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Foglio di via: quando il ritorno è un nuovo reato?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un individuo condannato per aver violato più volte un foglio di via obbligatorio. La sentenza chiarisce che ogni rientro nel comune vietato costituisce un reato distinto se non viene provata la permanenza ininterrotta sul territorio. Inoltre, viene ribadito che il giudice penale non può riesaminare nel merito la valutazione di pericolosità sociale fatta dal Questore, ma solo verificare la legittimità formale e la coerenza della motivazione dell’atto amministrativo.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Foglio di Via Obbligatorio: Permanenza o Pluralità di Reati? La Cassazione Fa Chiarezza

La violazione del foglio di via obbligatorio rappresenta una questione delicata che si colloca al confine tra diritto amministrativo e penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 28007 del 2024, offre importanti chiarimenti su due aspetti cruciali: la natura del reato e i limiti del controllo del giudice penale sull’atto del Questore. Analizziamo come la Suprema Corte ha affrontato il caso di un individuo accusato di essere rientrato più volte nel comune che gli era stato interdetto.

Il Caso: Violazione Ripetuta del Divieto di Ritorno

Un soggetto veniva condannato in primo grado e in appello per aver violato il divieto di ritorno in un comune della provincia di Bologna, imposto tramite un foglio di via obbligatorio emesso dal Questore. Il divieto, della durata di tre anni, era stato trasgredito in tre distinte occasioni nel giro di pochi mesi. La Corte d’Appello, pur confermando la colpevolezza, aveva ridotto la pena a tre mesi di arresto, unificando i tre episodi sotto il vincolo della continuazione.

L’imputato, tuttavia, decideva di ricorrere in Cassazione, sollevando due questioni principali: la presunta illegittimità del provvedimento amministrativo e l’errata qualificazione giuridica della sua condotta.

I Motivi del Ricorso: Legittimità dell’Atto e Unicità del Reato

La difesa ha articolato il ricorso su due pilastri:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione dell’atto amministrativo: Si lamentava che il provvedimento del Questore non specificasse in modo chiaro la categoria di pericolosità sociale del soggetto, rendendolo illegittimo e quindi meritevole di disapplicazione da parte del giudice penale. Inoltre, veniva contestata la parziale illeggibilità della data di notifica dell’atto.
2. Erronea applicazione della continuazione: Secondo il ricorrente, la sua condotta non configurava tre reati distinti, ma un unico reato permanente. Essendo la sua presenza nel comune vietato una situazione continuativa, non si sarebbero dovuti contestare tre episodi separati, ma un’unica violazione protrattasi nel tempo.

La Decisione della Cassazione sul foglio di via obbligatorio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile e in parte manifestamente infondato, rigettandolo integralmente e confermando la condanna. La decisione si fonda su argomentazioni precise che rafforzano principi consolidati in materia.

Le Motivazioni: Limiti al Sindacato del Giudice e Natura del Reato

La Corte ha smontato le argomentazioni difensive punto per punto. Innanzitutto, ha dichiarato inammissibili i motivi relativi alla data di notifica e alla qualificazione del reato come unico, poiché non erano stati sollevati nel precedente giudizio d’appello. La procedura impone che le doglianze siano presentate gradualmente nei vari gradi di giudizio.

Nel merito, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il sindacato del giudice penale sul foglio di via obbligatorio non può estendersi a una rivalutazione della pericolosità del soggetto. Il giudice deve limitarsi a verificare la conformità dell’atto alla legge, controllando che la motivazione sia plausibile e non meramente apparente. Nel caso specifico, la motivazione era più che sufficiente, basandosi su 136 iscrizioni nel casellario giudiziale e sulla dedizione dell’imputato a reati contro il patrimonio che turbavano l’ordine e la sicurezza pubblica.

Sul punto più controverso, quello della natura del reato, la Cassazione ha chiarito che, sebbene la violazione del foglio di via sia un reato permanente, esso non può essere considerato unico se l’imputato non fornisce nemmeno un principio di prova di non essersi mai allontanato dal comune vietato tra un accertamento e l’altro. In assenza di tale allegazione, ogni accertamento della sua presenza nel territorio interdetto configura un nuovo, autonomo reato, correttamente unificato dai giudici di merito con l’istituto della continuazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza consolida due importanti principi. In primo luogo, il potere del Questore nell’emettere un foglio di via obbligatorio è ampiamente discrezionale e il controllo del giudice penale è limitato agli aspetti formali e alla logicità della motivazione, senza entrare nel merito delle valutazioni di pericolosità. In secondo luogo, chi viola il divieto di ritorno e viene sorpreso più volte nel comune non può invocare automaticamente la tesi del reato permanente unico. Per farlo, deve almeno allegare e provare di non essersi mai allontanato dal territorio, trasformando così la sua condotta in un’unica permanenza illecita. In caso contrario, ogni ‘ritorno’ verrà considerato una nuova violazione, con le conseguenti implicazioni sul trattamento sanzionatorio.

Quando una violazione del foglio di via obbligatorio si considera un reato permanente unico e quando più reati distinti?
Si considera un reato permanente unico se l’autore della violazione dimostra, o quantomeno allega, di non essersi mai allontanato dal comune vietato tra i vari accertamenti. Se, al contrario, non vi è prova di una permanenza ininterrotta, ogni accertamento della presenza nel territorio interdetto configura un reato autonomo, che può essere unificato agli altri sotto il vincolo della continuazione.

Quali sono i limiti del controllo del giudice penale su un provvedimento di foglio di via emesso dal Questore?
Il controllo del giudice penale non può riguardare il merito della valutazione di pericolosità sociale fatta dal Questore. Il giudice deve limitarsi a una verifica di legittimità formale dell’atto, controllando che rispetti le prescrizioni di legge e che sia sorretto da una motivazione plausibile, non apparente, che enunci gli elementi di fatto su cui si fonda il giudizio di pericolosità.

È possibile presentare in Cassazione un motivo di ricorso non sollevato nel precedente giudizio di appello?
No, non è possibile. Le questioni che non sono state devolute alla cognizione del giudice di appello non possono essere dedotte per la prima volta con il ricorso per cassazione. Tali motivi vengono considerati inammissibili, in quanto si intende che la parte vi abbia rinunciato non proponendoli nel grado di giudizio precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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