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Frode in commercio: detenzione merce è tentativo?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’azienda contro il sequestro di un ingente quantitativo di olio. La sentenza stabilisce un principio chiave sulla frode in commercio: la sola detenzione in magazzino di un prodotto con qualità diverse da quelle dichiarate è sufficiente a configurare il reato di tentativo, non essendo necessaria un’effettiva offerta in vendita. La Corte ha inoltre confermato che la falsa dichiarazione nei registri ufficiali costituisce un reato autonomo.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Frode in Commercio: la Detenzione in Magazzino Basta per il Reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7437 del 2024, affronta un tema cruciale per le aziende, in particolare quelle del settore agroalimentare: quando la semplice detenzione di un prodotto non conforme alle dichiarazioni integra il reato di tentata frode in commercio? La decisione offre chiarimenti importanti sulla differenza tra illeciti amministrativi e penali, sottolineando come la presenza di merce in magazzino possa essere sufficiente per configurare un tentativo di reato.

I Fatti del Caso: Sequestro di Olio e Accuse di Frode

Il caso ha origine dal riesame di un decreto di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Lecce. Il provvedimento riguardava 470 kg di sostanza oleosa trovata nei magazzini di una società. Le analisi avevano rivelato che si trattava di olio di sansa, mentre nei registri telematici ufficiali (SIAN) era stato classificato come olio vergine di oliva.

Il legale rappresentante della società aveva presentato ricorso, sostenendo che l’olio fosse destinato al consumo personale e familiare e non alla vendita. Inoltre, affermava che nessuna operazione di vendita era stata avviata, rendendo impossibile configurare un tentativo di frode. Il Tribunale del riesame, tuttavia, aveva respinto l’istanza, confermando il sequestro. Contro questa decisione, l’imprenditore ha proposto ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la validità del sequestro preventivo. I giudici hanno ritenuto le argomentazioni della difesa infondate e basate su un’errata interpretazione dei presupposti per il ricorso in Cassazione in materia di misure cautelari.

Le Motivazioni: la Configurabilità della Tentata Frode in Commercio

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il ricorso per Cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro è ammesso solo per ‘violazione di legge’ e non per ‘vizio di motivazione’, a meno che quest’ultima sia così carente o illogica da essere considerata inesistente. Nel caso specifico, le censure del ricorrente miravano a una rivalutazione dei fatti, contestando la logicità della motivazione del Tribunale, un’operazione non consentita in sede di legittimità.

Entrando nel merito, la Cassazione ha spiegato perché sussisteva il cosiddetto fumus commissi delicti, ovvero la parvenza di reato, per due distinte ipotesi delittuose:

1. Falsità in atto pubblico (art. 483 c.p.): L’ordinanza impugnata aveva correttamente evidenziato come la dichiarazione di dati falsi nel registro SIAN configuri un reato penale. Questo comportamento è ben diverso dalla semplice omissione o dalla mancata compilazione del registro, che rappresentano illeciti amministrativi. L’aver attestato falsamente la natura del prodotto è una condotta penalmente rilevante.

2. Tentata frode in commercio (art. 56 e 515 c.p.): Questo è il punto centrale della sentenza. La Corte ha confermato il suo orientamento consolidato secondo cui il tentativo di frode in commercio può configurarsi anche con la sola detenzione delle merci destinate alla vendita. Il possesso in magazzino di un prodotto (olio di sansa) con una qualifica mendace (olio vergine di oliva) è considerato un atto idoneo e diretto in modo non equivoco a commettere la frode. Non è necessario, quindi, che il prodotto sia stato esposto al pubblico o che sia stata avviata una trattativa di vendita. La destinazione commerciale del bene, presunta dalla sua presenza nei locali aziendali, è sufficiente per integrare il tentativo.

Le Conclusioni: Implicazioni per le Aziende del Settore Agroalimentare

La sentenza rappresenta un monito severo per tutte le imprese, specialmente nel settore agroalimentare, dove la tracciabilità e la corretta qualificazione dei prodotti sono essenziali. Le implicazioni pratiche sono chiare:

* La diligenza è d’obbligo: La gestione del magazzino e la corretta classificazione dei prodotti non sono solo obblighi amministrativi, ma presidi contro il rischio di incorrere in gravi reati penali.
* La scusa del ‘consumo personale’ non regge: La giustificazione che un prodotto non conforme, detenuto in un magazzino aziendale, sia destinato all’uso personale è considerata debole e ipotetica, e non può essere valutata in sede di legittimità se non supportata da prove concrete.
* Il rischio penale è concreto: La detenzione di merce non conforme è sufficiente per far scattare un sequestro e un’indagine per tentata frode in commercio. La soglia per la configurabilità del reato è più bassa di quanto comunemente si pensi, non richiedendo un’azione di vendita esplicita.

La semplice detenzione di un prodotto non conforme in magazzino è sufficiente per essere accusati di tentata frode in commercio?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la detenzione per la vendita di merci con qualità diverse da quelle dichiarate, all’interno dei locali aziendali, integra il reato di tentata frode in commercio. Non è necessario un atto specifico di vendita o di offerta al pubblico.

Dichiarare il falso nel registro telematico (SIAN) è solo una violazione amministrativa?
No. La sentenza chiarisce che la dichiarazione di dati falsi nel registro SIAN configura il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), che è un illecito penale, distinto dalle più lievi violazioni amministrative come la mancata compilazione del registro.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro un sequestro preventivo per qualsiasi motivo?
No, il ricorso in Cassazione contro un’ordinanza di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge. Non è possibile contestare la valutazione dei fatti o la logicità della motivazione del giudice del riesame, a meno che questa sia completamente assente o manifestamente illogica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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