Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7232 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7232 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Napoli il 12/10/2000
avverso l’ordinanza del 02/08/2024 del Tribunale di Napoli con funzione di riesame udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Uditi i difensori, avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ ordinanza impugnata, il Tribunale di Napoli con funzione di riesame, ha respinto la richiesta, in relazione all’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale in sede, del 16 luglio 2024, con la quale è stata applicata a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione ai reati di cui ai capi 1 e 2 dell’incolpazione provvisoria, escludendo soltanto la circostanza aggravante di cui all’art. 416 -bis .1 cod. pen.
Si tratta della contestazione del concorso nei reati di tentato omicidio, detenzione e porto illegali di arma comune da sparo contestati all ‘ indagato come commessi in concorso con il fratello NOMECOGNOME ai danni di NOME COGNOME colpito,
secondo la contestazione provvisoria, da più colpi di arma da fuoco nella regione addominale, alla natica, all’anca e alla coscia, così ponendo in essere atti diretti in modo non equivoco a cagionare la morte.
Propone tempestivo ricorso per cassazione l’indagato, per il tramite dei difensori di fiducia, avv.ti COGNOME e COGNOME , con due distinti atti di impugnazione.
2.1. Con il ricorso dell’avv. SCOGNOME COGNOME si denunciano due vizi , attraverso i motivi di seguito riassunti, nei limiti di cui all’ art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1.1. Con il primo motivo si denuncia vizio di motivazione in riferimento agli artt. 203, 266, 267, 271 cod. proc. pen., inutilizzabilità delle intercettazioni con riferimento all’assenza di motivazione in merito alla circostanza aggravante di cui all’art 416bis .1 cod. pen., in relazione ai decreti autorizzativi indicati a p. 2 del ricorso.
Sotto il primo profilo, si deduce che la difesa ha eccepito l’inutilizzabilità delle captazioni perché i decreti autorizzativi erano stati emessi e prorogati attraverso la valorizzazione di fonti confidenziali che non consentirebbero l’ emissione di alcun decreto, in quanto dati inutilizzabili nelle indagini preliminari, come da motivo esposto in apposita memoria riportata, per estratto, a p. 2 e ss. del ricorso.
Il difensore osserva che il Tribunale ha superato la questione con motivazione sintetica (cfr. p. da 9 a 12) che si riporta per stralcio.
La motivazione, però, secondo il ricorrente, non affronta l’eccezione procedurale dedotta visto che richiamare la sussistenza di problematicità relative al narrato della persona offesa rappresenta un dato del tutto neutro rispetto alla questione processuale devoluta.
Anzi, il fatto che era stata posta la deduzione secondo la quale la circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis .1 cit. era riconnessa unicamente a fonti confidenziali, era un dato da non trascurare perché idonea a supportare la deduzione di illegittimità di tutte le intercettazioni, in quanto autorizzate per la sussistenza di indizi, facenti leva su fonte inutilizzabile.
Si è, infatti, proceduto ad autorizzare le intercettazioni procedendo sulla base della necessità di sufficienti indizi e non di gravi indizi e per una durata maggiore rispetto a quella ordinariamente prevista, pur non potendo utilizzare la fonte posta base delle richieste di intercettazione perché derivante da notizie confidenziali.
Risulta, poi, fuori contesto il richiamo alla giurisprudenza di legittimità relativa all ‘ inutilizzabilità delle voci correnti ai fini dell’emissione del decreto autorizzativo delle captazioni perché il Tribunale non valuta la questione nei termini in cui era stata posta.
La difesa aveva specificato che i decreti autorizzativi, in particolare quanto alla gravità indiziaria in ordine alla circostanza aggravante, avevano come unica fonte quella confidenziale, mentre il Tribunale del riesame non smentisce tale dato, ma si limita a sostenere che le voci confidenziali avevano soltanto orientato le indagini. Tanto, specificando, senza alcun senso dal punto di vista della motivazione, che le intercettazioni erano state disposte sulle utenze telefoniche della persona offesa, quando si prospettava la falsità delle dichiarazioni da questa rese nelle sommarie informazioni testimoniali. Per il ricorrente l’argomento speso n on è attinente alla questione prospettata.
2.1.2. con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 273 cod. proc pen., 54, 56, 575 cod. pen. e vizio di motivazione.
