Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22545 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22545 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOMENOME COGNOME
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a Siderno il 08/05/1983 COGNOME NOME nato a Siderno il 11/04/1981
avverso la sentenza del 17/09/2024 della Corte di appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi; udito l’avv. NOME COGNOME per la parte civile RAGIONE_SOCIALE, in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto o per l’inammissibilità dei ricorsi;
uditi i difensori, avv. NOME COGNOME per entrambi gli imputati e l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per COGNOME NOME COGNOME che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 17/09/2024 la Corte di appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Locri del 25/02/2021, che aveva condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME per i reati loro rispettivamente ascritti, assolveva l’COGNOME dal reato di cui al capo 18) e dichiarava non doversi procedere nei confronti del COGNOME in ordine ai reati di cui ai capi 6), 22) e 23), perchØ estinti per intervenuta remissione di querela, confermando nel resto la sentenza impugnata.
NOME COGNOME a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alla ritenuta utilizzabilità dei risultati delle operazioni di intercettazione. Evidenzia che i decreti autorizzativi non
sono intellegibili, in considerazione della loro incomprensibilità grafica, ciò che rende la motivazione carente o meramente apparente; che la sentenza impugnata, per giustificare la ritenuta intellegibilità dei decreti autorizzativi, ha affermato che gli stessi appellanti, nel rilevare che il decreto RIT 112/18 Ł copia integrale del provvedimento RIT 111/18, avrebbero implicitamente ammesso di averne pienamente compreso il significato; che, invece, tale affermazione difensiva derivava dalla mera osservazione dei due decreti e tendeva ad evidenziare come l’un decreto fosse la mera fotocopia dell’altro; che, con riferimento al decreto RIT 85/18, la Corte territoriale ha affermato che mancava qualsivoglia doglianza in ordine al giudizio di sufficienza motivazionale espresso dal Tribunale, non considerando che la mancanza di critiche specifiche al decreto in discorso fosse dovuta esclusivamente alla incomprensibilità grafica dello stesso; che, con riferimento ai decreti di convalida di cui ai RIT 130/18 e 156/18, sempre premessa la loro non intellegibilità, la sentenza impugnata non rileva l’assenza di qualsiasi riferimento alle ragioni di urgenza che avrebbero giustificato i decreti di urgenza del pubblico ministero; che tale mancanza determina la nullità dei relativi decreti, atteso che, se si volesse escludere dall’oggetto del controllo giurisdizionale l’urgenza, si finirebbe con il riconoscere al pubblico ministero un insindacabile potere di disporre le intercettazioni in palese contrasto con la riserva giurisdizionale; che, dunque, la nullità o inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni incide sull’intero impianto motivazionale della sentenza, sia in merito alla identificazione dei responsabili che alla ricostruzione dei singoli episodi; che, invero, il venir meno dei risultati dell’attività di captazione telefonica ed informatica di cui ai citati decreti autorizzativi rende impossibile l’identificazione dell’COGNOME come soggetto responsabile delle diverse fattispecie criminose per cui si procede.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 640-ter cod. pen., nonchŁ mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Osserva che, con riferimento al reato di frode informatica di cui al capo 16), la persona offesa ha espressamente dichiarato di non aver subito ammanchi di somme di denaro o altri addebiti; che, dunque, in assenza del danno, non sarebbe configurabile il reato contestato.
NOME COGNOME a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
3.1. Il primo motivo – con cui si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alla ritenuta utilizzabilità dei risultati delle operazioni di intercettazione – Ł del tutto sovrapponibile al primo motivo del ricorso del coimputato, cui di conseguenza integralmente si rinvia.
3.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, con riferimento ai criteri che hanno portato all’identificazione del COGNOME. Rileva che non Ł stato in alcun modo dimostrato l’utilizzo delle sim telefoniche da parte dell’imputato, specie se si considera che in sede di perquisizione non sono state rinvenute nØ le sim, nØ gli apparecchi telefonici all’interno delle quali le stesse sono state utilizzate; che il dato relativo alla cella agganciata nel corso delle conversazioni Ł assolutamente equivoco e decentrato rispetto all’identificazione del Tricarico; che il riconoscimento vocale da parte dell’agente operante Ł del tutto inconsistente, sol che si consideri che il mar. COGNOME, prima di ascoltare le conversazioni intercettate, non aveva mai sentito la voce dell’odierno ricorrente; che, invero, il riconoscimento vocale di una voce mai udita in precedenza, con la pretesa di collegarla ad uno specifico soggetto, Ł oggettivamente impossibile; che, dunque, l’imputato Ł stato ritenuto responsabile sol perchØ in altre circostanze aveva commesso reati analoghi a quelli per cui si procede.
