Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 18589 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 18589 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dalla società
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Salerno il 25/07/2024;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME
sentito il Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv.ta NOME COGNOME difensore d fiducia della società, che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Salerno, pur riducendone la durata, ha sostanzialmente confermato la misura interdittiva del divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere la prestazione di un pubblico servizio, disposta nei riguardi della società RAGIONE_SOCIALE che avrebbe consentito al proprio legale rappresentante, COGNOME NOMECOGNOME e all’amministratore di fatto, COGNOME GiuseppeCOGNOME di commettere nell’interesse e a vantaggio dell’ente il delitto di cui all’art. 356 cod. pen. relativo esecuzione del contratto di appalto per la realizzazione dei nuovi uffici giudiziari Cittadella giudiziaria di Salerno.
Alla società è contestato l’illecito amministrativo previsto dell’art. 24 d. Igs. 8 giu 2001, n. 231 dal 30.7.2020 al 30.6.2022, i due reati presupposto di frode nelle pubbliche forniture sono contestati rispettivamente dall’1.7.2019 al 30.6.2021 (capo 2) e dal 1.7.2021 al 30.6.2022 (capo 3).
L’assunto fondante la ricostruzione accusatoria è che COGNOME Vito Matteo e COGNOME NOME, rispettivamente legali rappresentanti delle società RAGIONE_SOCIALE (società, questa, mandante del raggruppamento temporaneo di imprese RAGIONE_SOCIALE– da ora RAGIONE_SOCIALE, e RAGIONE_SOCIALE, avrebbero concesso in sub appalto senza autorizzazione dell’autorità competente alla RAGIONE_SOCIALE le prestazioni inerenti la manutenzione gratuita biennale degli impianti elevatori installati presso l cittadella giudiziaria di Salerno; detta manutenzione avrebbe dovuto eseguirsi nel biennio successivo alla realizzazione dei lavori di cui al contratto stipulato tra l’indic raggruppamento temporaneo di imprese e lo stesso Comune di Salerno
In tale contesto, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME avrebbero eseguito nel periodo relativo al sub appalto (capo 2), e i soli COGNOME e COGNOME nel periodo successivo, in cui vi sarebbe stato un affidamento diretto (capo 3), interventi di manutenzione, procedendo alla installazione di componenti non originali o, ancora, operando riparazioni del tutto inidonee ovvero compilando rapporti di intervento in modo generico, parziale, in forma non controllata.
Ha proposto ricorso per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE articolando cinque motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta competenza territoriale del Giudice per le indagini preliminari e del Tribunale.
Si sostiene che nella richiesta cautelare si sarebbe ipotizzata l’irregolarità non sol dell’originario affidamento del servizio di manutenzione ma, soprattutto, dell’affidamento a trattativa privata a far data dal 1.7.2021 fino al 31.12.2021, con l successiva proroga fino al 30.6.2022; l’affidamento di tale servizio, si spiega, sarebbe stato disposto dal Presidente della Corte di appello di Salerno.
Dunque, dovendo l’indagine riguardare – in astratto- anche il Presidente della Corte di appello, il procedimento avrebbe dovuto essere incardinato ai sensi dell’art. 11 cod. proc. pen, presso altro ufficio.
Il Tribunale avrebbe erroneamente affermato, da una parte, che il magistrato in questione non sarebbe indagato, e, dall’altra, che la condotta decettiva avrebbe come soggetto passivo la Cittadella giudiziaria di Salerno, ovvero la conferenza permanente per i servizi istituita presso la Corte di appello “al cui vertice vi è il Presidente Corte”.
Si tratterebbe di una motivazione viziata, non essendo chiara la ragione per cui non sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati il Magistrato.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione; gli assunti accusatori sarebbero al più riferibili all’appalto di installazione degli ascenso ma non all’affidamento del servizio di manutenzione e, in particolare, a quello diretto di cui si è detto, atteso che per detto periodo sarebbe cessata l’obbligazione di manutenzione degli impianti da parte dell’aggiudicatario dell’appalto di installazione.
