LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Frode previdenziale: la Cassazione sulla truffa INPS

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un amministratore di fatto di diverse società condannato per una complessa frode previdenziale. Lo schema includeva la creazione di fittizi rapporti di lavoro e l’indebita compensazione di crediti fiscali per ottenere illecitamente l’indennità di disoccupazione (NASpI) e per evadere i contributi. La Corte ha confermato la qualificazione del reato come truffa aggravata, chiarendo che un meccanismo così articolato, volto a indurre in errore l’ente previdenziale, supera la fattispecie meno grave di indebita percezione. La sentenza ha inoltre annullato parzialmente la condanna, dichiarando prescritti alcuni reati e assorbendone altri per evitare una doppia sanzione per i medesimi fatti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Frode Previdenziale: La Cassazione chiarisce la Truffa Aggravata contro l’INPS

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30485/2025, si è pronunciata su un complesso caso di frode previdenziale, offrendo chiarimenti cruciali sulla distinzione tra truffa aggravata ai danni dello Stato e il reato meno grave di indebita percezione di erogazioni pubbliche. La decisione riguarda un imprenditore, ritenuto amministratore di fatto di più società, che aveva orchestrato un articolato meccanismo fraudolento per ottenere illecitamente fondi pubblici e sottrarsi agli obblighi contributivi.

I Fatti: Un Complesso Schema Fraudolento

L’imputato era accusato di aver messo in piedi un sistema illecito che si basava su più pilastri:

1. Creazione di fittizi rapporti di lavoro: Venivano denunciate false assunzioni di dipendenti presso società gestite di fatto dall’imputato.
2. Indebita compensazione di crediti: Le società utilizzavano crediti fiscali inesistenti (come rimborsi per ‘bonus Renzi’ mai erogati o agevolazioni non spettanti) per compensare i debiti contributivi e fiscali, azzerando di fatto quanto dovuto allo Stato.
3. Ottenimento dell’indennità NASpI: I finti lavoratori, una volta ‘licenziati’, presentavano domanda per l’indennità di disoccupazione (NASpI), che veniva erogata dall’INPS sulla base dei rapporti di lavoro fittizi e dei contributi apparentemente versati (ma in realtà solo compensati illecitamente).

Questo schema non solo danneggiava l’ente previdenziale, indotto a erogare prestazioni non dovute, ma anche l’erario, a causa del mancato versamento di imposte e contributi.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Frode Previdenziale

La Corte Suprema ha affrontato diversi motivi di ricorso presentati dalla difesa. L’esito è stato composito:

* Conferma della truffa aggravata: La Corte ha rigettato la tesi difensiva secondo cui i fatti dovessero essere qualificati come il reato meno grave di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.).
* Assorbimento di un reato: È stato accolto il motivo relativo alla sovrapposizione di due contestazioni per indebita compensazione, stabilendo che i fatti, essendo identici, costituivano un unico reato.
* Annullamento per prescrizione: La Corte ha dichiarato estinti per prescrizione diversi reati di truffa aggravata, il cui termine massimo era maturato dopo la sentenza di appello ma prima dell’udienza in Cassazione.

Di conseguenza, la sentenza d’appello è stata annullata senza rinvio per i reati prescritti e con rinvio a un’altra sezione della Corte d’Appello per la rideterminazione della pena complessiva, tenendo conto dell’assorbimento di un reato e dell’eliminazione delle pene per i reati estinti.

Le Motivazioni della Sentenza

La Distinzione tra Truffa Aggravata (art. 640 c.p.) e Indebita Percezione (art. 316-ter c.p.)

Il punto centrale delle motivazioni riguarda la corretta qualificazione giuridica della frode previdenziale. La difesa sosteneva che la condotta si limitasse a una falsa dichiarazione all’INPS, integrando quindi l’art. 316-ter c.p., che punisce chi ottiene fondi pubblici semplicemente omettendo informazioni dovute o presentando dichiarazioni false, senza indurre in errore l’ente.

La Cassazione ha respinto questa visione, sottolineando che il caso in esame presentava un quid pluris. Non si trattava di una mera dichiarazione mendace, ma di un complesso e articolato meccanismo fraudolento (i cosiddetti ‘artifici e raggiri’) costruito a monte. La creazione di fittizi rapporti di lavoro, le false comunicazioni all’INPS preesistenti alla domanda di NASpI e l’indebita compensazione dei contributi costituivano una macchinazione idonea a trarre in inganno l’ente previdenziale, inducendolo in errore sulla reale esistenza dei presupposti per l’erogazione.

