Frequentazione di Pregiudicati: Quando Basta per una Condanna? La Cassazione Chiarisce
L’obbligo di non frequentare persone con precedenti penali è una delle prescrizioni più comuni nelle misure di prevenzione. Ma cosa significa esattamente? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4088/2024, offre chiarimenti cruciali sulla frequentazione di pregiudicati, stabilendo principi rigidi e confermando un orientamento consolidato. La decisione in esame analizza e respinge i motivi di ricorso di un soggetto, fornendo una guida interpretativa di grande rilevanza pratica.
I Fatti del Caso
Un individuo, sottoposto a misura di prevenzione, proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che lo aveva condannato. La condanna si basava sulla violazione della misura, in particolare sull’aver intrattenuto rapporti con persone gravate da precedenti penali. Nello specifico, il ricorrente era stato controllato dalle forze dell’ordine in dodici occasioni in compagnia di soggetti pregiudicati. La difesa contestava la decisione su tre fronti, ritenendo le prove insufficienti e l’interpretazione della norma errata.
I Motivi del Ricorso e la questione sulla frequentazione pregiudicati
Il ricorso si articolava su tre motivi principali, tutti dichiarati manifestamente infondati dalla Suprema Corte:
1. Insufficienza degli elementi: La difesa sosteneva che dodici controlli non fossero un numero sufficiente per dimostrare un’associazione abituale, chiedendo di fatto una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità.
2. Qualifica dei soggetti frequentati: Si argomentava che le persone frequentate, sebbene condannate, non fossero anche sottoposte a misure di prevenzione. Secondo la tesi difensiva, la norma richiederebbe la compresenza di entrambe le condizioni.
3. Mancanza di conoscenza: Il ricorrente affermava di non essere a conoscenza dei precedenti penali delle persone con cui era stato controllato.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa, fornendo una motivazione chiara e basata su precedenti giurisprudenziali consolidati.
In primo luogo, la Corte ha ribadito che la valutazione sulla sufficienza del numero di incontri per configurare l’abitualità della frequentazione è una questione di merito, insindacabile in sede di Cassazione. Il ricorso che si limita a chiedere una diversa lettura delle prove è, per sua natura, inammissibile.
Sul secondo e più rilevante motivo, la Corte ha richiamato un’interpretazione storica e consolidata della normativa. Ha chiarito che, nell’espressione ‘persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza’, la congiunzione ‘e’ deve essere interpretata in senso disgiuntivo (‘o’). Questo significa che per integrare la violazione è sufficiente frequentare persone che abbiano subito condanne, anche se non sono attualmente sottoposte a misure di prevenzione. Questa interpretazione estende notevolmente l’ambito di applicazione del divieto.
Infine, riguardo alla presunta ignoranza dei precedenti penali, i giudici hanno affermato un principio di logica e di esperienza. La conoscenza dello status di pregiudicato di una persona può essere desunta da elementi fattuali e dal contesto socio-ambientale. Nel caso di specie, il fatto che tutti i soggetti coinvolti appartenessero alla comunità di un piccolo centro è stato ritenuto un fattore sintomatico sufficiente a presumere la conoscenza reciproca dei trascorsi giudiziari. In un contesto ristretto, è altamente probabile che la reputazione e i precedenti di una persona siano noti.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza della Cassazione conferma un approccio rigoroso nella valutazione della violazione delle misure di prevenzione. Le conclusioni che possiamo trarre sono nette: il divieto di frequentare pregiudicati si applica a chiunque abbia riportato una condanna penale, indipendentemente da altre misure a suo carico. Inoltre, la scusante della ‘non conoscenza’ dei precedenti altrui trova poco spazio, specialmente in contesti sociali ristretti dove la notorietà dei fatti è presunta. Questa decisione serve da monito per chi è sottoposto a tali misure, sottolineando la necessità di una condotta estremamente prudente e selettiva nelle proprie frequentazioni per non incorrere in gravi conseguenze penali.
Per violare la misura di prevenzione, è necessario frequentare persone che siano sia condannate che sottoposte a loro volta a misure di prevenzione?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che la norma ha una funzione disgiuntiva. Pertanto, è sufficiente associare persone che hanno subito una condanna penale, anche se non sono soggette a una misura di prevenzione o di sicurezza.
È possibile difendersi sostenendo di non conoscere i precedenti penali delle persone frequentate?
È molto difficile. La Corte ha stabilito che la conoscenza dei precedenti penali può essere desunta da elementi fattuali concludenti e dal contesto socio-ambientale, come l’appartenenza alla comunità di un piccolo centro, dove è plausibile che tali informazioni siano note.
Un numero limitato di controlli con persone pregiudicate è sufficiente per una condanna?
La valutazione sulla sufficienza del numero di controlli per integrare l’abitualità della frequentazione è una questione di merito, decisa dai giudici di primo e secondo grado. La Corte di Cassazione non può riesaminare questa valutazione dei fatti, ma solo verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4088 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4088 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a ADRANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/05/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che il ricorso deduca motivi manifestamente infondati, in quanto:
il primo motivo sulla sufficienza o meno, ad integrare il comportamento dell’associarsi abitualmente sanzionato dal combinato degli artt. 8 e 75 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, del numero di occasioni (dodici) in cui il ricorrente è stato controllato con soggetti pregiudicati, si limita a chiedere una rivalutazione delle evidenze probatorie, che è preclusa in sede di legittimità;
il secondo motivo sulla insufficienza, per integrare il reato contestato, della frequentazione di persone che siano soltanto condannate, ma non siano anche sottoposte a misura di prevenzione, è in contrasto con la interpretazione della giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto fin dalla vigenza della norma degli artt. 5 e 9 della I. 27 dicembr 1956, n. 1423, che nell’inciso” alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza” la congiunzione “e” abbia funzione disgiuntiva (Sez. 1, Sentenza n. 25708 del 16/04/2009, COGNOME, Rv. 243798);
il terzo motivo sulla conoscenza o meno dei precedenti penali a carico delle persone con cui il ricorrente è stato controllato, non è idoneo a disarticolare il percorso logico del sentenza impugnata, atteso che la giurisprudenza di legittimità ritiene che la stessa possa essere “desunta da elementi fattuali concludenti, come quelli attinenti al contesto socioambientale in cui si collocano i rapporti con il soggetto pregiudicato, o ad altri fatt sintomatici della relativa conoscenza” (Sez. 1, Sentenza n. 37163 del 19/07/2019, COGNOME, Rv. 276945), quale è stato ritenuto essere nel caso in esame la comune appartenenza dei soggetti alla comunità di un piccolo centro quale quello di Regalbuto;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11 gennaio 2024.