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Frode in pubbliche forniture: la Cassazione chiarisce

Una società è stata oggetto di una misura interdittiva per presunta frode in pubbliche forniture, legata a un contratto di manutenzione di ascensori per un ente pubblico. La Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento, sottolineando che per configurare il reato di frode in pubbliche forniture non basta un semplice inadempimento, ma è necessario un comportamento malizioso e ingannevole volto a mascherare la non conformità della prestazione. Il caso è stato rinviato al Tribunale per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Frode in pubbliche forniture: non basta l’inadempimento, serve l’inganno

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, ha tracciato una linea netta tra il semplice inadempimento contrattuale e la ben più grave fattispecie di frode in pubbliche forniture. Questa decisione offre spunti cruciali per le aziende che operano con la Pubblica Amministrazione, chiarendo che per integrare il reato previsto dall’art. 356 del codice penale è necessario un ‘quid pluris’: un comportamento fraudolento volto a mascherare la non conformità della prestazione.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore impiantistico si è vista applicare una misura interdittiva del divieto di contrarre con la pubblica amministrazione. L’accusa era di aver consentito ai propri rappresentanti di commettere il reato di frode in pubbliche forniture nell’ambito di un appalto per la manutenzione degli ascensori di un importante edificio pubblico.

Le contestazioni si basavano su due periodi: un primo, in cui la società avrebbe operato in subappalto non autorizzato, e un secondo, in cui avrebbe ricevuto un affidamento diretto. Secondo l’accusa, in entrambi i periodi sarebbero stati eseguiti interventi di manutenzione non conformi, installando componenti non originali e redigendo rapporti di intervento generici e non controllabili.

La Decisione del Tribunale e i Motivi del Ricorso

Il Tribunale, pur riducendo la durata della misura, aveva confermato l’impianto accusatorio. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando, tra le altre cose, che la propria responsabilità non potesse derivare dalla mera illegittimità del subappalto, né da un presunto inadempimento contrattuale. La difesa ha sostenuto che l’azienda era intervenuta solo per la manutenzione successiva all’installazione degli impianti e che non sussistevano gravi indizi di colpevolezza né un profitto rilevante.

L’Analisi della Cassazione sulla frode in pubbliche forniture

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato proprio sul punto centrale della configurabilità del reato presupposto. I giudici di legittimità hanno operato una distinzione fondamentale, basata su un consolidato orientamento giurisprudenziale, tra il reato di inadempimento di contratti di pubbliche forniture (art. 355 c.p.) e quello di frode (art. 356 c.p.).

Il mero inadempimento, anche se consapevole e volontario (doloso), non è sufficiente per configurare la frode. Per commettere una frode in pubbliche forniture, è necessario un elemento aggiuntivo, un comportamento malizioso, un ‘quid pluris’ che vada oltre la semplice violazione degli obblighi contrattuali.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che l’espressione ‘commette frode’ contenuta nell’art. 356 c.p. non si riferisce a una qualsiasi violazione contrattuale, ma a una condotta caratterizzata da malafede, intesa come un espediente malizioso o un inganno volto a far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti, mentre in realtà non lo è. In altre parole, l’autore del reato deve voler ‘ingannare’ la Pubblica Amministrazione.

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che il Tribunale non avesse adeguatamente verificato questo aspetto. L’accusa di aver installato componenti non originali o di aver redatto rapporti generici doveva essere valutata alla luce di questo principio. Il giudice del rinvio dovrà quindi accertare se tale condotta sia stata ‘coperta’ da una documentazione ingannevole, tale da nascondere la non conformità, oppure se fosse una pratica esplicita e verificabile, ad esempio, dalla documentazione contabile. Solo nel primo caso si potrebbe configurare l’inganno richiesto dalla norma.

Le Conclusioni

Con questa pronuncia, la Cassazione ha annullato l’ordinanza e ha rinviato il caso al Tribunale per un nuovo giudizio. La decisione ribadisce un principio di garanzia fondamentale: la responsabilità penale, e di conseguenza la responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi del D.Lgs. 231/2001, non può scaturire automaticamente da un inadempimento contrattuale. È indispensabile provare l’esistenza di un comportamento fraudolento, un inganno deliberato ai danni dell’ente pubblico. Questa precisazione è essenziale per distinguere la patologia contrattuale, di rilevanza civile, dalla condotta penalmente rilevante.

Un semplice inadempimento contrattuale verso la Pubblica Amministrazione costituisce reato di frode in pubbliche forniture?
No. La Cassazione chiarisce che per integrare il reato di frode è necessario un ‘quid pluris’, ovvero un elemento di malafede, un espediente malizioso o un inganno volto a far apparire la prestazione come conforme al contratto, quando in realtà non lo è. Il mero inadempimento, anche se doloso, non è sufficiente.

L’illegittimità di un subappalto è sufficiente a configurare la frode in pubbliche forniture?
No. Secondo la Corte, la responsabilità per il reato di cui all’art. 356 c.p. non può derivare solo dall’assunta illegittimità di un rapporto di subappalto, poiché questo, di per sé, non configura il delitto di frode nelle pubbliche forniture.

Cosa deve fare il giudice per accertare la frode in pubbliche forniture in caso di manutenzione non conforme?
Il giudice deve verificare se l’esecuzione difforme (es. installazione di componenti non originali) sia stata ‘coperta’ da una documentazione ingannevole, ovvero da un’attività volta a nascondere la non conformità, o se, al contrario, fosse esplicita e verificabile dalla documentazione contabile disponibile. Solo nel primo caso si può parlare dell’espediente malizioso che integra la frode.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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