Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 22844 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22844 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PARLATO NOME NOME a CALTANISSETTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata udito il difensore avvocato NOME COGNOME del foro di ROMA che chiede l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza del 14 novembre 2023, ha riformato la decisione del Tribunale della stessa sede, con la quale NOME COGNOME era stato assolto, in abbreviato, con la formula perché il fatto non sussiste.
La Corte d’appello, su impugnazione del Pubblico ministero, ha ritenuto l’imputato responsabile dei delitti di fuga ed omissione di soccorso dopo l’incidente stradale, previsti dall’art. 189, commi sei e sette, cod. strada e unificati gli stessi sotto il vincolo della continuazione, lo ha condanNOME alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, applicando la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per anni tre.
Il Tribunale aveva assolto l’imputato per difetto di prova sulla sussistenza dell’elemento soggettivo.
In particolare, all’imputato era stato contestato che, in data 28 febbraio 2021 in RAGIONE_SOCIALE, mentre era alla guida di autovettura Audi A8, a bordo della quale vi era passeggero tale NOME COGNOME, collideva con l’autovettura Audi A3, che si trovava in sosta in direzione opposta. Per effetto dell’urto, l’autovettura Audi A3 veniva proiettata contro una autovettura Yaris, anch’essa in sosta, che veniva sbalzata contro un palo dell’Acea. Quindi, il veicolo Audi A3 usciva dalla carreggiata e scivolava lungo il dislivello posto a lato strada, con a bordo il conducente. Gli operatori della RAGIONE_SOCIALE locale rinvenivano sul luogo il COGNOME che riferiva che alla guida dell’Audi 8 vi era tale NOME COGNOME. Successivamente, il COGNOME individuava il conducente del veicolo TARGA_VEICOLO nell’odierno imputato ed asseriva che la prima indicazione era solo frutto di uno stato confusionale. Il Tribunale aveva aggiunto, che il COGNOME, raggiunto dalla p.g, aveva dichiarato di essere il conducente del mezzo al momento dell’incidente e di essersi allontaNOME dal luogo del sinistro senza aspettare i soccorsi in quanto minacciato ed insultato dai presenti e di aver lasciato il NOME “a quanto c’era da fare”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La Corte d’appello, su gravame del P.M., lo ha ritenuto fondato, sulla base delle seguenti ragioni:
nel giudizio di primo grado, svoltosi in abbreviato, non era stata effettuata alcuna integrazione istruttoria, dunque, come previsto dall’art. 603, comma 3 bis, cod.proc.pen, non doveva disporsi la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, né la stessa risultava necessaria per l’accertamento dei fatti, tenuto conto della idoneità delle prove disponibili;
le dichiarazioni del COGNOME alla p.g., su eccezione della difesa, erano state dichiarate inutilizzabili dal Tribunale; quindi, non potevano essere poste a base della decisione;
dalla relazione sull’incidente, redatta dalla RAGIONE_SOCIALE Capitale, si traevano informazioni sullo svolgimento degli eventi e sulle dichiarazioni rese dal COGNOME, trovato presente sul posto, sulla posizione dei veicoli coinvolti, sui segni sulla strada e sulla circostanza che sul posto era intervenuto personale sanitario con autolettiga TARGA_VEICOLO, che unitamente al personale dei VVFF, aveva provveduto ad estrarre dal veicolo TARGA_VEICOLO il conducente, tale NOME COGNOME, che veniva successivamente trasportato in codice giallo presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale San COGNOME; dal verbale emergeva anche che in un primo momento nessuno degli astanti aveva dichiarato di aver assistito all’incidente, quindi fu chiesto al COGNOME dove fosse il conducente dell’TARGA_VEICOLO e che lo stesso aveva riferito che il conducente dell’TARGA_VEICOLO si era allontaNOME dal luogo del sinistro. In un primo momento, il COGNOME aveva riferito che il nome del conducente fosse quello di tale NOME COGNOME, salvo modificare tale indicazione, nel corso di successiva convocazione presso gli uffici della P.M., con la indicazione del nome di NOME COGNOME;
dalle sommarie informazioni rese il 3 marzo 2021 da NOME COGNOME, si aveva prova del fatto che lo stesso si trovava all’interno della propria auto, posteggiata, quando la stessa fu colpita in maniera così violenta da finire dentro la scarpata laterale, che nessuno si avvicinò per chiedere delle sue condizioni e che fu liberato dal personale dei RAGIONE_SOCIALE;
