Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22900 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22900 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Castello d’Annone il 29/06/1963
avverso la sentenza emessa il 21/11/2024 dalla Corte d’Appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 21/11/2024, la Corte d’Appello di Torino ha riformato integralmente la sentenza assolutoria emessa dal Tribunale di Asti in data 14/11/2022, condannando COGNOME NOME e COGNOME NOME alla pena di giustizia in relazione al reato di cui agli artt. 56, 515 cod. pen., loro ascritto in concorso.
Ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’affermazione di penale responsabilità. Si censura la sentenza per aver erroneamente valorizzato
il mancato rispetto, nelle informazioni relative al prodotto commercializzato dalla società amministrata dal ricorrente (prodotto che la Corte territoriale aveva considerato “un integratore alimentare”), della normativa nazionale in tema di alimenti (d.m. 04/11/2019). Si evidenzia, al riguardo, che il prodotto in questione non era un integratore ma un olio antiossidante e lenitivo, e soprattutto che l’indicazione della presenza di “tracce” e di rispetto della normativa europea, contenuta nel c.d. bugiardino, era del tutto priva delle connotazioni mendaci ipotizzate dall’accusa, dal momento che si era fatto correttamente riferimento al limite dello 0,2% previsto dalla normativa europea.
2.2 Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione del beneficio della non menzione della condanna, pur sussistendone le condizioni. Si censura il riferimento della Corte alla mancata richiesta dell’imputato.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per insussistenza del reato ipotizzato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Deve invero convenirsi, quanto al primo motivo, con l’impostazione accolta dal Procuratore Generale nella propria requisitoria, che rende del tutto ultroneo ogni approfondimento in ordine alle puntualizzazioni di ordine merceologico operate nel ricorso, ed alla conseguente corretta individuazione delle tabelle di riferimento.
La difesa ha invero chiarito che il prodotto per cui è causa, commercializzato dalla società amministrata dal ricorrente, non era un “integratore alimentare” ma un olio con proprietà lenitive ed antiossidanti, con conseguente congruità sia del limite dello 0,2% di presenza di THC previsto dalla normativa europea, indicato nel c.d. “bugiardino” (in luogo del ben più rigoroso limite previsto per gli alimenti dal d.m. del 04/11/2019), sia comunque del riferimento alla presenza di “tracce”, contenuto nel medesimo documento (essendo pacifico che il superamento della soglia indicata nel predetto d.m. era stato di ordine infinitesimale: cfr. pag. 2 dell sentenza impugnata).
Come già accennato, peraltro, ogni ulteriore indagine appare superflua, difettando totalmente la prova dell’intento di porre in vendita un aliud pro alio: questa Suprema Corte ha invero costantemente affermato che «il delitto di frode in commercio, incriminando la consegna all’acquirente di un aliud pro alio o di una cosa diversa da quella dichiarata o pattuita, tutela la lealtà e la correttezza negli
scambi commerciali, ma non la liceità del commercio del prodotto destinato alla vendita» (Sez. 3, n. 14017 del 04/12/2018, dep. 2019, Origlia, Rv. 275357 – 01:,
la quale, in applicazione del principio, ha escluso che la commercializzazione di fiori di canapa, tisane e altre infiorescenze, quali prodotti succedanei al tabacco,
etichettati come “prodotto ad uso tecnico” e “non idonei al consumo alimentare”, integrasse il reato di cui all’art. 515 cod. pen., trattandosi di una indicazione non
fuorviante rispetto alla destinazione dei beni venduti, poiché non contenente alcun esplicito riferimento a uno specifico fine legittimo o richiesto nel mercato di tal
prodotti. In senso analogo, cfr. da ultimo Sez. 3, n. 15117 del 28/03/2024, Sassi).
Del tutto inidoneo, ai fini che qui specificamente interessano, risulta quindi il riferimento alla ritenuta erroneità delle indicazioni riportate all’interno del
confezione, risultando decisivo il fatto che queste ultime appaiono del tutto prive delle connotazioni “ingannevoli” evocate in sentenza. Ed è appena il caso di
evidenziare che la presenza di tali connotazioni, comprovanti l’intento di porre in vendita un
aliud pro alio, avrebbe dovuto essere evidenziata nei termini rafforzati
imposti dal fatto che la sentenza impugnata ha integralmente riformato la decisione assolutoria di primo grado.
Le considerazioni fin qui svolte rendono ultroneo l’esame dell’ulteriore motivo proposto, ed impongono, in accoglimento delle conclusioni rassegnate anche dal Procuratore Generale, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso il 16 maggio 2025
Il Consig GLYPH estensore GLYPH
Il Presidente