Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37024 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37024 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/11/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME.
rilevato che, con un primo motivo di ricorso, NOME COGNOME ha dedotto il vizio di violazione di legge processuale in relazione all’art. 526, cod. proc. pen., per avere la Corte d’appello assunto a fondamento della decisione fatti relativi ad altro processo penale e non acquisiti al fascicolo dibattimentale con particolare riferimento alle ragioni del mancato riconoscimento del beneficio di cui all’art. 131bis, cod. pen. (in sintesi, si duole la difesa per aver i giudici di appello motivato diniego del riconoscimento della causa di non punibilità del fatto di particolare tenuità osservando che il processo si sarebbe inserito in un contesto di una vicenda ben più grave ed allarmante, vicenda rimasta però estranea al processo e priva di approfondimento dibattimentale e che avrebbe colpito la società emittente la fattura; il diniego dell’art. 131-bis, cod. pen., dunque sarebbe avvenuto valorizzando elementi estranei al processo, non essendo stato acquisito alcun elemento a riprova della natura di “cartiera” della società emittente, non essendovi alcun elemento per affermare che gli amministratori della società siano stati condannati né alcuna sentenza è stata prodotta in giudizio);
rilevato che, con un secondo motivo, si deduce il vizio di motivazione illogica ed apparente, per non avere i giudici di appello motivato in maniera logica la decisione di non riconoscere l’art. 131-bis, cod. pen. (in sintesi, si duole la difesa per ave la Corte territoriale negato la speciale causa di non punibilità del fatto di particolar tenuità ritenendo la condotta non caratterizzata da profili di minima offensività o marginale, facendo riferimento alla già richiamata vicenda che aveva visto protagonista la società emittente, dunque fondando il diniego su responsabilità riguardanti terzi soggetti, estranei al processo in questione; i giudici non avrebbe nemmeno tenuto conto dell’intervenuto adempimento dell’obbligo tributario da parte del ricorrente prima dell’apertura del dibattimento, ciò che avrebbe dovuto portare al riconoscimento dell’art. 131-bis, cod. pen. come peraltro modificato dalla riforma “Cartabia” laddove si impone di tener conto del comportamento susseguente al reato);
rilevato che, con un terzo motivo, si deduce il vizio di violazione di legge i relazione agli artt. 1 e 2, d. Igs. n. 74 del 2000 in riferimento agli artt. 3 e Cost. (in sintesi, si duole difesa per violazione del principio di tassatività, essendos ritenuto integrata il reato di frode fiscale ex art. 2, d. Igs. n. 74 del 2 nonostante fosse stata presentata una dichiarazione dei redditi contenente quale elemento passivo fittizio una singola fattura, ciò che escluderebbe la rilevanza penale del fatto atteso che l’art. 1, d. Igs. n. 74 del 2000, utilizzando il sostanti
plurale (fatture), attribuirebbe rilevanza penale alle sole condotte di frode realizzate attraverso più fatture o altri documenti per operazioni inesistent conseguente difetto di rilevanza per le condotte esauritesi nell’utilizzo di u fattura, come nel caso di specie, essendovi la necessità di una pluralità di el passivi fittizi);
rilevato che, con quarto motivo, si deduce il vizio di violazione di legge e vi motivazione in ordine agli artt. 3 e 25, comma 2, Cost., in relazione valutazione di offensività della condotta concretamente posta in essere ricorrente (in sintesi, si duole la difesa, richiamati i principi affermati dall Unite di questa Corte in tema di offensività, che nel caso di specie la con contestata al ricorrente non può ritenersi offensiva di alcun tipo di bene giu tutelato; la presentazione di una dichiarazione redditi concernente un’unica fa per operazione inesistente, oltre a non integrare l’illecito penale contesta sarebbe né in astratto né in concreto offensiva del bene giuridico tutelato norma, in ragione del modestissimo importo, pari a 3000 euro, che avrebb comportato un risparmio di spesa di appena 540,99 euro);
