Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 884 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 884 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di: NOMECOGNOME nato a Mesagne il 18.12.1970, contro la sentenza della Corte di appello di Lecce del 6.7.2022;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento, senza rinvio, per intervenuta estinzione del reato di cui all’art. 367 cod. pen., perché prescritto, con eliminazione della relativa pena.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza con cui, in data 20.1.2021. il Tribunale di Brindisi aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile dei delitti a lui ascritti e, esclusa la contestata recidiva, ritenuta l continuazione tra le diverse violazioni di legge, lo aveva condannato alla pena complessiva di anni 2 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento dei danni patiti dalla costituita parte civile rimettendone la liquidazione in sede civile;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
2.2 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale sostanziale e processuale e, in particolare, degli artt. 507 e 603 cod. proc. pen.; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione: rileva che, con il secondo motivo di appello, la difesa aveva lamentato l’immotivato rigetto della richiesta
difensiva di escutere, ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., il teste NOME COGNOME sugli interventi eseguiti sulla BMW e, in particolare, sulle parti meccaniche o elettroniche coinvolte, ed il teste NOME COGNOME che era in compagnia dell’imputato la sera del furto; segnala che la Corte di appello, cui era stata sollecitata la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, ha condiviso la decisione del primo giudice sostenendo, con indebita anticipazione del giudizio, che la testimonianza del COGNOME sarebbe stata sospetta;
2.3 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e, in particolare, dell’art. 124 cod. pen.; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione: sottolinea il carattere meramente assertivo della motivazione con cui la Corte d’appello ha respinto il motivo di gravame articolato in punto di tardività della querela, sostenendo, senza alcuna reale motivazione, che la compagnia assicurativa avrebbe avuto il quadro completo della vicenda soltanto all’esito della consegna della seconda relazione investigativa, avvenuto nel mese di agosto del 2015;
2.4 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e, in particolare, dell’art. 157 cod. pen.; segnala l’erroneità della sentenza di appello laddove ha omesso di rilevare la intervenuta estinzione del reato per prescrizione quantomeno del delitto di cui all’art. 367 cod. pen. contestato come commesso il 18.10.2014;
2.5 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e, in particolare, degli artt. 62-bis, 81 e 133 cod. pen.; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con cui la Corte d’appello ha respinto la richiesta di ridimensionamento della pena, formulata in via subordinata, evidenziando come non potesse farsi riferimento soltanto alla personalità dell’imputato ed alle modalità della condotta dovendo, invece, la valutazione sul riconoscimento delle attenuanti generiche, fondarsi sulla esistenza di elementi favorevoli;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per l’annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata limitatamente al delitto di cui all’art. 367 cod. pen. perché estinto per prescrizione, con eliminazione della relativa pena: rileva che il primo motivo è aspecifico e manifestamente infondato poiché la prova delle attività documentate negli atti acquisiti è in primo luogo di natura testimoniale e che anche l’accertamento tecnico sulle chiavi ben poteva essere acquisito; segnala che il ricorso risulta anche generico sotto il profilo della prova di resistenza non considerando che la decisione si fonda su una serie di elementi diversi quali la falsa indicazione del valore dell’auto per il quale era stata assicurata contro il furto,
l’assenza di copertura assicurativa al momento della sottrazione, la perizia sulla vettura, svolta intorno alla metà di novembre, da cui emergeva la consistente entità dei danni superiori al suo valore commerciale, tutti logicamente e univocamente conducenti, nel senso della inesistenza del furto denunciato; rileva che anche il secondo motivo è manifestamente infondato e, in ogni caso, la congruità della motivazione quanto al rigetto della richiesta di escutere il carrozziere NOME e tale NOME COGNOME segnala, ancora, la manifesta infondatezza del terzo motivo del ricorso poiché il termine per la presentazione della querela decorre da quando la persona offesa acquisisce la consapevolezza piena della illiceità penale del fatto; rileva invece, la fondatezza del quarto motivo del ricorso con conseguente annullamento della sentenza limitatamente al delitto di cui all’art. 367 cod. pen. in quanto estinto per prescrizione prima della sentenza di appello;
la parte civile RAGIONE_SOCIALE ha trasmesso le proprie conclusioni insistendo per la inammissibilità del ricorso e per la condanna alle spese della fase di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto al quarto motivo, inammissibile nel resto in quanto articolato su censure manifestamente infondate ovvero non consentite in questa sede.