3.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.,
per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alla omessa o erronea valutazione di prove decisive. Osserva che le utenze telefoniche utilizzate per commettere i reati per cui si procede sono state attribuite al Tricarico in maniera dogmatica e senza prendere in considerazione, anzi svilendo, gli elementi di segno contrario che fanno propendere per degli utilizzatori diversi dall’odierno ricorrente; che, anche quando erano identificati l’intestatario dell’utenza e l’utilizzatore, non risultano svolte indagini sul punto; che la sentenza impugnata riporta pedissequamente la motivazione della sentenza di primo grado, senza dare alcun peso ai risultati dell’istruttoria dibattimentale.
3.4. Con il quarto motivo si duole della violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, sempre con riferimento alla attribuzione al Tricarico delle utenze telefoniche utilizzate per la commissione delle frodi informatiche ascrittegli. Rappresenta che la motivazione Ł illogica perchØ considera le utenze 392/5774818 e 392/1713082 nella disponibilità dell’imputato perchØ utilizzate nelle frodi ai danni di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e considera le stese frodi opera dell’imputato, perchØ questi era in possesso di tali utenze, senza che di ciò vi sia la prova; che in tal modo si inverte il thema probandum.
3.5. Con il quinto motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, con riferimento al reato di cui al capo 3). Evidenzia che la sentenza impugnata afferma come certa l’identificazione del COGNOME e sostiene che i motivi di appello non si sono confrontati con la motivazione della sentenza di primo grado; che, invece, la motivazione Ł contraddittoria, in quanto da un lato afferma che l’identificazione del ricorrente non Ł stata fondata solo sull’analisi degli IP dinamici, ma anche sulle prove dichiarative e sugli esiti dell’attività di captazione e dall’altro sostiene che l’identificazione Ł avvenuta sulla base della ritenuta riconducibilità allo stesso delle utenze intercettate; che, a ben vedere, tale riconducibilità – in assenza del rinvenimento nella disponibilità del Tricarico delle sim utilizzate per le conversazioni e dei telefoni nei quali le stesse erano state collocate – si fonda esclusivamente sull’indirizzo IP dal quale avvenivano le connessioni e sulla collocazione della cella telefonica di volta in volta agganciata; che, dunque, si tratta di elementi del tutto incerti, inidonei ai fini dell’identificazione dell’interlocutore.
3.6. Con il sesto, il settimo e l’ottavo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, rispettivamente con riferimento ai reati di cui ai capi 4), 5) e da 6) a 36). Rileva che la responsabilità del COGNOME in ordine ai predetti reati Ł stata ritenuta sulla scorta dell’indirizzo IP dinamico; che tale conclusione non può essere condivisa, atteso che ad un indirizzo IP pubblico in una determinata data ed ora sono connesse piø utenze contemporaneamente; che analogamente l’uso di una utenza non può esser desunto solo dalla cella di aggancio, che copre un vasto territorio; che una motivazione che si fonda su tali basi – secondo le quali non si può escludere con un ragionevole margine di certezza che a connettersi in rete fosse l’odierno ricorrente – deve ritenersi manifestamente illogica, oltre che emessa in violazione della regola dell”oltre ogni ragionevole dubbio’.
3.7. Il nono motivo – con cui si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 640-ter cod. pen. contestato al capo 16), nonchŁ mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione – Ł del tutto sovrapponibile al secondo motivo del ricorso del coimputato, cui di conseguenza integralmente si rinvia.
3.8. Con il decimo motivo si duole della violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 640-ter cod. pen. contestato al capo 18), nonchŁ mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Rappresenta che, in mancanza del danno
patrimoniale, che nel caso di specie risulterebbe dalle dichiarazioni della persona offesa NOME COGNOME non Ł configurabile il reato di frode informatica.
3.9. In data 22/04/2025 sono pervenuti motivi nuovi a firma dell’avv. NOME COGNOME
3.9.1. Con il primo motivo deduce manifesta illogicità e apparenza della motivazione della sentenza impugnata, con riferimento all’attribuzione delle utenze telefoniche al ricorrente, precisando che i) le utenze telefoniche non sono mai state trovate nella disponibilità del Tricarico durante le indagini preliminari, che ii) l’identificazione vocale del ricorrente da parte della polizia giudiziaria Ł fallace, poichØ il teste COGNOME ha dichiarato di non conoscere la voce del ricorrente prima delle intercettazioni, che iii) gli altri elementi indiziari (copertura delle celle telefoniche, utilizzo di nomi e soprannomi) sono generici e insufficienti per attribuire le utenze al ricorrente.
3.9.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione del principio dell”oltre ogni ragionevole dubbio’. Evidenzia che la motivazione della sentenza non raggiunge il livello di certezza richiesto per una condanna, in quanto gli indizi valorizzati sono insufficienti e contraddittori, non escludendo eventualità alternative. A fronte di un siffatto quadro probatorio avrebbe dovuto trovare applicazione il principio dell”in dubio pro reo’, che impone l’assoluzione in caso di dubbio ragionevole.
