Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3086 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3086 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 06/02/2023 della CORTE APPELLO di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del PG NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 10 giugno 2022 dal Tribunale di Milano, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in relazione ai reati di cui agli artt. 110-642 cod. pen. contestati ai capi di imputazione 1 e 2 e ha conseguentemente rideterminato la pena per il residuo reato di cui agli artt. 110642 e revocato in parte qua le statuizioni civili, confermando nel resto.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, formulando quattro motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si deduce la violazione degli artt. 178, comma 1, lett. b), e 179, comma 1, cod. proc. pen. e il vizio di motivazione, in relazione alla nullità assoluta della richiesta di rinvio a giudizio per inosservanza delle disposizioni in tema di iniziativa del pubblico ministero.
Tutti i tre capi di imputazione originariamente contestati, a detta della difesa, paleserebbero una tale genericità, in particolare per quanto attiene alla specifica descrizione delle condotte, da comportare la stessa mancata formulazione dell’accusa da parte dell’organo requirente.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa censura la violazione degli artt. 2 cod. pen., 8 e 21 cod. proc. pen., 25 Cost. e 7 Cedu, per violazione del principio dell’overruling giurisprudenziale.
Il mutato orientamento esegetico, secondo cui la competenza territoriale si radica nella sede del soggetto giuridico legittimato a istruire la pratica per i sinistro, è maturato – imprevedibilmente – soltanto dopo la commissione dei fati per cui si procede. Doveva quindi ritenersi competente, onde non applicare retroattivamente la nuova regola, il giudice del luogo di svolgimento delle condotte.
2.3. Il terzo motivo contesta – sotto il profilo della violazione dell’art. 642 cod pen. e del vizio di motivazione – la ritenuta responsabilità penale in relazione al capo 3.
La Corte di appello avrebbe pedissequamente reiterato le considerazioni del Tribunale, contraddittoriamente attribuendo al ricorrente, in difetto di accertamenti grafici, una firma espressamente qualificata come illeggibile ed omettendo di valutare l’impossibilità di sapere da NOME COGNOME, premorto, chi gli aveva conferito l’incarico di avanzare la richiesta di risarcimento. D’altronde, nessuna prova emergerebbe in merito alla falsità del sinistro
2.4. Con il quarto motivo, la difesa si duole della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, sulla base della mera ripetizione delle considerazioni espresse sul punto in primo grado.
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall’art. 17, decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché proposto con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.
L’imputato, nel proprio atto di gravame, aveva eccepito la nullità del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell’art. 179, comma primo, cod. proc. pen., per inosservanza delle disposizioni che concernono l’iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale. La natura evidentemente assoluta di tale nullità – con conseguente sua insanabilità e rilevabilità anche officiosa in ogni stato e grado del giudizio – avrebbe peraltro posto, prima facie, in termini di totale irrilevanza la novità della deduzione.
In maniera assolutamente corretta, la Corte di appello ha però rilevato come le imputazioni descrivano nel dettaglio tutti i fatti integranti la condotta tipica del fattispecie per cui si procede ossia le caratteristiche del sinistro denunciato all’assicurazione, i soggetti coinvolti, i veicoli utilizzati, la dinamica denunciata, falsità dei dati riportati nella denuncia e i dati relativi all’inoltro della rich risarcitoria. Può aggiungersi, per quanto attiene a NOME COGNOME, che è sempre stata specificata la sua qualità di amministratore di RAGIONE_SOCIALE (capo 1), RAGIONE_SOCIALE (capo 2) e RAGIONE_SOCIALE (capo 3). Queste conclusioni sono coerenti con la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale una simile nullità consegue soltanto alla omessa enunciazione del fatto in relazione alla condotta tipica del reato (Sez. 6, n. 9659 del 03/02/2015, Sarno, Rv. 262500; Sez. 1, n. 19928 del 09/04/2014, COGNOME, Rv. 259793).
Nel caso di specie, i fatti storici sono compiutamente rappresentati con adeguata specificità nei loro tratti essenziali, senza margini di incertezza sulle vicende o vulnera al diritto di difesa, di modo che neppure potrebbe ritenersi integrata la diversa ipotesi di nullità per genericità o indeterminatezza del fatto descritto nel capo di imputazione, ai sensi dell’art. 429, comma 2, cod. proc. pen. (nullità questa – come sottolineano, per inciso e ad abundantiam, i giudici di appello – relativa e dunque non rilevabile d’ufficio e, in concreto, non eccepita entro il termine decadenziale previsto dall’art. 491 cod. proc. pen. – cfr. Sez. 3, n. 19649 del 27/02/2019, S., Rv. 275749; Sez. 6, n. 50098 del 24/10/2013, C., Rv. 257910).
La censura è dunque manifestamente infondata.
Il motivo inerente alla individuazione della competenza territoriale in asserita violazione del legittimo affidamento dell’imputato non risulta – come può agevolmente evincersi dall’atto di gravame – previamente a suo tempo dedotto come motivo di appello ed è pertanto inammissibile ai sensi degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen.
La questione, peraltro, non è comunque rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del giudizio, avuto riguardo ai limiti temporali previsti dall’art. 21, comma 2, cod. proc. pen. per rilevare o eccepire, a pena di decadenza, l’incompetenza per territorio.
Le censure esposte nel terzo motivo, che contestano l’affermazione di responsabilità, risultano diverse da quelle consentite nel giudizio di legittimità, in quanto dirette a un’irrituale nuova ponderazione del compendio probatorio.
La Corte milanese ha condiviso la ricostruzione in fatto e in diritto operata in primo grado, evidenziando come il sinistro denunciato non si sia mai verificato (come desumibile dal diniego del conducente del mezzo e per il disconoscimento delle firme apposte sul modulo di constatazione amichevole) e come il cancello danneggiato, pure conservato, risultasse però oggetto di un identico incidente già denunciato e risarcito. L’attribuzione a COGNOME discende dall’incarico conferito allo studio tecnico, con allegata autocertificazione, da parte della RAGIONE_SOCIALE, proprietaria del terreno dove era avvenuto il sinistro, di cui era amministratore l’odierno ricorrente (coinvolto in truffaldine segnalazioni aventi dinamiche simili).
Questa motivazione risulta congrua e priva di illogicità manifesta o contraddittorietà ed è dunque intangibile in questa sede.
È generica per mancato confronto con la motivazione della sentenza impugnata e comunque manifestamente priva di fondamento anche la censura inerente al mancato riconoscimento delle circostanze di cui all’art. 62-bis cod. pen.
Coerentemente con la consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr., da ultimo, Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, dep. 2022, Bianchi, Rv. 282693, secondo la quale, ai fini del diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente il riferim a quelli ritenuti rilevanti, purché tale valutazione tenga conto delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall’interessato), i giudici di merito hanno ritenuto dirimente la valutazione di un elemento di segno negativo – i precedenti specifici – a fronte delle generiche osservazioni dell’imputato in ordine alle «reali modalità del fatto» e alla «reale personalità».
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione, come da dispositivo.
P.Q.M.
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende. a O O z
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Così deciso il 17 novembre 2023
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