le dichiarazioni del COGNOME, che aveva narrato di un atteggiamento minaccioso sia del COGNOME, il quale sarebbe uscito dalla propria autovettura senza mostrare segni di sofferenza, che di quello di altri presenti, tale da indurre il conducente della TARGA_VEICOLO ad allontanarsi, erano rimaste del tutto prive di riscontro ed anzi contraddette dal verbale della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Il COGNOME, poi, aveva sottoscritto il verbale di accertamento, in pari data, di violazione dell’art. 141 c 1 e c. 8 Cds, senza fornire alcuna dichiarazione ed aveva conciliato la contestazione con il versamento di cui alla quietanza in atti;
dunque, l’imputato, che non aveva risposto neanche alla chiamata del COGNOME e si era presentato solo in quanto convocato presso la P.M, aveva consapevolmente non ottemperato agli obblighi di fermarsi, per consentire la propria identificazione dopo l’incidente e non aveva prestato soccorso al COGNOME;
quanto, quindi, al trattamento sanzioNOMErio, avuto riguardo alle concrete modalità dei fatti ed alla negativa personalità dell’imputato, desumibile dai precedenti penali per diserzione, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, non applicando l’aumento per la recidiva ed in assenza di elementi utili a riconoscere le attenuanti generiche, si stimava equa la pena di un anno e mesi sei di reclusione ( pena base anni uno e mesi due di reclusione per il reato più grave,
art. 187 comma 7 c.d.s., aumentato nella misura finale per la continuazione con il secondo reato).
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso, formulando quattro motivi, così esposti in sintesi.
Con il primo, ha dedotto vizio di motivazione in relazione alla illogicità della sentenza impugnata in punto di condotta del teste COGNOME in ordine alla indicazione del conducente, posto che lo stesso aveva inizialmente indicato tale NOME COGNOME, salvo poi, richiamato, modificare la propria indicazione coinvolgendo il COGNOME e, nonostante ciò, il teste è stato ritenuto credibile.
Con il secondo motivo, si deduce erronea applicazione della legge penale con riferimento al reato di cui all’art. 187, comma 7, codice strada, e vizio della motivazione, posto che, quanto al trattamento sanzioNOMErio, si era fatto riferimento ad un reato mai contestato ed addirittura abrogato ed era stato del tutto omesso il calcolo della riduzione per il rito, in violazione dell’art. 4 comma 2, cod.proc.pen. Comunque, la motivazione relativa all’individuazione della pena era insufficiente, anche considerando che si era decisa l’integrale riforma della sentenza di assoluzione.
Con il terzo motivo, si deduce la violazione della legge penale nella parte in cui era stata negata la concessione delle attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod.pen. nonché violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e) cod.proc.pen. per difetto integrale di motivazione sul punto.
Infine, con il quarto motivo, la difesa ha dedotto erronea applicazione della legge penale, quanto alla sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per la durata massima di tre anni, nonché difetto di motivazione sul punto.
Il Procuratore generale ha rassegNOME conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzioNOMErio, con riduzione di un terzo della pena ed il rigetto del ricorso nel resto.
Considerato in diritto
Il ricorso va accolto, limitatamente al secondo motivo, quanto alla mancata riduzione della pena per il rito abbreviato prescelto, con declaratoria di inammissibilità nel resto.
Il primo motivo è inammissibile in quanto tenta di sovvertire il giudizio in fatto che la Corte d’appello ha formulato, senza alcun difetto logico, nella ricostruzione della vicenda ed in particolare, nella individuazione del conducente della vettura TARGA_VEICOLO. Nessuna incongruenza vi è nell’aver ritenuto credibile la seconda indicazione sull’identità di tale conducente fornita dal teste COGNOME. Infatti, la Corte ha chiarito le modalità della nuova convocazione del teste, successive alle prime indagini effettuate circa il nominativo dapprima indicato, ed
ha trovato conferma alla seconda indicazione proprio dalla condotta silente ma significativa dell’attuale ricorrente. Senza contare, che la sentenza impugnata ha pure trovato conferme circostanziate proprio dalle indicazioni emerse dal verbale della P.M.
