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Frode assicurativa: chi può commettere il reato?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per frode assicurativa. La Corte ha ribadito che il reato previsto dall’art. 642 c.p. non è un reato ‘proprio’, ma può essere commesso da chiunque, anche da soggetti estranei al contratto di assicurazione, purché l’azione sia diretta a ledere il patrimonio della compagnia. Il ricorso è stato respinto anche perché mirava a una nuova valutazione delle prove, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Frode assicurativa: chi può commettere il reato? La Cassazione chiarisce

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce importanti chiarimenti sul delitto di frode assicurativa, previsto dall’articolo 642 del codice penale. La decisione sottolinea come questo reato non sia esclusivo del titolare della polizza, ma possa essere commesso da chiunque ponga in essere un’azione fraudolenta ai danni di una compagnia assicurativa. Analizziamo insieme i dettagli del caso e le conclusioni dei giudici.

Il caso: la falsa denuncia di un sinistro stradale

La vicenda giudiziaria ha origine dal ricorso presentato da un uomo, condannato nei precedenti gradi di giudizio per aver falsamente denunciato un sinistro stradale al fine di ottenere un risarcimento. L’imputato, titolare della polizza assicurativa, aveva richiesto il risarcimento per danni a un veicolo che, in realtà, non erano mai avvenuti, come comprovato dall’assenza di danni effettivi e di riparazioni sulla vettura.

Il ricorrente ha tentato di contestare la sentenza d’appello basandosi su due motivi principali:
1. Una presunta violazione di legge e illogicità della motivazione, sostenendo una carenza di ‘relazione di proprietà’ con la cosa assicurata.
2. La violazione di norme costituzionali e processuali, cercando di ottenere una nuova valutazione delle prove raccolte durante il processo.

La decisione della Corte di Cassazione sulla frode assicurativa

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno respinto entrambi i motivi presentati dalla difesa. Per quanto riguarda il primo punto, la Corte ha specificato che, essendo il ricorrente il titolare della polizza, aveva pieno titolo per denunciare il sinistro. L’elemento cruciale del reato non è la titolarità del bene, ma la falsità della denuncia, finalizzata a ottenere un ingiusto profitto.

Sul secondo motivo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento: il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito. Non è possibile, in questa sede, chiedere ai giudici di ‘rileggere’ o interpretare nuovamente le prove (come testimonianze o documenti), a meno che non si dimostri un palese e specifico travisamento dei fatti, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Le motivazioni: la natura del reato di frode assicurativa

Le motivazioni della Corte offrono spunti di riflessione molto importanti sulla natura del reato di frode assicurativa.

Il reato non è ‘proprio’ del solo contraente

Il punto centrale della decisione è la qualificazione del reato previsto dall’art. 642 c.p. come un’ipotesi speciale di truffa. Questo significa che non si tratta di un ‘reato proprio’, ovvero un reato che può essere commesso solo da chi riveste una particolare qualifica (in questo caso, il contraente della polizza).

Al contrario, la Corte, richiamando una propria precedente sentenza (n. 50996/2016), ha affermato che chiunque può essere autore del reato. L’elemento fondamentale è la condotta fraudolenta diretta a ledere il patrimonio della compagnia assicuratrice attraverso una manipolazione illecita del rapporto contrattuale. Pertanto, anche soggetti estranei al contratto (il cosiddetto ‘sinallagma’) possono essere chiamati a rispondere di questo delitto se partecipano all’inganno.

Inammissibilità delle censure sulla valutazione delle prove

La Corte ha inoltre chiarito che le doglianze relative alla valutazione delle prove sono inammissibili in sede di legittimità. Il ricorrente, infatti, proponeva una rilettura alternativa delle fonti probatorie, un’attività che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il ruolo della Cassazione è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non di riesaminare i fatti.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

L’ordinanza in esame consolida un importante principio giuridico: la platea dei soggetti che possono commettere il reato di frode assicurativa è molto ampia e non si limita al solo assicurato. Qualsiasi azione fraudolenta volta a ingannare l’assicurazione per ottenere un indennizzo non dovuto integra il reato, indipendentemente dal ruolo formale del soggetto nel contratto assicurativo. Questa interpretazione estensiva mira a fornire una tutela più efficace ai patrimoni delle compagnie assicuratrici contro le condotte ingannevoli. Infine, la decisione ribadisce la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità, confermando che la valutazione delle prove non può essere oggetto di un nuovo esame davanti alla Corte di Cassazione.

Chi può essere accusato del reato di frode assicurativa previsto dall’art. 642 c.p.?
Secondo la Corte, chiunque ponga in essere un’azione fraudolenta diretta a ledere il patrimonio delle compagnie assicuratrici, non solo il contraente della polizza. Il reato è considerato un’ipotesi speciale di truffa e non un ‘reato proprio’.

Cosa rileva per la configurazione del reato di frode assicurativa in caso di falso sinistro?
L’elemento determinante è la falsità della denuncia di un sinistro non avvenuto, comprovata dall’assenza di danni e riparazioni al veicolo. La titolarità della polizza in capo a chi denuncia è solo il presupposto che gli consente di agire, ma è la falsità della sua azione a costituire il reato.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione non può effettuare una rivalutazione o una rilettura alternativa delle fonti probatorie (come testimonianze o documenti), poiché il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non giudicare nuovamente i fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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