Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1042 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1042 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nata in Belgio il 10/01/1978, avverso l’ordinanza dell’11/07/2024, del Tribunale di Salerno; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procu generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiara l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’Il luglio 2024, il Tribunale del Riesame di Salerno rigettato l’appello cautelare proposto da NOME NOME COGNOME avv l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Vallo della Luc che ha respinto l’istanza di dissequestro della somma di euro 300.000,00 sul c corrente n. 35229087 acceso presso la Banca BPER s.p.a., di cui al decreto sequestro preventivo del 14/03/2023, in relazione al reato di cui agli artt 81 cpv. cod. pen., 483 cod. pen. in relazione all’art. 76, comma 1, d.P. 445/2000, 10-quater, comma 2, d.lgs. n. 74/2000 per indebita compensazione di partite debitorie in favore del fisco con crediti inesistenti, att contrariamente al vero, l’avvenuta formazione professionale nel settore d “tecnologie 4.0” del personale dipendente della RAGIONE_SOCIALE, legalmente rappresentata dalla ricorrente, che utilizzava documentazione falsa predisposta dai coindagati, portando compensazione l’inesistente credito d’imposta di euro 300.000,00 per l’anno 20 corrispondente alle spese documentate per la predetta formazione in realtà eseguita, così non versando le somme da tale società dovute per pari import fatto commesso in Cicerale e Macerata, dall’11/11/2021 al 16/11/2021.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME a mezzo d difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi.
2.1 Con il primo motivo, lamenta violazione di legge sotto il profilo dell’err applicazione di legge penale trattandosi di motivazione meramente apparente radicalmente illogica in punto di sussistenza del fumus commissi delicti; vizio della motivazione così radicale da rendere l’apparato argomentativo posto a sosteg del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coeren completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinera logico seguito dal giudice.
In sintesi, la ricorrente deduce che il decreto di sequestro preventiv consente di desumere la sussistenza del fumus commissi delicti, osservando come, al di fuori del capo di imputazione, non compaiano i nomi della CILS e del legale rappresentante. La piattaforma web sulla quale i corsi di formazione on venivano somministrati, rileva la ricorrente, è tuttora in funzione ed access gli insegnanti sono soggetti diversi da quelli indicati nel decreto di se preventivo e nell’ordinanza del Tribunale del riesame, gli agenti ed i promote hanno favorito e procurato l’accordo per la fornitura del servizio sono diver quelli indicati nei provvedimenti impugnati, l’asseveratore è professionista div infine i fatti esaminati nell’ordinanza sono risalenti, al più tardi, alla fin
2019, epoca precedente rispetto al rapporto contrattuale intercorso con la OLS che si è snodato con modalità diverse (on line anziché in presenza), con insegnanti diversi e su piattaforma a tutt’oggi accessibile e funzionante.
2.2 Con il secondo motivo, lamenta violazione di legge sotto il profilo dell’erronea applicazione di legge penale perché, contestata in sede di riesame l’assoluta carenza di motivazione – vera e propria carenza di segno grafico – nel decreto di sequestro preventivo del requisito indispensabile del periculum in mora, l’ordinanza del Tribunale del riesame utilizza poteri di integrazione della motivazione non consentiti proprio a causa della carenza assoluta di motivazione del periculum nel decreto di sequestro preventivo.
Il richiamo alla pronuncia di legittimità n. 39846/2022 da parte del Tribunale del riesame non è conferente, dal momento che, in quella pronuncia, il sequestro in contestazione aveva affermato che, nel disporre sequestro finalizzato alla confisca fosse sufficiente la sola verifica della inclusione del bene da sequestrare fra le cose oggettivamente suscettibili di confisca, per cui, in quel caso, non si trattava di mancanza o di svista, bensì di errore di diritto. Diversamente, nel decreto di sequestro emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Vallo della Lucania, è stata puramente e semplicemente omessa la valutazione del periculum in mora.
In ogni caso, conclude la ricorrente, le argomentazioni integrative utilizzate sono fondamentalmente errate, contraddittorie e sfornite di concreto supporto. L’ordinanza esamina, infatti, soltanto i “debiti” esposti nei bilanci, senza valutare la solidissima consistenza patrimoniale, mentre la valutazione prognostica negativa, sganciata da ogni riferimento a concreti elementi patognomonici, è apodittica e non tale da supportare una misura ablativa.
