Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 12405 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 12405 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nata a Gela il 04/07/1973
avverso l’ordinanza del 13/08/2024 del Tribunale della libertà di Caltanissetta
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria redatta ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, d Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Caltanissetta, costituito ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso il decreto con il quale il g.i.p. del Tribunale di Gela aveva disposto il sequestro preventivo, in forma diretta o per equivalente, della somma di 3.015.522,45 euro, in relazione al delitto di cui agli artt. 110 cod. pen., 2 d.lgs. n. 74 del 2000, contestato alla ricorrente al capo 2) dell’incolpazione provvisoria., per avere, nella veste di amministratore di diritto dalla RAGIONE_SOCIALE al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, emesse da una serie di società puntualmente indicate, indicato elementi passivi fittizi idonei a garantire una imposta evasa pari a 3.105.522,45 euro, di cui 1.620.227,58 euro per Ires 1.485.249,87 euro per i.v.a., con riferimento agli anni di imposta 2019, 2020, 2021 e 2022.
Avverso l’indicato provvedimento, l’indagata, per il tramite del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
2.1. Con un primo motivo, denuncia la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. in relazione all’art. 21, comma 2, cod. proc. pen., per avere il Tribunale della cautela erroneamente rigettato l’eccezione di incompetenza territoriale, posto che, trattandosi di reato istantaneo, il delitto ex art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 si consuma nel luogo in cui ha la sede legale della società e in cui devono essere adempiuti gli obblighi fiscali, e, quindi, nella specie Roma, dove, appunto, ha sede la RAGIONE_SOCIALE Al proposito, il Tribunale cautelare ha ritenuto che la sede legale fosse fittizia, circostanza smentita dal fatto che le procedure di cui all’art. 34-bis d.lgs. n. 159 del 2011, cui è sottoposta l’azienda, sono state radicate presso il Tribunale di Roma.
2.2. Con un secondo motivo, eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. per aver omesso di motivare la sussistenza del fumus commissi delicti e per avere illogicamente motivato in ordine al periculum in mora in relazione alle deduzioni sollevate dalla difesa con riferimento al capo 2). Rappresenta il difensore che il Tribunale non si è confrontato con le deduzioni difensive, secondo cui la prestazione in contestazione aveva ad oggetto contratti di appalto da parte delle c.d. società satelliti – la cui sussistenza non è stata smentita dalle indagini delle G.d.F. -, essendosi limitato a sostenere che la documentazione prodotta non sarebbe dimostrativa delle effettività delle prestazioni indicate nelle fatture, considerando, dunque, apoditticamente, dimostrato proprio l’assunto che deve essere provato. Gli elementi utilizzati dal
Tribunale a sostegno della fittizietà delle operazioni delle c.d. società satelliti ossia che le sedi di dette società non avrebbero avuto a disposizione utenze telefoniche e strumentazione tecnica – non tengono conto del fatto che tali società avessero alle proprie dipendenze centinaia di dipendenti, regolarmente assunti e pagati, come emerge dalle indagini compiute dalla G.d.F. Aggiunge il difensore che il Tribunale non si è confrontato con due elementi di fatti introdotti con le note difensive, ossia che la COGNOME non concorre nei reati delle società satelliti, a dimostrazione del fatto che le ipotizzate compensazioni fraudolente non sono state poste in essere con la sua consapevolezza, e che le fatture asseritamente annotate a fronte di operazioni inesistenti abbattano non il debito fiscale, ma il reddito dell’anno in cui vengono annotate, anche considerando che la RAGIONE_SOCIALE era sottoposta al regime dello split payment, il quale, nella maggior parte delle operazioni considerate, determina il pagamento da parte del committente delle imposte da versare. Sotto altro profilo, l’ipotesi ricostruttiva formulata dal Tribunale, secondo cui l’inesistenza giuridica delle fatture si spiegherebbe con il fatto che esse avrebbero ad oggetto una somministrazione d manodopera, non tiene conto del fatto che, quand’anche il contratto non potesse essere considerato lecito, esso, al più, sarebbe nullo ma non inesistente.
Infine, il difensore censura, in quanto illogico, il ragionamento svolto dal provvedimento impugnato in relazione alla sussistenza del periculum in mora, non comprendendosi la ragione per cui il pericolo di dispersione debba essere calibrato in relazione ai rapporti bancari di natura personale intestati agli indagati, piuttosto che a quelli della società; in ogni caso, non sarebbe prospettabile il periculum nei confronti di una società sottoposta a un provvedimento di sequestro ex art. 34-bis d.lgs. n. 159 del 2011.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel complesso, infondato.
Il primo motivo è generico e, comunque, manifestamente infondato.
2.1. Si rammenta che il disposto dell’art. 18, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000 – a tenore del quale “Per i delitti previsti dal capo I del titolo II il rea considera consumato nel luogo in cui il contribuente ha il domicilio fiscale” – è stato costantemente interpretato in stretta correlazione al principio di effettività del domicilio fiscale delle persone giuridiche agli effetti della legge processuale penale. Ciò significa che la competenza territoriale per i delitti in materia di dichiarazione riguardante le imposte relative alle persone giuridiche si determina
con riferimento al luogo in cui queste ultime hanno il domicilio fiscale, che, di regola, coincide con quello della sede legale, ma che, ove questa risulti avere carattere meramente fittizio, corrisponde al luogo in cui si trova la sede effettiva dell’ente (Sez. 3, n. 27606 del 14/09/2020, COGNOME, Rv. 280275; Sez. 3, n. 20504 del 19/02/2014, COGNOME e altri, Rv. 259783).
