Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26556 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26556 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 27/06/2025
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Palermo, in riforma della sentenza di primo grado, riconosciuto all’imputato il beneficio della non menzione della condanna nel
certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta dei privati e non per ragioni elettorali, ha confermato la sentenza del 26 febbraio 2023 del Tribunale di Agrigento che aveva ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di cui agli artt. 110, 356 cod. pen. condannandolo, applicate le circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi 8 di reclusione ed euro 1.000 di multa. Ha confermato le statuizioni in favore della parte civile RAGIONE_SOCIALE Agrigento rimettendo le parti dinanzi al giudice civile per la determinazione del danno.
L’imputato, nella qualità di legale rappresentante della società cooperativa “RAGIONE_SOCIALE” che gestiva un laboratorio di analisi cliniche con centro di riabilitazione e radiodiagnostica, è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 356 cod. pen., in concorso con la responsabile del Centro, perché nell’adempimento degli obblighi contrattuali funzionali all’accreditamento con il servizio sanitario nazionale relativamente agli standard qualitativi delle prestazioni da erogare, aveva utilizzato per l’espletamento delle analisi di laboratorio dispositivi medici diagnostici in vitro oltre la data di scadenza, fatto accertato in Agrigento il 9 luglio 2019.
Con i motivi di ricorso il ricorrente denuncia il vizio di motivazione sul punto della ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato poiché la sentenza impugnata, pur dando atto che l’imputato, nei motivi di appello, a comprova della sua buona fede, avesse sostenuto che “oltre ai reagenti rinvenuti in sede di controllo e già scaduti, ne fossero stati acquistati con una scadenza più lunga ed evidentemente utilizzati prima degli altri”, non ha poi esaminato tale circostanza idonea ad escludere la ritenuta sussistenza del dolo generico-
3.11 ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi dell’art. 611, comma 1-bis cod. proc. pen. modificato dall’art. 11, comma 3, c1.1. n. 29 del 6 giugno 2024, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 120 del 8 agosto 2024 n. 120.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio.
Va ricordato che la giurisprudenza più recente, secondo una condivisibile impostazione maggiormente rispettosa del dato normativo che fa riferimento espresso alla nozione di frode, è orientata nel senso di ritenere che ai fini della configurabilità del delitto di frode nelle pubbliche forniture, non è sufficiente i semplice inadempimento doloso del contratto, richiedendo la norma incriminatrice una condotta qualificabile in termini di malafede contrattuale, consistente nel
porre in essere un espediente malizioso o ingannevole, idoneo a far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti (Saz.6, n. 45105 del 28/10/2021, COGNOME, Rv. 282267; Sez. 6, n. 29374 del 14/9/2020, Sale, Rv. 279679; Sez.6, n.9081 del 23/11/2017, dep.2018, Aviano, Rv. 272384; Sez.6, n. 5317 del 10/1/2011, COGNOME, Rv. 249448; Sez.6, n. 11144 del 25/2/2010, COGNOME, Rv. 246544).
La nozione di frode richiama, infatti, un concetto ulteriore e diverso rispetto a quello di mero inadempimento ed è proprio la condotta ingannevole che giustifica il trattamento sanzionatorio deteriore rispetto alla meno grave condotta di inadempimento nelle pubbliche forniture.
La Corte di appello di Palermo, ha valorizzato, ai fini della sussistenza del reato, la circostanza che, al momento del controllo eseguito il 9 luglio 2019 dai N.A.S. presso il laboratorio fossero stati rinvenuti, per alcune tipologie di analisi, “solo” reagenti scaduti da lungo tempo ed ha rilevato che erano stati eseguiti, nel mese di maggio 2019 a seguire, 166 esami di laboratorio con un danno per l’A.S.P., alla quale erano state inviate le relative fatture per il rimborso, ascendente a ca. 172, euro: circostanze, queste, non contestate.
Ai fini della sussistenza del reato a carico dell’imputato, ha evidenziato che l’COGNOME, in qualità di rappresentante legale della società che gestiva il centro, aveva trasmesso le fatture all’RAGIONE_SOCIALE per la liquidazione, avallando la condotta truffaldina, e che l’imputato era tenuto ad attivarsi per l’approvvigionamento dei materiali utili per il laboratorio e perché non venissero utilizzati quelli scaduti.
La Corte di appello ha esaminato le circostanze dedotte con i motivi di appello escludendo la fondatezza della tesi difensiva, secondo cui si era in presenza di una mera condotta colposa, riconducibile alla negligenza nell’utilizzazione dei kit e ha sottolineato che l’imputato, nella qualità, era tenuto a predisporre i sistemi di controllo necessari affinché la prestazione prevista fosse regolarmente eseguita e, conseguentemente, ad attivarsi in tempo per il tempestivo approvvigionamento dei reagenti e perché non venissero utilizzati quelli già scaduti.
Ha ritenuto, pertanto, irrilevante la circostanza che l’imputato avesse disposto l’acquisto di kit che avevano scadenza successiva a quelli poi utilizzati, circostanza, questa, oggetto dei motivi di appello e documentata, già in primo grado, con la produzione delle relative fatture di acquisto.
Il ricorrente aveva, infatti, sostenuto che egli non era a conoscenza della presenza di kit scaduti che erano stati utilizzati dal personale per la esecuzione delle analisi non avvedutisi della loro scadenza e che erano stati utilizzati dopo quelli già acquistati, aventi scadenza successiva. r
Le conclusioni della sentenza impugnata si rivelano, tuttavia, illogiche e contraddittorie con le stesse ragioni poste a fondamento della ritenuta
responsabilità dolosa dell’imputato (al quale si imputa che avrebbe dovuto attuare sistemi di controllo sulla disponibilità dei kit e sulla loro tempestiva utilizzazione
anche tenuto conto del concorrente e specifico obbligo che, in tal senso, gravava sul direttore tecnico del settore di medicina di laboratorio, oggetto di specifica
disciplina di settore nella concreta gestione del laboratorio (disciplina recata dalla legge 1086/71 e dalle leggi regionali che regolano le attività sanitarie).
La motivazione della sentenza impugnata, nella quale sono sovrapposti adempimenti
ex lege spettanti al legale rappresentate della società – come l’invio
delle fatture per il rimborso – e quelli che gli avrebbero fatto capo in materia di organizzazione del lavoro del laboratorio, evoca, del resto, il mancato esercizio dei
poteri di controllo con un riferimento riconducibile, piuttosto che a modalità di condotta truffaldine, alla responsabilità colposa dell’imputato.
L’obbligo di vigilanza facente capo al titolare della società non può, tuttavia, implicarne la sorveglianza nella concreta e minuta conformazione delle singole
attività – che la legge affida al direttore tecnico – obbligo che, anche a voler tenere in conto il fatto che il guadagno della illecita esecuzione della prestazione contrattuale faceva capo alla società che gestisce il centro, è, tuttavia, contraddetto, in concreto, dall’organizzazione dell’attività che l’imputato aveva assicurato con l’acquisto di kit che avevano scadenza successiva a quelli utilizzati e che erano stati impiegati, nella effettuazione della analisi, prima di quelli scaduti: una tempistica rispetto alla quale appare difficilmente ipotizzabile un obbligo di specifica vigilanza del legale rappresentate della società.
La Corte di appello, in sede di rinvio, facendo uso dei suoi poteri al riguardo, dovrà, pertanto, riesaminare la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, uniformandosi ai principi di diritto che si sono indicati ai fini della individuazione della frode e del concorso doloso dell’imputato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo.
Così deciso il 27 giugno 2025
La Consigliera relatrice