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Frode informatica: la responsabilità di chi riceve

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati condannati per frode informatica e sostituzione di persona. La Corte ha confermato la loro responsabilità, basata sulla ricezione di pacchi contenenti beni acquistati fraudolentemente tramite phishing, ritenendo le prove sufficienti a dimostrare il loro coinvolgimento attivo, nonostante la difesa sostenesse di gestire un servizio di ritiro pacchi per terzi.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Frode informatica: la responsabilità di chi riceve il pacco

La diffusione delle truffe online, e in particolare della frode informatica tramite phishing, pone questioni cruciali sulla responsabilità penale non solo degli autori materiali della truffa, ma anche di chi, a vario titolo, partecipa alla fase finale del reato, come la ricezione dei beni illecitamente acquistati. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio questo tema, confermando la condanna di due persone che, pur non essendo gli autori diretti del phishing, avevano ricevuto i pacchi contenenti la merce frodata.

I Fatti del Caso

Due imputati, marito e moglie, venivano condannati in appello per i reati di concorso in frode informatica e sostituzione di persona. Erano stati ritenuti responsabili di aver ricevuto due telefoni cellulari acquistati online ai danni di due diverse vittime. Le truffe erano avvenute con una tecnica di phishing classica: le vittime ricevevano un avviso di scadenza di un servizio, con una richiesta di pagamento di una piccola somma (circa 10 euro). Eseguendo il pagamento con carta di credito, fornivano inconsapevolmente i propri dati, che venivano poi usati per effettuare acquisti di importo ben maggiore.

I beni acquistati venivano recapitati a indirizzi direttamente riconducibili agli imputati:
1. Un cellulare è stato consegnato all’indirizzo di residenza della madre di un’imputata, dove quest’ultima lo ha personalmente ritirato dal portiere. Il destinatario indicato era il padre defunto della stessa imputata.
2. Un altro cellulare è stato consegnato presso il negozio di telefonia gestito dai due imputati. Il destinatario era un nome fittizio, pacificamente utilizzato dal marito come alias.

La difesa degli imputati si basava su un punto principale: essi gestivano un servizio di ritiro pacchi per conto di terzi e, pertanto, non erano a conoscenza della provenienza illecita della merce. Sostenevano di essere semplici intermediari.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi degli imputati inammissibili, confermando di fatto la loro colpevolezza. I giudici hanno ritenuto che i motivi del ricorso fossero generici e si limitassero a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza contestare la logicità e coerenza della motivazione di quella sentenza. In sostanza, la Cassazione ha considerato la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove effettuate nei gradi di merito come un “robusto supporto” all’affermazione di responsabilità.

Analisi della responsabilità per frode informatica

La Corte ha smontato la tesi difensiva del servizio di ritiro pacchi per conto terzi. Secondo i giudici, gli elementi a carico degli imputati erano troppo specifici per essere considerati una coincidenza. In particolare, sono stati valorizzati i seguenti indizi:
* Riconducibilità degli indirizzi: Entrambi gli indirizzi di consegna erano nella piena disponibilità degli imputati.
* Uso di nomi falsi ma collegati: L’uso del nome del padre defunto e di un alias noto del marito indicava un tentativo di occultamento, ma allo stesso tempo creava un chiaro collegamento con gli imputati stessi.
* Modalità seriale: Le due truffe erano identiche nel modus operandi, suggerendo un’unica regia.

La Corte ha sottolineato che, sebbene gli imputati non fossero gli autori materiali del phishing, la loro condotta era essenziale per la riuscita del piano criminale. Appropriandosi del provento della truffa (i cellulari), avevano contribuito attivamente all’esecuzione dei delitti.

Il rigetto della particolare tenuità del fatto

Gli imputati avevano chiesto l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ma la richiesta è stata respinta. La Corte ha motivato il diniego sulla base di due elementi:
1. L’entità del danno: Il danno subito dalle vittime era stato considerato “considerevole”.
2. La particolare capacità a delinquere: Le modalità dell’azione, ripetuta e ben organizzata, dimostravano un’abilità criminale non occasionale, incompatibile con il concetto di “tenuità”.

Anche il parziale risarcimento del danno effettuato dagli imputati non è stato ritenuto sufficiente a far rientrare il caso nella non punibilità, ma solo a giustificare il riconoscimento delle attenuanti generiche.

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza della Cassazione si fonda sul principio che, in presenza di un quadro indiziario grave, preciso e concordante, la responsabilità penale per concorso in reato può essere affermata anche per chi compie solo l’ultimo atto della catena criminale. La Corte ha ritenuto illogica e implausibile la spiegazione fornita dagli imputati. Se avessero davvero gestito un servizio di ritiro pacchi per terzi, avrebbero dovuto indicare per chi stavano ritirando la merce, cosa che non è avvenuta. La ricezione personale dei pacchi, in circostanze così sospette, è stata considerata la prova del loro pieno coinvolgimento nel progetto criminoso.

Inoltre, la Corte ha stabilito che la condanna per sostituzione di persona è una conseguenza logica della condanna per frode informatica. Utilizzare i dati altrui per effettuare acquisti online integra entrambi i reati, e chi partecipa alla frode ricevendo la merce, secondo la Corte, concorre anche nel reato di sostituzione di persona, in quanto beneficia e porta a compimento un’azione che si fonda sull’utilizzo dell’identità altrui.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: nel contesto della frode informatica, la responsabilità non si limita a chi ruba i dati, ma si estende a tutti coloro che, con la loro condotta, contribuiscono consapevolmente alla realizzazione del profitto illecito. Fornire il proprio indirizzo o rendersi disponibili a ricevere merce di dubbia provenienza non è un’azione neutra, ma può integrare un vero e proprio concorso nel reato. La decisione serve da monito: la giustificazione di agire “per conto terzi” non regge di fronte a un quadro indiziario solido che dimostra un collegamento diretto e consapevole con l’attività criminale.

Ricevere un pacco frutto di una frode informatica può farmi diventare complice del reato?
Sì. Secondo la Corte, la ricezione del provento di una truffa, in presenza di un quadro indiziario grave, preciso e concordante (come la consegna a indirizzi riconducibili all’interessato o l’uso di nomi fittizi), è sufficiente per ritenere la persona responsabile di concorso in frode informatica, in quanto la sua condotta è considerata un contributo essenziale all’esecuzione del reato.

Quando viene esclusa la causa di non punibilità per “particolare tenuità del fatto” in casi di frode?
La non punibilità per particolare tenuità del fatto viene esclusa quando il danno causato alla vittima è “considerevole” e quando le modalità della condotta dimostrano una “particolare capacità a delinquere” dell’autore. In questo caso, la serialità della condotta (due truffe identiche) è stata considerata sintomo di non occasionalità e di un’abilità criminale che impedisce l’applicazione di tale beneficio.

È sufficiente affermare di gestire un servizio di ritiro pacchi per terzi per escludere la propria responsabilità penale?
No. La Corte ha ritenuto tale giustificazione implausibile e generica. Per essere credibile, la difesa avrebbe dovuto fornire elementi concreti, come l’identità dei presunti clienti. In assenza di tali prove, e di fronte a forti indizi di colpevolezza, la semplice affermazione di agire come intermediario non è sufficiente a escludere la responsabilità per concorso nel reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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