Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5158 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5158 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a Napoli il 06/11/1973 De COGNOME nato a Napoli il 06/11/1973 NOME nata a Napoli il 21/09/1968
avverso l’ordinanza del 05/09/2024 della Corte d’appello di Napoli Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale M. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 5 settembre 2024, la Corte di Appello di Napoli, in qualità di giudice dell’esecuzione, rigetta va le richieste di revoca dell’ordine di demolizione relativo agli abusi edilizi accertati con sentenza della Corte di Appello di Napoli del 10 febbraio 1998, divenuta irrevocabile il 16 aprile 1998, atteso l’intervenuto rilascio di due sanatorie in favore di COGNOME NOME e COGNOME relativamente agli appartamenti dagli stessi acquistati e facenti parte di un’unica st ruttura immobiliare abusiva nonché della sospensiva da parte del Tar Campania del provvedimento del
Comune di Marano con cui è stata disposta l’acquisizione al patrimonio comunale dell’immobile.
Avverso tale provvedimento hanno proposto separati ricorsi per cassazione le difese delle parti ricorrenti, articolando complessivamente tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Deducono, con tali motivi ( che, stante l’om ogeneità dei profili di doglianza mossi, meritano congiunta illustrazione), il vizio di mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 comma primo, lett. b) ed e), cod. proc. pen. e violazione dell’art. 546, cod. proc. pen ., con particolare riguardo alla mancata motivazione in ordine alla richiesta di nomina di un CTU (unico motivo avv. COGNOME; secondo motivo avv. COGNOME e alla erronea motivazione ed applicazione della l. n. 724 del 1994 in ordine alla legittimità dei permessi a costruire in sanatoria (motivo unico avv. COGNOME; primo motivo avv. COGNOME.
In sintesi, con riferimento alla prima parte del vizio dedotto, lamenta la difesa la carenza e/o insufficienza della motivazione in ordine alla richiesta istruttoria di nominare un CTU ( rectius , un perito, n.d.r.) al fine di verificare sia la correttezza delle conclusioni a cui perveniva il consulente tecnico della Procura Generale – Ing. NOME COGNOME – sia la validità tecnica e giuridica del ragionamento proposto nell’istanza introduttiva della procedura, corredata anche da relazione tecnica di parte dell’arch. NOME COGNOME Secondo la difesa, i giudici di appello avrebbero dovuto motivare in merito all’eventuale diniego dell’apporto tecnico d’ufficio.
Quanto, poi, alla seconda parte di tale vizio, la difesa lamenta che i giudici abbiano ritenuto che le sei diverse domande di permesso di costruire in sanatoria siano state strumentali ed artificiosamente volte ad ottenere la sanatoria di volumetria che, in caso di un unico fabbricato, non sarebbe rientrata nei parametri legali. Per la difesa, invece, tale argomentazione non trova riscontro negli atti processuali e amministrativi poiché, durante il sopralluogo effettuato, la Polizia Municipale ha individuato la realizzazione di tre villette a due piani fuori terra cadauna e non, invece, un unico fabbricato. Inoltre, la conformazione del fabbricato e la suddivisione degli spazi interni suggerivano, fin dall’origine, la realizzazione di tre villett e. La difesa ritiene che, già ragionando sull’esistenza di tre villette unifamiliari, si potrebbe ben superare il concetto di strumentalità ai fini dell’ottenimento dei benefici del condono che poteva, senza dubbio, essere concesso. Secondo la difesa, a ciò va aggiunto che nessun accertamento approfondito è stata eseguito nel sopralluogo del 07/07/1993 per poter escludere che sin da quella data erano già state realizzate le sei diverse unità abitative, seppur su di un unico terreno. La difesa contesta che la consulenza del consulente tecnico COGNOME non
si sofferma sul punto né i giudici prendono in considerazione la conclusione a cui perviene il consulente tecnico della difesa.
In data 13 dicembre 2024 sono pervenute le conclusioni scritte del Procuratore Generale, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi. Secondo il P.G., la Corte d’appello ha motivato congruamente, peraltro richiamando i provvedimenti di analogo tenore succedutisi nel tempo.
I motivi di ricorso, sostanzialmente sovrapponibili, sono inammissibili posto che la Corte d’appello non ha ritenuto necessaria una nuova perizia perché ha condiviso le risultanze dell’elaborato dell’ing. COGNOME ritenendole preferibili rispetto a quelle del consulente della difesa, e quindi non ha ritenuto necessario per decidere disporre un ulteriore accertamento tecnico. Ciò rientra perfettamente nelle scelte discrezionali del Giudice, per il quale l’integrazione istruttoria ha carattere eccezionale e viene disposta solo quando è indispensabile per decidere, cosa evidentemente non avvenuta nel caso di specie. Nel provvedimento impugnato, infatti, si argomenta in termini del tutto congrui sulle ragioni della conferma dell’esecuzione della demolizione, seppure sospesa sino al passaggio in giudicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Ed invero, con riferimento alla prima parte del vizio dedotto e in precedenza illustrato al § 2.1., ritiene il Collegio come tale vizio sia inammissibile poiché generico per aspecificità, non confrontandosi con la motivazione della Corte territoriale che ha già adeguatamente confutato la critica difensiva, acriticamente replicata dinanzi a questa Corte di legittimità, posto che la Corte di appello di Napoli ha ritenuto l’aff idabilità della relazione tecnica dell’ing. COGNOME priva dei vizi di logicità, non ritenendo, di conseguenza, necessaria ai fini della decisione, quella disposta dal consulente tecnico della difesa. Trattandosi di un potere discrezionale, nel caso di specie esercitato mediante una motivazione non manifestamente illogica (Sez. 1, n. 1700 del 14/04/1994, Rv. 197663 -01) , i giudici non hanno ritenuto sussistenti l’opportunità, la necessità e la rilevanza di disporre una nuova perizia, dal momento che ben potevano decidere la questione sulla base di elementi istruttori già acquisiti, ritenendo irrilevante o privo di giustificazione l’apporto di un ulteriore consulente.
Quanto, poi, alla seconda parte del vizio dedotto ed in precedenza illustrato al § 2.1, la Corte lo ritiene parimenti inammissibile.
3.1. Ed invero, facendo riferimento alla sentenza di questa Sezione n. 23633 del 2020, confermativa dell’ordinanza della Corte d’appello di Napoli del 15 ottobre 2019, si può senza dubbio affermare che tale motivo risulta inammissibile per aspecificità in quanto avente ad oggetto deduzioni che non si confrontano specificamente con le argomentazioni svolte nell’ordinanza impugnata ed in quella precedente pronunciata nel 2019 e divenuta irrevocabile per effetto della richiamata sentenza di questa Corte (nella quale si argomenta che l’edificio andava considerato complesso unitario in quanto facente capo ad un unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle separate unità che lo componevano dovevano riferirsi ad un’unica concessione in sanatoria, onde evitare l’elusione del limite legale di consistenza dell’opera), confronto doveroso per l’ammissibilità dell’im pugnazione, ex art. 581 cod. proc. pen., perché la sua funzione tipica è quella della critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Rv. 243838; Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Rv. 244181).
3.2. Inoltre, le concessioni in sanatoria a cui fa riferimento la difesa rilasciate nei confronti dei ricorrenti NOME, COGNOME e COGNOME sono da ritenersi illegittime, in quanto non conformi alla legge. Devesi rilevare, infatti, che la domanda di sanatoria edilizia, così come concepita normativamente, deve necessariamente considerare l’unità immobiliare nel suo complesso ed essere relativa ad opere il cui volume complessivo non superi i mc. 750.
Nel caso di specie, risulta che, in relazione all’originario fabbricato abusivo avente destinazione residenziale realizzato dal Forino Mario nel 1993, consistente in due piani fuori terra, suddiviso in tre unità abitative e costruito sul terreno di proprietà del Forino, sono state ricavate sei unità immobiliari, anche mediante la realizzazione di ulteriori ampliamenti rispetto a quelli accertati nel 1993, come rilevato dalla CTU dell’ing. COGNOME e sono state presentate, nell’arco di circa 14 anni, sei differenti domande di condono di cui una sola del Forino, mentre le altre sono state presentate dai successivi aventi causa, tutte relativamente ad ogni singola unità abitativa in cui è stato diviso il fabbricato abusivo, aventi volumetria inferiore ai 750 mc.
3.3. Occorre ribadire che no n risulta possibile tale frazionamento dell’unitario fabbricato abusivo. Questa stessa Corte – cfr. Sez. 3, n. 46831 dell’8/04/2015 , richiamata dalla stessa Corte di Appello -ha affermato che non è ammissibile il condono edilizio di una costruzione quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l’unità immobiliare in plurimi interventi edilizi in quanto è illecito l’espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, quando invece le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono ad esso funzionali, sì da costituire una costruzione unica. Ne consegue che i permessi a costruire in sanatoria devono essere ritenuti illegittimi e che ne deve, pertanto, essere disconosciuto l ‘effetto caducatorio dell’ordine di demolizione, essendo pacifico il potere
del giudice penale di non ritenere applicabile il condono ed il permesso a costruire in sanatoria, dovendosi dare corso alla procedura di demolizione.
3.4. Solo per completezza va, infine, osservato come le ulteriori deduzioni difensive, fondate su circostanze fattuali (ossia, da un lato, che durante il sopralluogo effettuato, la Polizia Municipale aveva individuato la realizzazione di tre villette a due piani fuori terra cadauna e non, invece, un unico fabbricato e che, inoltre, la conformazione del fabbricato e la suddivisione degli spazi interni suggeriva, fin dall’origine, la realizzazione di tre villette , unitamente al rilievo secondo il quale nessun accertamento approfondito sarebbe stato eseguito nel sopralluogo del 07/07/1993 per poter escludere che sin da quella data erano già state realizzate le sei diverse unità abitative seppur su di un unico terreno), non sono più riproponibili dinanzi a questa Corte di legittimità, ess endo stato ormai irrevocabilmente accertato l’illecito edilizio in questione, non essendo consentito ai ricorrenti di rimettere in discussione, mediante l’articolazione di argomenti fattuali, l’accertamento di merito, divenuto irrevocabile, circa la sussis tenza dell’illecito edilizio che ha dato causa alla demolizione. Deve, infatti, essere ribadito che l’ accertamento del giudice dell’esecuzione deve essere limitato alla valutazione degli elementi di fatto emergenti dalla sentenza di condanna, non potendosi estendere l’indagine all’esame del fascicolo processuale, in quanto altrimenti verrebbero rimessi in discussione fatti già coperti da giudicato (Sez. 1, n. 3854 del 23/09/1994, Comite, Rv. 199939 -01).
All’inammissibilità dei ricorsi conse gue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, determinata come da dispositivo, non potendosi escludere la colpa nella proposizione dei ricorsi.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 16/01/2025