ritenuto che il primo, il secondo ed il quarto motivo devono essere dichi inammissibili in quanto inerenti al trattamento punitivo benché sorrett sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame RAGIONE_SOCIALE deduzio difensive (si v., in particolare, quanto argomentato alle pagg. 3/6 della se impugnata, in cui i giudici di appello, richiamandosi alla sentenza di primo gr ricostruiscono fattualmente la vicenda, osservando come il procedimento penal costituiva lo sviluppo di una più ampia attività investigativa che aveva po all’individuazione di una consorteria criminale composta da 51 soggetti de all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, emissione riferibile a sei cartiere tra cui la RAGIONE_SOCIALE, società emittente la fattura per cui è pr accertato che quest’ultima avesse la natura di cartiera sulla base dei co indici (mancanza di sede operativa; indisponibilità di beni strumentali; manc sottoscrizione di contratti di fornitura di energia elettrica; inesistenza di di locazione), le indagini si erano poi estese ai soggetti che avevano avuto ra con tale cartiera, tra cui la società amministrata dall’attuale ricorre risultava aver utilizzato in dichiarazione la fattura oggetto di contesta emergendo dall’esame dei documenti contabili e dai movimenti in uscita che pe la fattura in questione non risultava provato alcun pagamento, non trovan peraltro riscontro nella lista dei movimenti bancari della società l’annotazioi mastrino di sottoconto e nel registro degli acquisti un pagamento avvenuto 18.12.2013 con assegno; i giudici di appello, dando conto poi RAGIONE_SOCIALE valutazi svolte dal primo giudice in relaMone alle prove acquisite, avevano concluso per
natura di cartiera della società emittente, tenuto conto del fatto che la stessa aveva emesso fatture per 70 mm. di euro circa a fronte di acquisiti per poche migliaia di euro, circostanza che, unita agli elementi già rappresentati in precedenza, lasciava intendere per la natura di cartiera e per la fittizietà RAGIONE_SOCIALE operazioni sottostanti le fatture emesse, ivi inclusa quella per la quale si procede, rispetto alla quale’ con argomentazioni sorrette da rigore logico, si evidenziava l’inesistenza oggettiva dell’operazione ad essa sottesa, valutata in particolare l’incongruenza tra la natura della fornitura e l’oggetto sociale della RAGIONE_SOCIALE amministrata dal ricorrente, trattandosi di una società che non si occupava dell’esecuzione di lavori edili, ma della raccolta dei rifiuti solidi non pericolo rilevandosi non solo l’insufficienza del dato rappresentato dal formale pagamento della fattura mediante assegno bancario in quanto costituente notorio meccanismo fraudolento quello di retrocedere alla società utilizzatrice la somma da quest’ultima versata alla cartiera, nonché l’irrilevanza della circostanza dell’entità modesta del profitto conseguito dal contribuente per effetto della condotta fraudolenta; quanto, poi, al mancato riconoscimento della speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis, cod. pen., i giudici di appello, a pag. 6, dopo aver richiamato giurisprudenza applicabile e la novità introdotta dalla riforma “Cartabia” hanno tuttavia, con motivazione anch’essa immune dai denunciati vizi, ritenuto che la condotta non presentasse profili di offensività minima o marginale, essendosi inserita nel contesto di una vicenda ben più grave ed allarmante, che aveva visto il coinvolgimento di numerosi soggetti in sistematica attività di emissione di fatture per operazioni inesistenti, per oltre 102 mm. di euro, con creazione di più cartiere intestate a compiacenti prestanome con utilizzazione RAGIONE_SOCIALE stesse da parte di oltre 500 società, tra cui quella del ricorrente; Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
ritenuto che, al cospetto di tale apparato argonnentativo, le doglianze del ricorrente appaiono del tutto prive di pregio, in quanto tradiscono il “dissenso” sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione RAGIONE_SOCIALE emergenze processuali svolta dai giudici di merito, attingendo la sentenza impugnata e tacciandola per presunte violazioni di legge e vizi motivazionali con cui, in realtà, si propongono doglianze non suscettibili di sindacato in sede di legittimità; che, in particolare, va ribadi come la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999, dep. 2000, Rv. 215745; Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203428 – 01); che, sotto tale profilo, non è ravvisabile la dedotta violazione dell’art. 526, cod. proc. pen., censura di violazione di legge peraltro dedotta per la prima volta in sede di legittimità, non essendosi introdotto un dato ignoto o non accertato nel giudizio, costituito dalla natura di cartiera dell’emittente, ma, piuttosto avendo dato conto i giudiei di merito della ricostruzione fattuale della vicenda ed esaminato gli elementi emersi in fase di indagine, al fine di pervenire, attraverso un giudizio di gravità indiziar ex art. 192, cod. proc. pen., a ritenere raggiunta la prova logica del fatto; quanto, poi, al mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131-bis, cod. pen., la motivazione dei giudici territoriali non merita censura