Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2346 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2346 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la ordinanza in data 19/07/2023 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, dl. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies de: d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
A NOME COGNOME sono state contestate tre fattispecie di truffa aggravata ai danni dello Stato (capi A, D e G) e tre fattispecie di autoriciclaggio (capi C, F ed L).
1.1. Con decreto del 26/10/2021, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma disponeva nei confronti del sunnominato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta – e in via subordinata anche per equivalente ai sensi dell’art. 640-quater cod. pen. – del profitto dei reati di cui ai capi A), D) e G).
1.2. Con successivo decreto del 08/04/2023, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Velletri, preso atto dell’incompetenza territoriale dichiarata dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma nell’udienza preliminare del 13/10/2022, e della nuova richiesta di sequestro formulata dal pubblico ministero di Velletri in data 06/04/2023, dichiarava l’inefficacia per decorso del termine di cui all’art. 27 cod. proc. pen. del decreto di sequestro preventivo del 26/10/2021 (limitatamente ai reati per i quali era stata pronunciata sentenza di incompetenza territoriale: capi A, C, D, F, G, H, L) e, preso atto dell’avvenuta prescrizione RAGIONE_SOCIALE fattispecie di cui ai capi A) e D), disponeva contestualmente nei confronti del COGNOME (e della di lui madre, NOME COGNOME, concorrente nel medesimo reato) il sequestro preventivo ai fini di confisca diretta e per equivalente del profitto del reato di truffa aggravata contestata al capo G) pari ad euro 6.580.030,00 nonché nei confronti del solo COGNOME il sequestro preventivo a fini di confisca del profitto dei reati di autoriciclaggio di cui ai capi C), F) ed L), rispettivamente pari ad euro 900.000, ad euro 500.000 e ad euro 102.113.
1.3. Il provvedimento riceveva materiale esecuzione nei confronti di NOME COGNOME per il complessivo importo di euro 5.578.073,24 sia in forma diretta su una pluralità di rapporti finanziari e polizze vita) che per equivalente (su immobili del valore di 767.353 euro, nonché su di un’autovettura ed un motoveicolo) e nei confronti di NOME COGNOME per l’importo di 406.487,28 euro.
1.4. Con ordinanza in data 19/07/2023, il Tribunale di Roma annullava il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta (e, in via subordinata, anche per equivalente ai sensi dell’art. 640-quater cod. pen.) emesso in data 08/04/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri nei confronti di NOME COGNOME limitatamente al profitto di cui al capo L) d’incolpazione, confermando nel resto il provvedimento impugnato.
1.5. Il Tribunale ha ritenuto la sussistenza di un idoneo corredo indiziario in relazione ai capi G), C) ed F), oltre che per i reati di truffa aggravata di cui ai
capi A) e D), ormai prescritti; il tutto, alla luce RAGIONE_SOCIALE evidenze raccolte dagli esiti RAGIONE_SOCIALE indagini concernenti la fraudolenta aggiudicazione nell’aprile 2019 da parte di alcuni dipendenti di RAGIONE_SOCIALE del primo premio della lotteria “Gratta e Vinci – Super Cash” del valore di euro 7.000.000,00, mediante una pluralità di artifizi, ivi incluso l’accesso abusivo ai sistemi informatici della societ allo scopo di individuare l’allocazione del lotto contenente il biglietto vincente, così da poterlo acquistare e portare all’incasso. Successivi accertamenti compiuti avevano permesso di individuare altre tre vincite sospette riconducibili al COGNOME, che fino al maggio 2018 (quando aveva spontaneamente presentato le sue dimissioni) era stato dipendente di RAGIONE_SOCIALE con la funzione di capo team dell’area Italy RAGIONE_SOCIALE Operations del settore Gratta e Vinci.
Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: violazione di legge con riferimento ai capo A), D) e G), per mancanza degli elementi costitutivi del reato di truffa aggravata ai danni dello Stato. Si è posto a fondamento dell’esistenza del fumus commissi delicti dei reati di truffa la possibile esistenza di un artificio che avrebbe consentito la preventiva individuazione dei biglietti vincenti tramite un accesso abusivo al sistema informatico del “Gratta e Vinci”, senza però nulla dire in ordine agli altri elementi costitutivi del reato di cui all’art. 640 cod. pen. L’elemento costitutivo dell’induzione in errore, nel provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, era stato individuato nella falsa titolarità dei biglietti vincenti (sicuramente riconducibili al COGNOME, in quanto tale non legittimato a partecipare alla lotteria) presentati all’incasso da altri soggetti, asseritamente non titolari dei tagliandi. Innanzitutto è erronea l’individuazione dell’eventuale soggetto indotto in errore posto che il provvedimento impugnato attribuisce detta qualità al gestore del servizio RAGIONE_SOCIALE, trascurando però il fatto che prima di essere presentati all’incasso i biglietti devono essere acquistati dal punto vendita. I biglietti sono stati regolarmente acquistati presso il legittimo proprietario, sono stati regolarmente presentati all’incasso da persone legittimate come previste dal regolamento, che sono risultati vincenti a seguito di validazione effettuata dal concessionario e che le vincite sono state regolarmente pagate. L’obbligo ex lege di pagamento RAGIONE_SOCIALE vincite è un atto necessitato e non volontario, non deriva da un processo decisionale viziato, non è un atto espressivo di autonomia privata ovvero di volontarietà dell’esecuzione della prestazione patrimoniale: difetta, conseguentemente, il danno patrimoniale.
Secondo motivo: violazione di legge con riferimento all’art. 648-ter. 1 cod. pen. (capi C, F ed L) e mancanza degli elementi costitutivi del reato di autoriciclaggio. La motivazione si concentra su accadimenti leciti successivi ai contestati reati per dare consistenza all’ipotesi accusatoria, senza però chiarire quale sarebbe stato in concreto l’ostacolo all’identificazione della provenienza illecita RAGIONE_SOCIALE somme impiegate. Non è certo “la tipologia degli investimenti” effettuati che determina, da sola, l’illiceità della condotta in quanto è richiesto anche quel quid pluris consistente nell’ostacolo concreto all’identificazione della provenienza delittuosa RAGIONE_SOCIALE somme impiegate, essendo richiesto in punto di illiceità della condotta non sola “la tipologia degli investimenti” ma anche quel quid pluris rappresentato dall’ostacolo in concreto frapposto all’identificazione della provenienza delittuosa RAGIONE_SOCIALE somme impiegate. Non sembra, pertanto, potersi affermare che le attività di investimento effettuate dal COGNOME siano connotate da idoneità dissimulatoria essendo consistite nell’acquisto di strumenti finanziari e assicurazioni vita tutti formalmente, oltre che sostanzialmente, intestati allo stesso ricorrente.
Terzo motivo: violazione di legge con riferimento all’art. 648-ter. 1 cod. pen. (capi C ed F). L’accertamento incidentale dei reati presupposto di cui ai capi A) e D) non può essere applicato. E’ vero che i fatti costitutivi dei reati presupposto contestati non sono stati giudizialmente esclusi nella loro materialità, ma è altrettanto vero che l’intervenuta prescrizione RAGIONE_SOCIALE ipotesi di reato presupposto non consente più di escluderli giudizialmente in quanto non solo non si è mai instaurato, e mai si potrà instaurare, un rapporto processuale nella pienezza del contraddittorio, ma non è nemmeno più possibile esercitare il diritto di difesa. In relazione al capo A), la prescrizione è intervenuta prima dell’esercizio dell’azione penale, con conseguente inesistenza del reato e consequenziale inconfigurabilità del reato di autoriciclaggio per mancanza di uno degli elementi costitutivi, ossia la provenienza illecita RAGIONE_SOCIALE somme impiegate. Parimenti, nei confronti del reato di cui al capo D), si sarebbe dovuto procedere con una richiesta di archiviazione, sebbene il reato non si fosse ancora prescritto.
Quarto motivo: violazione di legge con riferimento all’errata quantificazione del profitto dei reati di cui ai capi C, F ed L. Nell’autoriciclaggio contestato, le somme sottoposte a sequestro a tale titolo non hanno determinato un mutamento materiale e di segno positivo della situazione patrimoniale del ricorrente in quanto già facenti parte del patrimonio a cagione RAGIONE_SOCIALE vincite: dette somme, conseguentemente, non ne costituiscono il profitto.
