Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24949 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24949 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
R.G.N. 11326/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME NOME nato a LECCE il 17/08/1996 avverso la sentenza del 14/02/2025 della Corte d’appello di Lecce udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso letta la memoria depositata dal difensore; dato atto che si Ł proceduto nelle forme della trattazione scritta;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 14/02/2024, la Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di Lecce in data 20/10/2023 che aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato ascrittogli e, esclusa la contestata recidiva, lo aveva condannato alla pena di mesi cinque di arresto, per aver violato, raggiungendo la città di Lecce, la prescrizione emessa dal Questore di Lecce in data 26/09/2019, notificatagli in pari data, che prevedeva il divieto di ritorno nel Comune per anni tre, senza la preventiva autorizzazione. Reato commesso il 19/01/2021.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME articolando i seguenti motivi.
2.1 Con il primo lamenta, ai sensi dell’art. 606 lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 76 d.lgs.n. 159/2011, motivazione carente, illogica e contraddittoria come risultante dal testo della sentenza impugnata e dalle prove assunte.
Il foglio di via andava disapplicato perchØ illegittimo per eccesso di potere, visto che faceva riferimento a numerosi precedenti penali per vari gravi reati, mentre dal certificato penale risultava una sola condanna per un furto commesso a Lecce nel 2015, anche diverso dal furto indicato nella motivazione del provvedimento del Questore.
Peraltro per diversi fatti per quali risultava segnalato l’imputato era stato assolto.
Con altra sentenza del 09/07/2021 per contestazione analoga, fondata sulla violazione dello stesso foglio di via, il Tribunale di Lecce aveva riconosciuto l’illegittimità del provvedimento e lo aveva disapplicato, assolvendo l’imputato.
2.2 Con il secondo motivo formula medesime censure con riguardo al fatto che al Luperto non Ł stata data comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 l.n. 241/1990 in relazione all’emissione del provvedimento del Questore. Il mancato avviso Ł stato giustificato dalle condizioni di necessità e di urgenza ma in assenza di una specifica motivazione che desse conto di quali fossero tali condizioni.
2.3 Con il terzo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606 lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 131-bis cod. pen., motivazione carente, illogica e contraddittoria come risultante dal testo della sentenza impugnata e dalle prove assunte. La Corte territoriale non aveva in alcun modo motivato sulla richiesta di applicare la causa di non punibilità nonostante l’esiguità del pericolo prodotto dalla condotta.
2.4 Con il quarto motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606 lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 62-bis cod. pen., motivazione carente, illogica e contraddittoria come risultante dal testo della sentenza impugnata e dalle prove assunte.
La Corte non aveva tenuto conto di alcuni elementi positivi emergenti dal processo, quali l’innocuità della condotta commessa solo per cercare lavoro e l’assenza di significativi precedenti penali.
2.5 Con il quinto motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606 lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 133 cod. pen.,
motivazione carente, illogica e contraddittoria come risultante dal testo della sentenza impugnata e dalle prove assunte.
La scelta di una pena solo di un mese inferiore al massimo edittale Ł ingiustificata.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, perchØ ripropone gli stessi motivi di appello già valutati nel merito dal giudice di appello e sui quali si richiede una diversa valutazione in fatto.
Con memoria depositata il 19/05/2025, il difensore ha insistito nel ricorso, richiamando una recente decisione della V sezione della Corte di cassazione che su analoga contestazione di condotta commessa in diversa data ma violando il medesimo provvedimento ha disposto l’annullamento con rinvio per valutarne la legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
Con il primo motivo si lamenta il difetto di motivazione della sentenza impugnata e la connessa violazione di legge in riferimento all’art. 76 d.lgs.n. 159/2011 con riguardo all’eccezione difensiva che chiedeva al giudice penale la disapplicazione del foglio di via violato dall’imputato.
Il provvedimento doveva ritenersi illegittimo per eccesso di potere, essendosi basato il Questore emittente su asseriti precedenti penali mentre invece le condotte in esso indicate erano con l’eccezione di una sola di esse – oggetto di denunce, segnalazioni di polizia o carichi pendenti. L’unico precedente penale aveva ad oggetto un furto commesso nel 2015, mentre per altri fatti Ł stato assolto.
2.1 La Corte di appello aveva respinto questa eccezione argomentando sul fatto che il provvedimento era stato motivato facendo riferimento a degli elementi comunque valutabili dal Questore e il mero errore sulla loro definizione giuridica non veniva considerato rilevante perchØ non li faceva venire meno come dati giustificativi delle prescrizioni.