sottraendosi al sindacato di questa Corte, posto che il riferimento alla più ampia vicenda criminale, in cui la condotta del ricorrente si è inserita avendo beneficiato della fattur “incriminata” utilizzandola in dichiarazione, è stato impiegato dai giudici territoria al fine di qualificare la gravità del fatto globalmente considerato, valorizzando quindi proprio uno degli elementi di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., come richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte che, peraltro, ha evidenziato come ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particola tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenu dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevan (Sez. 7, ord. n. 10481 del 19/01/2022, Rv. 283044 – 01); né, peraltro, incide con valenza risolutiva la circostanza che l’art. 131-bis, cod. pen. sia stato modificato attribuendo valenza alla condotta susseguente al reato, avendo infatti già chiarito questa stessa Sezione che ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, acquista rilievo, per effetto della novellazio dell’art. 131-bis cod. pen. ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche la condotta dell’imputato successiva alla commissione del reato, che, tuttavia, non potrà, di per sé sola, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi all stregua dei parametri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen. (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Rv. 284497 – 01); quanto, poi, al giudizio di (in)offensività della condotta espresso nel quarto motivo, la tesi difensiva, pur suggestiva, è palesemente errata, posto che il delitto di frode fiscale si connota come reato di pericolo o di mera condotta, avendo il legislatore inteso rafforzare la tutela del bene giuridico protetto anticipandola al momento della commissione della condotta tipica (Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, dep. 2011, Rv. 248869 – 01), in cui la lesione dell’interesse tutelato è tipicamente ritenuta dal legislatore come sussistente nell’indicare, in una RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni relative alle imposte dirette IVA, elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
inesistenti, ed è, in quanto tale, sottratta alla valutazione del giudice, essendo già stato espresso il giudizio di offensività da parte dello stesso Legislatore nel momento in cui, a differenze di altre fattispecie penali tributarie, si è ritenuto non inserire alcuna soglia di punibilità, salvo a prevedere una mitigazione del trattamento sanzionatorio ove l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila (comma 2-bis). Ne consegue che, avendo già espresso il giudice un giudizio di offensività “tout court” per tutte le condotte di frode fiscale, a prescindere da soglie di punibilità, finalizzate a graduarne l’offensività, il giudi non può sostituirsi al giudizio già espresso dal Legislatore, sovrapponendo un proprio giudizio sull’offensività in concreto in relazione ad un reato di pericolo o d mera condotta, non potendo ritenersi il fatto commesso come inoffensivo, nel senso di non ledere o mettere in pericolo, anche in minimo grado, il bene tutelato, ossia l’interesse dello Stato a riscuotere ciò che è dovuto nell’ambito e nei limiti del diritto tributario (Sez. 3, n. 53318 del 20/07/2018, Rv. 274424 – 01);
ritenuto, infine, quanto al terzo motivo, che lo stesso è manifestamente infondato, in quanto prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo, posto che la legge ricollega la rilevanza penale del fatto all’indicazione in una RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni relative alle predette imposte, di elementi passivi fittiz avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, rilevando quindi la circostanza in sé della fittizietà degli elementi passivi indicati in dichiarazion integrando il fatto tipico anche il fatto di avvalersi di una sola fattura, come n caso di specie, poiché, come correttamente rilevato dalla sentenza d’appello (pag. 2) “da essa consegue l’indicazione di elementi passivi fittizi”, con conseguente integrazione dell’illecito penale, tant’è che il reato in esame rimane unico anche in caso di utilizzo di più fatture in un’unica dichiarazione, in quanto l’eventuale pluralità di reati non dipende dalla molteplicità dei documenti utilizzati, ma dalla pluralità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni relative a periodi di imposta diversi ovvero a tribu differenti (v., in termini: Sez. 3, n. 28437 del 27/05/2021, Rv. 281593 – 01);
ritenuto, conclusivamente, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso, il 13 settembre 2024
Il Presidente