Quinto motivo: violazione di legge con riferimento all’errata quantificazione del profitto confiscabile del reato di cui al capo G. Nella fattispecie, non può parlarsi di perdita dell’individualità storica del profitto non essendosi questo
irrimediabilmente confuso nel patrimonio dei due agenti in concorso. Al contrario, il profitto è stato precisamente individuato nel tempo e quantificato nella grandezza nei confronti del COGNOME, il quale ha visto l’accrescimento del proprio patrimonio della somma lorda di 2.000.000 di euro, ricevuta tramite bonifico bancario a seguito di atto notarile di donazione del 18 dicembre 2017 da parte della madre, peraltro dopo sei mesi dalla data di incasso della vincita (10/06/2017).
Sesto motivo: violazione di legge con riferimento al periculum in mora. E’ stata omessa qualsiasi motivazione in ordine all’attualità e alla concretezza dello stesso. Il disposto sequestro conservativo da parte del giudice civile, per un valore addirittura superiore a quello disposto nel provvedimento impugnato, impedisce il concretizzarsi della possibilità che i beni in sequestro possano essere modificati, dispersi, deteriorati, utilizzati o alienati. L’eventuale venir meno del sequestro in sede civile non impedirebbe, tra l’altro, la riproposizione della misura cautelare penale sulla base dei nuovi presupposti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è complessivamente infondato.
Pur muovendosi con incertezza tra la denuncia di vizi motivazionali (ammissibili in questa sede, solo se correlati alla mancanza di motivazione o alla mera apparenza RAGIONE_SOCIALE argomentazioni poste a base del provvedimento: cfr. Sez. 3, n. 37451 del 11/04/2017, COGNOME, Rv. 270543; Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269119; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, Rv. 248129) e la censura della violazione di legge, la difesa – quantomeno con riferimento a taluni aspetti – finisce per criticare la motivazione dell’ordinanza del Tribunale del riesame lamentando, nella sostanza, la carenza dell’apparato motivazionale in punto dimostrazione, pur se a livello di fumus come richiesto dalla fase incidentale, dei presupposti indefettibili per riconoscere nei fatti accertati le condotte dei delitti contestati.
2.1. A tal fine, alcune premesse metodologiche e di principio s’impongono.
2.1.1. Va innanzitutto ricordato che, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione contro l’ordinanza emessa dal Tribunale, all’esito della richiesta di riesame ovvero di appello in tema di misure cautelari reali, può essere proposto solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”. Ne consegue che i vizi motivazionali denunciabili debbono assumere caratteri così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo
dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093); non rientra, invece, nella nozione di violazione di legge l’illogicità manifesta, che può denunciarsi in sede di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, P.M. in proc. Vespoli, Rv. 242916).
Nel caso di specie, non può ritenersi affatto che la motivazione sia del tutto assente o assuma i caratteri della mera apparenza: del resto, perché ricorrano fattispecie del genere è necessario che la motivazione stessa sia del tutto priva dei pur minimi requisiti per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice del provvedimento impugnato (cfr., Sez U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710).
Va ricordato al riguardo che, la manifesta illogicità della motivazione, pur corrispondendo al mancato rispetto dei canoni epistemologici e valutativi che, imposti da norme di legge (principalmente dall’art. 192, ma anche dall’art. 546, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.), regolano il ragionamento probatorio, non è però presidiata da una diretta sanzione di nullità: l’incongruenza logica della decisione contrastante con detti canoni può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606, che riconosce rilevanza al vizio allorché esso risulti dal testo del provvedimento impugnato.
Invece, l’ipotesi della mancanza di motivazione, pur essendo inclusa nella citata lett. e), non ha perduto l’intrinseca consistenza del vizio di violazione di legge, che vale a renderlo affine al motivo di ricorso enunciato nella lett. c) del medesimo art. 606 cod. proc. pen., in quanto il caso di motivazione radicalmente omessa, cui è equiparata quella meramente apparente, è sempre correlato alla inosservanza di precise norme processuali (l’art. 125, comma 3, riguardante in generale le forme dei provvedimenti del giudice, compresi i decreti nei casi in cui la motivazione è espressamente prescritta dalla legge; l’art. 292, comma 2, lett. c) e c-bis), e comma 2-ter, in tema di ordinanza applicativa di una misura cautelare personale), norme che, specificando il precetto di cui all’art. 111, comma 6, Cost., stabiliscono l’obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, facendo derivare dall’inosservanza di esso la nullità dell’atto.