L’appellante, invece, ritiene che la definizione giuridica degli elementi refluisce in maniera decisiva sulla legittimità dell’atto amministrativo, perchØ solo i precedenti penali danno certezza in ordine alla commissione della condotta, tanto piø quando, come nel caso di specie, il nucleo centrale della motivazione ha ad oggetto la loro sussistenza.
Tali argomenti non sono convincenti.
Il presupposto che, ai sensi della lettera c) dell’art. 1 d.lgs. n. 159/2011, fonda l’emissione del foglio di via, Ł l’essere dediti alla commissione di fatti criminosi, aventi le caratteristiche indicate dalla norma (offendere, o mettere in pericolo, l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica); sebbene il giudizio di pericolosità debba trarsi esclusivamente da condotte che possano integrare reati e non da mere violazioni di tipo amministrativo, al pari di tutti gli altri provvedimenti emessi in ossequio alle disposizioni del citato d.lgs. n. 159/2011 le condotte valutabili non sono solo quelle oggetto di sentenze definitive, ma anche quelle che valgono a prefigurare l’inclinazione alla commissione in futuro di altre condotte illecite delle specie che la misura di prevenzione ha la funzione di contenere.
E il controllo del giudice penale «senza potersi tradurre in una rivalutazione del giudizio di pericolosità espresso dal provvedimento stesso, deve riguardare la verifica della conformità di quest’ultimo alle prescrizioni di legge, tra le quali rientra l’obbligo di motivazione sugli elementi di fatto da cui viene desunto il giudizio di pericolosità» (Sez. F, n. 54155 del 27/07/2018, COGNOME, Rv. 274649 – 01).
Per questo, ad esempio, si Ł ritenuto che una condotta integrante illecito amministrativo, pure reiterata e sistematica e volta a conseguire profitti illeciti, non potesse sorreggere un giudizio di pericolosità.
E tuttavia, al pari di quanto previsto per l’applicazione delle piø intense prescrizioni connesse alle misure di prevenzione personale di matrice giurisdizionale, le condotte astrattamente integranti le fattispecie di reato possono essere tratte da ogni provvedimento giudiziario, anche non definitivo, «a condizione che ne sia effettuata un’autonoma valutazione» (Sez. 1, n. 10034 del 05/02/2019, Rv. 275054 – 01); difatti, «il giudizio di pericolosità presuppone un’oggettiva valutazione di fatti sintomatici della condotta abituale e del tenore di vita del proposto, da accertare in modo tale da escludere valutazioni meramente soggettive da parte dell’autorità proponente, il cui giudizio può basarsi anche su elementi che giustifichino sospetti o presunzioni, purchØ obiettivamente accertati, come i precedenti penali, l’esistenza di recenti denunzie per gravi reati, il tenore di vita, l’abituale compagnia di pregiudicati e di soggetti sottoposti a misure di prevenzione, ed altre manifestazioni oggettivamente contrastanti con la sicurezza pubblica, in modo che risulti esaminata globalmente l’intera personalità del soggetto come risultante da tutte le manifestazioni sociali della sua vita» (Sez. 5, n. 6794 del 14/12/1998, dep. 1999, P.m. in proc. COGNOME ed altri, Rv. 212209 – 01).
2.2 Quando la misura di prevenzione Ł di competenza del Questore, il costante, risalente e mai disatteso insegnamento della giurisprudenza di legittimità afferma che «in tema di contravvenzione al foglio di via obbligatorio, il giudice non può sostituire la propria valutazione al giudizio di pericolosità espresso dal Questore, in quanto, in tal modo, eserciterebbe un inammissibile sindacato giurisdizionale di merito sull’atto amministrativo mentre gli Ł consentito soltanto un sindacato di legittimità, consistente nella verifica della conformità del provvedimento alle prescrizioni di legge, tra le quali rientra l’obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità» (Sez. 1, n. 44221 del 17/09/2014, COGNOME, Rv. 260897 – 01); la verifica dell’assolvimento di tale obbligo deve arrestarsi sulla soglia dell’accertamento che non vi sia evidenza di abuso del potere discrezionale. SicchŁ, nel caso in cui il provvedimento del Questore sia sufficientemente motivato,
esso non può essere disapplicato. (Sez. 1, n. 248 del 13/12/2007, dep. 2008, COGNOME Rv. 238767 01; Sez. 1, n. 664 del 09/12/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv. 215243 – 01; Sez. 1, n. 9855 del 27/09/1993, P.m. in proc. COGNOME, Rv. 195337 – 01)
Tale orientamento si inserisce sulla linea esegetico-applicativa che piø in generale pone limiti precisi al potere di disapplicazione dell’atto amministrativo da parte del giudice penale e secondo la quale «il sindacato da parte del giudice penale sull’atto amministrativo Ł ammissibile nell’ipotesi di carenza di potere, che si configura allorchØ l’emanazione dell’atto sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni formali e sostanziali previste dalla legge» (così, ad esempio in Sez. 3, n. 18530 del 16/03/2018, COGNOME Rv. 273214 – 01).
