Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19138 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19138 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CORTESI NOME
NOMENOME9> nata a COLOGNE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/11/2023 della CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni del difensore AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20 novembre 2023 la Corte di appello di Bologna confermava la decisione con la quale il primo giudice aveva condannato NOME COGNOME alla pena ritenuta di giustizia per avere realizzato, in concorso con altri soggetti (separatamente giudicati), il reato di frode informatica, ex art. 640-ter,
terzo comma, cod. pen., con indebito utilizzo dell’altrui identità, in danno di NOME COGNOME. legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE.
Secondo la tesi accusatoria, confermata dai giudici di merito, quest’ultimo aveva subito la “deviazione” del bonifico di 31.400 euro da lui effettuato in favore della RAGIONE_SOCIALE, sua reale creditrice, sul conto della imputata, la quale aveva dapprima trasferito l’intero ammontare su altro conto corrente, ugualmente a lei intestato, e poi, in difetto di qualsivoglia rapporto sottostante, aveva accreditato la somma di 26.836,26 euro sul conto di un terzo.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputata a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
Il ricorso è articolato in due motivi, preceduti da una premessa, nella quale si sono evidenziati vizi che avrebbero caratterizzato il procedimento sin dal momento della notizia di reato: da un lato sarebbero state raccolte e utilizzate dichiarazioni affette da inutilizzabilità e, dall’altro, non sarebbero stati svol accertamenti su fatti e circostanze favorevoli all’imputata, utili per confermare la sua estraneità al reato commesso e dimostrare la tesi difensiva dell’indebito utilizzo dei conti correnti a lei intestati ad opera di soggetti terzi, anche alla lu della sua denuncia di smarrimento della documentazione bancaria relativa al conto corrente al centro della operazione fraudolenta.
3.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione della legge processuale penale: i giudici di merito hanno violato il divieto assoluto di utilizzabilità delle sommarie informazioni rilasciate dalla ricorrente e dagli altr soggetti destinatari dei bonifici oggetto della vicenda, dal momento che sia la prima, in quanto indagata, sia i secondi non sono stati sentiti con le prescritte garanzie difensive.
Si tratta di un caso di inutilizzabilità derivante dalla violazione di un divieto probatorio, rilevabile anche in sede di giudizio abbreviato, come previsto dall’art. 438, comma 6-bis, del codice di rito.
Pertanto, possono essere utilizzate a fini di prova solo la denuncia della persona offesa, le sommarie informazioni rese dal suo consulente informatico ed eventualmente quelle di NOME COGNOME, la documentazione bancaria e la denuncia di smarrimento sporta dalla imputata, atti che non sono in alcun modo sufficienti a fornire la cosiddetta prova di resistenza volta a fondare un’adeguata motivazione di un giudizio di condanna.
3.2. Con il secondo motivo si lamentano la erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 110 e 640-ter cod. pen. e il vizio motivazionale.
La Corte di appello, con una motivazione del tutto carente, ha affermato la sussistenza del dolo di concorso nel reato di frode informatica solamente perché l’imputata aveva provveduto ad aprire il conto corrente di “appoggio” e senza che si fosse in alcun modo dimostrata la sua effettiva consapevolezza di apportare un contributo alla condotta delittuosa altrui.
La ricorrente aveva presentato formale denuncia di smarrimento della documentazione bancaria relativa al suddetto conto e non vi è alcuna prova su eventuali suoi collegamenti con gli altri soggetti coinvolti; inoltre, la sentenza impugnata non ha spiegato le modalità e le altre circostanze con le quali i soggetti implicati nella vicenda avrebbero agito in concorso tra loro per realizzare uno scopo fraudolento, considerato anche che l’imputata non è stata neppure mai menzionata tra i soggetti “compiacenti” nelle dichiarazioni rilasciate da NOME e che l’avvenuta apertura del conto corrente è suscettibile di spiegazioni alternative rispetto all’ipotizzata malafede della donna.
In conclusione, le decisioni dei giudici di merito hanno fornito una interpretazione dei fatti parziale e risposte non esaustive alle deduzioni difensive, risultando fondate su una motivazione apodittica; in particolare, con riferimento al bonifico effettuato in favore del terzo NOME COGNOME, si sarebbe dovuto valorizzare l’elemento della mancanza di alcun tipo di rapporto professionale o familiare tra questi e la COGNOME non come prova della asserita partecipazione di quest’ultima all’operazione fraudolenta bensì quale dimostrazione della sua completa estraneità al circuito dei trasferimenti incriminati.
Sarebbe stato necessario individuare chi fosse nella effettiva disponibilità dei conti correnti, pure intestati alla ricorrente, che aveva immediatamente fornito una versione alternativa dei fatti.