2.1.2. Ulteriore doverosa premessa attiene alla verifica RAGIONE_SOCIALE condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del tribunale del riesame o della corte di cassazione che, per costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, non può tradursi in un’anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di
investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi ovvero alla ricorrenza dell’elemento psicologico del reato (cfr., Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, COGNOME, Rv. 215840; Sez. 6, n. 45908 del 16/10/2013, COGNOME, Rv. 257383).
Peraltro, sebbene nel sequestro preventivo la verifica del giudice del riesame non debba tradursi nel sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa, è necessario tuttavia che la stessa si spinga ad accertare la possibilità di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato: pertanto, ai fini dell’individuazione del “fumus commissi delicti”, non è sufficiente la mera “postulazione” dell’esistenza del reato, da parte del pubblico ministero, in quanto il giudice, nella motivazione dell’ordinanza, deve rappresentare le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, che dimostra indiziariamente la congruenza dell’ipotesi di reato prospettata (o ritenuta) rispetto ai fatti cui si riferisce la misura cautelare reale (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 28515 del 21/05/2014, Ciampani, Rv. 260921).
2.2. Nella fattispecie, l’ordinanza impugnata ha rilevato la natura fraudolenta RAGIONE_SOCIALE indicate vincite pari ad oltre 15.000.000 di euro, posta in essere grazie al decisivo ruolo svolto dal COGNOME all’interno di RAGIONE_SOCIALE, dimostrata dalla loro particolare vicinanza nel tempo, dal fatto che uno stesso nucleo familiare del COGNOME avesse conseguito nell’arco di soli due anni tre vincite milionarie al Gratta e Vinci, dalla circostanza che i biglietti vincenti fossero stati acquistati in tutte e tre le occasioni in città particolarmente lontane dai luoghi di residenza dei vincitori, dalla tempistica e dalla consistenza RAGIONE_SOCIALE spartizioni di denaro che ne erano seguite, sempre caratterizzate dal riconoscimento della quota più elevata allo stesso COGNOME, che ne aveva poco dopo versato una porzione alla collega NOME COGNOME, parimenti impiegata presso la RAGIONE_SOCIALE, mediante bonifici privi di una ben definita causale e nonostante non sussistessero particolari rapporti affettivi tra le parti. E’ stata altresì evidenziata l’anomala circostanza che il COGNOME, ad un anno di distanza dalle sue dimissioni, avesse mantenuto stretti contatti con i colleghi COGNOME, COGNOME e COGNOME (indagati per truffa ed altro in relazione alla fraudolenta aggiudicazione nell’aprile 2019 del primo premio della lotteria Gratta e Vinci), tanto che il ricorrente era andato a trovare presso la sede della RAGIONE_SOCIALE proprio il 09/04/2019, ovvero le stesso giorno in cui il COGNOME ed il COGNOME si erano recati ad acquistare il biglietto vincente presso una tabaccheria di Cremona, ove il titolo era pervenuto la mattina di quello stesso giorno. Il successivo 13/02/2020 proprio il COGNOME aveva chiesto aggiornamenti sulla stessa chat in merito alle operazioni di dismissione del server ITGS, ovvero lo stesso in cui il COGNOME e il COGNOME si erano introdotti mediante un
apposito software per ricercare i biglietti vincenti e poi cancellare le tracce informatiche dei loro accessi. Si legge nel provvedimento impugnato: “di conseguenza non può essere valorizzata in chiave difensiva la circostanza che la società RAGIONE_SOCIALE – incaricata dalla RAGIONE_SOCIALE nel giugno 2020 di eseguire un’analisi forense sul service ITGS mirata alla ricostruzione del meccanismo fraudolento che aveva consentito ai dipendenti infedeli di individuare i biglietti vincenti del gioco denominato “500 milioni supercash” e la loro allocazione geografica – non sia riuscita a rilevare attività fraudolente da parte degli operatori di sistema, atteso che comunque … erano stati individuati una pluralità di comportamenti anomali da parte degli amministratori della piattaforma, suscettibili di avere precluso la successiva attività di accertamento del suo pregresso utilizzo fraudolento. In particolare era emerso che il 05/06/2020 la matricola K12161 – abbinata all’utenza di COGNOME NOME – aveva cancellato tutti i file di log e le registrazioni RAGIONE_SOCIALE precedenti sessioni di lavoro asserendo che fosse un’operazione necessaria per liberare spazio sul server. Tuttavia si era trattato invece di un’operazione “arbitraria e non giustificata” poiché non vi era alcuna evidenza della saturazione del disco di sistema. Ne emerge conferma dalla conversazione telefonica intercorsa tra il COGNOME ed il COGNOME proprio il pomeriggio del 05/06/2020 in cui il primo aveva informato il secondo di avere trovato una funzione che permetteva di cancellare i file di log e di averla applicata sull’intero sistema, ivi inclusa la sua componente denominata “staging”. Il COGNOME se ne era rallegrato, osservando come avessero ormai “ripulito tutto” e potessero stare tranquilli … (aggiungendo) che il COGNOME avrebbe potuto giustificare l’operazione proprio sostenendo che servisse per liberare la memoria del disco e evitare che il sistema si bloccasse …”.
