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Fotocopia atto inesistente: quando è reato?

Un amministratore di società viene accusato di aver formato la fotocopia di un’autorizzazione edilizia inesistente per una pratica di leasing. Dopo una condanna in primo grado e un’assoluzione in appello, il caso giunge alle Sezioni Unite della Cassazione per risolvere un contrasto giurisprudenziale. La Corte stabilisce che la creazione di una fotocopia di un atto inesistente non costituisce reato di falso materiale, a meno che la copia non sia realizzata in modo tale da assumere l’apparenza di un documento originale. Poiché nel caso di specie il documento era palesemente una fotocopia, l’assoluzione viene confermata.

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Pubblicato il 14 agosto 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fotocopia di un atto inesistente: è reato? La parola alle Sezioni Unite

La presentazione di una fotocopia di un atto inesistente costituisce reato di falso materiale? A questa domanda, che per anni ha diviso la giurisprudenza, hanno risposto le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 35814 del 2019. La decisione traccia un confine netto, chiarendo in quali circostanze una condotta di questo tipo assume rilevanza penale.

Questo intervento è fondamentale perché affronta una situazione molto comune nell’era digitale e della riproduzione documentale, stabilendo un principio di diritto che bilancia la tutela della fede pubblica con la necessità di non estendere eccessivamente la portata delle norme penali.

I Fatti di Causa

La vicenda riguarda l’amministratore di una società immobiliare. L’uomo era stato accusato di aver formato e utilizzato la fotocopia di un’autorizzazione edilizia che, in realtà, il Comune non aveva mai rilasciato. Questa falsa fotocopia era stata presentata, tramite un perito, al capo dell’ufficio tecnico comunale.

Lo scopo era quello di completare una pratica di leasing finanziario: la disponibilità del (falso) permesso di costruire avrebbe infatti aumentato il valore del terreno oggetto dell’operazione, inducendo la società di leasing a concedere il finanziamento.

Il Tribunale di primo grado aveva condannato l’amministratore per il reato di falso materiale in atto pubblico. La Corte di Appello, invece, aveva ribaltato la decisione, assolvendolo con la motivazione che il fatto non sussiste. Secondo i giudici d’appello, la mera fotocopia di un atto inesistente, utilizzata come tale, non è sufficiente a integrare il reato. Da qui il ricorso alla Corte di Cassazione, che ha rimesso la questione alle Sezioni Unite a causa del forte contrasto interpretativo esistente.

Il Conflitto Giurisprudenziale sulla fotocopia di atto inesistente

La questione al centro del dibattito era se la creazione di una fotocopia di un atto inesistente potesse configurare il delitto di falso materiale. Sul punto esistevano due orientamenti principali:

1. Orientamento restrittivo: Sostenuto dalla Corte d’Appello, riteneva che il reato non sussistesse. La fotocopia, se non autenticata o presentata come se fosse l’originale, è solo una riproduzione meccanica priva di valore probatorio autonomo. Non potendo, di per sé, ledere la pubblica fede, la sua falsificazione non integra il reato.

2. Orientamento estensivo: Sostenuto dai ricorrenti (Procura Generale e parte civile), affermava che il reato fosse configurabile. Ciò che conta non è la natura del supporto (la fotocopia), ma l’intenzione di attestare falsamente l’esistenza di un atto originale e dei suoi effetti giuridici. La fotocopia, in questo senso, diventa lo strumento per trarre in inganno e ledere la fiducia che i terzi ripongono nei documenti.

Le Motivazioni della Cassazione

Le Sezioni Unite, chiamate a dirimere il contrasto, hanno risolto la questione formulando un principio di diritto chiaro e definitivo. La Corte ha stabilito che il delitto di falso materiale punisce la creazione di un documento falso o l’alterazione di uno vero, intendendo per “documento” un atto capace di attestare fatti con rilevanza giuridica.

Una semplice fotocopia, presentata come tale, non è un documento originale né una sua copia autentica. È una mera riproduzione che, secondo il Codice Civile (art. 2719 c.c.), ha la stessa efficacia dell’originale solo se la sua conformità non viene espressamente disconosciuta. Tuttavia, questo non la trasforma in un atto pubblico.

Il fulcro della decisione risiede nella distinzione tra la produzione di una fotocopia e la creazione di un documento che simula un originale. Le Sezioni Unite hanno chiarito che il reato di falso materiale si configura solo nella seconda ipotesi. In altre parole, non è sufficiente creare una fotocopia di un atto inesistente, ma è necessario che tale copia sia realizzata con modalità tali da farla apparire, essa stessa, come un documento originale.

La Corte ha quindi enunciato il seguente principio di diritto:

> «La formazione della copia di un atto inesistente non integra il reato di falsità materiale, salvo che la copia assuma l’apparenza di un atto originale».

Nel caso specifico, la sentenza impugnata aveva accertato in fatto che la fotocopia era “visibilmente riconoscibile come tale”, priva di qualsiasi attestazione di autenticità e di requisiti formali capaci di farla sembrare un originale. Di conseguenza, la condotta dell’imputato non rientrava nella fattispecie penale contestata.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza delle Sezioni Unite pone fine a un lungo dibattito e offre un criterio di valutazione chiaro per distinguere le condotte penalmente rilevanti da quelle che non lo sono. Le implicazioni pratiche sono significative:

* Non ogni fotocopia falsa è un reato: La semplice creazione e utilizzo di una fotocopia di un atto pubblico che non esiste non è, di per sé, un crimine di falso materiale.
* Rilevanza dell'”apparenza”: Il reato scatta solo quando la copia viene artefatta per simulare un documento originale (ad esempio, con timbri falsi, firme apposte su carta speciale, ecc.), inducendo così in errore sulla sua natura e non solo sul suo contenuto.
* Confine con la truffa: Una condotta come quella in esame, se non integra il falso, potrebbe comunque essere rilevante sotto il profilo del reato di truffa, qualora ne ricorrano tutti gli elementi costitutivi (artifizi o raggiri, induzione in errore, ingiusto profitto con altrui danno).

Questa decisione rafforza il principio di tassatività della legge penale, evitando che la norma sul falso materiale venga applicata a situazioni che, pur essendo illecite, non corrispondono pienamente alla condotta descritta dal legislatore.

Creare la fotocopia di un documento che non è mai esistito è sempre reato di falso materiale?
No. Secondo le Sezioni Unite della Cassazione, non è reato di falso materiale, a meno che la fotocopia non sia realizzata con caratteristiche tali da farla apparire come un documento originale a tutti gli effetti.

Qual è la differenza tra una semplice fotocopia falsa e un falso punibile penalmente?
La differenza risiede nell'”apparenza”. Una semplice fotocopia, presentata come tale, non integra il reato. Il reato si configura quando la copia è manipolata per sembrare un vero e proprio documento originale (con timbri, firme, o altri elementi che ingannano sulla sua natura), e non solo una riproduzione.

Perché la Corte ha confermato l’assoluzione dell’imputato in questo caso?
L’imputato è stato assolto perché il documento da lui prodotto era stato giudicato come una riproduzione fotostatica visibilmente riconoscibile come tale. Mancava di qualsiasi attestazione di autenticità o di elementi che potessero farla scambiare per un atto originale, condizione necessaria, secondo la Corte, per configurare il reato di falso materiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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