NOME COGNOME era stato tratto a giudizio e giudicato responsabile, nei due gradi di merito, dei reati di cui agli artt. 642 e 367 cod. pen. “… per avere .. al fine di conseguire parte dell’indennizzo derivante dal contratto di assicurazione stipulato con polizza RAGIONE_SOCIALE tra la concessionaria RAGIONE_SOCIALE di Primiceri Cosimo (da cui aveva acquistato, in data 15.9.2014, un’autovettura BMW 118D … al prezzo di euro 7.500 …) e la società RAGIONE_SOCIALE (dalla quale aveva ottenuto il finanziamento per l’acquisto del mezzo predetto per un importo pari ad euro 18.000) denunciato il furto del proprio autoveicolo alla Stazione dei Carabinieri in Grottaglie in data 18.12.2014, sinistro mai accaduto in quanto l’esame dei dati contenuti nelle chiavi del mezzo consentiva di riscontrare che l’ultimo utilizzo dell’autovettura risaliva all’1.10.2014, quindi ben oltre due mesi prima dell’asserito furto del mezzo”.
I giudici di merito hanno fondato la loro decisione su una serie di elementi convergenti sulla falsità della denuncia di furto e della conseguente richiesta di indennizzo alla compagnia assicurativa: hanno fatto presente, in punto di fatto,
che l’autovettura risultava essere stata acquistata dal Pasimeni il 15.9.2014 (laddove, tuttavia, l’imputato ne era entrato in possesso sin dall’8.8.2014 come risultava dalla dichiarazione di assunzione di responsabilità ed esenzione del venditore) per l’importo di euro 7.500; era stata munita di una copertura assicurativa con diversi contratti (di volta in volta intestati al Pasimeni, al venditore o ad una terza persona) della durata di cinque giorni in cinque giorni sino al 30.9.2014.
Secondo la ricostruzione offerta dalle due sentenze di merito, e non contrastata dalla difesa, era altresì emerso che la vettura, alla data del (presunto) furto non era risultata assicurata sulla responsabilità civile e che, il giorno 19.9.2014, sarebbe rimasta coinvolta in un incidente stradale subendo gravi danni (che erano stati quantificati nella misura di euro 8.500, superiore allo stesso prezzo di acquisto), certamente ancora non riparati alla metà di novembre, e mai liquidati dalla compagnia assicurativa.
Altri aspetti anomali erano stati rinvenuti nella restituzione, al COGNOME, di parte (nella misura di euro 6.500) del finanziamento (di euro 18.000) che era stato acquisito per l’acquisto dell’autovettura, assicurata contro il furto per 18.000 euro a fronte del prezzo di acquisto pari a 7.500.
Tali elementi, hanno fatto presente i giudici di merito, erano emersi all’esito di una indagine commissionata dalla Compagnia Assicurativa nell’ambito della quale era stata effettuata una verifica sulle chiavi della vettura (restituite alla Compagnia con la denuncia del sinistro) da cui era risultato che l’ultima accensione del motore risaliva al 2.10.2014, data di gran lunga antecedente al denunziato furto.
Dal complesso di tali circostanze, le due sentenze di merito hanno tratto la conclusione secondo cui l’intera vicenda era stata caratterizzata da un intento fraudolento essendosi creata la apparenza dell’acquisto di una autovettura da parte del Pasimeni “… sia allo scopo di ottenere un finanziamento più alto sia allo scopo di gonfiare di molto il valore dell’auto, al fine di assicurarla contro il furt proprio con tale valore, ben al di sopra di quello reale” (cfr., pag. 4 della sentenza di primo grado).
3.1 Tanto premesso, rileva il collegio che il primo motivo di ricorso, con cui la difesa reitera la medesima questione già sottoposta alla Corte d’appello, è manifestamente infondato.
La difesa, infatti, eccepisce la inutilizzabilità delle risultanze della attivi svolta dagli investigatori incaricati dalla Compagnia Assicurativa e compendiati
nella relazione che il primo giudice aveva acquisito sotto forma di “documento”, ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen..
Assume, infatti, che la attività investigativa avrebbe potuto entrare nel processo ed essere utilizzata ai fini della decisione soltanto laddove fosse stata svolta nelle forme e nei termini disciplinati dagli artt. 391-bis e ssgg. cod. proc. pen..
Ebbene, i giudici di merito hanno congruamente e correttamente replicato, sul punto, sottolineando che, al di là della acquisizione delle relazioni redatte dagli investigatori incaricati dalla Compagnia, le risultanze di quella attività erano state ritualmente veicolate nel processo attraverso la testimonianza resa dall’esponente della società che ne aveva riferito in aula.