Quanto al secondo motivo, vanno valutate come infondate e generiche le censure sulla motivazione relativa alla determinazione della pena per i reati in continuazione. La motivazione è congrua, avendo la Corte di appello individuato nella ipotesi indicata al comma 7 dell’art. 189 cod. strada il reato più grave, individuando la pena base di anni uno e mesi due di reclusione, con aumento alla pena finale ex art. 81 cod.pen per l’altro reato contestato. Deve concordarsi con il P.G. sulla natura di mero errore materiale nella indicazione dell’art. 187 piuttosto che 189), comma 7, c.d.s., senza che ciò abbia comportato alcun effetto sulla concreta determinazione della pena.
È invece fondato il profilo del motivo relativo alla mancata riduzione per il rito abbreviato. In effetti, è evidente che la sentenza impugnata non abbia detratto il terzo della pena, per il rito abbreviato. Sulla scorta del costant orientamento della Suprema Corte (Sez. U. n. 7707 del 31.05.1991, COGNOME) può affermarsi che la diminuente per il rito abbreviato ha certamente natura processuale, avendo natura premiale rispetto ad una scelta processuale dell’imputato volta a ridurre i tempi del processo. Ciò nonostante tale scelta ha indubbi riflessi sostanziali perché incide su “un trattamento penale di favore”, (Sez. U, n. 2977 del 6.03.1992, COGNOME); i riflessi sostanziali della diminuente processuale sono stati messi in evidenza anche dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, la quale ha ritenuto che l’art. 442 del codice di rito, nella parte in cu concorre a determinare la pena irrogabile, sia da ritenere norma di diritto sostanziale e non processuale, con la conseguente applicazione retroattiva delle eventuali modifiche più favorevoli all’imputato (C.Edu 17.09.2009,Scoppola c. Italia). Per tale aspetto, quindi, la sentenza va annullata senza rinvio.
Il terzo motivo è infondato, giacché la sentenza ha motivato, con riferimento alle concrete modalità della condotta in precedenza ampiamente spiegate ed all’assenza di ragioni in positivo per concedere le medesime, il diniego alla stessa concessione ed il motivo si limita ad una generica ed immotivata contrapposizione. La commisurazione del trattamento sanzioNOMErio rientra nella discrezionalità del giudice dì merito, che la esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; il giudizio di congruità esula da giudizio di legittimità a meno che non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 366104 del 27/04/2017, RV 271243-01; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 dep.2014, Ferrario, Rv, 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla
quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod.pen. le espressioni del tipo: “pen congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596). Nel caso di specie, la Corte territoriale ha motivato il diniego delle attenuanti generiche con riferimento alla gravità della condotta, ampiamente descritta.
Quanto al quarto motivo, va ribadito in diritto che, in caso di condanna per più reati che comportano l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, il giudice deve determinare la durata complessiva di questa effettuando la somma dei vari periodi di sospensione previsti per ciascun illecito, atteso che, in proposito, non rilevano discipline tipicamente penalistiche finalizzate o a limitare l’inflizione di pen eccessive (come nel caso dell’art. 81 c.p.) ovvero ad evitare restrizioni troppo ampie della libertà personale (come nel caso dell’art. 307 c.p.p.) (Sez. 4, n. 12363 del 4712/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 262135-01; n. 20990 del 30/3/2016, COGNOME, Rv. 266704-01; n. 6912 del 12/2/2021, COGNOME, Rv. 28054401). Il percorso motivazionale della sentenza impugnata consente di rinvenire una motivazione, sia pure sintetica, in punto di dosimetria della sanzione amministrativa accessoria, in quanto la Corte territoriale ha specificatamente valorizzato la offensività (modalità dei fatti, seria pericolosità alla guid dimostrata).
La sentenza deve, dunque, essere annullata, limitatamente alla mancata riduzione di un terzo della pena., mentre il ricorso va rigettato per il resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzioNOMErio che ridetermina in un anno di reclusione, dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, il 7 maggio 2024.