Tutto ciò premesso e considerato, evidenzia il Collegio come il ricorrente, con il primo motivo svolto, deduca violazione della legge penale in riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, contestando gli elementi costitutivi del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all’art. 640bis cod. pen.
La questione relativa alla qualificazione giuridica del fatto, sebbene fondata, non dispiega, per i motivi che saranno successivamente illustrati, alcun utile effetto ai fini della persistente efficacia della misura.
3.1. Il ricorrente ricostruisce la natura giuridica del biglietto vincente quale titolo al portatore, in tal modo escludendo l’induzione in errore determinante l’atto di disposizione patrimoniale, elementi costitutivi del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche posti alla base della provvisoria incolpazione.
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Nel caso di specie, occorre rilevare che il disvalore della condotta si incentra su un’intercettazione abusiva, attraverso l’accesso al database della banca dati della società concessionaria, dei biglietti vincenti, individuati presso i diversi rivenditori ed acquistati in blocco dall’indagato o da persone al medesimo riconducibili che, in qualità di prestanome, hanno contribuito all’attuazione del sofisticato sistema elaborato dal COGNOME tanto nella fase di intervento sui sistemi informatici, propedeutica all’individuazione ed al conseguente acquisto dei titoli, quanto nella successiva attività di occultamento RAGIONE_SOCIALE tracce degli accessi, mediante l’utilizzo di software di anonimizzazione.
3.2. L’attività di manipolazione dei sistemi informatici preposti al collocamento dei biglietti RAGIONE_SOCIALE lotterie nazionali nei punti vendita localmente abilitati, in quanto diretta alla loro individuazione, strumentale alla conseguente captazione dei premi della vincita, non costituisce artificio penalmente rilevante ai sensi dell’art. 640-bis cod. pen., ma integra la fattispecie speciale di frode informatica di cui all’art. 640-ter cod. pen., in quanto difetta l’induzione in errore del soggetto passivo del reato, tenuto all’erogazione della prestazione in virtù della mera esibizione del titolo di legittimazione, risolvendosi il disvalore complessivo della condotta, piuttosto, nel fraudolento intervento sul sistema di distribuzione, diretto a neutralizzare l’aleatorietà del complessivo meccanismo di gioco.
In tale prospettiva, il pagamento della vincita al portatore “abusivo” determina la produzione dell’evento di ingiusto profitto con altrui danno, posto che la predeterminazione del vincitore del premio, venutone in possesso indebitamente, consolida, da un lato, la definitiva perdita di chance a carico degli altri potenziali acquirenti, esposti inevitabilmente alla definitiva impossibilità di conseguire la disponibilità dei biglietti vincenti in conseguenza dell’illecita intercettazione dei titoli e, dall’altro, l’alterazione funzionale del contratto d vendita di cui è parte la società RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE), che si è costituita parte civile nel processo insieme a RAGIONE_SOCIALE e all’RAGIONE_SOCIALE, incidendo sulla sua tipica causa di alea.
3.3. Da tanto discende che il fatto sembra trovare corretta qualificazione giuridica nell’alveo di cui all’art. 640-ter cod. pen., che si caratterizza, infatti perché l’attività fraudolenta dell’agente investe non la persona, di cui difetta l’induzione in errore, bensì il sistema informatico di pertinenza di quest’ultima, attraverso la sua manipolazione (Sez. 2, n. 10354 del 05/02/2020, Gerbino, Rv. 278518).
Sussiste, inoltre, l’aggravante prevista al secondo comma della suindicata disposizione normativa, posto che il fatto concreto realizzato è avvenuto in danno della società RAGIONE_SOCIALE, da qualificarsi come ente pubblico, in
quanto preposto ai servizi di gestione RAGIONE_SOCIALE vendite di gioco, tramite autorizzazione dall’RAGIONE_SOCIALE.