La difesa, attraverso la memoria depositata, aveva contestato l’assunto espresso dal Giudice avverso i rilievi di cui a p. da 11 a 24 dell’ordinanza genetica, evidenziando che, nel caso di specie, l’unico elemento accusatorio era rappresentato da due captazioni, in assenza di testi oculari e di dati che documentino la presenza di Marigliano sul luogo teatro dei fatti.
Anzi, si evidenziava il contrasto tra le sommarie informazioni rese dalla persona offesa, il 23 ottobre 2023, rispetto a quanto risultava dalle captazioni.
Nelle sommarie informazioni, COGNOME accreditava l’idea di essere stato attinto da colpi di arma da fuoco per un tentativo di rapina di un orologio, ritenendo che si trattasse di una pistola a tamburo, di colore nero e senza cane.
La difesa evidenziava, invece, il contrasto con le risultanze delle captazioni rappresentando che, a voler seguire le sommarie informazioni testimoniali, i colpi sarebbero stati esplosi con un revolver . Risulta, invece, il rinvenimento sul manto stradale di una pistola semiautomatica, circostanza che esclude la provenienza dei colpi da un’arma da fuoco, tipo revolver .
Inoltre, si era evidenziato che la documentazione medica attestava che i colpi non erano posteriori ma anteriori, come assunto da NOME COGNOME nel colloquio con NOME COGNOME nella conversazione n. 43 del 26 ottobre 2023.
Si riporta stralcio delle deduzioni svolte con la memoria difensiva a p. 12 del ricorso.
Si evidenzia come il Giudice per le indagini preliminari non avesse valutato il contenuto della intercettazione n. 69 del 22 ottobre 2023, dalla quale si evinceva che la vittima aveva telefonato a NOME COGNOME, rappresentando di avere ‘ la borsa ‘ a casa ma che mancavano i ‘ lacc i’, nonché quella n. 83.
Nella prima, il Giudice, confrontando l’assunto del Pubblico ministero, riterrebbe che si tratta di un riferimento a una pistola mancante e alle relative munizioni.
La difesa, con la memoria, aveva evidenziato che queste due captazioni non avrebbero contenuto conforme all ‘ impostazione accusatoria.
Si tratta di conversazioni attraverso le quali si pensa, da un lato, che NOME COGNOME, figlio della persona offesa, aveva riferito alla nonna della mancanza di una pistola e delle relative munizioni; dall’altro, vi è una conversazione in cui gli interlocutori espongono la preoccupazione dell’eventuale arresto della persona offesa, nel caso in cui vengano rinvenute immagini tratte dalle telecamere.
Quindi, la difesa desume da queste conversazioni il diverso dato plausibile, secondo cui non solo la parte lesa era in possesso di un’arma ma anche che questa era stata usata, accreditando la tesi difensiva di una condotta attiva della vittima e del conseguente sparo, da parte degli indagati, per legittima difesa.
Diverso è il peso probatorio che viene riconosciuto dal Tribunale del riesame nelle due conversazioni.
Il Tribunale, valorizzati gli accertamenti compiuti nelle immediatezze, in particolare il reperimento di 7 bossoli calibro MM Luger, non terrebbe conto del contrasto con le sommarie informazioni testimoniali, rese da NOME COGNOME con le quali questi rappresentava di essere stato vittima di un tentativo di rapina e che gli era stato sparato un colpo di revolver .
Dunque, per il ricorrente, viene indebitamente attribuita valenza gravemente indiziante a due captazioni che, invece, collidono con le dichiarazioni della persona offesa, rappresentando, anzi, che le intercettazioni ambientali e telefoniche consentivano di ricostruire gli episodi e di svelare i retroscena dei rapporti tra le parti.
2.1.3. Con il terzo motivo si denuncia vizio di motivazione in punto sussistenza delle esigenze cautelari, violazione dell’art. 274 lett . c) cod. proc. pen.
Con le memorie difensive veniva prospettata l’assenza di pericolo di reiterazione e la possibilità della concessione della misura meno afflittiva degli arresti domiciliari, con il sistema di controllo a distanza del cd. braccialetto elettronico.
Tale richiesta veniva fondata sull ‘ incensuratezza di NOME COGNOME e sulla circostanza che il successivo episodio, ai danni di NOME COGNOME era fatto che non poteva incidere sul pericolo di reiterazione, risultando dalle captazioni un atteggiamento critico dei familiari del COGNOME e dello stesso computato, NOME COGNOME rispetto al comportamento avuto ai danni della persona offesa, evidenziandosi che lo stesso NOME COGNOME aveva offerto la somma di cento € alla vittima quale risarcimento.