Né la responsabilità della società ricorrente potrebbe farsi discendere, come ritenuto dal Tribunale, dall’assunto secondo cui nella specie il sub appalto non sarebbe stato autorizzato, atteso che la misura cautelare nei confronti dell’ente avrebbe come riferimento il delitto di cui all’art. 356 cod. pen. e non il reato previsto dall’art. 2 legge n. 646 del 1982, relativo alla violazione del divieto di subappalto.
La ricorrente sarebbe intervenuta solo successivamente alla installazione degli ascensori e, quindi, non potrebbe essere chiamata a rispondere dei presunti reati commessi da chi quegli ascensori aveva installato.
Sarebbe anche viziata l’affermazione del Tribunale secondo cui l’affidamento diretto alla Hacca di ulteriori lavori straordinari non sarebbe rivelatore dell’apprezzamento e della fiducia da parte della Conferenza permanente nei riguardi di detta società, quanto, piuttosto, una conseguenza derivante dalla errata installazione e dalla carenza di attività di manutenzione, con conseguente ripercussione sulla funzionalità degli impianti.
Secondo la ricorrente, si tratterebbe di un’affermazione smentita da quanto attestato dallo stesso Tribunale, e cioè che il servizio espletato da Hacca era stato eseguito regolarmente.
Sotto altro profilo, l’ordinanza sarebbe viziata quanto alla ritenuta sussistenza dei presupposti per la disposta misura interdittiva.
Non vi sarebbe, nella specie, il conseguimento da parte della società di un profitto di rilevante entità, avendo la impresa fatturato per il Tribunale la somma di 39.604,45 euro e per la Corte di appello quella di euro 73.465,27.
Il Tribunale sul punto sarebbe silente mentre il Giudice per le indagini preliminari avrebbe erroneamente affermato che, ai fini dell’art. 13 del d. Igs. n. 231 del 2001, sarebbe rilevante solo “la certezza e la rilevanza del profitto ma non anche la esatta quantificazione di esso, sicchè la rilevante entità potrebbe farsi discendere anche dalla natura e dal volume della impresa e che in detta nozione rientrerebbero anche i vantaggi mediati quali quelli relativi alla posizione di mercato della impresa”.
La società, si evidenzia, non avrebbe conseguito nessun vantaggio di posizione sul mercato.
Né sussisterebbero i gravi indizi di colpevolezza, atteso che, come dimostrato nella memoria prodotta in sede di riesame, la società sarebbe estranea alle vicende relative alla installazione degli ascensori, avendo eseguito solo la loro manutenzione in epoca successiva alla loro installazione.
Né vi sarebbero esigenze cautelari, avendo la società prodotto documentazione adeguata- di cui non si sarebbe tenuto conto- comprovante la regolare esecuzione di numerosi altri appalti
2.3. Con il terzo motivo si deduce vizio di motivazione ed eccesso di potere giurisdizionale.
Assume la società ricorrente che, nella specie, l’obiettivo sarebbe quello di ottenere in sede penale ciò che sarebbe stato negato in sede civile, essendo quest’ultima la sede dove verificare la sussistenza di inadempienze contrattuali.
Il Tribunale civile sul punto avrebbe rigettato la richiesta di consulenza tecnica preventiva, attesa, da una parte, la complessità delle questioni tecniche e giuridiche, e, dall’altra, l’assenza di prova che il mal funzionamento degli ascensori non fosse conseguente all’improprio utilizzo degli stessi.
Si tratta di questioni su cui la ordinanza impugnata sarebbe silente.
2.4. Con il quarto motivo si lamenta violazione dell’art. 49 d I. gs n. 231 del 2001; la società avrebbe adottato il modello organizzativo il 12.12.2022 e detto modello sarebbe stato erroneamente ritenuto non idoneo dal Giudice per le indagini preliminari.