Invero, il pagamento della vincita è stato regolarmente eseguito in favore dell’indagato nella qualità di portatore dei biglietti vincenti, senza alcuna diretta induzione in errore del soggetto tenuto al pagamento dei premi.
3.4. La condotta illecita si situa, pertanto, in una fase intermedia rispetto alla materiale riscossione della vincita e, più propriamente, nel momento della fraudolenta individuazione dei titoli vincenti.
Proprio tale attività, strumentale al conseguimento dell’ingiusto profitto, ha consentito di alterare l’ordinario meccanismo di gioco, neutralizzandone l’alea tipica e consentendo, quindi, all’agente di poter incassare la vincita.
L’attribuzione al fatto della corretta qualificazione giuridica non dispiega, tuttavia, alcun effetto caducatorio della misura applicata, trattandosi della mera qualificazione giuridica del medesimo fatto, senza alcuna immutazione degli elementi costitutivi del reato, giacchè, dalla corretta attribuzione al fatto del corretto nomen juris, non deriva alcun effetto sulla misura cautelare in atto.
Ed invero, il sequestro preventivo funzionale alla confisca, prevista dal combinato disposto degli artt. 322-ter e 640-quater cod. pen., è applicabile anche al reato di frode informatica di cui all’art. 640-ter cod. pen.: da qui l’infondatezza del motivo.
Il secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto risultano analiticamente ricostruite le movimentazioni dissimulatorie del profitto illecito conseguito, attraverso l’intestazione RAGIONE_SOCIALE somme alla vasta rete dei soggetti coinvolti, nonchè tramite l’acquisto di titoli, polizze assicurative e beni immobili.
Tanto basta a ritenere integrata la condotta di autoriciclaggio ai sensi dell’art. 648-ter cod. pen.
Il terzo motivo, con il quale il ricorrente censura l’ordinanza impugnata per aver posto alla base della contestazione di cui all’art. 648-ter cod. pen. i delitti presupposto di cui ai capi A) e D), ormai prescritti, è manifestamente infondato, in quanto, in tema di motivazione del decreto di sequestro preventivo di cose che si assumono pertinenti al reato di autoriciclaggio, pur non essendo necessario che i delitti presupposti siano specificamente individuati e accertati, è tuttavia indispensabile che essi risultino, alla stregua degli acquisiti elementi di fatto, almeno astrattamente configurabili, il che non si verifica ove il giudice si limiti a supporne l’esistenza sulla base del solo carattere asseritamente sospetto RAGIONE_SOCIALE operazioni relative a beni e valori che si intendono vincolare (Sez. 2, n. 26902 del 31/05/2022 Rv. 283563), il che esclude che la prescrizione dei reati
presupposto, identificati in tutti i loro elementi costitutivi, non sia idonea a sostenere la provvisoria incolpazione sub art. 648-ter cod. pen.
Il quarto motivo, con il quale il ricorrente si duole dell’asserita duplicazione del profitto oggetto di sequestro per il reato di autoriciclaggio, è generico e, come tale, inammissibile, in quanto omette il doveroso confronto con la motivazione dell’ordinanza impugnata, che, in applicazione dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimità, ha correttamente individuato i proventi oggetto di sequestro preventivo.
Sul tema, come è stato autorevolmente sostenuto con orientamento costante, il prodotto, il profitto o il prezzo del reato non coincidono con il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dal reato presupposto, consistendo invece nei proventi conseguiti dall’impiego di questi ultimi in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative (cfr., Sez. 2, n. 27228 del 15/09/2020, Lolasco, Rv. 279650-02; Sez. 6, n. 4953 del 20/11/2019, dep. 2020, Cilli, Rv. 278204).
Ebbene, nel caso di specie, il Tribunale ha correttamente individuato l’entità della somma oggetto di sequestro per i capi C) ed F) dell’incolpazione provvisoria, posto che le somme quantificate – rispettivamente pari a 900.000,00 e 500.000,00 euro – sono state investite, a seguito della condotta di fraudolenta individuazione dei biglietti della lotteria, nella sottoscrizione di titoli azionari, pertanto, in attività speculative, dirette, da un lato, ad assicurare l’ingiusto arricchimento derivante dal delitto presupposto, e, dall’altro, a disperderne le tracce di illecita acquisizione.
