escluso rilievo alla eccezione difensiva trattandosi di provvedimento emesso dal Pubblico Ministero.
2.2. Manifestamente infondata ed eccentrica è la censura difensiva volta a contestare la competenza del Tribunale adito, posto l’oggetto del suo giudizio costituito dal decreto emesso dal Pubblico Ministero presso lo stesso Tribunal9, e non avendo né ragione nè titolo lo stesso Tribunale a compulsare interlocuzioni tra gli uffici del Pubblico Ministero.
Costituisce jus receptum che in tema di sequestro probatorio non può farsi valere l’incompetenza del pubblico ministero che lo ha disposto o convalidato, in quanto questa è disciplinata solo per l’organo giurisdizionale. Nella fase delle indagini preliminari la competenza costituisce un mero criterio di organizzazione dl lavoro, che assume rilievo giuridico solo nei rapporti tra gli uffici del pubblico ministero (Sez. 3, n. 2791 del 29/10/1998, COGNOME, Rv. 212499); ancora, in tema di sequestro probatorio, non rileva l’incompetenza del pubblico ministero in quanto la competenza dell’organo requirente in fase di indagini preliminari costituisce un mero criterio di organizzazione del lavoro investigativo, che assume rilievo giuridico soltanto nei rapporti tra uffici del pubblico ministero e non infici la validità degli atti compiuti dal P.M. dichiarato “incompetente”, sicché nel caso in cui siano stati conclusi protocolli operativi tra procure, che possono costituire una forma di coordinamento investigativo ex art. 371 cod. proc. pen., non rilevano questioni di competenza, potendo il mancato coordinamento essere esclusivamente oggetto di avocazione da parte del procuratore generale presso la corte di appello ex art. 372, comma primo-bis, cod. proc. pen.(Sez. 6, n. 9989 del 19/01/2018, COGNOME,Rv. 272536). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto alla GLYPH inutilizzabilità GLYPH delle GLYPH intercettazioni disposte in altro procedimento il motivo è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha correttamente rigettato la deduzione difensiva, basata sulla assenza di connessione ex art. 12 c.p.p. tra i reati oggetto dei distinti procedimenti, assumendo che le intercettazioni poste a base del presente procedimento, provenienti da distinti procedimenti, sono state utilizzate come notitia criminis sulla base delle quali avviare le indagini, in conformità
all’orientamento di legittimità, espresso in analoga fattispecie, secondo il quale il divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni telefoniche in procedimenti diversi attiene solo alla valutazione degli stessi come elementi di prova e non anche come notizia di reato ai fini dell’avvio di nuove indagini e dell’acquisizione di ulteriori fonti probatorie (Sez. 2, n. 19699 del 23/04/2010, COGNOME, Rv. 247104 – 01); ancora, il divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni telefonic in procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte, attiene solo alla valutazione di tali risultati come elementi di prova, ma non preclude la possibilità di dedurre dagli stessi notizie di nuovi reati, quale punto di partenza di nuove indagini(Sez. 2, n. 17759 del 13/12/2016, dep. 2017, Cante, Rv. 270219).
Quanto alla legittima apprensione della chat e della corrispondenza informatica posta base del precedente decreto di sequestro la censura difensiva per l’effetto estensivo prodotto con l’attuale decreto – è infondata.
Occorre premettere che, secondo la sentenza della Corte di Giustizia 20 aprile 2024 C-670/22, riferita al caso dell’acquisizione di prove dall’estero (vicenda “RAGIONE_SOCIALE“), è escluso che una regola di divieto probatorio possa derivare direttamente dalle disposizioni dell’Unione («Dall’altro, allo stato attuale del diritto dell’Unione, spetta, in linea di principio, unicamente al diritto nazionale determinare le norme relative all’ammissibilità e alla valutazione, nell’ambito di un procedimento penale, di informazioni e di elementi di prova che sono stati ottenuti con modalità contrarie al diritto dell’Unione – v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2020, RAGIONE_SOCIALE e a. (C-511/18, C-512/18 e C-520/18, EU:C:2020:791, punto 222», p. 128).
In ogni caso, da un lato, la decisione della Corte di giustizia del 4.10.2024 si fonda sulla direttiva 2016/680, non self-executing, che esprime indirizzi rivolti al legislatore; dall’altro, il principio affermato dalla Corte di giustizia riguar l’accesso ai dati personali conservati in un telefono cellulare e non involge la previa apprensione dell’hardware e dei dati informatici in esso contenuti, oggetto dell’impugnato provvedimento, pertanto legittimamente disposto dal Pubblico Ministero, esulando da esso il successivo accesso ai dati, che risulta essere stato previsto, in sede di incidente probatorio, dinanzi al giudice e in contraddittorio tra le parti, così garantendo il rispetto dei parametri indicati dalla Corte di giustizia.