L’adozione del modello sarebbe rivelatrice della volontà della società di prevenire la commissione di ulteriori condotte; la misura avrebbe dovuto essere sospesa, ai sensi dell’art. 49 cit. e sarebbe errata l’affermazione del Tribunale secondo cui la sospensione potrebbe essere disposta solo dopo la “irrogazione” della misura e non via preventiva.
2.5. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione; il tema attiene al rigetto della richiesta di nomina di un commissario giudiziale ai sensi dell’ar 15 del d. Igs. n. 231 del 2001.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto al secondo motivo di ricorso, che ha valenza assorbente rispetto ai successivi.
È inammissibile il primo motivo di ricorso, attesa la sua valenza meramente esplorativa e prospettica; nessuna ragione di incompetenza è nella specie anche solo prospettabile ai sensi dell’art. 11 cod. proc. pen., non essendo quello in esame un procedimento riguardante magistrati
È invece fondato il secondo motivo, quanto al fumus commissi delicti del reato presupposto.
3.1. Come già detto, l’illecito contestato all’ente ricorrente ha come reato presupposto quello di frode in pubbliche forniture e sarebbe stato commesso dal 30.7.2020 al 30.6.2022 (capo 7).
Il reato presupposto attiene:
-quanto al capo 2), al periodo 1.7.2019 – 30.6.2021, in cui COGNOME e COGNOME sono chiamati a rispondere, in concorso con COGNOME e COGNOME, cioè con i legali rappresentanti delle società facenti parte del raggruppamento di imprese aggiudicatario dell’appalto dei lavori di realizzazione dei nuovi uffici giudiziari di Salerno, poi conces in modo illegittimo in subappalto alla società ricorrente, con riguardo all’adempimento degli obblighi derivanti dal contratto di appalto, e, segnatamente, a quelli relativi al manutenzione degli impianti elevatori” (così testualmente il capo 2);
-quanto al capo 3), al periodo in cui solo COGNOME e COGNOME sono chiamati a rispondere, in concorso tra loro, del reato di cui all’art. 356 cod. pen. per per il perio di affidamento diretto dell’appalto di manutenzione degli elevatori (dall’1.7.2021 al 30.6.2022).
In tale quadro di riferimento, il giudizio di gravità indiziaria del reato presuppost è stato fatto discendere innanzitutto dal carattere illegittimo del sub appalto e, in vi conseguente, dall’inadempimento delle prestazioni derivanti dai contratti, cioè quello subappaltato e quello poi stipulato con la società ricorrente in ragione dell’affidamento diretto.
4.1. Quanto al primo profilo, quello della illegittima costituzione del rapporto di sub appalto, è fondato l’assunto difensivo relativo alla impossibilità di fare derivare l responsabilità dell’ente per il reato di cui all’art. 356 cod. pen. solo dall’assun illegittima costituzione di un rapporto di sub appalto, atteso che questo non rende di per sé configurabile il delitto di frode nelle pubbliche forniture.
4.2. Quanto al secondo profilo, quello dell’inadempimento da parte della società ricorrente, secondo i Giudici di merito, il reato presupposto sarebbe configurabile perché il servizio sarebbe stato “complessivamente svolto in modo difforme rispetto a quanto previsto nel contratto, non essendo stato attuato l’assetto organizzativo e i flussi documentali, proposti ed accettati in sede di offerta migliorativa” (così l’ordinanza impugnata a pag. 4).
In particolare, detto inadempimento sarebbe comprovato da “rapporti di intervento generici e parziali tanto da non essere verificabili e controllabili”, atteso che, peralt “nel corso delle verifiche documentali, non veniva rinvenuto alcun libretto di manutenzione degli impianti”.
La società avrebbe eseguito l’attività manutentiva procedendo alla installazione di componenti non originari, ovvero di componenti destinati ad altri impianti o prelevati da altri impianti”.