In ogni caso, l’ordinanza impugnata ha, correttamente, rilevato che il pericolo di duplicazione della somma astrattamente confiscabile risulta, nel caso di specie, insussistente, alla luce della sopravvenuta prescrizione dei delitti di truffa oggetto della provvisoria contestazione, che, nonostante la riqualificazione giuridica operata in questa sede – alla quale, come sopra evidenziato, non consegue alcun effetto caducatorio della misura applicata – ha determinato l’effettiva impossibilità di sottoporne ad ablazione i ricavi, poi parzialmente reinvestiti in attività finanziarie.
Manifestamente infondato è il quinto motivo, diretto a contestare la quantificazione del profitto apprensibile per il capo G) e l’applicazione del principio solida ristico .
7.1. L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio di diritto elaborato dalla giurisprudenza di legittimità in relazione al principio solidaristico, né la diversa qualificazione giuridica risultante dalla sussunzione del fatto concreto entro il perimetro applicativo della disposizione di cui all’art. 640-
ter cod. pen., dispiega alcun effetto in relazione alla persistente validità RAGIONE_SOCIALE argomentazioni spese dal Tribunale, in quanto il fatto posto in essere rimane un reato di danno ed ai fini della possibilità di procedere a sequestro preventivo a nulla rileva il concreto profitto che il singolo concorrente nella fattispecie delittuosa abbia ottenuto, ma quello prodotto dalla consumazione del reato nel suo complesso, avendo la giurisprudenza di questa Corte Suprema già avuto modo di chiarire che «È legittimo il sequestro preventivo, funzionale alla confisca di cui all’art. 322-ter cod. pen. eseguito per l’intero importo del prezzo o profitto del reato nei confronti di un concorrente del delitto …, nonostante le somme illecite siano state incamerate in tutto o in parte da altri coindagati, salvo l’eventuale riparto tra i concorrenti medesimi, che costituisce fatto interno a questi ultimi, privo di alcun rilievo penale, considerato il principio solidaristico che uniforma la disciplina del concorso di persone e che, di conseguenza, implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa in capo a ciascun concorrente, nonché la natura della confisca per equivalente, a cui va riconosciuto carattere eminentemente sanzionatorio» (Sez. 5, n. 25560 del 20/05/2015, COGNOME, Rv. 265292).
Il motivo, inoltre, si profila come assertivo, in quanto non si confronta con la motivazione.
7.2. Il ricorrente assume di aver parcellizzato la propria quota di spettanza del profitto conseguito nella misura di 2.000.000 di euro ricevuti dalla di lui madre NOME COGNOME con atto di donazione, in tal modo sostenendo la persistente individuabilità storica del profitto, ostativa all’operatività del principio solidaristic trascurando, tuttavia, l’ampia motivazione dell’ordinanza impugnata, dalla quale risulta nitidamente il decisivo ruolo di vertice rivestito dal ricorrente nell’ideazione ed organizzazione del progetto criminoso, che ha visto coinvolti anche altri soggetti, tra cui i suoi familiari, relegati a meri esecutori materiali, tanto nella fase di accumulazione indebita della ricchezza, quanto in quella della successiva spartizione dei ricavi conseguenti.
8. Il sesto motivo, diretto a censurare l’omessa motivazione con riguardo al periculum in mora, è, del pari, manifestamente infondato, in quanto non si confronta con il puntuale percorso argomentativo dell’ordinanza che, sul punto, ha valorizzato la particolare spregiudicatezza criminale dell’indagato nella complessiva elaborazione ed attuazione del progetto criminoso, indicativa di una peculiare abilità nella movimentazione dei flussi di denaro e, pertanto, bisognosa di un tempestivo intervento ablativo nella prospettiva di assicurare definitivamente il profitto dei reati contestati, onde consentirne la successiva confisca obbligatoria. Per altro verso, la censura, diretta a contestare l’attualità del periculum in relazione al sopravvenuto decreto di sequestro conservativo disposto nei confronti
dell’indagato in sede civile, risulta meramente reiterativa della corrispondente doglianza proposta in sede di riesame ed adeguatamente disattesa dal Tribunale, che ha ineccepibilmente osservato come la sussistenza del fumus boni iuris risulti strettamente correlata alla permanenza del vincolo disposto in sede penale ed ai presupposti che lo sorreggono.
Alla pronuncia consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali. Così deciso in Roma il 19/12/2023.