Quanto alla indeterminatezza del fumus delicti, le censure contenute nel mt2. primo motivo e a secondo motivo possono essere congiuntamente quanto tra loro interferenti. Il ricorso è fondato.
5.1. A tal riguardo la ordinanza risponde alle deduzioni difensive a pg. 28 e ss., rilevando che, trattandosi di integrazione dei precedenti decreti volta ad estendere l’attività di ricerca anche per il delitto di cui all’art. 416 cod. pen.,
relazione alla relativa notitia criminis “il P.M. ha fornito…sufficienti riscontri”, si relazione a quanto già ventilato nei precedenti decreti che a quanto implementato dalla informativa del 2.12.2024, rinviando – quanto ai reati di cui agli artt. 353 e 353-bis cod. pen. – a quanto già detto in relazione alle istanze di riesame dei decreti del 15 e 30.10.2024. Rileva poi l’anomalia dei gruppi wap costituiti da NOME COGNOME per interloquire con esponenti politici e amministrativi rispetto alla sua funzione istituzionale; come pure la sollecitazione tramite chat private della formulazione di schede FSC come l’invio di bozze alle amministrazioni locali, necessarie per ottenere finanziamenti regionali; ancora, l’interessamento del ricorrente in procedura di gara in cui risulta interessato il Sindaco COGNOME considerando quella oggetto di misura cautelare personale a carico del predetto di cui al p.p. n. 800/2023/21, rispetto alla quale emerge la posizione di suo portavoce del Campanile; come pure il sistematico coinvolgimento di altri soggetti operanti all’interno del Comune di Capaccio o della Provincia di Salerno o della Regione Campania in vista dell’affidamento dell’appalto ovvero dei subappalti connessi ad imprese compiacenti, costituiscono sufficiente notitia criminis che legittima il PM ad investigare sui beni già vincolati, anche in relazione all’ipotesi associativa oggetto di nuova contestazione (v. pg. 30); si richiam,”àncora, la conversazione nella chat rinvenuta nell’utenza del Campanile e la conversazione n. 11752 del 22.9.2023 tra COGNOME e COGNOME in cui emerge il COGNOME, desumendo poi un interessamento collettivo alla sorte di determinate gare di appalto pilotate verso predeterminate aggiudicazioni dietro le indicazioni dell’COGNOME, concludendo che secondo le indicazioni della difesa – l’emersione del COGNOME in chat riguardanti altre gare non oggetto di contestazione corrobora l’ipotesi accusatoria, respingendo, infine, le altre deduzioni difensive.
5.2. Ritiene questa Corte che la ordinanza meriti censura in ordine alla mancata effettiva interlocuzione sulle deduzioni difensive in ordine al fumus commissi delicti, segnatamente, con riguardo alla partecipazione del ricorrente all’ipotizzato contesto associativo.
Secondo questo Collegio, la indicazione, da parte della ordinanza, di elementi che indurrebbero la configurabilità in concreto della ipotesi criminosa associativa a carico del ricorrente è generica: in un assolutamente comune utilizzo di comunicazioni tramite chat sfugge completamente la stigmatizzata valenza indiziante del solo uso di tale mezzo; del tutto insufficiente agli stessi fini è riferimento a quello che la stessa ordinanza ritiene un elemento da approfondire (formulazione e invio delle schede FSC); esula – secondo la stessa prospettazione che ne fa l’ordinanza – da un diretto riferimento al ricorrente la precedente vicenda cautelare che coinvolge COGNOME e il suo portavoce; come pure, infine, la pretesa
chat autoevidenza delle
e captazioni considerate in ordine a cointeressenze in tema di finanziamenti regionali per intraprendere gare pubbliche.
Manca poi, evidentemente (cfr. Sez. 6, n. 31390 del 08/07/2011, COGNOME
Rv. 250686), una confutazione degli ampi e analitici argomenti difensivi – non potendosi essa sostanziare nel mero rinvio alla precedente
~1~131, decisione, senza neanche dire se si trattasse delle medesime deduzioni ivi già
svolte ed esaminate – in questa sede corredati da indagini difensive, una consulenza tecnica, un parere legale e allegazioni documentali – volti a
destrutturare le ipotesi delittuose sub ID) c)e cl)in relazione alla funzione indiziante la ipotizzata partecipazione associativa del ricorrente.
6. L’accoglimento del precedente motivo assorbe le ulteriori censure.
7. Ne consegue l’annullamento del decreto impugnato con rinvio al Tribunale di Salerno, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen. per nuovo
giudizio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen. Così deciso il 04/04/2025.