5. Si tratta di assunti non condivisibili.
5.1. Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, ai fini della configurabilità del delitto di frode in pubbliche forniture è sufficiente il dolo generico, costituito d consapevolezza di consegnare cose in tutto od in parte difformi (per origine, provenienza, qualità o quantità) in modo significativo dalle caratteristiche convenute, o disposte con legge o con atto amministrativo, non occorrendo necessariamente la dazione di “aliud pro alio” in senso civilistico o un comportamento subdolo o artificioso. (Sez. 6, n. 6905 del 25/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269370 in cui in motivazione, la Corte ha precisato che la nozione di frode si riferisce ad ogni condotta che, nei rapporti con la P.A., viola il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, sancito dall’ar 1375 cod. civ., e, trattandosi di un fatto oggettivo che danneggia l’interesse pubblico, sono irrilevanti le condizioni psicologiche dei contraenti, ma contano soltanto le modalità di presentazione del bene in relazione a quanto oggettivamente convenuto o disposto con legge o con atto amministrativo).
Si afferma, pertanto, che l’espressione “commette frode”, contenuta nell’art. 356 cod. pen., non allude necessariamente a un comportamento subdolo o artificioso, ma si riferisce “ad ogni violazione contrattuale”, a prescindere dal proposito dell’autore di conseguire un indebito profitto o dal danno patrimoniale che possa derivare all’ente committente.
In senso conforme si collocano anche altre sentenze che interpretano la frode secondo una più ampia accezione di malafede contrattuale che, pur non necessitando la dazione di un “aliud pro alio” in senso civilistico, si riferisce alla dolosa consegna di co in tutto o in parte diverse (per origine, provenienza, qualità o quantità) rispetto a quant pattuito, a condizione che si tratti di una difformità significativa idonea ad incidere su svolgimento del rapporto con la pubblica amministrazione (Sez. 6, n. 28301 del 08/04/2016, Dolce, Rv. 267828; Sez. 6, n. 27992 del 20/05/2014, COGNOME, Rv. 262538; Sez. 6, n. 42900 del 05/10/2010, COGNOME, Rv. 248806; Sez. 6, n. 1823 del 17/11/1999, COGNOME, Rv. 217331; Sez. 6, n. 502 del 28/11/1997, COGNOME, Rv. 209242).
5.2. A tale indirizzo si contrappone altro condivisibile orientamento di legittimit maggiormente conforme al dato testuale della fattispecie incriminatrice, nonché, sul piano sistematico, alla esatta definizione dei rapporti strutturali tra il reato previ dall’alt 356 cod. pen. e quello di inadempimento di contratti di pubbliche forniture previsto dall’art. 355 cod. pen.
Quanto al profilo testuale, si è spiegato come, ai fini della configurabilità del delit in esame, sia necessario un “quid pluris” rispetto al semplice inadempimento del contratto, che va individuato nella malafede contrattuale, intesa questa però come espediente malizioso o inganno, tali da far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti (Sez. 6, n. 5317 del 10/01/2011, COGNOME, Rv. 249448; Sez. 6, n. 11144 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 246544; Sez. 6, n. 26231 del 12/04/2006,
Cento, Rv. 235171; Sez. 6, n. 13904 del 23/01/2004, Barone, non massinnata sul punto; Sez. 6, n. 36567 del 09/05/2001, Nervoso, Rv. 220296; più recentemente, in tal senso Sez. 6, n. 9081, del 23/11/2017, dep. 2018, Aviano, Rv. 272384).
Si è chiarito in maniera condivisibile come, sul piano testuale, la norma incrimini il “commettere frode” ed a tal fine assuma decisiva valenza la creazione di una situazione di «apparenza ingannatoria» ai danni della pubblica amministrazione, frutto di una condotta difforme dal principio di buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 cod. civ.), che impone alle parti di adempiere scrupolosamente i rispettivi obblighi.
La sentenza “Cento”, in precedenza richiamata, individua correttamente la ratio dell’art. 356 cod. pen. nella necessità di porre il contratto al riparo da comportamenti fraudolenti del fornitore, rafforzando con la sanzione penale la corretta e leale esecuzione del contratto di pubbliche forniture.
