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Frode informatica: quando si applica l’art. 640-ter?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due imputati condannati per frode informatica. La Corte conferma la corretta qualificazione del reato (art. 640-ter c.p.) rispetto alla truffa semplice, poiché vi è stata un’alterazione del sistema informatico di home banking. Viene inoltre negata l’attenuante della minima partecipazione, data l’essenzialità del contributo degli imputati.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Frode Informatica: la Cassazione chiarisce i confini con la truffa

Con la recente ordinanza n. 43570/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale dell’informatica: la distinzione tra il reato di truffa e la più specifica frode informatica. La decisione offre importanti chiarimenti sulla corretta qualificazione giuridica dei fatti che coinvolgono la manipolazione di sistemi di home banking e ribadisce i criteri per valutare il contributo dei concorrenti nel reato. Questo caso evidenzia come l’alterazione di un sistema informatico sia l’elemento chiave che sposta l’accusa dalla fattispecie generale a quella speciale.

I Fatti del Caso

Il procedimento nasce dal ricorso presentato da due individui condannati nei gradi di merito per reati informatici. La Corte d’Appello di Brescia aveva confermato la loro responsabilità penale. Secondo la ricostruzione, gli imputati avevano partecipato ad operazioni illecite modificando i loro device (dispositivi) con elementi esterni, capaci di alterare il corretto funzionamento dei sistemi di home banking. Queste manipolazioni permettevano di ottenere un ingiusto profitto a danno di terzi.

I Motivi del Ricorso e la frode informatica

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione basandolo su due motivi principali:

1. Erronea Qualificazione Giuridica del Fatto

Il primo motivo, comune a entrambi i ricorrenti, lamentava un’errata qualificazione giuridica. Secondo la difesa, i fatti avrebbero dovuto essere inquadrati nel reato di truffa (art. 640 c.p.) e non nella più grave fattispecie di frode informatica (art. 640-ter c.p.).

2. Mancato Riconoscimento dell’Attenuante

Il secondo motivo di doglianza riguardava il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del contributo di minima importanza (art. 114 c.p.). La difesa sosteneva che l’apporto dei propri assistiti alla realizzazione del reato fosse stato marginale e, quindi, meritevole di una riduzione di pena.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ritenendo i motivi manifestamente infondati. La decisione si basa su un’analisi rigorosa delle norme e dei fatti, confermando l’orientamento consolidato della giurisprudenza.

La Corte ha respinto il primo motivo, sottolineando che la sentenza impugnata aveva correttamente motivato la scelta di qualificare il fatto come frode informatica. L’elemento decisivo, come spiegato dai giudici di merito, è stata l’alterazione del funzionamento dei sistemi informatici. La modifica dei device con elementi esterni, infatti, non costituisce un mero raggiro verso una persona, ma una vera e propria manomissione del sistema, che è l’elemento caratterizzante del reato previsto dall’art. 640-ter c.p. La Corte ha inoltre colto l’occasione per ribadire che il delitto di frode informatica può concorrere con quello di accesso abusivo a un sistema informatico, poiché tutelano beni giuridici diversi: il patrimonio (il primo) e il cosiddetto ‘domicilio informatico’ (il secondo).

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha ritenuto corretta e analitica la motivazione della Corte d’Appello nel negare l’attenuante della minima partecipazione. I giudici di merito avevano evidenziato come l’apporto fornito dai ricorrenti fosse stato essenziale per la realizzazione del reato. La loro condotta non poteva essere considerata di minima importanza né nella fase preparatoria né in quella esecutiva, rendendo così inapplicabile l’art. 114 c.p.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida principi fondamentali in materia di reati informatici. In primo luogo, stabilisce che la manipolazione diretta di un sistema informatico, come l’alterazione di dispositivi per interferire con l’home banking, integra il reato di frode informatica e non di semplice truffa. In secondo luogo, chiarisce che per ottenere l’attenuante del contributo minimo non è sufficiente una qualsiasi partecipazione, ma è necessario che l’apporto sia realmente marginale e trascurabile nell’economia complessiva del reato. La decisione, pertanto, ha importanti implicazioni pratiche, rafforzando la tutela penale contro le moderne forme di criminalità digitale e definendo con precisione le responsabilità di chi vi concorre.

Qual è la differenza chiave tra truffa semplice e frode informatica secondo questa ordinanza?
La differenza fondamentale risiede nella modalità dell’azione. Si configura la frode informatica (art. 640-ter c.p.) quando vi è un’alterazione del funzionamento di un sistema informatico, come la modifica di un dispositivo per interferire con l’home banking. La truffa semplice (art. 640 c.p.), invece, presuppone l’induzione in errore di una persona fisica tramite artifizi e raggiri.

Il reato di frode informatica può coesistere con quello di accesso abusivo a un sistema informatico?
Sì. La Corte ha chiarito che i due reati possono concorrere perché tutelano beni giuridici diversi. La frode informatica protegge il patrimonio, mentre l’accesso abusivo tutela il cosiddetto ‘domicilio informatico’, ovvero il diritto di escludere terzi da uno spazio informatico privato.

Perché la Corte ha negato l’applicazione dell’attenuante del contributo di minima importanza?
L’attenuante è stata negata perché, secondo la valutazione dei giudici di merito confermata dalla Cassazione, il contributo dei ricorrenti è stato essenziale per la realizzazione del reato. La loro condotta non è stata giudicata di ‘minima importanza’ né nella preparazione né nell’esecuzione del piano criminale, rendendo quindi inapplicabile la riduzione di pena prevista dall’art. 114 c.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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