3.9.3. Con il terzo motivo contesta la confusione tra l’identificazione della voce e la comparazione tra voce nota e ignota, sottolineando l’assenza di prove concrete, come il mancato rinvenimento delle schede sim e dei telefoni durante la perquisizione.
In data 16/04/2025 Ł pervenuta memoria difensiva per la parte civile costituita RAGIONE_SOCIALE con la quale si evidenzia il danno economico patito a causa delle condotte illecite degli imputati.
Osserva il difensore, con riferimento al danno patrimoniale, che sono state impiegate risorse umane ed economiche per affrontare le conseguenze degli illeciti e ripristinare il sistema informatico, mentre, con riferimento al danno non patrimoniale, deve essere considerata la lesione dell’immagine e della reputazione della banca.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va preliminarmente evidenziato che la parte civile NOME COGNOME non Ł stata citata, in quanto priva di difensore domiciliatario ex lege, non essendo prevista la nomina del difensore di ufficio della parte civile nel giudizio in cassazione.
Il ricorso di NOME COGNOME Ł nel complesso infondato.
2.1. Il primo motivo non Ł consentito, atteso che reitera le medesime doglianze avanzate nei motivi di appello, ritenute infondate con motivazione completa ed esaustiva dai giudici di secondo grado, con la quale il motivo non si confronta, con la conseguenza che, sotto questo profilo, Ł aspecifico.
Ed invero, la sentenza impugnata ha – tra l’altro – evidenziato come l’approfondita analisi dei decreti autorizzativi svolta dal giudice di primo grado, che ne ha vagliato nel merito la motivazione, presupponga a monte la loro piena intellegibilità, che costituisce antecedente cronologico e logico della valutazione in punto di congruità della motivazione.
Con riferimento alla motivazione relativa alle ragioni di urgenza che giustificano le intercettazioni disposte dal pubblico ministero, deve osservarsi che la sentenza impugnata – pur a fronte di un motivo di appello generico sullo specifico profilo dell’urgenza, atteso che la difesa si doleva solo della non intellegibilità del decreto e, dunque, della mancanza di motivazione – ha specificato come i decreti diano conto delle «circostanze fattuali che giustificavano l’immediata
estensione delle operazioni captative».
Ebbene, a fronte di questa articolata trama motivazionale, il motivo si confronta solo apparentemente con essa, posto che si limita a reiterare pedissequamente le stesse doglianze già avanzate con l’appello, senza argomentare criticamente in ordine ad eventuali illogicità del percorso argomentativo seguito nel provvedimento impugnato.
Come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, Ł inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 6, n. 23014 del 29/4/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sez. 3, n. 50750 del 15/6/2016, COGNOME, Rv. 268385 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849 – 01; Sez. 4, n. 34270 del 3/7/2007, COGNOME, Rv. 236945 – 01).
2.2. Il secondo motivo Ł destituito di fondamento.
Va premesso che il delitto di frode informatica di cui all’art. 640-ter cod. pen. ha la medesima struttura ed i medesimi elementi costitutivi della truffa, dalla quale si differenzia solamente perchØ l’attività fraudolenta dell’agente investe non la persona, di cui difetta l’induzione in errore, bensì il sistema informatico di pertinenza di quest’ultima attraverso la sua manipolazione, onde, come la truffa, si consuma nel momento e nel luogo in cui l’agente consegue l’ingiusto profitto con correlativo danno patrimoniale altrui (Sez. 2, n. 10354 del 05/02/2020, COGNOME, Rv. 278518 – 01; Sez. 1, n. 36359 del 20/05/2016, Confl. comp. in proc. COGNOME, Rv. 268252 – 01). Del resto, la manipolazione del sistema informatico, in quanto modalità “speciale” e tipizzata di espressione dei comportamenti fraudolenti necessari per integrare la truffa “semplice”, non esaurisce e perfeziona l’illecito che, si ribadisce, si consuma nel momento dell’ottenimento del profitto ingiusto con corrispondente danno patrimoniale altrui. Dunque, la deminutio patrimonii Ł intimamente connessa alla parte finalistica della condotta, cui risulta legata, sul piano effettuale, da una relazione di stretta simmetria, rispetto al profitto perseguito e conseguito dall’agente.
