Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14467 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14467 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/01/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME nata a Milano il 24/6/1991 NOME COGNOME nato in Egitto il 17/5/1984 avverso la sentenza resa il 24 aprile 2024 dalla CORTE di APPELLO di Milano
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che, richiamandosi alla memoria già trasmessa, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
sentite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che ha insistito nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano, parzialmente riformando la sentenza resa il 19 maggio 2023 dal Tribunale di Milano, ha assolto gli imputati appellanti dal reato di ricettazione continuata loro ascritto al capo 3 della rubrica pe insussistenza del fatto e ha rideterminato la pena loro inflitta in relazione ai residui rea di frode informatica in danno di COGNOME NOME (Capo 1) e di COGNOME NOME NOME (capo 5) e di sostituzione di persona delle predette persone offese (capi 2 e 6), meglio indicati in rubrica.
2.Avverso detta sentenza propongono ricorso i due imputati, con atto sottoscritto dal comune difensore di fiducia, deducendo:
2.1Violazione di norme processuali e vizio della motivazione, anche sotto forma del travisamento della prova, in ordine all’affermazione di responsabilità per i delitti di frod informatica e sostituzione di persona.
La Corte di appello ha desunto la prova della responsabilità dell’imputata NOMECOGNOME in ordine alla truffa contestata in danno di NOME COGNOME, dal fatto che il pacco contenente il cellulare acquistato tramite l’attività di phishing sia stato consegnato e ritirato dall’imputata, desumendo tale dato dall’analisi del registro delle consegne detenuto dal custode dello stabile, COGNOME; tale conclusione è erronea poiché non vi è corrispondenza tra il dato registrato e il documento di consegna fornito dalla società RAGIONE_SOCIALE, in cui è indicato il numero di spedizione riferito al telefono cellulare in esame sicché la conclusione cui è pervenuta la Corte di appello è frutto di una congettura priva di fondamento. In fase di indagine non si è potuto individuare il codice Imei del cellulare e la Corte si è limitata a desumere la prova del concorso nel reato di truffa da una consegna di cui non vi è prova.
Il ricorrente deduce, inoltre, che la prova della responsabilità dei due imputati per i reati di truffa e sostituzione di persona in danno di COGNOME, contestati ai capi d’imputazione n. 5 e 6 della rubrica, è desunta dal fatto che i pacchi acquistati sono stati ricevuti ne negozio dei predetti e destinati ad NOME COGNOME nome utilizzato da NOME in luogo del proprio.
La Corte non ha, però, considerato che il negozio degli imputati riceveva pacchi per conto di terzi propri clienti, e questo servizio di ritiro pacchi veniva eseguito indicand quale destinatario il nome di NOME COGNOME, sicché tale elemento non può fondare il giudizio di colpevolezza. Ed infatti il portiere dello stabile ha spiegato che per distinguere le consegne in favore dei clienti dalla propria corrispondenza, gli imputati avevano chiesto ai fruitori del servizio di indicare come nominativo quello di NOME COGNOME padre defunto dell’imputata. In conclusione non può escludersi che il pacco oggetto della frode informatica contestata sia riconducibile ad un acquisto effettuato da un terzo, che al fine di occultare la condotta fraudolenta, aveva fruito del servizio di spedizione offerto dagli imputati.
Il collegio ha poi omesso di considerare il contenuto della memoria difensiva e le produzioni documentali allegate.
Anche l’affermazione della Corte secondo cui “gli imputati non hanno mai dichiarato in dibattimento di aver ritirato il pacco in esame per conto terzi e in particolare al Barbera” è frutto di evidente travisamento poiché l’imputata ha spiegato di avere ritirato il pacco destinato al Barbera per conto terzi e di avere firmato la ricezione del pacco e ha aggiunto che dopo essere stata contattata da quest’ultimo, che aveva lamentato di essere stato vittima di una truffa, si era accordata per rispedirgli indietro il pacco.
2.2 Violazione della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio in ordine all’affermazione di responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti, in quanto l’accertamento dell consegna di due pacchi frutto della contestata frode informatica non è un dato
significativo che consente di ritenere i due imputati coinvolti nella truffa, in quanto predetti svolgevano un’attività di ricezione di pacchi per conto terzi.
2.3 Vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità degli imputati a titolo di concorso nel reato, poiché la Corte d’appello effettua un salto logico nell’affermare il coinvolgimento di altri soggetti possibili autori delle frodi informatiche, senza indicare gli elementi che consentono di confermare la corresponsabilità a titolo di concorso degli odierni imputati. In particolare non è stato motivato e chiarito l’elemento soggettivo del concorso di persone, cioè la consapevolezza di contribuire alla consumazione di un reato. Secondo questa impostazione della Corte di appello, qualsiasi soggetto deputato alla ricezione di un pacco dovrebbe rispondere anche del suo contenuto, mentre nel caso in esame è evidente che gli imputati avrebbero dovuto essere assolti per non avere commesso il fatto.
