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Frode contrattuale: sequestro dell’intero importo

Un imprenditore del settore trasporti marittimi ottiene un appalto pubblico senza che le sue navi rispettassero un requisito essenziale: l’accessibilità per persone con mobilità ridotta. Accusato di frode contrattuale, subisce il sequestro dell’intera somma erogata dall’ente. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso, stabilendo un principio fondamentale: quando i fondi pubblici non sono un semplice corrispettivo ma un contributo per finalità di interesse generale, e la condizione essenziale per l’erogazione non viene rispettata, l’intero importo ricevuto costituisce profitto illecito e può essere sequestrato.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Frode Contrattuale: Sequestrabile l’Intero Contributo Pubblico se Manca il Requisito Essenziale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 936/2024) ha chiarito un aspetto cruciale in materia di frode contrattuale ai danni dello Stato. Quando un’impresa si aggiudica un appalto pubblico mentendo su un requisito essenziale, può subire il sequestro dell’intero importo ricevuto, e non solo del presunto utile. Ciò accade, in particolare, quando i fondi pubblici non rappresentano un semplice pagamento per un servizio, ma un contributo finalizzato a perseguire un obiettivo di interesse generale. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti: Un Appalto Pubblico e Navi Non a Norma

Il caso riguarda un imprenditore a cui era stato affidato il servizio di trasporto passeggeri e merci su alcune tratte marittime. L’appalto, finanziato con fondi pubblici, prevedeva tra i requisiti essenziali che le navi fossero conformi alle normative per il trasporto di persone a mobilità ridotta (PMR).

Successivamente, le indagini hanno rivelato che le navi impiegate non avevano mai posseduto le dotazioni necessarie per garantire tale servizio. Di conseguenza, il Giudice per le indagini preliminari ha disposto un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di circa 29 milioni di euro sui beni dell’imprenditore, accusato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Secondo l’accusa, l’imprenditore aveva mantenuto un “malizioso silenzio” sulla non conformità delle navi, inducendo in errore l’ente pubblico.

La Difesa e i Motivi del Ricorso

L’imprenditore ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su tre argomenti principali:

1. Impraticabilità tecnica ed economica: La difesa sosteneva che le normative per navi datate prevedevano adeguamenti solo se “ragionevoli e possibili” in termini economici, una valutazione che a loro dire non era mai stata compiuta.
2. Legittimità dei certificati: Veniva eccepito che le autorità competenti avevano rilasciato certificati di sicurezza per le navi, e che il giudice penale non poteva semplicemente “disapplicare” tali atti amministrativi.
3. Errato calcolo del profitto: Il punto più contestato era la quantificazione del sequestro. La difesa argomentava che, trattandosi di un contratto a prestazioni corrispettive, il profitto illecito doveva essere calcolato come differenza tra i ricavi e i costi sostenuti per erogare comunque il servizio, e non poteva coincidere con l’intero importo dell’appalto.

La Decisione della Cassazione e la nozione di Frode Contrattuale

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la legittimità del sequestro sull’intera somma. Le argomentazioni della Corte offrono spunti fondamentali per comprendere la frode contrattuale in questo contesto.

Il Requisito Essenziale come Condizione per l’Erogazione

La Corte ha innanzitutto smontato le argomentazioni sui certificati e sulla fattibilità tecnica. È stato evidenziato come, già da anni, diverse comunicazioni e ispezioni avessero segnalato la non conformità delle navi per il trasporto PMR. I certificati successivi erano risultati generici o irrilevanti rispetto a questa specifica mancanza. La conclusione è stata netta: le navi non possedevano un requisito che il bando di gara indicava come “condizione necessaria per la partecipazione stessa alla gara”.

La Distinzione Cruciale: Corrispettivo vs. Contributo Pubblico

Il cuore della sentenza risiede nella qualificazione giuridica della somma erogata dall’ente pubblico. La Cassazione, richiamando precedenti pronunce delle Sezioni Unite, ha operato una distinzione fondamentale:
Contratto a prestazioni corrispettive: In questo caso, una parte paga un prezzo per ricevere un servizio o un bene (sinallagma). Se viene commessa una frode, il profitto è l’utile netto che il truffatore ricava.
Erogazione di un contributo pubblico: In questo scenario, la somma di denaro non è il mero pagamento di un servizio, ma un’elargizione finalizzata al perseguimento di obiettivi di carattere generale (nel caso specifico, garantire un servizio pubblico essenziale come il trasporto per tutti i cittadini, inclusi quelli a mobilità ridotta, che altrimenti sarebbe antieconomico).

Le Motivazioni della Sentenza

Secondo la Suprema Corte, il caso in esame rientra pienamente nella seconda categoria. I fondi erogati dalla Regione non erano semplicemente la tariffa per il trasporto, ma un “aiuto” o un “contributo” per incentivare e sostenere un’attività di collegamento di fondamentale interesse pubblico. La garanzia di accesso per le persone a mobilità ridotta non era un dettaglio accessorio, ma la ragione stessa che giustificava l’erogazione pubblica.

Di conseguenza, la condotta fraudolenta dell’imprenditore, consistita nel far credere di possedere tale requisito, ha viziato alla radice l’intero rapporto. Non avendo mai soddisfatto la condizione essenziale per ricevere il contributo, l’intera somma percepita è stata considerata profitto illecito. La Corte ha spiegato che non è possibile “scorporare” una parte del contratto, perché l’interesse dell’ente era ottenere l’adempimento integrale di tutti i requisiti del bando. L’inadempimento del requisito fondamentale travolge l’intero contratto e, con esso, la legittimità dell’intera erogazione.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di diritto molto severo ma chiaro: nell’ambito della frode contrattuale per l’ottenimento di erogazioni pubbliche, se la condotta illecita riguarda un requisito essenziale che condiziona l’erogazione stessa del contributo, il profitto del reato coincide con l’intero ammontare dei fondi pubblici percepiti. Questa decisione rafforza la tutela degli interessi pubblici, sottolineando che chi partecipa a bandi di gara deve garantire la veridicità e la sostanza di tutti i requisiti richiesti, pena conseguenze patrimoniali gravissime.

In un caso di frode contrattuale per pubbliche erogazioni, cosa si intende per ‘profitto’ del reato?
Secondo la sentenza, se l’erogazione pubblica è un contributo per un fine di interesse generale (e non un semplice corrispettivo), e la frode riguarda un requisito essenziale per ottenere tale contributo, il profitto del reato coincide con l’intero importo erogato, non solo con l’utile netto.

La presenza di certificati amministrativi può escludere la frode se i requisiti sostanziali del bando non sono rispettati?
No. La Corte ha stabilito che i certificati amministrativi, se generici o non pertinenti alla specifica mancanza contestata (in questo caso, l’accessibilità per persone a mobilità ridotta), non possono sanare la non conformità sostanziale a un requisito indicato come condizione necessaria nel bando di gara.

Quando un pagamento pubblico è considerato un ‘contributo’ e non un semplice ‘corrispettivo’ per un servizio?
Un pagamento è considerato un ‘contributo’ quando la sua giustificazione non è solo lo scambio tra prestazione e denaro, ma la necessità di garantire un servizio pubblico essenziale o di incentivare un’attività di interesse generale che altrimenti sarebbe antieconomica. In questi casi, il denaro pubblico assume la natura di un aiuto finalizzato a uno scopo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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