Frode Informatica: Ricorso Inammissibile per Abitualità e Genericità
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di frode informatica, ribadendo principi fondamentali sull’ammissibilità dei ricorsi e sulla valutazione della pericolosità sociale dell’imputato. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un uomo condannato per aver sottratto denaro da una carta di credito altrui, fornendo chiari indicatori su quando un’impugnazione non può superare il vaglio di legittimità.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna per un episodio di frode informatica. L’imputato era stato ritenuto responsabile di aver effettuato un prelievo abusivo da una carta di credito intestata a un’altra persona. Il denaro sottratto era stato prima trasferito su un conto di gioco online e, successivamente, accreditato su una carta prepagata intestata allo stesso imputato. La condanna, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, veniva quindi impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione.
I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione
L’imputato basava il suo ricorso su diversi motivi, tutti respinti dalla Suprema Corte in quanto manifestamente infondati o generici.
Correlazione tra Accusa e Sentenza
Il primo motivo lamentava una presunta violazione del principio di correlazione tra l’accusa formulata e la sentenza di condanna. La Cassazione ha rapidamente liquidato questa censura, chiarendo che il giudizio di responsabilità era stato affermato esattamente in relazione al fatto contestato: il prelievo abusivo e il successivo accredito su conti riconducibili all’imputato.
Valutazione della Prova e la Genericità del Motivo sulla frode informatica
Il ricorrente contestava anche la valutazione delle prove e la motivazione della Corte d’Appello riguardo agli elementi costitutivi del reato di frode informatica. La Cassazione ha ritenuto questo motivo generico, poiché si limitava a riproporre censure già adeguatamente esaminate e respinte nel giudizio di merito. La Corte d’Appello aveva infatti logicamente collegato le prove raccolte (i flussi di denaro dal conto della vittima ai conti dell’imputato) con gli esiti di una perquisizione, durante la quale era stato trovato materiale idoneo alla clonazione di carte di credito.
L’Esclusione della Causa di Non Punibilità
Un altro punto chiave del ricorso era la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis c.p. Anche in questo caso, il motivo è stato giudicato infondato. La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero correttamente rilevato una condizione ostativa fondamentale: l’abitualità del comportamento dell’imputato, desunta dai suoi numerosi precedenti penali specifici per condotte fraudolente informatiche.
Recidiva e Dosimetria della Pena
Infine, il ricorso criticava la gestione della recidiva, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche in misura prevalente e l’entità della pena. La Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, la quale aveva evidenziato la ‘rafforzata pericolosità’ dell’imputato. Inoltre, i giudici hanno rilevato che l’imputato aveva già beneficiato di una riduzione di pena per le attenuanti generiche e che la sanzione finale era da considerarsi congrua.
Le Motivazioni
La decisione della Corte di Cassazione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove poter rivalutare nel merito le prove. I motivi devono essere specifici e criticare vizi di legittimità della sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre argomentazioni già esaminate. La Corte ha ritenuto che il ricorso fosse meramente riproduttivo di censure già vagliate e motivatamente disattese, rendendolo di fatto inammissibile. La motivazione sottolinea inoltre l’importanza dei precedenti penali specifici nel qualificare un comportamento come ‘abituale’, impedendo l’accesso a benefici come la non punibilità per tenuità del fatto e giustificando una valutazione di maggiore pericolosità sociale nel calcolo della pena.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma che, in materia di frode informatica, la serialità delle condotte ha un peso determinante. L’abitualità del reato non solo preclude l’applicazione dell’art. 131 bis c.p., ma costituisce anche un elemento che i giudici devono considerare per valutare la pericolosità dell’imputato e commisurare una pena adeguata. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un monito sulla necessità di formulare ricorsi specifici, evitando la mera riproposizione di argomenti di merito, pena l’inevitabile declaratoria di inammissibilità.
Quando un ricorso in Cassazione per frode informatica rischia di essere dichiarato inammissibile?
Quando si limita a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuove e specifiche critiche alla sentenza impugnata, risultando così generico.
Perché a un imputato con precedenti per reati simili può essere negata la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.)?
Perché la presenza di numerosi precedenti penali per condotte fraudolente simili integra la ‘condizione ostativa della abitualità di comportamento’, che per legge impedisce l’applicazione di tale beneficio.
Come viene valutata la pericolosità di un imputato nel determinare la pena per frode informatica?
La Corte ha considerato il reato espressivo di una ‘rafforzata pericolosità’ dell’imputato, basandosi sui suoi plurimi precedenti specifici, e ha ritenuto congrua la pena inflitta che teneva già conto delle attenuanti generiche concesse.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31389 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31389 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FASANO il 06/11/1987
avverso la sentenza del 14/03/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME e la memoria difensiva depositata in data 25/06/2025 reiterativa dell’atto di impugnazione;
considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., è manifestamente infondato atteso che il giudizio di responsabilità dell’imputato è stato affermato in relazione al fatto oggetto di imputazione e cioè l’avere effettuato un prelievo abusivo dalla carta di credito intestata a NOME COGNOME per poi accreditarlo sulla propria carta prepagata, dovendosi quindi escludere il dedotto difetto di correlazione tra imputazione e sentenze di merito;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. ed il vizio di motivazione in ordine agli elementi costitutivi del delitto di frode informatica, è generico in quanto meramente riproduttivo di censure già vagliate e adeguatamente disattese dalla Corte di appello la quale ha valutato le indagini svolte da cui emergeva il prelievo di una somma dalla carta di credito di un terzo ignaro, confluita prima su conto gioco Fivebet con usrename ” NOME” e poi su una carta prepagata RAGIONE_SOCIALE, entrambi intestati all’imputato e le ha logicamente raccordate con gli esiti della perquisizione con contestuale sequestro eseguita a carico dell’imputato che non aveva fornito giustificazione alcuna in ordine al materiale rinvenuto, idoneo a clonare carte di credito altrui;
osservato che il terzo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla esclusione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen, è manifestamente infondato avendo la Corte di appello rilevato la condizione ostativa della abitualità di comportamento alla luce dei numerosi precedenti penali per condotte fraudolente informatiche;
considerato che manifestamente infondato è anche il quinto motivo di ricorso con il quale si censura la mancata esclusione della recidiva, l’omesso riconoscimento di attenuanti generiche in prevalenza o in equivalenza con la ritenuta recidiva e la dosimetria della pena: la Corte di appello, sia pure succintamente, ha affermato che il reato oggetto di giudizio era da considerarsi espressivo di rafforzata pericolosità in capo all’imputato, già gravato da plurimi precedenti specifici, ha rilevato che l’imputato si era comunque giovato della riduzione di pena per le concesse attenuanti generiche e che, pertanto, la sanzione complessivamente inflitta dal primo giudice era da considerarsi congrua;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il giorno 1 luglio 2025.