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Frode informatica: quando si applica? La Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa aggravata. L’imputato chiedeva la riqualificazione del reato in frode informatica, ma la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito. Il punto chiave della decisione risiede nella distinzione tra l’induzione in errore di una persona, elemento tipico della truffa, e la manipolazione diretta di un sistema informatico, che caratterizza invece la frode informatica. Poiché l’azione criminale ha coinvolto e ingannato un essere umano, il reato configurabile è quello di truffa e non di frode informatica.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa o Frode Informatica? La Cassazione Traccia il Confine

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su una questione sempre più attuale nell’era digitale: la distinzione tra il reato di truffa e quello di frode informatica. Comprendere questa differenza è cruciale, poiché determina non solo la corretta qualificazione giuridica del fatto, ma anche le conseguenze penali per chi lo commette. La decisione in esame ribadisce un principio fondamentale: al centro della truffa c’è sempre l’inganno di una persona, mentre la frode informatica colpisce direttamente la macchina.

Il Caso: Una Condanna per Truffa e l’Appello in Cassazione

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di truffa, aggravata dalla cosiddetta minorata difesa della vittima. L’imputato, non accettando la qualificazione giuridica data dai giudici di merito, ha presentato ricorso in Cassazione. La sua tesi difensiva si basava su due punti principali:
1. Il reato doveva essere riclassificato come frode informatica ai sensi dell’art. 640-ter del codice penale.
2. Non sussistevano i presupposti per l’applicazione dell’aggravante della minorata difesa, prevista dall’art. 61, n. 5 del codice penale.

La Corte d’Appello aveva già respinto queste argomentazioni, ma l’imputato ha insistito, portando la questione all’attenzione della Suprema Corte.

La Distinzione Chiave tra Truffa e Frode Informatica

Il cuore della questione giuridica risiede nella netta differenza che il nostro ordinamento pone tra i due reati. Sebbene entrambi mirino a ottenere un ingiusto profitto, le modalità di esecuzione sono radicalmente diverse.

L’Errore Umano al Centro della Truffa

Il reato di truffa, disciplinato dall’art. 640 c.p., si realizza quando un soggetto, attraverso “artifizi o raggiri”, induce qualcuno in errore, procurandosi un ingiusto profitto a danno della vittima. L’elemento essenziale è l’interazione umana: l’autore del reato agisce sulla psiche della vittima, la inganna e la convince a compiere un atto di disposizione patrimoniale che altrimenti non avrebbe compiuto. La volontà della vittima è viziata dall’inganno.

La Manipolazione del Sistema nella Frode Informatica

La frode informatica (art. 640-ter c.p.), invece, è stata introdotta per colpire le aggressioni patrimoniali realizzate attraverso la tecnologia. In questo caso, l’autore non inganna una persona, ma “altera in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico”. L’azione criminale si rivolge direttamente alla macchina, bypassando l’interazione e l’inganno umano. L’esempio classico è quello di chi modifica un software per dirottare fondi o manipola dati per ottenere un vantaggio.

Le Motivazioni della Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno sottolineato che le argomentazioni del ricorrente non erano altro che una sterile ripetizione di quanto già dedotto e respinto nel precedente grado di giudizio, prive di una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata.

Nel merito, la Corte ha ribadito che il giudice d’appello aveva correttamente escluso la configurabilità della frode informatica. Le condotte dell’imputato, infatti, si erano tradotte in una “induzione in errore del soggetto passivo”. In altre parole, era stata una persona a essere ingannata e a compiere l’atto dannoso, non un sistema informatico a essere manipolato. Pertanto, il reato contestato era correttamente quello di truffa.

Anche riguardo all’aggravante della minorata difesa, la Cassazione ha ritenuto la motivazione della corte territoriale logica e coerente. Era stato evidenziato, infatti, che la vittima si trovava nell’impossibilità di identificare il suo interlocutore, una condizione che oggettivamente ostacolava la sua capacità di difendersi dall’inganno.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza consolida un principio interpretativo di fondamentale importanza pratica. La linea di demarcazione tra truffa e frode informatica dipende dall’oggetto dell’azione criminale: se è la volontà di una persona a essere manipolata, si tratta di truffa; se è il funzionamento di un sistema informatico a essere alterato, si tratta di frode informatica. La decisione conferma che, anche in un contesto digitale, se l’inganno sfrutta l’ingenuità o l’inesperienza di un utente per indurlo a compiere un’operazione, la fattispecie applicabile rimane quella tradizionale della truffa. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende suggella l’inammissibilità del suo tentativo di riqualificazione del reato.

Qual è la differenza fondamentale tra truffa e frode informatica secondo questa ordinanza?
La differenza risiede nell’obiettivo dell’azione criminale: nella truffa (art. 640 c.p.) viene ingannata una persona, inducendola in errore; nella frode informatica (art. 640-ter c.p.), invece, viene manipolato direttamente un sistema informatico o telematico.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte in appello, senza muovere una critica specifica e argomentata contro le motivazioni della sentenza impugnata.

Come è stata giustificata l’applicazione dell’aggravante della minorata difesa?
L’aggravante è stata confermata perché la Corte ha ritenuto logica la motivazione secondo cui la vittima si trovava in una condizione di svantaggio, in particolare a causa dell’impossibilità di identificare con certezza il suo interlocutore, e ciò ha ostacolato la sua capacità di difendersi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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