2.4 Vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato di sostituzione di persona, poiché gli imputati sono stati dichiarati colpevoli in forza di una sorta di automatismo secondo cui, una volta affermata la loro responsabilità per il concorso nel delitto di frode informatica, si deve concludere anche per il coinvolgimento nella sostituzione di persona. La frode informatica è un reato di evento che richiede l’alterazione del funzionamento di un sistema informatico o l’intervento senza diritto su dati e informazioni contenuti in un sistema informatico e la verificazione dell’evento cioè l’ingiusto profitto con altrui danno. Nel corso di questo procedimento non è emersa la prova che gli imputati siano autori delle condotte di phishing e solo l’autore delle condotte di phishing potrebbe essere ritenuto responsabile del delitto di sostituzione di persona.
2.5 Violazione dell’art. 131 bis cod.pen. e vizio di motivazione per mancata motivazione in ordine al rigetto dell’istanza di riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha respinto tale istanza sul rilievo che le persone offese hanno subito un danno considerevole e che le modalità dell’azione sono dimostrative di una particolare capacità a delinquere e si sono manifestate attraverso una reiterazione della condotta fraudolenta. L’abitualità che osta alla applicazione della disciplina della causa di non punibilità non corrisponde ai dati fattuali del caso in esame poiché secondo giurisprudenza l’abitualità viene integrata quando l’autore faccia seguire a due reati della stessa indole un’ulteriore analoga condotta illecita. La Corte non ha considerato la condotta successiva all’accertamento del fatto, con riferimento ai versamenti in denaro in favore delle persone offese.
2.6 Violazione dell’art. 133 cod.pen. e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio e all’aumento di pena disposto per la continuazione poiché i giudici di merito si sono discostati dal minimo edittale senza alcun motivazione. inoltre la Corte di appello ha ritenuto le circostanze generiche prevalenti sulle aggravanti contestate, ma ha individuato una pena base pari ad anno uno mesi sei di reclusione, mentre avrebbe dovuto individuare la pena base nel minimo edittale, stante l’avvenuto
risarcimento operato dalle parti. Inoltre, anche in relazione ai singoli aumenti di pena per i delitti in continuazione la motivazione risulta estremamente carente e non permette di individuare l’esatto percorso logico in forza del quale si è pervenuti ad un complessivo aumento di pena di 7 mesi di reclusione, mentre secondo le Sezioni unite di questa Corte avrebbe dovuto indicare i singoli aumenti
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono inammissibili perché generici in quanto si limitano a reiterare le doglianze già sollevate con i motivi di gravame, che sono state respinte dalla Corte di appello con motivazioni articolate e immuni dai vizi dedotti, e , in sostanza, invocano una diversa ricostruzione in punto di fatto degli elementi probatori, che hanno formato oggetto di attenta valutazione da parte dei giudici di merito, costituendo un robusto supporto all’affermazione di responsabilità.
1.2 Manifestamente infondate si palesano le prime tre censure, che si appuntano su diversi aspetti della affermazione di responsabilità a carico dei due imputati.
La Corte ha evidenziato, quanto alla truffa in danno di COGNOME NOME, che il destinatario del bene acquistato fraudolentemente, indicato altresì sulla fattura d’acquisto, è risultato essere “NOME NOME“, padre defunto dell’imputata NOME; che il bene è stato consegnato in Milano all’indirizzo di residenza di Monaco Francesco, dove continua a risiedere la madre dell’imputata; che il pacco, consegnato al portiere dello stabile, è stato ritirato da NOME, come risulta dal registro delle consegne.
La difesa ha dedotto, in modo peraltro generico, un inesistente travisamento della prova in relazione al codice di consegna annotato nel registro del portiere, che non coinciderebbe con quello indicato dal vettore, in quanto la Corte di merito ha ritenuto tale dato irrilevante, a fronte della testimonianza del portiere e della circostanza accertata che il corriere aveva consegnato a quell’indirizzo il pacco a nome di NOME NOME, riportato anche nella bolla di consegna.
Con riferimento alla truffa in danno di COGNOME NOME NOME, in sentenza è stato chiarito che il bene acquistato fraudolentemente è stato consegnato dal corriere al portiere dello stabile ove si trova il negozio di telefonia gestito dalla Monaco e dove lavora altresì il marito NOME; che il destinatario del pacco è stato indicato in “Monaco RAGIONE_SOCIALE“, nome pacificamente utilizzato dal COGNOME al posto del proprio, come riferito dal portiere.
La Corte ha, inoltre, valorizzato la circostanza che le due truffe informatiche si sono consumate con le medesime modalità, inviando ai domini delle due persone offese un avviso di scadenza e contestuale richiesta di rinnovo dietro pagamento di una somma pari a circa 10 C; le due persone offese avevano eseguito il pagamento utilizzando la carta di credito, per poi rendersi conto di avere subito un addebito di ingente importo destinato all’acquisto di un cellulare su un sito internet; in entrambe le circostanze i
cellulare frutto della truffa è stato acquistato utilizzando un nominativo riconducibile a due imputati e consegnato a due indirizzi nella loro disponibilità .