2.2. Nel caso di specie, il Tribunale cautelare, correttamente applicando il principio ora evocato, ha ritenuto che società in esame avesse sede effettiva nel gelese, ciò desumendosi da una serie di elementi puntualmente indicati, quali: 1) la sede amministrativa della società era a Gela, in INDIRIZZO; 2) sempre a Gela vi era lo stabilimento produttivo; 3) all’indirizzo di INDIRIZZO, quale sede operativa, fa riferimento la certificazione ISO 9001:2015, così come l’attività di audit ha riguardato proprio la sede, definita “operativa”, di INDIRIZZO; 4) i rapporti di conto corrente bancario erano accesi presso istituti bancari situati a Gela; 5) il conferimento di incarichi per il disbrigo de pratiche fiscali, contributive e lavorative era affidato a consulenti esterni con studio nella zona di Gela.
2.3. A fronte di tale apparato argomentativo, che certamente non può dirsi manifestamente illogico o apparente, il motivo si risolve in una critica nel merito della valutazione degli elementi valorizzati dal Tribunale, critica che esula dal perimetro segnato dall’art. 325 cod. proc. pen.
Il secondo motivo è in parte inammissibile – perché, denunciando un vizio motivazionale con riferimento alla sussistenza del fumus commissi delicti, è proposto per motivi non consentiti – e in parte infondato, laddove censura il periculum in mora.
Richiamati gli stringenti limiti relativi al sindacato della Cassazione avente ad oggetto le ordinanze relative a provvedimenti cautelari reali – che è circoscritto alla possibilità di rilevare la sola violazione di legge, così come dispone testualmente l’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656) – nel caso in esame, non può affermarsi che la motivazione resa dal provvedimento
impugnato, quanto ai dati di fatto valorizzati e alle conclusioni da essi tratte, sia omessa ovvero apparente.
InverojkIlla sussistenza del fumus commissi delicti, il Tribunale non ha utilizzato espressioni di stile o stereotipate, ma, sulla base degli atti di indagine puntualmente indicati, con riferimento a ciascuna società emittente le fatture (cfr. p. 9-11 dell’ordinanza impugnata), ha evidenziato come esse: 1) erano prive di beni strumentali; 2) avevano avuto una breve operatività; 3) avevano emesso fatture per importi ingenti nei confronti della RAGIONE_SOCIALE immediatamente dopo la costituzione; 4) non avevano adempiuto agli obblighi tributari, o l’avevano fatto in maniera del tutto incompleta; 5) erano amministrate da soggetti legati tra loro da rapporti parentali e che non avevano ricevuto compensi per l’attività gestoria; 5) tutte le società erano state interessate da procedure di liquidazione, arrivando ad essere definitivamente cancellate dai registri pubblici.
Su queste basi fattuali, il Tribunale non solo ha ravvisato il fumus dell’inesistenza delle operazioni indicate nelle fatture, ma si è misurato con le argomentazioni difensive, tese ad accreditare la sussistenza di rapporti effettivi tra la RAGIONE_SOCIALE e le società satelliti (cfr. p. 13 ss.), evidenziando, che, se fosse ver l’assunto secondo cui le società figlie hanno avuto il ruolo di prestare servizi ad alta intensità di manodopera, non si comprenderebbe il motivo per cui le spese per il personale della Sital, beneficiarie delle prestazioni, abbiano raggiunto, nel quadriennio di riferimento, importi di molto superiori a quelli delle società datrici di lavoro, e considerando che, in ogni caso, dalla documentazione fornita (analiticamente analizzata a p. 17), non è dato comprovare la reale effettività delle prestazioni indicate in fattura.
Anche in tal caso, si è al cospetto di una motivazione completa, in quanto si è misurata criticamente con le doglianze difensive, e certamente non apparente, sicché le censure formulate dalla ricorrente esulano dalla violazione di legge.
5. Quanto alle ulteriori censure, si rammenta che il provvedimento di sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta, ex art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, della somma di denaro costituente profitto del delitto di frode fiscale deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria, in termini d’imprescindibilità, l’anticipazione dell’effetto ablatorio rispetto alla definizione del giudizio (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848), dovendosi escludere ogni automatismo decisorio che colleghi il pericolo di dispersione, utilizzazione o alienazione del bene al generico riferimento alla natura fungibile del denaro (Sez. 3, n. 23936 del 11/04/2024, Rossi, Rv. 286671).
Ciò posto, se non è corretto, in applicazione del principio ora richiamato, il riferimento alla fungibilità del denaro per ritenere integrato il periculum in mora, nondimeno il Tribunale ha indicato altri e pertinenti elementi di fatto per giustificare il pericolo di dispersione del denaro – elementi che il ricorrente non attacca puntualmente -, ossia la circostanza che la RAGIONE_SOCIALE abbia fatto ricorso, per ridimensionare il credito di imposta, alla costituzione di società cartiere la cui vita si è estinta nel giro di pochi anni, sia, e specialmente, la disponibilità, in capo alla RAGIONE_SOCIALE – una delle società satelliti, emittente le false fatture – di un conto corrente all’estero, acceso presso un istituto di credito lituano, con il quale è estremamente difficile la cooperazione giudiziaria.
Nel misurarsi con le argomentazioni addotte dalla ricorrente e qui nuovamente riproposte, il Tribunale ha ritenuto irrilevante, per escludere il periculum, la circostanza che la RAGIONE_SOCIALE sia sottoposta al controllo giudiziario, sul rilievo che il rischio di dispersione va calibrato in relazione ai conti non della società – conti che risultano essere stati dissequestrati -, bensì dei singoli, sui cui sonò transitate le somme di denaro frutto delle condotte illecite.
Per i motivi indicati, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 05/02/2025.