E’ pervenuta memoria dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME NOME COGNOME dove si ribadisce che la nullità del decreto di sequestro preventivo del G.I.P. presso il Tribunale di Vallo della Lucania è già stata esaminata dalla Corte di legittimità con la sentenza n. 1262 del 16/11/2023 sul punto della totale carenza di motivazione sul periculum in mora, trattandosi dello stesso decreto di sequestro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare deve richiamarsi la costante affermazione di questa Corte secondo cui il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di appello e di riesame di misure cautelari reali, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., è ammesso per sola violazione di legge, in tale nozione dovendosi ricomprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento
o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (vedasi Sez. U, n. 25932 del 29/5/2008, COGNOME, Rv. 239692; conf. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656). Ed è stato anche precisato che è ammissibile il ricorso per cassazione conl:ro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e RAGIONE_SOCIALE” logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 25489:3).
Di fronte all’assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell’atto.
Tanto premesso, il primo motivo di ricorso è fondato e il secondo motivo conseguentemente assorbito, in conseguenza della natura pregiudiziale del primo motivo, dovendo ritenersi che, nel caso di specie, rispetto alla valutazione del fumus commisi delicti, il Tribunale del Riesame abbia solo apparentemente illustrato le ragioni poste a fondamento della propria decisione di conferma del sequestro preventivo adottato dal G.I.P.
Il Tribunale cautelare, infatti, dopo aver rilevato che la ricorrente non aveva fornito alcun riscontro documentale rispetto a quanto asserito nell’appello cautelare, ha richiamato gli elementi già valorizzati dal giudice per le indagini preliminari nel provvedimento genetico in tema di fumus commissi delicti.
Gli elementi richiamati, tuttavia, seppure a fronte di un ricorso meramente deduttivo, non riguardano la società legalmente rappresentata dalla ricorrente, se non nell’unico riferimento, non adeguatamente illustrato, dell’aver detta società ottenuto, formalmente, i corsi di formazione dei dipendenti RAGIONE_SOCIALE dalla RAGIONE_SOCIALE società quest’ultima non avente struttura, né competenze, né docenti per erogare il servizio di formazione dei dipendenti, né in presenza, né da remoto sino al mese di giugno 2020, poiché sino a tale data la RAGIONE_SOCIALE non era attiva, avendo conseguito la certificazione ISO soltanto nel mese di luglio 2020. Inoltre, i corsi di formazione nelle annualità 2020 e 2021 erano stati eseguiti in modalità “da remoto”, nonostante la P.G. avesse accertato l’apposizione delle firme sui fogli di presenza da parte dei dipendenti e del docente, circostanza presupponente invece l’esecuzione di un corso di formazione in presenza. Ancora, nei giorni di docenza relativi all’anno 2020 i docenti avevano svolto contemporaneamente attività didattica presso più imprese sparse in tutto il territorio nazionale. Infine, le conversazioni intercettate e le chat acquisit
avevano dato conto della esistenza di un accordo criminoso finalizzato a vendere alle imprese compiacenti la documentazione formalmente attestante la sussistenza del credito di imposta.
A fronte di questi elementi, le deduzioni contenute nel ricorso secondo cui il rapporto contrattuale intercorso con la CILS si era snodato con modalità diverse (on line anziché in presenza), in epoca successiva ai fatti descritti nell’ordinanza cautelare, con insegnanti diversi e su piattaforma a tutt’oggi accessibile e funzionante, sebbene siano in questa parte meramente deduttive, colgono tuttavia nel segno nella parte in cui affermano come non sia dato rintracciare, nella motivazione dell’ordinanza cautelare impugnata, fatti specifici riconducibili al rapporto tra la ricorrente, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, e la RAGIONE_SOCIALE stessa, da una parte, e la società fornitrice del servizio di formazione dall’altra; né riferimenti a documenti, intercettazioni, dichiarazioni testimoniali in cui sia tratteggiata la riconducibi alla ricorrente della fattispecie illecita di cui agli artt. 483 cod. pen. e 10-quater d.lgs. n. 74/2000 contestata nella provvisoria incolpazione.
Sotto questo specifico punto, pertanto, la motivazione resa sul punto dal Tribunale del riesame di Salerno ha mancato di fornire risposte adeguate alle analoghe censure sollevate nell’appello cautelare e non può che considerarsi mancante, per cui il provvedimento oggetto di ricorso deve essere annullato, dovendo il Tribunale del riesame, alla luce delle acquisizioni investigative disponibili, riesaminare la vicenda, illustrando compiutamente se gli elementi acquisiti integrino la sussistenza del fumus commissi delicti con riferimento allo specifico addebito mosso, nella provvisoria incolpazione, nei confronti della ricorrente.
L’ordinanza impugnata, pertanto, va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Salerno, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen., che provvederà a riesaminare la vicenda, attenendosi a quanto deciso da questa Corte.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, c.p.p.
Così deciso nella camera di consiglio del 29/10/2024.