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Frode in commercio: limiti del ricorso per cassazione

Un imprenditore agricolo condannato per frode in commercio per aver alimentato suini, destinati alla produzione di un noto prosciutto DOP, con mangimi non conformi al disciplinare. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo la natura pubblica del bene tutelato dalla frode in commercio e chiarendo i rigorosi limiti per denunciare il vizio di travisamento della prova, soprattutto in caso di doppia conforme.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Frode in Commercio e DOP: i Limiti del Ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35121/2024, è tornata a pronunciarsi su un caso di frode in commercio legato alla produzione di alimenti a Denominazione di Origine Protetta (DOP). La decisione è di grande interesse non solo per il merito della vicenda, ma soprattutto per le precise indicazioni fornite sui limiti del ricorso per cassazione, in particolare riguardo al vizio di travisamento della prova. Il caso riguarda un imprenditore agricolo condannato per aver fornito suini destinati a diventare un celebre prosciutto DOP, alimentandoli con sottoprodotti della panificazione non consentiti dal rigido disciplinare.

I Fatti del Processo

Un imprenditore agricolo è stato accusato e condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di frode in commercio. Secondo l’accusa, confermata dai giudici di merito, l’imprenditore avrebbe allevato suini, le cui cosce erano destinate alla produzione di prosciutto DOP, utilizzando mangimi non conformi. Nello specifico, l’alimentazione degli animali includeva scarti della produzione industriale di pane, pasta e pizza, nutrienti espressamente vietati dal disciplinare di produzione del Consorzio di tutela.

La Corte d’Appello aveva confermato la condanna per il reato di cui agli artt. 515 e 517 bis c.p., pur rideterminando la pena. L’imprenditore ha quindi proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali: la violazione dell’art. 515 c.p. e del piano di controllo del Consorzio, e il travisamento della prova da parte dei giudici di merito.

La Decisione della Corte e la frode in commercio

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti fondamentali su entrambi i motivi sollevati dalla difesa. La decisione si articola su due binari principali: uno di natura procedurale, relativo ai requisiti per denunciare il travisamento della prova, e uno di natura sostanziale, riguardante l’oggetto della tutela penale nel reato di frode in commercio.

Il Travisamento della Prova: un Vizio Difficile da Dimostrare

La Corte ha dedicato ampia parte della motivazione a spiegare cosa si intenda per “travisamento della prova”. Non si tratta di una diversa valutazione o interpretazione del materiale probatorio, attività preclusa al giudice di legittimità. Si tratta, invece, di un errore percettivo: il giudice di merito afferma l’esistenza di un fatto che la prova esclude, o viceversa. È una distorsione quasi “fotografica” del dato probatorio.

La Cassazione ha sottolineato che per denunciare tale vizio, il ricorrente ha l’onere, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, di:
1. Identificare l’atto processuale travisato.
2. Indicare l’elemento fattuale che emerge dall’atto e che è incompatibile con la sentenza.
3. Provare la veridicità di tale elemento, allegando l’atto o trascrivendone integralmente il contenuto.
4. Spiegare perché l’errore è decisivo e scardina l’intera logica della motivazione.

Nel caso di specie, il ricorrente non ha soddisfatto questi oneri, limitandosi a proporre una lettura alternativa delle prove già vagliate dai giudici di merito. Tale condotta, specialmente in un caso di “doppia conforme”, non è ammissibile in sede di legittimità.

Frode in Commercio: la Tutela dell’Interesse Pubblico

Sul primo motivo, la Corte ha ribadito un principio consolidato. Il bene giuridico tutelato dall’art. 515 c.p. non è il patrimonio del singolo acquirente, ma l’ordine economico e la fede pubblica, ovvero l’interesse dello Stato a garantire la lealtà e la correttezza delle transazioni commerciali.

Di conseguenza, l’eventuale “tolleranza” per lievi non conformità da parte del Consorzio di tutela o il consenso dell’acquirente sono del tutto irrilevanti ai fini della configurabilità del reato. La norma tutela un diritto indisponibile. Il fatto che il disciplinare preveda procedure per correggere le non conformità non significa che queste siano tollerate, ma, al contrario, che il prodotto “tal quale” non è conforme ai requisiti stabiliti. Consegnare un prodotto non conforme, anche se la non conformità è considerata “lieve”, integra comunque il reato di frode in commercio.

le motivazioni
La Corte Suprema ha fondato la sua decisione di inammissibilità su una rigorosa applicazione dei principi procedurali che governano il giudizio di legittimità. In primo luogo, ha evidenziato come il ricorrente non avesse rispettato il principio di autosufficienza del ricorso. Egli si era limitato a contestare la valutazione delle prove testimoniali e documentali operata dai giudici di merito, senza però allegare le trascrizioni complete degli atti che si assumevano travisati. Questo ha impedito alla Corte di verificare se vi fosse stato un errore percettivo (un vero travisamento) o semplicemente una diversa interpretazione del significato delle prove, operazione quest’ultima non consentita in Cassazione. La Corte ha chiarito che il suo ruolo non è quello di un terzo giudice di merito, ma di un organo che controlla la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Sollecitare una rilettura delle prove equivale a chiedere un nuovo giudizio di fatto, cosa che esula dalle competenze della Cassazione.

In secondo luogo, riguardo alla violazione di legge, la motivazione è stata netta nel qualificare il bene giuridico protetto dalla norma sulla frode in commercio. La Corte ha spiegato che l’onestà negli scambi commerciali è un interesse pubblico e che la norma penale serve a garantire la fiducia dei consumatori e l’ordine economico. Pertanto, qualsiasi accordo privato o prassi di tolleranza non può scriminare una condotta che oggettivamente lede questo interesse. La non conformità del prodotto ai requisiti del disciplinare DOP integra il reato, a prescindere dal fatto che tale difformità possa essere sanata o considerata di lieve entità dal Consorzio.

le conclusioni
La sentenza offre due importanti lezioni. Per gli operatori del settore agroalimentare, emerge con chiarezza che il rispetto dei disciplinari di produzione dei prodotti DOP non ammette scorciatoie o interpretazioni flessibili. La non conformità, anche se apparentemente minore, può avere rilevanza penale, poiché il reato di frode in commercio protegge l’interesse collettivo alla trasparenza del mercato. Per i professionisti legali, la decisione è un forte richiamo alla necessità di formulare i ricorsi per cassazione con estremo rigore tecnico. Il vizio di travisamento della prova è uno strumento potente ma dai confini applicativi molto stretti, che richiede un onere probatorio a carico del ricorrente particolarmente gravoso e non può mai trasformarsi in un pretesto per ottenere un terzo grado di giudizio nel merito.

Quando si può denunciare il ‘travisamento della prova’ in Cassazione?
Il travisamento della prova può essere denunciato solo quando il giudice di merito ha commesso un errore di percezione, basando la sua decisione su una prova inesistente o letta in modo palesemente difforme dal suo contenuto letterale. Non è sufficiente proporre una diversa interpretazione della prova. Inoltre, il ricorrente deve allegare o trascrivere integralmente l’atto travisato e dimostrare che l’errore è stato decisivo per la condanna.

La tolleranza del consorzio di tutela o del compratore può escludere il reato di frode in commercio?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il reato di frode in commercio tutela l’interesse pubblico all’onesto svolgimento del commercio, un bene giuridico indisponibile. Di conseguenza, il consenso dell’acquirente o eventuali prassi di tolleranza da parte di enti di controllo, come un consorzio, non hanno alcuna efficacia scriminante e non escludono la punibilità del fatto.

Cosa succede se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità comporta diverse conseguenze negative per il ricorrente. In primo luogo, gli viene preclusa la possibilità di ottenere una pronuncia nel merito. In secondo luogo, viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Infine, l’inammissibilità impedisce alla Corte di rilevare eventuali cause di estinzione del reato, come la prescrizione, maturate dopo la sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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