Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 879 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 879 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Terni il 24/02/1959 avverso la sentenza del 05/07/2022 della Corte di appello di Perugia.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi il rigetto del ricorso.
lette le conclusioni del difensore della parte civile, Avv. COGNOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi il rigetto del ricorso e la rifusione delle spese sostenute dall costituita parte civile.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 5 luglio 2022 con la quale la Corte di Appello di Terni, in parziale riforma della sentenza emessa, in data 5 febbraio 2021, dal Tribunale di Terni, lo ha condannato alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione in relazione al reato di cui all’art. 642, comma 1, cod. pen.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 8 cod. proc. pen. e dell’art. 642 cod. pen. nonché carenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione della competenza territoriale.
La Corte territoriale avrebbe erroneamente individuato la competenza territoriale nel luogo di commissione dell’incendio dell’immobile di proprietà degli imputati senza tenere conto dell’ulteriore condotta delittuosa posta in essere dal Fogliani (invio alla compagnia assicurativa della denuncia di sinistro).
I giudici di appello avrebbero dovuto indicare la competenza territoriale del Tribunale di Milano (luogo in cui è stato ricevuto il telegramma con il quale il COGNOME denunciava l’incendio dell’immobile sito in Stroncone).
La motivazione sarebbe illogica nella parte in cui i giudici di appello, pur indicando la condotta incendiaria come «mezzo per tentare di frodare l’assicurazione», ritengono perfezionata la fattispecie criminosa di cui al comma primo dell’art. 642 cod. pen. e non la fattispecie di cui al comma secondo, lettera D) del medesimo articolo.
A giudizio della difesa, la norma incriminatrice prevederebbe, infatti, più fattispecie di reato differenti e dotate di autonoma rilevanza penale, dovendo escludersi che tra le condotte previste dai commi primo e secondo possa configurarsi un rapporto di alternatività formale. La differenza tra le condotte previste dal primo e secondo comma si concreterebbe nel fatto che nel prim caso le condotte «si pongono in epoca cronologicamente anteriore» al sinistro mentre nel caso delle fattispecie previste dal secondo comma «i comportamenti fraudolenti siano tutti successivi ad un sinistro, sia o no questo realmente accaduto» (vedi pag. 12 del ricorso).
Le condotte previste dall’art. 642 cod. pen. rappresenterebbero diverse modalità di esecuzione alternative di un medesimo illecito, e pertanto la violazione di due o più di esse non darebbe luogo ad una pluralità di reati in concorso tra loro bensì un unico titolo di reato. Di conseguenza «poiché ciascun comma prevede ipotesi diverse di reato, ove ne ricorrano gli estremi fattuali, le medesime concorrono tra loro» (vedi pag. 12 del ricorso).
Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 642 cod. pen. e degli artt. 192, 546 cod. p pen., erronea qualificazione giuridica del fatto, carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di frode assicurativa e travisamento del fatto.
3.1. I giudici di merito, con motivazione illogica e contraddittoria, avrebbero erroneamente qualificato il fatto come violazione dell’art. 642, comma primo, cod. pen.; secondo la difesa, la Corte di merito, avendo considerato l’incendio dell’immobile come presupposto della condotta fraudolenta, avrebbe dovuto ritenere perfezionata la fattispecie di cui al comma secondo, lett. D) della
norma citata, fattispecie che, pur in assenza di specifica indicazione della norma di legge, risulterebbe contestata in fatto nel capo di imputazione.
3.2. La motivazione sarebbe apparente e manifestamente illogica in relazione alla dimostrazione della sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 642 cod. pen.; i giudici di appello si sarebbero limitati a richiamare per relationem le argomentazioni del primo giudice senza valutare e confutare le censure dedotte nell’atto di appello con conseguente violazione degli artt. 192 e 546 cod. proc. pen.
3.2.1. In primo luogo, la Corte di merito non avrebbe confutato quanto eccepito dalla difesa in ordine al valore di atto pubblico fidefacente del verbale di intervento dei Vigili del Fuoco, non tenendo conto che gli operanti avrebbero escluso la natura dolosa dell’incendio dell’immobile ed ipotizzato la natura accidentale della propagazione delle fiamme a seguito di fuoriuscita di un tizzone ardente dal camino lasciato acceso dal Fogliani.