Quindi, a fronte dell ‘ operato risarcimento, vi era stata richiesta di concessione della misura degli arresti domiciliari, peraltro, in territorio lontano da quello di realizzazione della condotta (Cassino), con lo strumento di controllo a distanza del cd. braccialetto elettronico.
Il Tribunale del riesame, invece, rimarca l’episodio dell’aggressione compiuta anche dal ricorrente, in concorso con NOME COGNOME, tale NOME e NOME COGNOME senza confrontarsi con le osservazioni difensive di cui alla memoria, rinviando al dato captativo, senza tenere conto dei rilievi formulati dalla difesa (p. 19 e ss. delle memorie). Né verrebbe valutata, in alcuna parte, la richiesta subordinata di concessione degli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico in Cassino.
2.2. Con il ricorso dell’Avv. S. COGNOME si denunciano due vizi.
2.2.1. Con il primo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 191, comma 1, 203, 267, comma 1bis cod. proc. pen. per l’utilizzo di intercettazioni autorizzate sulla scorta di notizie fornite da fonte confidenziale.
Il Collegio ha rigettato l ‘ eccezione sostenendo che l’autorizzazione non è avvenuta solo sulla scorta di notizie apprese da fonte confidenziale ma dopo che indizi di reità erano emersi aliunde , con conseguente necessità di ricorrere allo strumento captativo.
Le emergenze della fonte confidenziale, per il Tribunale, sono valse soltanto ad orientare le indagini in una certa direzione, poi rivelatasi corretta alla luce di quanto emerso dall’ascolto delle intercettazioni ambientali e telefoniche.
Anzi, il decreto di intercettazione delle utenze telefoniche in uso alla persona offesa, secondo il Tribunale, è stato adottato quando già vi erano elementi nel senso che, quest’ultima, sentita in ospedale dagli inquirenti, non aveva riferito la verità sulle modalità dell’accadimento.
L’ordinanza ha ritenuto che le intercettazioni sono state richieste e autorizzate su utenze diverse da quelle degli indagati, sulla scorta delle informative della polizia giudiziaria che davano conto del tentato omicidio, del sopralluogo effettuato, delle dichiarazioni rese dai genitori della vittima, che non fornivano di elementi utili a fini investigativi, dell’assenza di significative immagini acquisite dal sistema di videosorveglianza, nonché della necessità di procedere ad attività, ai fini di prosecuzione delle indagini, attraverso intercettazione.
Si denuncia vizio di contraddittorietà della motivazione, notando che si assume che, dalle dichiarazioni dei genitori della persona offesa, non emergevano elementi significativi e, comunque, che, né dal sopralluogo, né dalle immagini ricavate dal sistema di videosorveglianza, era stato possibile acquisire elementi indiziari.
Di qui la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui questa evidenzia che l’intercettazione era stata autorizzata soltanto per la prosecuzione delle indagini.
Del resto, lo stesso Tribunale esclude che la vittima abbia reso dichiarazioni veridiche circa il suo ferimento, sul motivo di questo e sull’arma adoperata dall’aggressore.
Sicché, unico elemento a carico, in quel momento, era rappresentato dalle dichiarazioni rese dalla fonte confidenziale, valse effettivamente ad orientare le indagini, ma nel senso proprio di consentire l’acquisizione di elementi indiziari mai menzionati, né dalle persone escusse a sommarie informazioni testimoniali, né dalla stessa persona offesa e neppure tratti dalle telecamere di sicurezza.
Infatti, si rileva che, nella richiesta di misura cautelare il Pubblico ministero, ha constatato il mancato funzionamento delle telecamere poste nelle vicinanze del luogo dei fatti.
Soltanto attraverso l’installazione di una microspia, all’interno della camera n. 543, in cui la vittima era stata ricoverata, con intercettazione in ambientale, era stato possibile acquisire informazioni riguardanti sia la motivazione dell’aggressione (cioè l ‘ aggressione al figlio NOME COGNOME) sia l’identificazione del killer in Stanislao Marigliano.
Lo stesso decreto di autorizzazione delle intercettazioni all’interno della stanza dell’ospedale dà conto della necessità di prosecuzione delle indagini, onde identificare i soggetti attivi del fatto.