Per altro verso, poi, è stato più volte ribadito, da questa Corte, che l’attivazione dello statuto codicistico previsto per la regolazione delle attività di investigazione difensiva preventiva (ex artt. 391-nonies e 327-bis, cod. proc. pen.) è rimesso alla volontà del soggetto, avendo natura del tutto facoltativa; sulla scorta di tale premessa, si è quindi ritenuta legittima l’attività svolta da un investigatore privato, prima dell’iscrizione della notizia di reato, al di fuor dell’ambito applicativo dell’art. 391-nonies, cod. proc. pen. (cfr., in tal senso, Sez. 4 – , n. 13110 del 08/0A1/2019, COGNOME, Rv. 275286 – 01; conf., Sez. 2, Sentenza n. 1731 del 21.12.2017, dep. 16.01.2018, COGNOME, Rv. 272674, in motivazione; conf., tra le non massimate, Sez. 2, n. 37658 del 27.6.2023, Persia; Sez. 2, n. 17577 del 23.3.2023, Carpino).
Quanto, poi, al giudizio di “attendibilità” dell’accertamento operato sulle chiavi di accensione del veicolo, a prescindere dalla natura della doglianza, che evoca evidentemente un apprezzamento di merito, è sufficiente prendere atto che tale elemento è stato congruamente apprezzato nell’ambito del quadro probatorio complessivamente acquisito e che, come accennato, aveva evidenziato una serie di “anomalie” che avevano caratterizzato la vicenda in termini tali da orientare, già di per sé, verso una diagnosi di falsità della denuncia di furto, avvenuto nel dicembre del 2014 ed avente ad oggetto una vettura gravemente incidentata, non assicurata contro la responsabilità civile ma esclusivamente contro il rischio di furto per un importo largamente superiore al prezzo apparentemente corrisposto per il suo acquisto.
3.2 Anche il secondo motivo del ricorso è manifestamente infondato.
La Corte d’appello ha motivato la sua decisione di non escutere il carrozziere COGNOME e del teste COGNOME di cui la difesa, nel giudizio di primo grado, aveva chiesto l’ammissione ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen. sostenendo, per quanto riguarda il primo, che la sua deposizione sarebbe stata additabile a
sospetto dal momento che, a metà novembre, l’auto non era stata ancora periziata, inducendo a ritenere che le sue condizioni fossero rimaste immutate alla data del (denunziato) furto; quanto al secondo, che costui, secondo la stessa prospettazione difensiva, non aveva nemmeno assistito al (denunziato) furto, risultando perciò irrilevante.
Se è vero che la Corte, con riguardo alla richiesta di escussione del COGNOME, ha fatto riferimento ad una prognosi di inattendibilità delle dichiarazioni che costui avrebbe potuto rendere, è anche vero che il rigetto della richiesta di rinnovazione della istruttoria in appello è stato tuttavia motivato sulla complessiva considerazione degli elementi acquisiti e della completezza del quadro istruttorio univocamente deponente per la ricostruzione della vicenda come proposta nella sentenza di primo grado.
D’altra parte, è pacifico che la mancata assunzione di una prova decisiva quale motivo di impugnazione per cassazione – può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’art. 495, secondo comma, cod. proc. pen., sicché il motivo non potrà essere validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’art. 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione (cfr., in tal senso, Sez. 5, n. 4672 del 24/11/2016, COGNOME, Rv. 269270 01; Sez. 2, n. 9763 del 06/02/2013, COGNOME, Rv. 254974 – 01).
3.3 Manifestamente infondato è anche il terzo motivo con cui il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al rigetto dell’eccezione di improcedibilità dell’azione penale per tardività della querela che, secondo la difesa, avrebbe dovuto essere formalizzata entro il termine di 90 giorni a decorrere dal 31.3.2015, data di consegna della prima relazione della RAGIONE_SOCIALE
La Corte territoriale, replicando all’omologo rilievo difensivo proposto con l’atto di appello, ha fatto presente che la Compagnia assicuratrice aveva avuto il quadro completo della vicenda soltanto all’esito della consegna della seconda relazione, affidata alla RAGIONE_SOCIALE, avvenuto il 31.8.2015, avendo perciò tempestivamente proposto querela in data 17.11.2015.
In tal modo, lungi dal fornire una motivazione assertiva ed apparente, la Corte d’appello ha motivato in coerenza con il pacifico e consolidato principio per cui il termine per la presentazione della querela decorre dal momento in cui il titolare ha conoscenza certa, sulla base di elementi seri e concreti, del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 37584 del 5.7.2019, COGNOME; Sez. 5, n. 14660 dell’1.10.1999, Carniato che, infatti, aveva correttamente precisato che il termine di cui all’art 124 cod. pen. decorre,
non dal momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del fatto oggettivo del reato, né da quello in cui, sulla base di semplici sospetti, indirizza le indagini verso una determinata persona, ma dall’esito di tali indagini ovvero di eventi che abbiano consentito di acquisire contezza del fatto nella sua dimensione oggettiva e soggettiva così consentendo alla persona offesa di determinarsi liberamente sulle iniziative da assumere; conf., ancora, Sez. 5, n. 12634 del 13.12.2000, Bechis; Sez. 5, n. 31964 del 25.6.2001, Bianchi).