Ne discende che sono estranei al paradigma criminoso di cui all’art. 356 cod. pen. le condotte di mero inadempimento del contratto, qualora non siano frutto di un perseguito proposito fraudolento; il comportamento fraudolento, si aggiunge, non deve necessariamente estrinsecarsi nell’uso di artifici o raggiri, propri del delitto di truffa, determinare un evento di danno per la pubblica amministrazione, essendo a tal fine sufficiente la semplice malafede contrattuale, ovvero, come detto, la presenza di un espediente malizioso o ingannevole idoneo a far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti.
Si tratta di considerazioni condivisibili, atteso che «frode» significa avvantaggiarsi con qualche inganno; si tratta di una specificità della condotta che peraltro si riflette su dolo, per cui l’autore del reato deve voler “ingannare” il soggetto passivo, non essendo sufficiente la consapevolezza di consegnare una cosa per un’altra o una cosa significativamente difforme da quella pattuita.
La connotazione dell’elemento soggettivo in termini di «mala fede» può, in astratto, correttamente integrare la frode, ma non può tramutarsi in una vuota formula di stile attraverso la quale si giunge a far coincidere la frode con il mero consapevole inadempimento.
Una interpretazione della norma incriminatrice prevista dall’art. 356 cod. pen., che, come detto, è anche maggiormente idonea a delineare in modo più nitido i rapporti tra il reato di frode in pubbliche forniture e quello di inadempimento di contratti di pubbliche forniture, di cui all’art. 355 cod. pen.
Se il delitto di frode nelle pubbliche forniture fosse integrato per effetto del so obiettivo inadempimento, ancorchè doloso, di parte del programma contrattuale, verrebbe dilatata oltre misura la fattispecie di cui all’art. 356 cod. pen. rispetto a quel di cui all’art. 355 cod. pen., che risulterebbe sostanzialmente assorbita nella prima norma incriminatrice (Sez. 6, n. 29374 del 14/09/2020, Sale, Rv. 279679; Sez. 6, n. 45105 del 28/10/2021, COGNOME, Rv. 282267; Sez. 6, n. 25372 del 17/05/2023,
COGNOME, Rv. 284883 in fattispecie in cui la Corte ha escluso il reato nella condotta dell’appaltatore di un servizio di mensa scolastica che, impiegando alimenti diversi da
quelli stabiliti in capitolato, aveva provveduto alle relative annotazioni nei regis aziendali).
6. Nel caso di specie, si è fatto riferimento al disordine documentale, ai difetti organizzativi, ai rapporti di intervento generici e non verificabili, alla installazion
componenti non originari, ovvero di componenti destinati ad altri impianti o prelevati da altri impianti, ma si tratta di circostanze che, invero, non aggiungono elementi fattuali
dirimenti – risolvendosi al più nella dimostrazione dell’inadempimento contrattuale – ma che, in base alla prevalente
che di per sé non consentono di individuare quel quid pluris
giurisprudenza, deve contraddistinguere il reato di frode nelle pubbliche forniture.
Nel caso in esame, l’ordinanza non indica alcun elemento concreto dal quale desumere che la società abbia posto in essere un qualche tipo di condotta idonea a
indurre in errore in ordine al regolare adempimento, non essendo stato chiarito né
l’entità dell’inadempimento e neppure in cosa sia consistita la mancata attuazione del programma contrattuale, se, cioè, la installazione di componenti non originari o di elementi destinati ad altri impianti, sia stata “coperta” da una documentazione ingannevole ovvero fosse esplicita, cioè verificabile in qualche modo, anche solo dalla documentazione contabile disponibile.
Ne consegue che sul punto l’ordinanza impugnata deve essere annullata; il Tribunale, in sede di rinvio, applicherà i principi indicati e verificherà se e in che term sia configurabile il reato presupposto dell’illecito contestato alla società ricorrente
7. Gli altri motivi sono assorbiti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 19 dicembre 2024.