È possibile, a parere della difesa, utilizzare i dati forniti da fonte confidenziale, ma solo al fine di conoscere il collegamento tra soggetto da intercettare e una certa utenza telefonica, non trattandosi di dati occorrenti ai fini della ricostruzione del quadro indiziario.
Nel caso di specie, invece, l’attività di captazione non aveva il fine di disvelare i rapporti tra intestatario della scheda telefonica e il suo usuario con gli indagati, ma quello di raccogliere veri e propri elementi indiziari da valutare unitamente ad altri già raccolti, in violazione del divieto di cui all’art. 13 del d.l. 152 del 1991 convertito dalla legge n. 203 del 1991 e dell’art. 203 cod. proc. pen., relativamente all’utilizzo di informazioni confidenziali ai fini di ritenere la sussistenza dei sufficienti indizi per disporre le intercettazioni.
La fonte confidenziale, nel caso di specie, ha contribuito all ‘ individuazione e ricostruzione del quadro indiziario a carico del ricorrente in violazione del divieto di cui all’art. 267, comma 1bis , cod. proc. pen.
Le conversazioni intercettate, rilevanti ai fini del riconoscimento dei gravi indizi di colpevolezza, sono due e precisamente quelle tra NOME COGNOME e NOME COGNOME intercettata all’interno della camera dell’ospedale in cui il primo era ricoverato, nonché quella intercorsa tra NOME COGNOME figlio della vittima e NOME COGNOME madre del suo amico NOME COGNOME
Per la difesa deriva, tenuto conto dell’assenza di filmati di telecamere di videosorveglianza, dell ‘ inconsistenza delle dichiarazioni rese dai soggetti a
sommarie informazioni testimoniali, reputate inutilizzabili le captazioni in ambientale, che mancano fonti da cui trarre la gravità indiziaria a carico del ricorrente.
2.2.2. Con il secondo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione di legge penale, violazione degli artt. 274, 292 cod. proc. pen. e vizio di motivazione circa la scelta della misura cautelare.
Il Tribunale del riesame conferma il giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari, seppure con ragioni diverse da quelle poste a base dell’ordinanza genetica.
Il Tribunale ha escluso dalla circostanza aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen., dunque la matrice camorristica dei fatti e ha così fatto venir meno la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari. Sicché, l ‘ ordinanza impugnata avrebbe dovuto rendere una motivazione solida e rafforzata per ritenere congrua la misura cautelare della custodia in carcere.
Il provvedimento, infatti, espone che l’ordinanza genetica è condivisibile in punto di sussistenza delle esigenze cautelari, per la gravità del fatto, nonostante incensuratezza dell’indagato, nonché per il coinvolgimento in un altro episodio, di lesioni personali ai danni di diversa persona offesa, di cui si è reso protagonista in concorso con altri.
Secondo la difesa, si tratta di motivazione apparente e contraddittoria perché, da una parte, dipinge Marigliano come trasgressivo e dall’altra ne indica lo stato di incensuratezza, senza tuttavia stabilire quali siano gli elementi in forza dei quali l’indagato deve essere considerato trasgressivo.
Il richiamo alla gravità dei fatti è soltanto generico e, comunque, il riferimento al secondo episodio si riferisce a un mero litigio tra ragazzi, nel corso del quale il ricorrente ha malmenato un coetaneo, fatto del tutto diverso, per modalità e per causale, da quello per il quale si procede.
Inoltre, il Tribunale ricava l’assenza di affidabilità per una misura meno gravosa dalla mancanza di comportamenti di resipiscenza, senza l’indicazione delle ragioni per le quali si perviene a questo epilogo decisorio.
Si contesta violazione dell’art 274 lett. c) cod. proc. pen., nel testo introdotto dalla legge n. 47 del 2015 che richiede che il pericolo sia concreto e anche attuale, con necessità di una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterate, alla stregua di un’accurata analisi della fattispecie concreta carente nella specie.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire memoria con la quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Le difese hanno fatto pervenire tempestive richieste di trattazione in camera di consiglio partecipata, ai sensi degli artt. 127 e 611 cod. proc. pen., come
modificato dall’art. 11, comm a 2, lett. a), b), c) e 3 del d. l. 29 giugno 2024, n. 89, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2024, n. 120.