3.2.2. La motivazione sarebbe del tutto carente anche in ordine alle doglianze difensive inerenti all’inattendibilità scientifica degli accertamenti svolti dagli esperti incaricati dalla compagnia assicurativa, nell’atto di appello la difesa aveva evidenziato che l’immobile incendiato non è mai stato sottoposto a sequestro né sigillato in alcun modo con conseguente libero accesso da parte di chiunque e che gli accertamenti di parte sono stati svolti un mese dopo l’incendio con conseguente rischio di contaminazione diretta o alterazione della scena del crimine per «inquinamento casuale durante l’opera di spegnimento od in ragione di questa» ovvero per altra causa (vedi pag. 18 del ricorso).
3.2.3. I giudici di merito, recependo acriticamente le conclusioni del tecnico della società investigativa incaricata dalla compagnia assicurativa, avrebbero dedotto la natura dolosa dell’incendio dall’asserita integrità del camino e dalla presenza di fuliggine all’interno della canna fumaria; a giudizio del ricorrente tale affermazione sarebbe smentita dalla fotografia in atti che dimostra il completo crollo della canna fumaria del camino dal lato ove era presente la stufa alimentata da una bombola a gas gpl, circostanza ribadita anche dal teste NOME COGNOME con conseguente travisamento del fatto.
3.2.4. I giudici di appello avrebbero omesso di motivare adeguatamente in ordine ad un ulteriore travisamento del fatto eccepito dal ricorrente; il consulente di parte avrebbe, infatti, del tutto ignorato la presenza di due bombole a gas attive nella camera ove era ubicato il caminetto, circostanza dalla difesa ritenuta decisiva ai fini della propagazione delle fiamme in
considerazione del ritenuto «flash over» causato dalla possibile fusione del tubo di collegamento e dalla conseguente fuoriuscita di gas.
La motivazione conterrebbe, inoltre, un riferimento erroneo ad una possibile esplosione delle bombole, esplosione che non sarebbe mai stata ipotizzata nell’atto di appello con il quale era stato fatto esclusivo riferimento ad una fuoriuscita di gas che potrebbe aver facilitato ed aggravato la propagazione delle fiamme all’intero immobile.
3.2.5. La Corte di appello, limitandosi a fare riferimento a quanto argomentato dal primo giudice sulla base della deposizione del teste COGNOME, sarebbe incorsa nel medesimo travisamento del fatto, affermando che il movente del reato sarebbe ravvisabile nella volontà dell’imputato di «azzerare» il debito nei confronti della Cassa di Risparmio grazie al risarcimento del danno ottenuto dalla compagnia assicurativa.
Tale erronea affermazione non tiene conto del fatto che l’imputato e la moglie, seppur proprietari dell’immobile, non erano i soggetti beneficiari della polizza incendio sottoscritta nel 2014, ciò in quanto NOME COGNOME, figlio degli imputati, era l’unico titolare del rapporto in essere con l’istituto di credito mentre il ricorrente e la moglie erano terzi datori di ipoteca.
La difesa ha, inoltre, segnalato l’inesistenza di clausole che vedano come beneficiari dell’indennizzo i coniugi COGNOME sicché, quanto affermato dalla Corte in ordine al movente dell’incendio sulla base delle dichiarazioni del teste COGNOME, sarebbe frutto di una mera congettura in quanto il destinatario del risarcimento sarebbe esclusivamente il figlio NOMECOGNOME
La motivazione in ordine all’interesse economico che avrebbe spinto l’imputato a dare fuoco al proprio immobile sarebbe quindi apparente e priva di fondamento probatorio.
Il ricorrente, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 124 e 129 cod. proc. pen. conseguente al rigetto del motivo di appello con cui l’imputato ha eccepito la tardività della querela.
La querela sarebbe tardiva in quanto presentata solo in data 27 gennaio 2017 e quindi in data successiva al decorso del termine di legge; a giudizio del ricorrente, la compagnia assicurativa avrebbe avuto piena contezza della natura dolosa dell’incendio dal momento del deposito -avvenuto in data 20 ottobre 2016- della prima relazione a firma dell’Ing. COGNOME e non come erroneamente affermato dai giudici di appello dalla data di deposito della relazione del 3 novembre 2016.
Secondo la difesa tale ulteriore relazione avrebbe ad oggetto le condizioni economiche della vicenda e, di conseguenza, sarebbe del tutto irrilevante ai fini dell’individuazione delle cause dell’incendio.
Il difensore della parte civile, in data 10 ottobre 2023, ha depositato notaspese e comparsa conclusionale con la quale ha chiesto la conferma della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
Il primo motivo di impugnazione è manifestamente infondato.
La doglianza con la quale il ricorrente eccepisce l’incompetenza territoriale del Tribunale di Terni è apodittica e basata su erronee ed unilaterali asserzioni difensive. In particolare, la difesa ha fatto riferimento al luogo consumazione del reato di cui al comma secondo dell’art. 642 (luogo ove la compagnia assicurativa riceve la denuncia di falso sinistro), senza tenere conto che la condotta contestata al COGNOME rientra nella fattispecie di cui al capo 1 in considerazione dell’effettiva realizzazione della fraudolenta distruzione del bene assicurato.
I giudici di merito hanno correttamente determinato la competenza territoriale nel luogo di commissione del reato contestato dal Pubblico Ministero (art. 642, comma primo, cod. pen.) e, quindi, nel luogo in cui è avvenuta la distruzione mediante incendio dell’immobile di proprietà dell’imputato. Detta valutazione, peraltro, risulta insindacabile, considerato che «la competenza va determinata, in base al principio della perpetuatio iurisdictionis, con criterio ex ante, sulla scorta della situazione risultante dalle figure soggettive e dagli addebiti indicati nella formulazione dell’imputazione e che la competenza va attribuita sulla base di ciò che si “prospetta” e non di ciò che si “ritiene”, e quindi facendo riferimento alle linee fattuali contenute nell originaria notizia di reato, prescindendo da ogni valutazione di merito in ordine alla sua fondatezza o alla effettiva ravvisabilità delle originarie ipotesi connessione» (così Sez. U, n. 53390 del 26/10/2017, G., Rv. 271223, in motivazione).
Il secondo motivo di impugnazione è in parte manifestamente infondato ed in parte aspecifico e non consentito.
2.1. La doglianza con la quale il ricorrente lamenta l’erronea qualificazione giuridica del fatto è destituita di fondamento.
La Corte di merito ha correttamente ritenuto che la condotta posta in essere dal COGNOME sia idonea a perfezionare esclusivamente il reato di cui all’art. 642, comma primo cod. pen., rimarcando la differenza tra tale fattispecie connotata dall’effettiva distruzione, dispersione e deterioramento di un bene al fine di conseguire un vantaggio da un contratto di assicurazione e la fattispecie di cui al comma secondo concretantesi nella presentazione di una denuncia di un sinistro non realmente accaduto (vedi pag. 5 della sentenza impugnata).
Deve essere, in proposito, ribadito che l’art. 642 cod. pen. che prevede tante ipotesi di reato quante sono le condotte ivi enucleate – il danneggiamento dei beni assicurati e la falsificazione o alterazione della polizza o dell documentazione richiesta per la stipulazione del contratto assicurativo, nel comma primo; la mutilazione fraudolenta della propria persona, la denuncia di un sinistro non avvenuto e la falsificazione o alterazione di elementi di prova o della documentazione relativi al sinistro, nel secondo comma- si configura quale norma penale mista del tutto peculiare, giacché accorpa in sé sia la qualifica di disposizione a più norme -nel rapporto tra le condotte previste nei commi primo e secondo- sia quella di norma a più fattispecie -in riferimento alle condotte previste all’interno di ciascun comma- (vedi Sez. 2, n. 1856 del 17/12/2013, dep. 2014, Rv. 258012-01; Sez. 2, n. 27136 del 18/05/2023, Rv. 284798 01).
Il richiamo effettuato dalla difesa alla pluralità di condotte materiali alternativamente previste nei primi due commi dell’art. 642 cod. pen., costituisce un dato oggettivo e testuale ricavabile dalla norma incriminatrice, ma non risolutivo qualora non si confronti tale constatazione con la struttura della fattispecie concreta per come articolata e descritta in concreto dall’accusa.
L’imputazione elevata a carico del COGNOME gli attribuisce espressamente la condotta dì cui al comma primo dell’art. 642 cod. pen. concretatasi e consumatasi al momento della distruzione dell’immobile di sua proprietà; rispetto a tale addebito, non è dato cogliere nell’imputazione né una pluralità di comportamenti fraudolenti né un “secondo reato” successivo alla distruzione del bene assicurato (finalizzata ad ottenere il risarcimento da parte della compagnia assicuratrice Axa), che, al contrario, è l’unico reato delineato e contestato all’imputato con conseguente manifesta infondatezza della censura.
2.2. Le ulteriori censure, articolate in fatto e reiterative di medesime doglianze inerenti all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale, sono proposte al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, res estranei ai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi
di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
Deve premettersi, inoltre, che la sentenza di appello oggetto di ricorso e quella di primo grado sono conformi in ordine alle statuizioni oggetto di ricorso, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente, costituendo un unico corpo decisionale ed essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza di appello a quella del Tribunale, sia l’ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595, Sez. 2, n. 6560 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 280654 – 01).
2.2.1. Entrambe le sentenze hanno dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di merito ad affermare che l’imputato abbia commesso il reato di cui al capo di imputazione, a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle prove.
La Corte territoriale, con motivazione priva di illogicità manifeste e congrua rispetto alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni dal Giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, ha correttamente indicato e valutato gli elementi probatori (dichiarazioni rese dai testi COGNOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME, documentazione e fotografie acquisite al fascicolo del dibattimento) ritenuti idonei a dimostrar come il ricorrente abbia distrutto l’immobile di sua proprietà al fine di ottener l’indennizzo di una assicurazione.
2.2.2. I giudici di merito, con motivazione priva di contraddizioni ed illogici manifeste, hanno posto a fondamento della decisione gli accertamenti tecnici svolti dagli esperti COGNOME e COGNOME che hanno comprovato la presenza di tracce di liquidi infiammabili su oggetti rinvenuti all’interno dell’immobile bruciato l’omogeneità dello sviluppo delle fiamme, elementi idonei a dimostrare che l’incendio sia stato frutto di una «combustione uniforme provocata» (vedi pag. 6 della sentenza impugnata).
Tali elementi hanno, pertanto, indotto i giudici di appello ad escludere che l’incendio possa essersi accidentalmente sprigionato dal camino, anche in considerazione del danneggiamento solo parziale dello stesso desumibile dalle ritrazioni fotografiche e della sostanziale inattendibilità di quanto dichiarato d COGNOME in ordine ai motivi che lo avrebbero indotto ad allontanarsi da casa senza spegnere il fuoco.
2.2.3. La Corte territoriale ha, inoltre, hanno adeguatamente confutato la censura con la quale il ricorrente rimarcava che il personale dei Vigili del Fuoco intervenuto per spegnere l’incendio avrebbe escluso la natura dolosa dell’incendio dell’immobile ed ipotizzato la natura accidentale della propagazione delle fiamme.
I giudici di appello hanno, infatti, evidenziato che le prove assunte dal Tribunale (relazione di servizio e deposizione del teste COGNOME) hanno permesso di accertare che gli operanti non hanno svolto alcun accertamento tecnico al momento del loro intervento e che la «presumibile causa dell’incendio» era stata ipotizzata esclusivamente «alla luce di quanto riferito dall’imputato» (vedi pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata), motivazione che non può esser rivalutata, in questa sede, non essendo i giudici di merito incorsi in contraddizioni o illogicità manifeste.
2.2.4. La motivazione risulta conforme alle risultanze istruttorie ed esente da aporie e contraddizioni anche nella parte in cui ritiene comprovato il movente posto a fondamento della condotta delittuosa; in particolare è stato evidenziato che le indagini patrimoniali svolte dalla compagna assicurativa hanno dimostrato che il figlio dell’imputato non pagava le rate del mutuo da due anni, rate che erano state pagate dai genitori fino a quando il peggioramento delle condizioni economiche dei coniugi COGNOMECOGNOME li aveva costretti a chiedere la rinegoziazione del mutuo ed a tentare invano di mettere in vendita l’immobile (vedi pagg. 7 ed 8 della sentenza oggetto di ricorso).
Il compendio probatorio correttamente riportato nel provvedimento impugnato, in mancanza di giustificazioni alternative valide e dotate di un minimo di ragionevolezza, ha indotto i giudici di appello a ritenere che il COGNOME si sia determinato ad incendiare l’immobile per sottrarsi al pagamento delle residue rate di mutuo ed affrontare le difficoltà economiche grazie al risarcimento ottenuto dalla compagnia assicurativa, a nulla rilevando il fatto che il beneficiario della polizza incendio fosse il figlio NOME stante l’accert riconducibilità all’imputato dell’immobile e delle somme destinate al pagamento delle rate di mutuo.
2.2.5. La complessiva ricostruzione descritta in sentenza, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della coerenza con le risultanze processuali, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità ed è pertanto insindacabili in quest sede.
Va, in proposito, ribadito che non è compito del giudice di legittimità stabilir se la decisione di merito proponga o meno la migliore ricostruzione dei fatti né
che debba condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. La Corte di Cassazione, che è giudice della motivazione e dell’osservanza della legge, non può, infatti, divenire giudice del contenuto della prova, non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento probatorio, riservato al giudice di merito, essendo consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l’apprezzamento della logicità della motivazione.
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, è preclusa quindi: «la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova» (così Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; in senso conforme Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100, Sez. 2, n. 29006 del 09/10/2020, COGNOME).
2.2.6. Il ricorrente, invocando una rilettura degli elementi probatori estranea al sindacato di legittimità, chiede a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lui più gradita, confrontarsi con quanto motivato dalla Corte territoriale al fine di confutare le censure difensive prospettate in sede di appello e con le emergenze probatorie determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito.
I presunti travisamenti e vizi di motivazione indicati nelle pagine da 16 a 34 del ricorso hanno ad oggetto una considerazione parcellizzata ed atomistica degli elementi logico-fattuali riportati nella sentenza impugnata. Tali doglianze, peraltro, non corrispondono ad effettivi travisamenti di fatti storici o di prove parte della Corte territoriale ma propongono visioni alternative alla realtà processuale posta alla base della decisione impugnata ovvero suggeriscono una interpretazione più dettagliata di fatti correttamente individuati dai giudici merito, con conseguente inammissibilità in sede di legittimità.
L’errore di impostazione nel quale cade il ricorrente è quello di far leva su elementi di prova ipotetici (ci si riferisce a quanto prospettato nel ricorso ordine alla possibile contaminazione o alterazione della scena del crimine conseguente al mancato sequestro dell’immobile incendiato) ovvero negativi (quali la mancata valutazione della riconducibilità della propagazione delle fiamme ad una fuoriuscita di gas dalle stufe ubicate nei pressi del camino lasciato acceso dal Fogliani) e cioè su considerazioni generiche ed astratte; abbandonando il piano dell’esperienza fenomenica per privilegiare ipotesi alternative e ciò all’evidente scopo di tacciare di illogicità manifesta il gover
dei fatti positivamente accertati dai giudici di merito e sollecitare una divers interpretazione e valutazione del compendio probatorio, inammissibile in questa sede.
Il terzo motivo di impugnazione è manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha affermato, con motivazione coerente alle risultanze processuali e priva di illogicità manifeste, la tempestività della querel presentata dalla persona offesa in considerazione del fatto che la società RAGIONE_SOCIALE ha avuto piena contezza della natura fraudolenta della richiesta di risarcimento proposta dal ricorrente solo il 3 novembre 2016, data in cui è stata ricevuta la relazione finale redatta dalla società investigativa (cfr. pag. 5 della sentenza di appello).
I giudici di appello, con ricostruzione storico-fattuale adeguatamente argomentata e logicamente valutata, hanno correttamente ritenuto che il termine di cui all’art. 124 cod. pen. non potesse decorrere sino al momento in cui la persona offesa è venuta ad effettiva conoscenza dell’esito delle indagini di cui era stata incaricata la società investigativa esterna e, quindi, ad avere adeguata certezza della falsità ideologica della denuncia di sinistro avanzata dal COGNOME conseguente all’accertamento della precaria situazione economica del nucleo familiare del ricorrente.
La Corte di merito ha fatto corretto uso dell’univoco e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui il termine per la presentazione della querela decorre dal momento in cui il titolare del relativo potere ha conoscenza certa, sulla base di elementi seri, del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva, conoscenza che può essere acquisita in modo completo soltanto se e quando il soggetto passivo abbia piena contezza dell’autore e della illiceità delle condotte (vedi Sez. 2, n. 10978 del 12/12/2017, COGNOME, Rv. 272373-01; Sez. 2, n. 37584 del 05/07/2019, COGNOME, Rv. 277081-01).
Deve essere, peraltro, sottolineato che l’accertamento sul momento della conoscenza riguarda un profilo di fatto, che, come tale, sfugge al sindacato di legittimità, ove, come nel caso di specie, sia congruamente motivato (cfr. Sez. 5, n. 27296 del 10/06/2010, COGNOME, Rv. 247891; Sez. 5, n. 21469 dell’08/3/2022, Muscolino, non massimata).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento
Il ricorrente, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere, altresì, condannato al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 3.591,00 oltre accessori di legge.
Così deciso 11 17 ottobre 2023
Il Cc> GLYPH e estensore
La Presidente