A pagina 5 della sentenza impugnata la Corte ha ben spiegato che il dato probatorio non risulta scalfito dalla circostanza che il negozio della Monaco fornisse anche un servizio di ritiro pacchi, poiché questo servizio era utilizzato da utenti sconosciuti al portiere d palazzo, mentre le persone legittimate ad utilizzare la portineria come luogo di destinazione delle consegne erano i due imputati, come precisato dal teste di COGNOME. La difesa non si confronta con questa specifica precisazione e ribadisce che il pacco sarebbe stato consegnato al portiere dello stabile nell’ambito del servizio di ritiro pacchi del negozio.
Al riguardo la Corte a pag. 6 ha escluso che l’episodio in cui è stato coinvolto il teste COGNOME possa inficiare la prospettazione accusatoria, poiché questi aveva preventivamente chiesto l’autorizzazione a farsi consegnare a nome di NOME COGNOME un pacco, mentre nel caso della truffa in danno di COGNOME, i due imputati non hanno indicato il soggetto per il quale avrebbero ritirato il pacco, che sarebbe stato inviato implausibilmente a loro insaputa.
Di contro il ricorso propone una valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi che vengono esaminati e screditati singolarmente, senza valutare la portata inequivoca che deriva dalla loro valutazione complessiva in ordine al ruolo rivestito dai due imputati nei due episodi delittuosi.
Non va peraltro trascurato che dalla sentenza emerge che i due imputati hanno in parte risarcito il danno cagionato alle persone offese, così ottenendo il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, e anche tale comportamento ha comunque una valenza indiziaria di conferma della prospettazione accusatoria.
Va poi osservato che la Corte, nel rispetto dei principi più volte affermati dalla giurisprudenza di legittimità, ha fondato il giudizio di colpevolezza sulla considerazione che i due imputati si sono appropriati del provento della truffa, che hanno ricevuto personalmente, e, in forza di un ragionamento logico ineccepibile, li ha ritenuti responsabili per avere contribuito a realizzare l’esecuzione dei delitti di frode informatica e di sostituzione di persona, tramite i quali sono stati acquisitati i due telefoni.
2.2 Il motivo relativo al diniego della causa di non punibilità per particolare tenuit del fatto è manifestamente infondato.
Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolar tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590 – 01)
La Corte di merito a pagina 7 della sentenza ha correttamente valorizzato la significativa entità del danno cagionato alle persone offese, il carattere pregiudizievole
della condotta posta in essere, sintomatica di una particolare abilità e capacità a delinquere , e la sua non occasionalità, trattandosi di due truffe consumate con analoghe modalità.
Come già chiarito dalla pronuncia delle Sezioni Unite, prima della recente modifica normativa, (Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022, Ubaldi, Rv. 283064 – 01) la condotta susseguente il reato è elemento di considerazione nell’ambito della complessiva valutazione dei requisiti per l’applicazione della causa di non punibilità nel caso concreto « rilevando ai fini dell’apprezzamento della entità del danno, ovvero come possibile spia dell’intensità dell’elemento soggettivo».
Tale interpretazione è stata di recente ratificata dalla novellazione dell’art. 131-bi cod. pen. ad opera del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per effetto della quale la condotta susseguente al reato costituisce elemento suscettibile di valutazione nell’ambito del giudizio sulla sussistenza delle condizioni per la concreta applicabilità dell’esimente, rilevando ai fini dell’apprezzamento dell’entità del danno, ovvero come possibile spia dell’intensità dell’elemento soggettivo. (Sez. 3, n. 20279 del 21/03/2023 Rv. 284617 01).
Nel caso in esame la Corte, a pag. 8 della sentenza, ha correttamente preso in considerazione il parziale risarcimento effettuato dagli imputati in favore del Ragazzoli e del Fondo per le vittime vulnerabili ma, trattandosi di versamenti inferiori agli import sottratti con la truffa, li ha implicitamente ritenuti non idonei ad incidere sulla grav dell’offesa ai fini dell’art.131 bis cod.pen., e sufficienti a giustificare solo il riconoscim delle attenuanti generiche, con motivazione non sindacabile in questa sede.
2.3 Le censure formulate in merito al trattamento sanzionatorio sono generiche e manifestamente infondate, poiché la Corte ha spiegato che la particolare capacità a delinquere manifestata dai due imputati giustifica il discostamento dal minimo edittale, motivazione con cui il ricorrente non si confronta, e che in ordine ai reati unificati pe continuazione, è stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene applicando aumenti differenziato per le diverse tipologie di reato e la loro differente gravità.
Il ricorrente deduce formalmente vizi della motivazione, ma nella sostanza invoca un trattamento sanzionatorio più contenuto, così avanzando una richiesta che esula dal sindacato di legittimità.
In forza di queste argomentazioni si impone la dichiarazione di inammissibilità dei due ricorsi con le conseguenti statuizioni.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
Così deciso, il 22 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
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La Presidente