All’esito della discussione orale, le parti presenti hanno concluso, all’odierna udienza, nel senso precisato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.1. L’atto di impugnazione, a firma dell’avv. COGNOME è infondato.
1.1.1. Il primo motivo devolve ragioni analoghe al primo motivo prospettata dall ‘ a vv. Impradice, sull’utilizzo , a carico dell ‘ indagato, delle risultanze di captazioni propiziate soltanto da fonte confidenziale, dunque, le censure possono essere trattate congiuntamente.
L’ordinanza impugnata ha confermato la ritenuta gravità indiziaria per i reati ascritti, in via provvisoria, all ‘ indagato, esclusa la circostanza aggravante mafiosa, sulla base, in particolare, anche di due intercettazioni ambientali acquisite agli atti.
Il ricorrente contesta l ‘ utilizzabilità degli esiti di tale attività captativa, in quanto attivata esclusivamente in base a fonti confidenziali e si afferma, anzi, che il Tribunale non avrebbe affrontato, compiutamente, il tema devoluto con il riesame, come ulteriormente articolato attraverso la memoria difensiva depositata.
Ciò posto, questo Collegio osserva che il ragionamento espresso, sul punto, dal Tribunale appare immune da illogicità manifesta ed esauriente.
Va premesso che è noto che secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, n. 11640 del 14/05/2019, dep. 2020, Moceo, Rv. 279322 -01) in tema di autorizzazione all’effettuazione di intercettazioni (nel caso del precedente citato, telefoniche), le informazioni confidenziali acquisite dagli organi di polizia giudiziaria determinano l’inutilizzabilità delle intercettazioni, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 267, comma 1bis e 203, comma 1bis , cod. proc. pen., soltanto qualora esse rappresentino l’unico elemento oggetto di valutazione ai fini degli indizi di reità, mentre il loro utilizzo è legittimo per avviare l’attività investigativa o per estenderne l’ambito alla ricerca di ulteriori elementi (in applicazione del principio la Corte ha ritenuto utilizzabili le intercettazioni telefoniche disposte in un procedimento relativo a delitto di lesioni personali in cui, a seguito di una telefonata anonima, le forze dell’ordine avevano individuato il luogo dell’aggressione e ivi appreso che la stessa era stata causata da una lite familiare).
Si rileva, alla stregua di tale principio di diritto, che l ‘ ordinanza impugnata affronta il tema devoluto in modo ineccepibile ed espone che la fonte confidenziale non è stata l ‘ unica ad aver orientato le ricerche in una determinata direzione e provocato l ‘ avvio dell ‘ attività di intercettazione utilizzata dai giudici del merito cautelare.
In primo luogo, l ‘ordinanza opera espresso riferimento alle dichiaraz ioni della vittima del reato di tentato omicidio, COGNOME il quale, sentito in ospedale, aveva riferito di una aggressione volta alla sottrazione di un suo orologio di valore, con l ‘ esplosione di un colpo di revolver .
In secondo luogo, si rileva che i provvedimenti di merito evidenziano che l ‘atti vità investigativa, a fronte della individuazione per la persona offesa, pur incensurata, di legami con persone prossime ad un sodalizio camorristico, si orientava nel senso della necessità di riscontrare la veridicità delle prime dichiarazioni rese. Tanto, anche in considerazione della circostanza, riferita dalla persona offesa, dell ‘u so di un revolver , a fronte del reperimento, sul luogo del delitto, di 7 bossoli calibro 9.
Dunque, in modo non manifestamente illogico (cfr. p. 9 dell ‘ordinanza impugnata) il Tribunale del riesame ha reputato che, alla data del l’autorizzazione all ‘ intercettazione ambientale, non vi era stata attivazione delle attività captative sulla sola base di quanto riferito da fonte confidenziale. Anzi, questa non risultava rilasciata sulla scorta di notizie apprese esclusivamente da fonte confidenziale, ma facendo riferimento anche a indizi emersi aliunde , tanto da rendere necessario ricorrere allo strumento captativo.
Il Tribunale spiega, in definitiva, che le investigazioni erano state avviate e vi erano elementi indiziari tali da porli a base della richiesta di autorizzazione alle intercettazioni, come la dichiarazione della persona offesa reputata non veritiera.
Del resto, che all ‘ esito della disposta attività di intercettazione ambientale, era stato possibile, ex post, acclarare le motivazioni del tentato omicidio, in uno all ‘ identificazione degli esecutori materiali, con esclusione, da parte del Tribunale, della circostanza aggravante di cui all ‘ art. 416bis .1 cod. pen. è circostanza che attiene al fisiologico epilogo dell ‘ indagine, risultata avviata, comunque, non esclusivamente sulla base delle informazioni assunte da fonte confidenziale.
Peraltro, si osserva che l ‘avv. COGNOME indica, genericamente, i decreti autorizzativi che avrebbero fatto riferimento, alla data della loro emissione, quale unica fonte, in relazione specificamente alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all ‘art. 416 -bis .1 cod. pen., a quella confidenziale, senza specificarne gli estremi, ovvero allegarli al ricorso, risultando, per tale parte dell ‘ eccezione, non soddisfatto il requisito dell ‘autosufficienza.
Invero, è noto che in tema di ricorso per cassazione, grava sulla parte che deduce l’inutilizzabilità di un atto, l’onere di indicare specificamente i documenti sui quali l’eccezione si fonda e, altresì, di allegarli, qualora essi non facciano parte del fascicolo trasmesso al giudice di legittimità (tra le altre, Sez. 5, n. 23015 del 19/04/2023, Rv. 284519 -01 in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale l’imputato aveva eccepito, senza tuttavia documentarlo, che le intercettazioni telefoniche erano state disposte in un procedimento diverso e per un reato non connesso a quello per il quale aveva riportato condanna; Sez. 6, n. 18187 del 14/12/2017, dep. 2018, Rv. 273007 01).
1.1.2. Il secondo motivo del ricorso dell ‘ avv. COGNOME è inammissibile.
Si osserva, in via generale, che va condiviso l’approdo interpretativo al quale è giunta la costante giurisprudenza di questa Corte che ha evidenziato come, in materia di provvedimenti de libertate , il sindacato del giudice di legittimità non possa estendersi alla revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi. Si tratta di apprezzamento di merito, rientrante nel compito esclusivo e insindacabile del giudice che ha applicato la misura e del Tribunale con funzione di riesame. La motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva è, dunque, censurabile solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile la logica seguita dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l’applicazione della misura (Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244 – 01, di cui si riprendono le argomentazioni; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400 – 01 Sez. 1, n. 6972, del 7/12/1999 – dep. 2000, COGNOME, Rv. 215331 – 01).
Nella specie, la critica si concentra sul contenuto delle due captazioni ambientali poste a base del giudizio di gravità indiziaria dai giudici di merito, attinto da censure versate in fatto, che mirano alla rivisitazione dell ‘ interpretazione dei dialoghi, offerta nel provvedimento impugnato, con ragionamento immune da vizi di ogni tipo, operazione inibita a questa Corte di legittimità.
Sul punto si osserva, inoltre, che, in materia di intercettazioni, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite, non evincibile nella specie (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar,
Rv. 263715 Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784).
Infine, si pretende il raffronto del contenuto delle due captazioni ambientali in esame, con le dichiarazioni della persona offesa, operazione di puro merito, non consentita nella presente sede.
1.1.3. Il terzo motivo prospettato dal difensore, corrispondente alla censura devoluta dall ‘ avv. S. COGNOME con il secondo motivo di ricorso, è infondato.
Anche con riferimento alle esigenze cautelari l’ordinanza è adeguatamente motivata.
Questa si confronta -pur rilevando lo stato di incensuratezza – non solo con la gravità del fatto commesso, reputato espressione di consistente pericolosità, ma anche con condotte successive, emerse a carico dell ‘indagato, giudicate, con ragionamento immune da illogicità manifesta e completo, espressione di consistente, concreta ed attuale pericolosità (cfr. p. 13 dell ‘ordinanza impugnata) , tanto da giustificare la più grave misura disposta con l ‘ ordinanza genetica.
La rivisitazione degli elementi indiziari e il loro rilievo in tema di esigenze cautelari, nonché la valutazione dell ‘intervenuto risarcimento del danno e la sua congruità ai fini che interessano, è operazione di merito, inibita in sede di legittimità.
Rispetto all ‘ invocata applicazione della meno grave misura degli arresti domiciliari, anche con il sistema di controllo a distanza, in zona distante (Cassino) da quella dove si sono svolti i fatti, la motivazione non è mancante, diversamente da quanto prospettato dal ricorrente (cfr. p. 13). Anzi, il Tribunale considera, allo stato, impraticabili presidi la cui efficacia sia affidata alla libera determinazione del sottoposto, riscontrando, con ragionamento di merito immune da vizi di ogni tipo, l ‘ assenza di garanzie di affidabilità e di segnali di resipiscenza.