4. Disposta la trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18, nella quale è stato convertito il decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215), in mancanza di alcuna richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e il difensore hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi manifestamente infondati o non consentiti.
Va premesso che la questione dell’inutilizzabilità per violazione del divieto di assumere dichiarazioni senza le necessarie garanzie difensive, da chi sin dall’inizio doveva essere sentito in qualità di imputato o indagato, non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità se richiede valutazioni di fatto su cui è necessario il previo vaglio, in contraddittorio, da parte del giudice di merito (Sez. 6, n. 18889 del 28/02/2017, Tomasi Rv. 269891; Sez. 6, n. 21877 del 24/05/2011, C., Rv. 250263).
Inoltre, nel caso di specie – come ricordato nella sentenza di primo grado il verbale di s.i.t. fu interrotto ai sensi dell’art. 63, comma 1, cod. proc. pe appena emersero gravi indizi di reità a carico della dichiarante.
La difesa sostiene apoditticamente che sin dall’inizio la polizia giudiziaria avrebbe dovuto sentire con le garanzie difensive NOME COGNOME, la quale al momento dell’assunzione delle s.i.t. risultava solo titolare dei conti correnti sui quali era confluita la somma bonificata, circostanza ritenuta tuttora insufficiente dalla ricorrente per l’affermazione di responsabilità.
Va in proposito ricordato che la sanzione di inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni assunte senza garanzie difensive da un soggetto che avrebbe dovuto fin dall’inizio essere sentito in qualità di imputato o persona soggetta alle indagini postula che a suo carico siano già acquisiti, prima dell’escussione, indizi non equivoci di reità, come tali conosciuti dall’autorità procedente, non rilevando a tale proposito eventuali sospetti od intuizioni personali dell’interrogante (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, COGNOME, Rv. 243417).
Peraltro, le dichiarazioni rese dall’imputata sono sovrapponibili alla versione dei fatti sostenuta dalla difesa nel corso di tutto il giudizio per contrastare i dati oggettivi risultanti documentalmente e accreditare la buona fede della COGNOME.
Dalla motivazione della sentenza impugnata non risultano poi utilizzate le s.i.t. rese da altri soggetti; anche per esse, comunque, l’eccezione è stata proposta per la prima volta con il ricorso.
3. Con il secondo motivo, denunciando peraltro genericamente il vizio motivazionale, la difesa in realtà non ha lamentato una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente errata delle risultanze probatorie. Tuttavia, a questa Corte è preclusa la possibilità di una nuova valutazione di dette risultanze, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022,
COGNOME, Rv. 283370; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217).
I giudici di merito hanno desunto la mala fede della ricorrente, peraltro riqualificando il fatto nel reato di frode informatica in concorso, assai meno grave di quello di riciclaggio originariamente contestato, ritenendo che la COGNOME si fosse prestata ad aprire un conto corrente bancario sul quale far transitare i proventi di attività truffaldine.
La sentenza impugnata ha valorizzato in tal senso una serie di dati obiettivi considerati unitariamente con argomentazioni per nulla illogiche: il conto intestato alla COGNOME sul quale, grazie alla frode informatica, era confluita la somma di 31.400 euro, bonificata da NOME COGNOME, non era quasi mai stato movimentato; l’imputata non aveva avuto alcun rapporto commerciale o di altro genere con lo stesso COGNOME; appena fu accreditata detta somma, la donna la trasferì immediatamente su altro conto corrente sempre a lei intestato, svuotato subito dopo, in parte con un prelievo in contanti e in parte con un trasferimento su un altro conto corrente bancario intestato a un soggetto terzo; solo il 16 febbraio 2018, dopo il compimento di queste operazioni, la ricorrente presentò una generica denuncia di smarrimento dei documenti e delle carte di credito associate al primo conto corrente; su questo stesso conto, negli stessi giorni fu accreditata anche la somma di 11.875 euro, oggetto di una ulteriore denuncia di frode informatica, commessa con lo stesso modus operandi, in danno della società RAGIONE_SOCIALE.
Va ribadito che la ricostruzione contrastante con il procedimento argomentativo del giudice deve essere inconfutabile e non rappresentare soltanto un’ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza, dovendo il dubbio sulla corretta ricostruzione del fatto-reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo fare riferimento a elementi sostenibili, desunti dai dati acquisiti al processo, e non a elementi meramente ipotetici, privi di alcun riscontro probatorio, quali quelli indicati dalla ricorrente (Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, P., Rv. 281647; Sez. 2, n. 3817 del 09/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278237; Sez. 4, n. 22257 del 25/03/2014, COGNOME, Rv. 259204; Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, C., Rv. 260409).
4. Alla inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa de ammende. Condanna, inoltre, l’imputata alla rifusione delle spese d rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di leg
Così deciso il 27/03/2024.