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Frode fiscale e IVA: no alla detrazione anche se pagata

L’amministratrice di una società ricorreva per il dissequestro parziale di somme bloccate nell’ambito di un’indagine per frode fiscale. La richiesta si basava sul fatto che la società ‘cartiera’, emittente delle fatture false, aveva successivamente pagato l’IVA dovuta. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo un principio cardine: in un contesto di frode fiscale, l’indetraibilità dell’IVA per operazioni inesistenti è una regola assoluta. Il pagamento del tributo da parte dell’emittente non sana l’illecito dell’utilizzatore né gli conferisce il diritto alla detrazione.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Diritto Tributario, Giurisprudenza Penale

Frode Fiscale: L’IVA su Fatture False non è Mai Detraibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9333/2024) ha ribadito un principio cruciale in materia di frode fiscale: l’IVA relativa a fatture per operazioni inesistenti non è mai detraibile, neanche se la società ‘cartiera’ che le ha emesse provvede a saldare il proprio debito con l’Erario. Questa decisione rafforza le misure antielusive e chiarisce i confini tra le responsabilità dei diversi soggetti coinvolti in un meccanismo fraudolento.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato dall’amministratrice di una società, indagata per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. Nell’ambito del procedimento, erano state sequestrate ingenti somme di denaro. La difesa aveva richiesto un dissequestro parziale, sostenendo una tesi apparentemente logica: la società ‘cartiera’, che aveva emesso le fatture false, aveva nel frattempo regolarizzato la propria posizione versando l’IVA, le sanzioni e gli interessi. Secondo la ricorrente, questo pagamento avrebbe ‘neutralizzato’ il danno per l’Erario, facendo sorgere in capo alla sua società il diritto alla detrazione dell’IVA e, di conseguenza, alla restituzione delle somme sequestrate.

La Questione Giuridica: Il Pagamento della ‘Cartiera’ Sana la Frode Fiscale dell’Utilizzatore?

La domanda centrale sottoposta alla Corte era se il pagamento dell’IVA da parte dell’emittente delle fatture false potesse legittimare la detrazione in capo all’utilizzatore, estinguendo così, almeno in parte, il profitto del reato di frode fiscale. La difesa ha invocato i principi europei di neutralità e proporzionalità dell’IVA, citando giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, in contesti specifici e in assenza di frode, ammette la rettifica dell’imposta. Tuttavia, la Cassazione ha nettamente distinto il caso di specie da tali precedenti.

La Decisione della Corte: Indetraibilità Assoluta in Caso di Frode

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, qualificandolo come ‘manifestamente infondato’. La decisione si basa su un’argomentazione chiara e rigorosa, che non lascia spazio a interpretazioni estensive.

Le Motivazioni

I giudici hanno sottolineato che il fulcro della questione non era la neutralizzazione del pericolo di perdita fiscale, ma la presenza incontestata di una frode fiscale (il cosiddetto fumus commissi delicti). La giurisprudenza, sia nazionale che europea, è costante nell’affermare che il diritto alla detrazione dell’IVA non può mai sorgere in relazione a operazioni inesistenti. Questo perché manca il presupposto stesso della detrazione: un’operazione economica reale soggetta a imposta.

La Corte ha spiegato che il pagamento effettuato dalla ‘cartiera’ ha prodotto effetti solo sulla sua posizione, portando all’estinzione del reato per essa, ma non ha generato alcun diritto a favore della società utilizzatrice. Le due condotte, pur collegate, sono distinte e autonome. Consentire la detrazione all’utilizzatore significherebbe vanificare la normativa antielusiva e premiare un comportamento fraudolento. La regola dell’indetraibilità in caso di frode non è derogabile e non viola il principio di proporzionalità, rappresentando una misura essenziale per la tutela degli interessi dell’Erario.

Inoltre, la Corte ha valorizzato un ulteriore elemento emerso nel procedimento: i fondi con cui la ‘cartiera’ aveva pagato il debito tributario provenivano, in realtà, dalla stessa società utilizzatrice, che li aveva ottenuti in modo fraudolento tramite mutui basati su false dichiarazioni. Questo dettaglio ha rafforzato la convinzione dei giudici sulla natura illecita dell’intera operazione.

Le Conclusioni

La sentenza 9333/2024 consolida un orientamento giurisprudenziale di massima severità nei confronti della frode fiscale. Il messaggio è inequivocabile: chi utilizza fatture false non può sperare di sanare la propria posizione e ottenere la detrazione dell’IVA, neanche se l’emittente delle fatture regolarizza il proprio debito. Il beneficio derivante dal pagamento del tributo rimane confinato alla sfera giuridica di chi adempie, senza estendersi automaticamente agli altri anelli della catena fraudolenta. Questa decisione rappresenta un importante monito per le imprese, riaffermando che la lotta all’evasione fiscale passa attraverso l’intransigenza verso i meccanismi che alterano il corretto funzionamento del sistema IVA.

Se la società che emette fatture false paga l’IVA, chi le ha usate può chiederne la detrazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che in un contesto di frode fiscale, il diritto alla detrazione dell’IVA non sorge mai per operazioni inesistenti. Il pagamento effettuato dall’emittente non sana l’illecito dell’utilizzatore né gli conferisce il diritto alla detrazione.

Il pagamento del debito IVA da parte dell’emittente estingue il reato di frode fiscale anche per l’utilizzatore delle fatture?
No. Il pagamento ha comportato il vantaggio dell’estinzione del reato e l’archiviazione del procedimento solo per la società ‘cartiera’ che ha pagato. Non ha prodotto alcun ulteriore vantaggio per la società utilizzatrice in termini di detraibilità dell’IVA o di estinzione del suo reato.

Perché la Corte di Cassazione ha confermato il sequestro dei beni?
La Corte ha confermato il sequestro perché il presupposto della frode fiscale (fumus commissi delicti) non era contestato. Poiché l’IVA su operazioni inesistenti è sempre indetraibile, il profitto del reato per la società utilizzatrice sussiste e giustifica il mantenimento della misura cautelare del sequestro, a prescindere dal pagamento effettuato da un altro soggetto coinvolto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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