Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25460 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 25460 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AVELLINO il 31/03/1994
avverso la sentenza del 25/10/2024 della CORTE di APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il primo motivo di ricorso e, previa declaratoria di irrevocabilità del capo di sentenza relativo all’accertamento della responsabilità, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 25 ottobre 2024 la Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza emessa il 9 novembre 2023 dal Tribunale di Roma, con la quale NOME COGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME erano stati dichiarati colpevoli del reato di cui all’art. 642, comma 2, cod. pen., loro i concorso ascritto, e condannati alle pene di legge.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione la sola COGNOME NOME, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando tre motivi di doglianza.
Con il primo motivo deduceva illogicità della motivazione e violazione degli artt. 642, comma 2, cod. pen. e 192 cod. proc. pen.
Assumeva, in particolare, che la Corte d’Appello si era adagiata sul percorso motivazionale seguito dal giudice di primo grado, senza effettuare una autonoma valutazione delle doglianza difensive sollevate, che aveva valutato le prove assunte in maniera inadeguata, considerato che non era emerso che la COGNOME fosse a conoscenza della richiesta di risarcimento avanzata dal proprio fidanzato, NOME COGNOME alla compagnia di assicurazione, che la mera circostanza che la COGNOME fosse alla guida del veicolo coinvolto nel sinistro descritto nell’imputazione aveva carattere equivoco e che non poteva escludersi che la sottoscrizione apposta dalla ricorrente sul modulo di contestazione amichevole (circostanza che la difesa riteneva non dimostrata) fosse stata apposta nell’inconsapevolezza della perpetranda frode assicurativa.
Con il secondo motivo deduceva violazione dell’art. 131-bis cod. pen., assumendo che la Corte territoriale aveva reso una motivazione apparente e illogica in relazione alla mancata applicazione della detta disposizione, richiamando le modalità della condotta e non considerando l’assenza di precedenti specifici in capo all’imputata, il contenuto disvalore dell’episodio delittuoso, che era rimasto isolato, e il comportamento complessivo tenuto dalla COGNOME.
Con il terzo motivo deduceva violazione dell’art. 20-bis cod. pen., assumendo che la Corte territoriale non aveva motivato in relazione alla statuizione di rigetto della richiesta di applicazione di una pena sostitutiva e che l’applicazione delle pene sostitutive era subordinata all’assenza del pericolo di recidiva e a una prognosi positiva in relazione all’adempimento delle relative prescrizioni.
In data 24 marzo 2025 la parte civile RAGIONE_SOCIALE ha depositato note conclusionali, con le quali ha chiesto la conferma della condanna dell’imputato e delle statuizioni civili e la condanna alla rifusione delle spese sostenute per il giudizio di legittimità, nonché nota spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
Va evidenziato in premessa come la Corte territoriale si sia espressamente confrontata con le fondamentali deduzioni difensive e l’omessa specifica valutazione degli altri dati richiamati nel ricorso non configura il vizio denunciato: va ribadito, infatti, che il giudice di appello, in presenza di una “doppia conforme” (è il caso di specie), nella motivazione della sentenza, non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr., Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593; Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, dep. 2019, C., Rv. 275853; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260841; di recente v. Sez. 2, n. 31920 del 04/06/2021, COGNOME, Rv. 281811, non mass. sul punto).
Inoltre, la presenza di una criticità su una delle molteplici valutazioni contenute nel provvedimento impugnato, laddove le restanti offrano ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo, non può comportare l’annullamento della decisione per vizio di motivazione, potendo lo stesso essere rilevante solo quando, per effetto di tale critica, all’esito di una verifica sul completezza e globalità del giudizio operato in sede di merito, risulti disarticolato uno degli essenziali nuclei di fatto che sorreggono l’impianto della decisione (cfr., Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227; Sez. 6, n. 3724 del 25/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267723; Sez. 2, n. 37709 del 26/09/2012, COGNOME, Rv. 253445). Neppure la mancata enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, co riguardo all’accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all’imputazione, determina la nullità della sentenza d’appello per mancanza di motivazione, se tali prove non risultano decisive e se il vaglio sulla loro attendibilità possa comunque essere ricavato per relationem dalla lettura della motivazione (cfr., Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, dep. 2019, C., Rv. 275853; da ultimo, cfr. Sez. 2, n. 26870 del 12/05/2022, COGNOME, non mass.).
Nel caso di specie la Corte d’Appello ha reso, in relazione alla ritenuta responsabilità della COGNOME, una motivazione immune da vizi, richiamando dati di fatto – quali la circostanza che la ricorrente aveva apposto la propria
sottoscrizione sul modulo CID quale conducente del veicolo coinvolto nel falso sinistro, nonché il fatto che la stessa si era recata al pronto soccorso lamentando di avere subito danni fisici in relazione al medesimo falso sinistro dai quali ha tratto conseguenze del tutto logiche in punto di consapevolezza in capo alla COGNOME della perpetranda frode assicurativa.
Parimenti infondato è il secondo motivo, dovendosi osservare che la Corte di merito ha fatto corretta applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., ritenendo che il fatto non potesse essere qualificato di particolare tenuità e in particolare escludendo che nel caso di specie specie l’oggettiva offensività del fatto potesse essere considerata minimale, avuto riguardo al fatto che si era in presenza di “una condotta che ha presupposto una elaborata collaborazione tra più soggetti, i quali hanno ritenuto di falsificare radicalmente la causa del danno occorso all’autoveicolo … al fine di frodare la compagnia di assicurazione …”.
Uno dei criteri utilizzati dalla giurisprudenza ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. è, per l’appunto, quello che fa riferimento alla minima offensività del fatto (per una ipotesi di applicazione del detto criterio v. Sez. 6, n. 35195 del 03/05/2022, Grigore Rv. 283731 – 01, secondo cui la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., è applicabile a reato di evasione, a condizione che la fattispecie concreta, all’esito di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno e alla colpevolezza, risulti caratterizzata da un’offensività minima; la sentenza tratta di una fattispecie relativa ad episodica violazione del permesso di uscita, per essersi l’imputato allontanato dalla abitazione ove era sottoposto a detenzione domiciliare in orario diverso da quello autorizzato).
3. È infondato anche il terzo motivo.
Deve, al riguardo, osservarsi che nel caso di specie la ricorrente ha beneficiato della sospensione condizionale della pena e che la regola dell’alternatività della sospensione condizionale della pena e dell’applicazione delle pene sostitutive brevi introdotta dal d. Igs. N. 150/2022 non è venuta meno per effetto della modifica dell’art. 545-bis cod. proc. pen. disposta dall’art. 2, d.lgs. 19 marzo 2024, n. 3 non essendo tale novella intervenuta a disciplinare i rapporti tra sospensione condizionale e pene sostitutive (v., in tal senso, Sez. 5, n. 45583 del 03/12/2024, COGNOME, Rv. 287354 – 01).
Si deve, infine, evidenziare che nella specie non risulta spirato il termine di prescrizione del reato, considerato che lo stesso è stato commesso il 12
giugno 2017, che il termine di prescrizione prorogato è nella specie pari a sette anni e sei mesi e che a tale periodo devono essere aggiunti 476 giorni di
sospensione del detto termine, di cui 434 relativi al giudizio di primo grado, termine la cui scadenza, pertanto, viene a cadere il 3 aprile 2026.
5. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere rigettato.
ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., al pagamento delle spese del procedimento. Non deve farsi luogo alla liquidazione delle spese della parte civile, considerato che la stessa non ha
fornito alcun contributo alla decisione, essendosi limitata a chiedere la conferma delle statuizioni civili (cfr.,
ex plurimis,
Sez. 4, n. 9179 del 31/01/2024, B.,
Rv. 285911 – 01, secondo cui nel giudizio di cassazione non dev’essere disposta la condanna dell’imputato al rimborso delle spese processuali in favore
della parte civile che non sia intervenuta nella discussione in pubblica udienza, ma si sia limitata a formulare la richiesta di condanna mediante il deposito di
una memoria in cancelleria, con allegazione di nota spese; la sentenza tratta di una fattispecie in cui la parte civile si era limitata a richiedere l’inammissibilit del ricorso, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione, sì da non fornire alcun contributo alla decisione).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Nulla per le spese richieste dalla parte civile.
Così deciso il 09/04/2025