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno ben messo in evidenza come le risultanze istruttorie consentano di affermare che il ricorrente abbia concorso con il coimputato nell’acquisizione fraudolenta dei codici di accesso al conto corrente di NOME COGNOME presso la RAGIONE_SOCIALE Bank ed al successivo prelievo di denaro per l’acquisto di diversi beni. Tali circostanze non sono confutate con il ricorso, atteso che la difesa contesta piuttosto la configurabilità del reato di frode informatica in assenza del danno cagionato. Ciò argomenta sulla base delle dichiarazioni rilasciate dalla persona offesa nella fase delle indagini preliminari ed acquisite con il consenso delle parti al fascicolo per il dibattimento: la Sala, invero, negava di aver ricevuto pregiudizio dalla condotta dell’imputato, non avendo riscontrato ammanchi di somme di denaro o altri addebiti sul conto corrente. Osserva il Collegio che l’argomento non ha pregio, atteso che l’assenza di ammanchi sul conto corrente Ł il risultato del disconoscimento da parte della Sala delle operazioni effettuate sul suo conto, per cui in ultima analisi il danno Ł stato cagionato all’istituto di credito, che ha dovuto sopportare le conseguenze della condotta truffaldina del ricorrente.
Il ricorso di NOME COGNOME Ł nel complesso infondato.
3.1. Il primo motivo, comune al primo motivo del ricorso proposto dall’COGNOME Ł inammissibile per le considerazioni svolte al punto 2.1. del ‘Considerato in diritto’, cui integralmente si rinvia.
3.2. I motivi dal secondo all’ottavo – che, per essere strettamente connessi, avendo tutti ad oggetto l’identificazione del ricorrente quale autore dei reati ascrittigli, possono essere trattati congiuntamente – non sono consentiti, in quanto aspecifici. Invero, non si misurano con il complessivo ordito motivazionale della sentenza impugnata, che ha dato ampiamente conto degli
elementi su cui poggia l’attribuzione delle utenze telefoniche utilizzate per commettere i reati in contestazione al Tricarico.
In particolare, la Corte territoriale ha chiarito come l’identificazione dell’imputato, quale utilizzatore delle plurime utenze in discorso, sia avvenuta sulla scorta di diversi elementi, tutti convergenti: i) l’indirizzo IP dinamico, di volta in volta rilasciato dal gestore telefonico, dal quale si Ł risaliti alle utenze mediante le quali Ł stato effettuato il collegamento in rete; ii) il frequente utilizzo nel corso delle conversazioni intercettate sulle utenze così individuate di nomi o soprannomi (l’odierno ricorrente – per quel che qui interessa – Ł spesso chiamato con il nome di battesimo NOME); iii) i contatti intercorsi con altre utenze in uso a familiari (l’imputato con le utenze di cui si discute ha contattato in piø occasioni il fratello NOME); iiii) il riconoscimento della voce dello stesso interlocutore da parte degli agenti operanti in relazione a tutte le utenze in contestazione, che dimostra in maniera inequivoca l’utilizzo di piø utenze da parte dello stesso soggetto; iiiii) l’ubicazione della cella telefonica agganciata, del tutto compatibile con l’abitazione dove il Tricarico si trovava ristretto agli arresti domiciliari.
A fronte dei numerosi elementi posti a fondamento della identificazione del COGNOME, la difesa reitera pedissequamente gli argomenti prospettati ai giudici di appello, limitandosi ad evidenziare, in buona sostanza, che ad un indirizzo IP pubblico in una determinata data ed ora sono connesse piø utenze contemporaneamente, che l’uso di una utenza non può esser desunto solo dalla cella di aggancio, che copre un vasto territorio e che il riconoscimento della voce dell’interlocutore non Ł possibile qualora l’agente operante non la conosca già. Trattasi all’evidenza di una analisi del tutto parziale, che tralascia gli elementi piø significativi correttamente valorizzati dai giudici di merito, che – unitamente a quelli presi in considerazione – depongono con certezza per l’utilizzo delle utenze in discorso da parte del Tricarico: lo stesso interlocutore, NOME, risulta utilizzare diverse utenze telefoniche, con le quali – tra gli altri – ha contattato soggetti risultati essere familiari dell’odierno ricorrente.
3.3. Il nono ed il decimo motivo – che possono essere trattati congiuntamente, in quanto pongono la stessa questione di diritto – sono destituiti di fondamento. Si richiamano in proposito le considerazioni svolte al punto 2.2. del ‘Considerato in diritto’, dovendosi ribadire che le persone offese NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno subito conseguenze economiche dalle condotte truffaldine poste in essere da Tricarico perchØ hanno disconosciuto le operazioni da questi fraudolentemente poste in essere, di talchŁ il danno si configura come verificatosi in danno dell’istituto di credito.
Al rigetto dei ricorsi segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
Dall’esito del giudizio discende anche la condanna degli imputati in solido alla rifusione delle spese di costituzione e difesa sostenute dalla parte civile, che si liquidano in complessivi euro 3.009/00, oltre accessori di legge
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, gli imputati in solido alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Ing Bank N.V. Milan Branch in persona del leg. rappr. p.t., che liquida in complessivi euro 3.009/00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 08/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME