Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9142 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9142 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOMECOGNOME nato a Cagliari il 06/08/1953 COGNOME NOME COGNOME nato a Sant’Antioco il 01/05/1949 RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 30/01/2024 della Corte di appello di Cagliari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi; udito il difensore delle parti civili, avv. NOME COGNOME del foro di Cagliari pe Ligure RAGIONE_SOCIALE e, in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME del foro di Cagliari, per NOME RAGIONE_SOCIALE, che chiede il rigetto dei ricorsi; uditi i difensori degli imputati, avv. NOME COGNOME del foro di Cagliari per NOME COGNOME, avv. NOME COGNOME del foro di Cagliari per NOME COGNOME
COGNOME che insistono per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi;
udito il difensore di RAGIONE_SOCIALE, avv. NOME COGNOME del foro di Cagliari, che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza, in riforma della decisione di assoluzione emessa dal Tribunale di Cagliari perché il fatto non sussiste e appellata dal pubblico ministero, la Corte di appello di Cagliari ha condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME alla pena di sei mesi di reclusione ciascuno per il delitto di cui all’art. 515 cod. pen., nonché la società “RAGIONE_SOCIALE” al sanzione di cento quote di 300 euro ciascuna.
In particolare, a Faedda, quale titolare della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, e a Fois, quale titolare della RAGIONE_SOCIALE affumicati e salati di F COGNOME, si contesta di avere, nell’esercizio della predetta attività commerciale, consegnato agli acquirenti cose mobili (nella fattispecie, tonno), diverse per origine, provenienza e qualità da quelle dichiarate, utilizzando i marchi nonché i nomi delle tonnare di Sardegna. Il Tribunale, peraltro, aveva assolto gli imputati dal reato di cui agli artt. 61 n. 2, 517-quater cod. pen., per aver contraffatto o comunque alterato, al fine di eseguire il reato di cui all’art 515 cod. pen., indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari, nella fattispecie tonno, etichettando le scatolette di latta commercializzato con l’apposizione della dicitura “Tonnare della Sardegna”.
Avverso l’indicata sentenza, NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE per il tramite dei rispettivi difensori di fiducia, hanno propo ricorso per cassazione.
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a quattro motivi, che deducono:
3.1. l’inosservanza delle norme processuali per aver la Corte di appello omesso di pronunciarsi in relazione alla memoria difensiva depositata in data 11 dicembre 2023, espressamente richiamata dalla difesa all’udienza del 12 dicembre 2023, e nella quale si contestavano i motivi di impugnazione formulati dal pubblico ministero. Rappresenta il difensore che sarebbe stata integrata una violazione del diritto di difesa per l’omessa motivazione in ordine al marchio “RAGIONE_SOCIALE“, regolarmente registrato e utilizzato e privo di qualsivoglia portata ingannevole, avendo l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi accertato la liceità dello stesso, nonché l’assenza di segni ingannevoli sulla provenienza geografica, sulla natura e sulla qualità dei prodotti o servizi, e, da ultimo, l’assenza di pregiudizio per i diritti altrui. Il pubblico ministero
avrebbe offerto la prova tecnico-scientifica idonea a dimostrare che il tonno contenuto nelle confezioni fosse drverso, per origine, provenienza o qualità da quello descritto dal produttore. Ad avviso del difensore, pertanto, la condanna per il reato de quo non avrebbe dovuto riguardare il marchio del prodotto, bensì l’idoneità dello stesso a trarre in inganno il consumatore. Deduce, altresì, l’omessa valutazione del consumatore medio, dal momento che l’utente che conosca l’esistenza di tonnare attive in Sardegna sarebbe ben istruito sul punto e, dunque, in grado di comprendere correttamente l’indicazione “pescato in mare” contenuta nella fascette laterali del prodotto. Da ultimo, deduce che la Corte di merito non avrebbe considerato la mancanza di prova fornita dall’accusa in merito alla consegna ai consumatori finali anche di una sola scatoletta di tonno e, dunque, avrebbe omesso di confutare specificamente le argomentazioni della decisione di assoluzione assunte dal Tribunale;
3.2. l’omessa motivazione in ordine alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena richiesta dal Procuratore Generale nelle proprie conclusioni assunte all’udienza del 12 dicembre 2023, sicché la Corte di merito avrebbe dovuto esaminare tale richiesta, ciò che non è avvenuto;
3.3. l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi di cui all’art. 515 cod. pen., considerando che la zona geografica FAO, in cui veniva pescato il tonno inscatolato dalla società “RAGIONE_SOCIALE“, è la stessa in cui si trovano le ultime Tonnare della Sardegna, ma con una tecnica di pesca diversa; si lamenta, inoltre, l’assenza di prova in ordine all’effettiva consegna anche di una sola scatoletta di tonno ad un acquirente finale.
3.4. l’intervenuta prescrizione del reato.
Il ricorso di NOME COGNOME è articolato in sette motivi, che deducono:
4.1. l’illogicità della motivazione per avere la Corte di merito considerato il marchio geografico “L’Isola della Tonnara Carloforte” decettivo ex art. 515 cod. pen., sebbene sia stato ritenuto non contraffatto e comunque non alterato, tanto che la sentenza assolutoria per il delitto ex art. 517-quater è divenuta irrevocabile, posto che l’appello del pubblico ministero ha riguardato solamente il delitto ex art. 515 cod. pen. La motivazione, si argomenta, è perciò illogica, perché afferma che l’asserita contraffazione o alterazione di indicazioni geografiche sono state funzionali alla commissione del reato di truffa commerciale, laddove, una volta intervenuta l’assoluzione per il delitto ex art. 517-quater cod. pen., si è comunque ravvisata la penale responsabilità del Fois con riferimento a una “presentazione complessiva” del prodotto, dalla quale risulterebbe che il tonno non sarebbe stato pescato in tonnara ma in mare
aperto, con il sistema ad “armi e palangari”. Secondo il difensore, la Corte di appello, nel ritenere il Fois colpevole attesa la presenza nel suo marchio del toponimo geografico, non avrebbe considerato che l’imputato non ha contraffatto alcunché per commettere il reato di frode, e che l’uso del marchio “Isola della Tonnara Carloforte” era legittimo, avendo egli indicato, nelle etichette laterali, anche l’origine e il luogo di produzione dei prodotti lavorati, ossia tonno pescato con metodo diverso dalla tonnara fissa. Espone altresì il difensore che la Corte di appello avrebbe anche travisato le argomentazioni del primo giudice, laddove ha · attribuito il dubbio della decettività del messaggio pubblicitario portato nel marchio del RAGIONE_SOCIALE, in quanto il primo giudice si sarebbe limitato ad evidenziare l’eventuale rilevanza non dedotta di una questione civilistica o al più commerciale;
4.2. l’omessa motivazione in ordine all’elemento soggettivo, non avendo la Corte considerato che il Fois non ha agito con dolo, posto che, avendo registrato il marchio nel 2012, era l’unico soggetto esclusivamente legittimato ad utilizzarlo. Né la Corte avrebbe chiarito per quale motivo, a fronte della dedotta registrazione da parte del Fois del marchio “Isola della Tonnara Carloforte”, non ha considerato che il Fois, in funzione della registrazione, abbia ritenuto di potersi legittimamente valere di quel marchio, etichettando le scatolette di tonno con quanto riteneva assolutamente inoffensivo. Avendo agito nella totale legalità, il comportamento dell’imputato sarebbe scriminato ai sensi dell’art. 51 o dell’art. 59 cod. pen.;
4.3. l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’elemento oggettivo del reato in quanto, in occasione del sequestro preventivo disposto, non furono rinvenute presso l’esercizio del Fois le etichette e le stringhe “Isola della Tonnara Carloforte” e neppure scatolette già marchiate con quel marchio/etichetta, sequestrate presso esercizi commerciali di terzi. Secondo il difensore, ritenere che il marchio sia di per sé decettivo perché presupponente un messaggio fuorviante, non significa accertare la responsabilità penale dell’imputato, allorché non si provi che egli abbia consegnato il tonno che per origine, provenienza e qualità sia diverso da quello pattuito; al più, sarebbe stata contestabile un’ipotesi di tentativo. Rappresenta altresì il difensore che le etichette in esame furono sequestrate presso vari esercizi commerciali, ma, non essendovi prova della materiale consegna delle scatolette da parte del produttore, non sarebbe integrato il reato di cui all’art. 515 cod. pen.;
4.4 il travisamento della prova per la evidente discrasia tra gli atti processuali e la motivazione della sentenza impugnata. La Corte di appello, si sostiene, ha affermato la penale responsabilità del Fois presupponendo, pur in assenza di prova, che egli abbia materialmente consegnato le scatolette a terzi e
concentrando il giudizio di addebito sulla sola lettura del messaggio contenuto nel documento acquisito “Isola della Tonnara Carloforte”, così determinandosi una discrasia tra gli atti del processo e la motivazione della sentenza, la quale si sarebbe unicamente soffermata sul messaggio “geografico”, senza curarsi di accertare la sussistenza della consegna materiale anche a un solo cliente/consumatore dei vari esercizi commerciali presso i quali sono stati eseguiti i sequestri;
4.5. l’inosservanza delle norme processuali per l’errata percezione della prova fondata su un fatto decisivo ritenuto provato, quando, invece, risulta dagli atti del processo che non è stato accertato. La Corte di appello avrebbe escluso l’inammissibilità dell’appello proposto dal pubblico ministero, richiesta dalla difesa del COGNOME per mancata specifica indicazione delle prove delle quali l’accusa lamentava l’erronea valutazione da parte del primo giudice. Secondo la difesa, la Corte di appello non avrebbe riassunto le prove a sfavore sulle quali l’appellante ha fondato il proprio gravame e dunque avrebbe operato una reformatio in peius in assenza di rinnovazione dibattimentale. Sul punto, la Corte d’appello avrebbe ritenuto che la prova regina sufficiente ad affermare la penale responsabilità del Fois fosse quella documentale, costituita dalle scritte apposte sulle scatolette di tonno, e avrebbe fondato il suo convincimento sul presupposto che il tonno consegnato a innumerevoli acquirenti fosse del tipo “tonno comune” e che non era pescato in tonnara e non possedeva pertanto il particolare pregio di quest’ultima. L’assenza di qualità, tuttavia, non si desumerebbe dalla prova scritta apposta sulle scatolette di tonno ed appare dunque una petizione di principio. Rappresenta pertanto la difesa che nessuna verifica è mai stata svolta sul contenuto delle scatolette prodotte sia dal Fois che dal Faedda e, dunque, sarebbe fuorviante fondare la reformatio in peius della sentenza sull’affermazione che il tonno pescato in tonnara fosse più buono di quello pescato con ami e palangari, attesa la mancata rinnovazione dibattimentale ed il travisamento operato, posto che la Corte di appello avrebbe dato per presupposto il fatto che sia stata svolta un’indagine sul contenuto delle scatolette che, nel caso di specie, non è avvenuta; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.6. la violazione degli artt. 125, comma 3, 546, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. in relazione all’art. 111, comma 6, Cost. Rappresenta il difensore che il Procuratore Generale aveva richiesto la condanna degli imputati, assolti in primo grado, e la sospensione condizionale della pena per il solo COGNOME. Tale richiesta, se non frutto di un mero errore materiale di trascrizione apposto nel verbale di udienza, sarebbe del tutto ingiustificata, stante l’identità di posizion dei due imputati, e, in ogni caso, la Corte di merito aveva l’obbligo non solo di
motivare il diniego all’uno, ma anche di specificare la mancata applicazione del beneficio all’altro;
4.7. la prescrizione del reato.
RAGIONE_SOCIALE Il ricorso promosso nell’interesse della società RAGIONE_SOCIALE è affidato a quattro motivi, che deducono:
5.1. la violazione dell’art. 581 cod. proc. pen., posto che, con la memoria difensiva presentata nel giudizio di appello, era stata eccepita l’inammissibilità dell’atto di appello proposto dal pubblico ministero per difetto di specificità de motivi, in quanto privo delle ragioni di fatto volte a sostenere che il delitt presupposto sarebbe stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente e di quelle dirette a ritenere che l’ente non avesse adottato alcun modello di organizzazione e gestione idoneo ad escluderne la responsabilità. L’atto di appello, inoltre, sarebbe stato privo delle ragioni di diritto ch rappresenterebbero i criteri elaborati dalla giurisprudenza di legittimità sul punto. Rappresenta il difensore che il Tribunale ha dedicato poco spazio alla responsabilità dell’Ente, ma ciò sarebbe giustificato dall’ampio sforzo argomentativo per dimostrare l’insussistenza dell’atto presupposto: se non sussiste l’atto presupposto, non può conseguentemente sussistere l’illecito amministrativo. Non vale, però, il contrario: quand’anche il reato presupposto dovesse risultare sussistente, non deriva in automatico la responsabilità dell’ente per l’illecito amministrativo; sul punto, l’appello del pubblico ministero è del tutt carente e, quindi, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile;
5.2. la nullità della sentenza per omesso esame di una memoria difensiva nonché mancanza di motivazione in ordine alle questioni trattate. Rappresenta il difensore che, nella sentenza di appello, non sono trattate, nemmeno implicitamente, le questioni affrontate con la memoria – del cui deposito neppure si dà conto – con le quali si assumeva: 1) che il marchio “RAGIONE_SOCIALE” è stato regolarmente registrato, avendo l’Ufficio italiano brevetti e marchi accertato la liceità dello stesso, nonché l’assenza di qualsivoglia portata ingannevole; 2) che il pubblico ministero non aveva fornito alcuna prova idonea a dimostrare che il tonno contenuto nelle confezioni prodotte dall’Ente fosse diverso per origine, provenienza o qualità da quello descritto nell’etichetta; 3) che il giudizio penale non deve cadere sul marchio, ma sull’idoneità del prodotto a trarre in inganno il consumatore, tenendo in considerazione tutti gli elementi che concorrono alla presentazione del prodotto; 4) che il consumatore medio, il quale conosce l’esistenza di tonnare attive in Sardegna, è in grado di comprendere l’indicazione “pescato in mare”; 5) che il pubblico ministero non ha dimostrato la consegna agli acquirenti consumatori finali delle scatolette di tonno
e, dunque, manca la prova di uno degli elementi costitutivi del reato, giacché l’ente ha venduto i suoi prodotti a catene di supermercati, che non sarebbero i consumatori finali; 6) che l’affidamento riposto nella registrazione del marchio e della legittimità del suo utilizzo esclude il dolo richiesto dalla norma; 7) che i pubblico ministero non ha impugnato, in maniera specifica, il capo relativo alla responsabilità dell’Ente per l’illecito amministrativo contestato e non avrebbe fornito nessuna prova della carente auto-organizzazione della società. Si tratta di elementi che la Corte di merito non ha affatto esaminato, ciò che integra il denunciato vizio motivazionale;
5.3. la nullità per mancanza di motivazione sugli elementi costitutivi del delitto di cui all’art. 515 cod. pen., non avendo la Corte spiegato in quale misura il fatto che il tonno fosse stato pescato in mare sardo potesse renderne la carne diversa da quello pescato nelle tonnare, anche considerando che si tratta della stessa zona geografica FAO in cui sono in funzione le ultime Tonnare della Sardegna. Deduce, da ultimo, che non sarebbe stato disposto un accertamento tecnico-scientifico sulla qualità del prodotto contenuto nelle scatolette di tonno e che il punto di quantificazione la pena sarebbe stato l’unico passaggio della motivazione nella quale si è affermato che il prodotto sarebbe stato consegnato agli acquirenti;
5.4. la nullità della sentenza per mancanza di motivazione sugli elementi costitutivi dell’illecito amministrativo contestato, in quanto la responsabilit dell’ente sarebbe stata desunta dall’asserita colpevolezza dell’imputato. Ad avviso del difensore, la Corte di merito ha dato per presupposto, senza fornire alcuna prova sul punto, che il Faedda abbia agito nell’interesse dell’ente e che l’ente non avesse un modello di organizzazione e gestione idoneo a evitare la consumazione dell’illecito.
6. Nel termine di legge, l’avv. NOME COGNOME difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE, e l’avv. NOME COGNOME difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE hanno depositato articolate memorie, con le quali, misurandosi con i motivi dei ricorsi, ne chiedono l’inammissibilità o il rigetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME sono fondati con riferimento al motivo con cui si contesta il vizio di omessa motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
Invero, come risulta ictu ()cui/ dal testo della sentenza impugnata, la Corte di appello non ha affatto motivato in ordine alla sussistenza del dolo richiesto dalla fattispecie di cui all’art. 515 cod. pen., ciò non emergendo, nemmeno implicitamente, dal contesto complessivo della motivazione, anche considerando che non vi è risposta alle argomentazioni addotte, sul punto, dai ricorrenti, i quali hanno evidenziato la carenza di dolo stante l’accertato legittimo utilizzo del marchio apposto sulle scatolette di tonno.
La fondatezza del motivo, che comporta il formarsi del rapporto processuale, consente a questa Corte di rilevare l’intervenuta prescrizione del reato.
Invero, posto che il reato è contestato dal 2012 al luglio 2016, anche considerando i 275 giorni di sospensione (dall’Il maggio 2017 al 5 ottobre 2017, pari a 147 giorni, e dal 13 marzo 2018 al 19 luglio 2018, pari a 128 giorni), il termine massimo di prescrizione, pari a sette anni e mezzo, anche ove decorrente dal 31 luglio 2016, è spirato il 2 ottobre 2024.
Ciò posto, si osserva che il rilievo, in sede di legittimità, dell sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione unitamente ad un vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla responsabilità dell’imputato, comporta l’annullamento senza rinvio della stessa e, ove questa contenga anche la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, l’annullamento delle statuizioni civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello (Sez. 5, n. 26217 del 13/07/2020, G., Rv. 279598 – 02).
Ne segue che la sentenza impugnata, nei confronti di COGNOME Salvatore e di COGNOME NOME COGNOME, deve essere annullata senza rinvio agli effetti penali perché il reato è estinto per prescrizione, e con rinvio agli effetti civili per nuo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti del presente giudizio.
In relazione al ricorso promosso dalla RAGIONE_SOCIALE è fondato il primo motivo, concernente la richiesta di inammissibilità dell’appello del pubblico ministero.
Si rammenta che, l’art. 581, comma 1, lett. d), cod. proc. pen. prevede espressamente che l’impugnazione, a pena di inammissibilità, deve contenere l’enunciazione specifica, tra l’altro, “dei motivi, con l’indicazione delle ragioni diritto e degli elemento di fatto che sorreggono ogni richiesta”.
Il successivo comma 1-bis, introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d). d.lgs. n. 10 ottobre 20222, n. 150, recependo i principi enunciati dalle Sezioni Unite COGNOME (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01), chiarisce che “l’appello è inamissibile per mancanza di specificità dei motivi quanto, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita di rilievi critici in relazioni alle ragioni di fatto o di diritto espres provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione”.
Coerentemente con il chiaro dettato normativo, si è affermato che è inammissibile, per difetto di specificità del motivo, l’atto di appello con cui ricorrente si limiti a contestare un punto della decisione, senza indicare le ragioni, di fatto o di diritto, in base alle quali non sarebbero condivisibili valutazioni del giudice di primo grado (Sez. 4, n. 36154 del 12/09/2024, COGNOME, Rv. 287205 – 01).
Nel caso in esame, l’appello del pubblico ministero, con riferimento alla responsabilità dell’ente RAGIONE_SOCIALE, si è limitato, in pochissime righe, a affermare che “deve essere ravvisata la responsabilità della società RAGIONE_SOCIALE in quanto il reato di frode in commercio risulta essere stato commesso nell’interesse e/o a vantaggio della società, che non aveva adottato alcun modello di organizzazione e gestione idoneo ad escluderne la responsabilità secondo i criteri elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in materia”.
Orbene, è del tutto evidente che il motivo, in parte qua, è aspecifico, essendosi limitato ad enunciare la ritenuta sussistenza della responsabilità dell’ente, senza che tale affermazione sia sorretta da un adeguato e coerente apparato argomentativo.
Non essendo stata rilevata dal giudice di secondo grado, l’inammissibilità dell’appello del pubblico ministero, con riguardo alla responsabilità della RAGIONE_SOCIALE deve essere perciò dichiarata dalla Cassazione, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria, esse devono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (Sez. 3, n. 20356 del 02/12/2020, dep. 2021, Mirabella, Rv. 281630 – 01).
Per l’effetto, dichiarato inammissibile l’appello del pubblico ministero, la sentenza impugnata deve perciò essere annullata senza rinvio nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
P.Q.M.
Dichiara inammissibile l’appello del pubblico ministero e annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE Annulla
senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali nei confronti di COGNOME
NOME e NOME NOME perché il reato è estinto per prescrizione.
Annulla altresì la sentenza impugnata agli effetti civili nei confronti di COGNOME
NOME e NOME NOME con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle
spese tra le parti del presente giudizio.
Così deciso il 04/02/2024.