Non appare condivisibile la prospettazione svolta con il ricorso dell ‘ avv. S. COGNOME quanto al secondo episodio cui si riferisce il Tribunale che, per la difesa ricorrente, si sarebbe limitato a un mero ‘ litigio tra ragazzi ‘ , nel corso del quale il ricorrente aveva malmenato un coetaneo.
Dal provvedimento impugnato risulta, invece, che l’ulteriore episodio che ha visto coinvolto il ricorrente, riguarda lesioni personali inferte, in concorso non solo con lo stesso NOME COGNOME ma anche con altre due persone, condotta che è descritta come attuata per il solo fatto che la vittima aveva reagito alle provocazioni del concorrente nel reato, NOME COGNOME
Si tratta, dunque, di episodio che, allo stato e in base a quanto emerge dallo stesso provvedimento impugnato, appare espressione di quella personalità ad elevata trasgressività e, comunque, incline alla reiterazione di fatti della stessa
indole di quello per il quale si procede, ravvisata dal Tribunale per confermare la più grave misura in esecuzione.
1.2. Il ricorso proposto dall ‘ avv. S. COGNOME è infondato.
1.2.1. Il primo motivo è infondato per le ragioni espresse al § 1.1.1.
È solo il caso di osservare che la difesa ravvisa una contraddittorietà della motivazione del Tribunale che non si rinviene, in base alla mera lettura del provvedimento impugnato.
Questo, invero, segnala la pluralità di attività investigative avviate, oltre a quanto appreso da fonte confidenziale e si sofferma, principalmente, sulla rilevata non veridicità delle dichiarazioni della vittima dell ‘ attentato, tenuto conto dei rilievi effettuati sul posto riguardo al tipo di pistola utilizzata per l ‘ esplosione di colpi. Tanto da rendere necessario procedere all ‘attività captativa nell’o spedale ove la persona offesa si trovava ricoverata.
Sicché, appare irrilevante il richiamo che opera la difesa alle restanti attività investigative che non avrebbero dato alcun elemento utile alle indagini (dichiarazioni rese dai genitori della vittima, assenza di significative immagini acquisite dal sistema di videosorveglianza).
1.2.2. Il secondo motivo è infondato, per le ragioni espresse al § 1.1.3.
È appena il caso di rilevare che il Tribunale non si è limitato a richiamare il giudizio espresso, in punto di esigenze cautelari, da parte del primo giudice, peraltro avendo escluso la circostanza aggravante speciale, ma tale giudizio viene adeguatamente e compiutamente svolto dall ‘organ o collegiale in via autonoma.
Infine, va precisato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il giudizio del Tribunale del riesame sull’inadeguatezza degli arresti domiciliari, come quello svolto nel caso di specie, in relazione al pericolo della reiterazione criminosa, per la sua natura di valutazione assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia idonea a giustificare anche l ‘ impossibilità di impiego di uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza previsti dall’art. 275bis cod. proc. pen., trattandosi di una valutazione che preclude ogni possibilità concreta di una custodia domiciliare (Sez. 2, n. 43402 del 25/09/2019, Rv. 277762 -01; Sez. 3, n. n. 43728 del 08/09/2016, Rv. 267933 -01). Invero, si è precisato che, in tema di arresti domiciliari, la prescrizione del cd. braccialetto elettronico non configura un nuovo tipo di misura coercitiva, ma una mera modalità di esecuzione ordinaria della cautela domiciliare; sicché il giudice, ove ritenga unicamente adeguata, come avvenuto nella specie, la custodia inframuraria in ragione della pericolosità dell’indagato e della peculiarità del fatto contestato, non è tenuto a motivare specificamente sull’inidoneità degli arresti connotati
dall’adozione del braccialetto (Sez. 4, n. n. 15939 del 14/03/2024, Rv. 286343 -01) .
Si impone, quindi, il rigetto del ricorso con la condanna alle spese, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Non derivando dal presente provvedimento, la liberazione dell’ indagato, vanno disposti, a cura della Cancelleria, gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempim enti di cui all’art. 94, comma 1ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 21 novembre 2024