E’ d’altra parte pacifico che, in tema di querela, l’onere della prova della intempestività della stessa è a carico del querelato che la deduce e, nella eventuale situazione di incertezza, va risolta a favore del querelante (cfr., in tal senso, ad esempio, Sez. 5, n. 13335 del 17.1.2013, Moggi ma, anche, Sez. U, n. 12213 del 21.12.2017, COGNOME).
Nel contestare il dies a quo della piena consapevolezza, da parte della Compagnia, della rilevanza penale della vicenda, il ricorso finisce, d’altra parte, con il contrapporre una diversa ed alternativa ricostruzione difensiva rispetto a quella operata dalla Corte territoriale con argomentazioni corrette in diritto e non censurabili in punto di fatto.
3.4 n quinto motivo del ricorso è, a sua volta, manifestamente infondato: la Corte d’appello, infatti, sia pure in maniera sintetica, ha motivato sulla impossibilità di ridimensionare gli aumenti di pena per la continuazione come, anche, sulle ragioni che impedivano di riconoscere all’imputato le circostanze attenuanti generiche tenuto conto, anche, della assenza di elementi positivamente valutabili in tal senso.
A tal proposito, va infatti opportunamente ribadito che la graduazione della pena, in tutte le sue componenti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che l’ha esercitata, sia per fissare la pena base che per l’aumento operato per la continuazione, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., risultando perciò non consentita Igl la censura che nel giudizio di cassazione miri, di fatto, ad una nuova valutazione della sua congruità e la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (cfr., tra le tante. Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243);
Su un piano generale, ancora, è assolutamente consolidato il principio secondo il quale nel caso, come quello che ci occupa, in cui venga irrogata una pena di gran lunga più vicina al minimo che al massimo edittale, il mero richiamo ai “criteri di cui all’art. 133 cod. pen.” realizza una motivazione sufficiente per dar conto dell’adeguatezza della pena all’entità del fatto; invero, l’obbligo della motivazione, in ordine alla congruità della pena inflitta, tanto più si attenua quanto più la pena, in concreto irrogata, si avvicina al minimo edittale (cfr., in tal senso,
tra le tante, Sez. 1, n. 6677 del 05/05/1995, COGNOME, Rv.201537; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464).
Si è, inoltre, ritenuto che l’impegno motivazionale debba tener conto, quale parametro di riferimento, la media edittale; si è affermato che, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (cfr., Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288, in cui la Corte ha peraltro precisato che la media edittale deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo).
Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, non è inutile ribadire che “le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale “concessione” del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena” (cfr., Sez. 2, n. 14307 del 14.3.2017, COGNOME; Sez. 2, n. 30228 del 5.6.2014, COGNOME); in definitiva, quindi, “la concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato; ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante è soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio” (cfr., Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, COGNOME, Rv. 266460 01; Sez. 3 – , n. 54179 del 17/07/2018, D., Rv. 275440 – 01).
Ed è inoltre appena il caso di ricordare che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente che egli faccia riferimento a quelli da lui ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo in tal modo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (cfr., Sez. 2 – , n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 3 – , n. 1913 del 20/12/2018, COGNOME, Rv. 275509 – 03; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826 – 01).
3.5 Il quarto motivo è fondato.
Il delitto di cui all’art. 367 cod. peri, risulta, infatti, consumato con l denunzia di furto del veicolo che era stata formalizzata in data 18.12.2014: in assenza di cause di sospensione del suo corso, il termine massimo di prescrizione (pari ad anni 7 e mesi 6 essendo stata esclusa la pur contestata recidiva) si era perfezionato in data antecedente quella della pronuncia della sentenza di appello che ne avrebbe dovuto prendere atto.
Consegue l’annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata, limitatamente al delitto di cui sopra, con eliminazione della pena per esso stabilita in aumento rispetto a quella indicata per il reato di cui all’art. 642 cod. pen..
Con la declaratoria di inammissibilità dei motivi articolati in merito al delitto di cui all’art. 642 cod. peri., il ricorrente va condannato alla rifusione dell spese sostenute, nel presente grado, dalla parte civile costituita RAGIONE_SOCIALE nella misura indicata in dispositivo e determinata alla luce della notula e delle tabelle vigenti.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui all’art. 367 cod. pen. perché è estinto per prescrizione.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Ridetermina la pena, per la residua imputazione, in anni uno e mesi 8 di reclusione.
Condanna, inoltre, l’imputato, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 3.686, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 22.11.2023