L’INPS, infatti, non si limita a una presa d’atto passiva, ma effettua controlli incrociando i dati a sua disposizione. Lo schema fraudolento era stato congegnato proprio per superare queste verifiche, ingannando attivamente l’istituto. Per questo, la Corte ha confermato la più grave imputazione di truffa aggravata (art. 640, co. 2, n. 1 c.p.).

L’Assorbimento dei Reati e la Sovrapposizione delle Condotte

Un altro aspetto significativo riguarda il principio del ne bis in idem sostanziale. All’imputato erano state contestate condotte identiche di indebita compensazione in due procedimenti penali distinti, poi riuniti. In entrambi i casi, si trattava della compensazione degli stessi crediti inesistenti, per gli stessi importi e per gli stessi anni di imposta, a nome della medesima società.

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in conformità con la giurisprudenza consolidata, l’indebita compensazione si configura come un reato unico per ciascun periodo d’imposta, a prescindere dal numero di modelli F24 presentati o dalla diversa natura dei crediti fittizi utilizzati. Poiché i fatti erano totalmente sovrapponibili, la condotta contestata in un procedimento doveva essere ‘assorbita’ in quella dell’altro, per evitare una illegittima duplicazione della sanzione.

La Dichiarazione di Prescrizione

Infine, la Corte ha esaminato d’ufficio la questione della prescrizione. Dopo aver ricostruito minuziosamente i periodi di sospensione del processo (dovuti anche all’emergenza pandemica), ha calcolato i termini massimi di prescrizione per ciascun reato. Per diverse imputazioni di truffa, commesse negli anni 2015 e 2016, il termine era spirato dopo la sentenza d’appello del marzo 2024. Di conseguenza, per questi capi d’imputazione, la sentenza è stata annullata senza rinvio perché i reati erano ormai estinti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La sentenza offre importanti spunti operativi. In primo luogo, ribadisce che la soglia tra l’indebita percezione e la truffa aggravata ai danni dello Stato risiede nella complessità e nell’idoneità ingannatoria della condotta: più il meccanismo è articolato e volto a ingenerare un falso convincimento nell’ente pubblico, più è probabile che si configuri il reato più grave di truffa. Questo principio è fondamentale nell’ambito della frode previdenziale, dove spesso le condotte non si esauriscono in una singola falsa dichiarazione.

In secondo luogo, la decisione sull’assorbimento dei reati evidenzia l’importanza di un’attenta valutazione dei fatti da parte degli organi inquirenti e giudicanti per evitare di processare e condannare due volte una persona per la stessa condotta illecita, anche se formalmente contestata in procedimenti separati. Infine, il caso dimostra come l’istituto della prescrizione rimanga un elemento cruciale nel sistema penale, capace di incidere sull’esito del processo anche nelle fasi più avanzate, inclusa quella di legittimità.

Quando una frode ai danni dell’INPS è considerata truffa aggravata e non il reato meno grave di indebita percezione di erogazioni pubbliche?
È considerata truffa aggravata quando la condotta non si limita a una semplice dichiarazione falsa, ma consiste in un complesso meccanismo di artifici e raggiri (come la creazione di fittizi rapporti di lavoro e false comunicazioni preventive) idoneo a indurre attivamente in errore l’ente previdenziale, superando i suoi sistemi di controllo.

Come viene gestita la situazione in cui la stessa condotta di indebita compensazione viene contestata in due procedimenti penali diversi?
La Corte di Cassazione applica il principio dell’assorbimento. Se i fatti contestati nei due procedimenti sono identici (stesso contribuente, stesso periodo d’imposta, stessi importi), essi costituiscono un unico reato. Di conseguenza, una delle due imputazioni viene assorbita nell’altra per evitare una doppia condanna per il medesimo fatto.

La prescrizione di un reato può essere dichiarata per la prima volta in Cassazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha il dovere di rilevare d’ufficio le cause di estinzione del reato, come la prescrizione. Se il termine massimo di prescrizione matura dopo la sentenza di appello ma prima dell’udienza di Cassazione, la Corte deve annullare la sentenza di condanna per quel reato, dichiarandolo estinto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati