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Fornitore di droga: quando è partecipe all’associazione

La Corte di Cassazione ha confermato la misura di custodia cautelare per un soggetto accusato di essere un fornitore di droga per un’associazione criminale. La sentenza chiarisce che una relazione di fornitura stabile e continuativa è sufficiente a integrare la partecipazione al sodalizio, anche se il fornitore di droga non condivide direttamente gli utili o le perdite del gruppo. La consistenza delle forniture e la fiducia reciproca, dimostrata dai pagamenti differiti, sono stati considerati elementi chiave.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fornitore di droga e associazione a delinquere: quando scatta la partecipazione?

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale nel contrasto al narcotraffico: la linea di confine tra una semplice cessione di stupefacenti e la partecipazione a un’associazione criminale. Il caso analizzato riguarda un presunto fornitore di droga che, secondo la difesa, avrebbe avuto solo contatti sporadici con un gruppo criminale. La Suprema Corte, tuttavia, ha confermato la misura cautelare in carcere, delineando con chiarezza i criteri che trasformano un fornitore in un vero e proprio membro del sodalizio.

I fatti del caso

Un soggetto veniva sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa di essere partecipe di un’associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, in qualità di principale fornitore di cocaina. L’ordinanza del Tribunale del Riesame confermava la misura, basandosi su prove che indicavano la fornitura di ingenti quantitativi di droga (in un caso 15 kg, in un altro 17 kg) e la movimentazione di somme di denaro per centinaia di migliaia di euro. La difesa dell’indagato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo l’assenza di un vincolo stabile con l’associazione.

I motivi del ricorso

La difesa contestava la configurabilità del reato associativo, evidenziando diversi punti a favore del proprio assistito:

1. Mancanza di un vincolo stabile: i contatti con il gruppo erano, a dire della difesa, solo sporadici e finalizzati a singole cessioni.
2. Estraneità agli utili e alle perdite: il fornitore non partecipava ai profitti derivanti dalla vendita al dettaglio né si accollava le perdite subite dal gruppo, come dimostrato da un sequestro di denaro che era rimasto a suo esclusivo danno.
3. Rapporto di subordinazione: i contrasti con i vertici del gruppo e una posizione non paritaria avrebbero smentito l’esistenza di una sinergia criminale.

In sostanza, si sosteneva che la condotta del ricorrente si limitasse a singoli episodi di spaccio, seppur di grande entità, senza però la consapevolezza e la volontà di contribuire stabilmente alla vita e agli scopi dell’associazione.

L’analisi della Cassazione sul ruolo del fornitore di droga

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente i ricorsi, ritenendo le argomentazioni del Tribunale del Riesame logiche e ben fondate. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: l’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico può configurarsi anche nel rapporto stabile e continuativo tra fornitore e acquirenti.

Stabilità del rapporto e affectio societatis

Secondo la Corte, la diversità degli scopi personali (il profitto dalla vendita all’ingrosso per il fornitore, quello dalla vendita al dettaglio per il gruppo) non impedisce la realizzazione di un fine comune: lo sviluppo del commercio di stupefacenti. Ciò che conta è la stabilità del vincolo, che trascende le singole operazioni di compravendita.

Nel caso specifico, tale stabilità era dimostrata da molteplici elementi:

* Continuità delle forniture: le indagini, comprese intercettazioni e dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, avevano rivelato un flusso costante di droga dal fornitore al gruppo, iniziato ben prima degli episodi contestati.
* Ingenti quantitativi: la capacità di fornire decine di chili di cocaina presuppone un’organizzazione e una affidabilità che vanno oltre la singola cessione.
* Fiducia reciproca: il fatto che i pagamenti, anche di centinaia di migliaia di euro, avvenissero in momenti successivi alla consegna della merce testimonia un rapporto fiduciario consolidato, tipico di un’intesa associativa.
* Progetti futuri: le intercettazioni mostravano l’intenzione del gruppo di rivolgersi nuovamente allo stesso fornitore, confermando la natura duratura del legame.

Questi elementi, nel loro complesso, dimostrano la sussistenza della cosiddetta affectio societatis, ovvero la consapevolezza del fornitore di inserirsi in una struttura più ampia, contribuendo al suo funzionamento.

Valutazione delle esigenze cautelari

La Corte ha inoltre respinto le doglianze relative alla necessità della misura cautelare. Per reati come l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, opera una presunzione di pericolosità (art. 275, comma 3, c.p.p.). La straordinaria gravità dei fatti, il contesto criminale e i precedenti dell’indagato sono stati ritenuti sufficienti a giustificare il mantenimento della custodia in carcere, considerando generiche le affermazioni del ricorrente di aver cambiato vita e intrapreso un’attività lavorativa.

Le motivazioni della Decisione

La decisione della Suprema Corte si fonda sulla distinzione tra la valutazione richiesta per una misura cautelare e quella per una condanna definitiva. Per la custodia in carcere sono sufficienti i ‘gravi indizi di colpevolezza’, intesi come una qualificata probabilità di responsabilità, e non è necessario un quadro probatorio completo come nel giudizio di merito. La Corte ha ritenuto che il Tribunale del Riesame avesse motivato in modo logico e coerente la sussistenza di tali indizi, basandosi su una lettura complessiva degli elementi investigativi. La difesa, secondo i giudici, si era limitata a proporre una lettura alternativa dei fatti, operazione non consentita in sede di legittimità. Il rapporto tra il fornitore di droga e il gruppo criminale è stato qualificato come una ‘persistente sinergia’ da cui entrambe le parti traevano reciproci vantaggi, integrando così gli estremi della partecipazione al sodalizio.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce che la figura del fornitore di droga non può essere considerata automaticamente esterna a un’associazione criminale. Quando la fornitura non è un episodio isolato ma si inserisce in un flusso costante e organizzato, basato su fiducia e capace di movimentare ingenti quantitativi di sostanze e denaro, il fornitore diventa a tutti gli effetti un partecipe del sodalizio. La sua condotta, infatti, è un contributo essenziale alla vita e all’operatività del gruppo, indipendentemente dalla mancata condivisione formale di utili e perdite.

Quando un fornitore di droga viene considerato partecipe di un’associazione criminale?
Un fornitore è considerato partecipe quando il suo rapporto con il gruppo criminale è stabile, durevole e continuativo, andando oltre singole e sporadiche cessioni. Elementi come la fornitura di ingenti quantitativi, la fiducia reciproca (es. pagamenti differiti) e la consapevolezza di alimentare un mercato gestito dal gruppo sono indicativi della partecipazione.

Il fatto che il fornitore non partecipi agli utili o alle perdite dell’associazione esclude la sua partecipazione?
No. Secondo la Corte, la diversità degli interessi economici (profitto del fornitore vs profitto del gruppo) o il fatto che il fornitore si accolli le proprie perdite non sono elementi sufficienti per escludere la partecipazione, a condizione che esista un vincolo stabile e la consapevolezza di contribuire al fine comune dell’associazione, ovvero il traffico di stupefacenti.

Avere un lavoro e affermare di aver smesso l’attività criminale è sufficiente per revocare la custodia cautelare in carcere per reati associativi?
No. Per reati di particolare gravità come l’associazione finalizzata al traffico di droga, opera una presunzione legale di pericolosità. La Corte ha ritenuto che la straordinaria gravità dei fatti, il contesto e i precedenti penali dell’indagato prevalgano su generiche affermazioni di cambiamento di vita, rendendo la custodia in carcere una misura adeguata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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