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Frode assicurativa: ricorso inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per frode assicurativa. L’imputato aveva denunciato un sinistro mai avvenuto, inducendo in errore una terza società che ha poi inoltrato la pratica alla compagnia assicuratrice. La Corte ha confermato che il reato, previsto dall’art. 642, comma 2, c.p., non è un reato proprio, si è consumato dove la compagnia assicuratrice è stata indotta in errore, e che il ricorso era meramente ripetitivo delle argomentazioni già respinte in appello, confermando la condanna al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Frode Assicurativa: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce importanti chiarimenti sul reato di frode assicurativa, in particolare sulla sua natura giuridica, sul momento della consumazione e sulla competenza territoriale. Analizziamo insieme questo caso che ha portato alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso di un imputato, confermando la sua condanna.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un uomo condannato per aver simulato un incidente stradale mai accaduto. La particolarità della vicenda risiede nel meccanismo utilizzato: l’imputato ha indotto in errore una terza società, la quale, a sua volta, ha inoltrato la denuncia del falso sinistro alla compagnia di assicurazioni. Successivamente, l’imputato ha preso contatti diretti con la compagnia per ottenere il risarcimento.

Condannato in appello, l’uomo ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi. Sosteneva, in primis, che i fatti dovessero essere qualificati come truffa e non come frode assicurativa. In secondo luogo, contestava la competenza territoriale, affermando che il processo si sarebbe dovuto tenere nel luogo della prima richiesta di risarcimento. Infine, riteneva che il reato non si fosse perfezionato, ma fosse rimasto allo stadio del tentativo.

La Decisione della Corte sulla Frode Assicurativa

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, i motivi presentati erano ‘meramente reiterativi’, ovvero una semplice ripetizione di questioni già correttamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi elementi di diritto significativi.

Questa decisione ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma a titolo di ammenda alla Cassa delle ammende, quantificata in tremila euro.

Analisi dei motivi di inammissibilità della frode assicurativa

La Corte ha smontato punto per punto le tesi difensive. Ha chiarito che la condotta rientrava perfettamente nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’articolo 642 del codice penale, che punisce la denuncia di un sinistro non accaduto. Ha inoltre specificato che questa fattispecie non costituisce un ‘reato proprio’, ovvero non richiede che l’autore sia necessariamente il contraente della polizza, potendo essere commesso da chiunque.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si sono concentrate su quattro aspetti fondamentali.

1. Qualificazione del Reato: La Corte ha ribadito che la denuncia di un sinistro inesistente, perpetrata inducendo in errore un terzo che poi inoltra la pratica, rientra specificamente nella fattispecie di frode assicurativa (art. 642, comma 2, c.p.) e non in quella generica di truffa. Ha precisato che tale norma non configura un reato proprio, quindi chiunque può commetterlo.

2. Competenza Territoriale: La competenza è stata correttamente individuata nel luogo in cui la compagnia assicuratrice è stata effettivamente indotta in errore e dove il reato si è consumato, ovvero la sede della compagnia a cui è pervenuta la denuncia e dove sono iniziate le trattative per il risarcimento.

3. Consumazione del Reato: I giudici hanno ritenuto il reato consumato e non tentato, poiché la compagnia assicuratrice era stata, almeno inizialmente, indotta in errore dall’assunzione delle generalità altrui e dalla falsa denuncia, avviando di fatto la pratica di liquidazione del danno.

4. Determinazione della Pena: Infine, la Corte ha giudicato infondate le lamentele sulla severità della pena e sulla mancata concessione delle attenuanti generiche. La motivazione del giudice di merito è stata ritenuta congrua, in quanto basata sulla ‘non comune capacità a delinquere’ dell’imputato, sull’assenza di risarcimento e di pentimento, e sulla natura ‘articolata e capziosa’ dell’attività criminale posta in essere.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza della Cassazione conferma un orientamento rigoroso in materia di frode assicurativa. Sottolinea che non è possibile riproporre in sede di legittimità le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di merito, a meno che non si evidenzino vizi logici o giuridici manifesti nella sentenza impugnata. Dal punto di vista sostanziale, consolida l’interpretazione dell’art. 642, comma 2, c.p. come reato comune, consumato nel momento e nel luogo in cui la falsa denuncia produce il suo effetto di induzione in errore presso la compagnia assicuratrice, indipendentemente dai passaggi intermedi.

Quando si considera consumato il reato di frode assicurativa tramite denuncia di un falso sinistro?
Il reato si considera consumato nel momento in cui la compagnia assicuratrice viene indotta in errore dalla falsa denuncia, anche solo inizialmente, e avvia la pratica. Non è necessario che l’inganno si perfezioni fino al pagamento del risarcimento.

Perché il reato contestato è stato qualificato come frode assicurativa e non come truffa?
Perché la condotta specifica di denunciare un sinistro mai avvenuto per ottenere un indennizzo rientra precisamente nella fattispecie prevista dall’articolo 642, secondo comma, del codice penale, che è una norma speciale rispetto a quella generale sulla truffa.

Il reato di frode assicurativa per falsa denuncia di sinistro può essere commesso solo dal titolare della polizza?
No. La Corte ha chiarito che la fattispecie di cui al secondo comma dell’art. 642 c.p. non costituisce un ‘reato proprio’, pertanto può essere commesso da chiunque, non necessariamente dal soggetto contraente della polizza assicurativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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