Alla luce di queste premesse la doglianza difensiva non appare pertinente, risolvendosi in una contestazione del merito del provvedimento questorile laddove lamenta che esso ha utilizzato elementi non integranti precedenti penali in senso tecnico, perchØ non risultanti dal certificato penale dell’imputato.
NØ può dirsi che la Corte territoriale abbia omesso di verificare che la motivazione del provvedimento sulla pericolosità sia sorretta da plausibili indicazioni di elementi giustificativi del giudizio di pericolosità. La sentenza impugnata rileva che il provvedimento questorile cita una condotta di resistenza a pubblico ufficiale, risultante da una relazione di servizio del 26/09/2019, un suo comportamento allarmante constatato dalla polizia giudiziaria durante un servizio di prevenzione dello spaccio di stupefacente, quando si era sottratto ai controlli e di era dato alla fuga, rendendosi irreperibile, nonchØ tra l’altro la frequentazione di noti pregiudicati.
2.3 A fronte di questa compiuta e autonoma valutazione della legittimità formale delle prescrizioni violate dall’imputato, svolta nei limiti entro i quali il giudice penale può valutare la sussistenza delle condizioni per la disapplicazione dell’atto amministrativo, la Corte di appello, che ha svolto una corretta e congrua motivazione, non poteva essere in alcun modo vincolata da altri pronunciamenti di giudici di merito che invece avevano ritenuto invece il provvedimento questorile viziato da eccesso di potere. E difatti «l’acquisizione agli atti del procedimento, ai sensi dell’art. 238bis cod. proc. pen., di sentenze divenute irrevocabili non comporta, per il giudice di tale procedimento, alcun automatismo nel recepimento e nell’utilizzazione, a fini decisori, dei fatti e dei relativi giudizi contenuti nei passaggi argomentativi della motivazione delle suddette sentenze, dovendosi, al contrario, ritenere che quel giudice conservi integra l’autonomia e la libertà delle operazioni logiche di accertamento e formulazione di giudizio a lui istituzionalmente riservate» (Sez. 4, n. 10103 del 01/02/2023, De, Rv. 284130 – 01).
La Corte territoriale ha esercitato le proprie autonome prerogative valutative nella formulazione del giudizio attenendosi ai persuasivi principi in materia di misure di prevenzione, sopra richiamati, che rendono pienamente utilizzabili tutti gli elementi dimostrativi di condotte idonee a manifestare la pericolosità dell’imputato e la sua propensione alla commissione di condotte integranti fattispecie di reato. Ed Ł così giunta a conclusioni ragionevolmente difformi rispetto a quelle contenute nella sentenza del Tribunale di Lecce in data 09/07/2021, che ha invece disapplicato il provvedimento e alla quale la difesa attribuisce in maniera del tutto generica il carattere di precedente vincolante.
In ragione dell’ampiezza degli elementi legittimamente utilizzabili dal Questore per motivare il giudizio di pericolosità del destinatario del foglio di via, inoltre, questo Collegio non ritiene di aderire all’orientamento espresso da sez. V, n. 17653 del 09/05/2025, pure richiamata dalla difesa, poichØ non appare persuasiva l’affermazione secondo la quale un tale provvedimento deve considerarsi in assenza dei presupposti di legge, perchØ emesso «in contrasto con le risultanze del casellario giudiziale, ossia sulla base non già di numerosi precedenti penali, come affermato nel provvedimento bensì di un unico precedente penale per furto, e dell’esito di un controllo di PG per un episodio di spaccio, mentre il reato di resistenza a pubblico ufficiale Ł successivo»
La motivazione sugli elementi di fatto da cui desumere la pericolosità di COGNOME, a prescindere dalla loro definizione giuridica, deve considerarsi idonea a soddisfare i requisiti di legge.
3. Infondato Ł anche il secondo motivo di ricorso, che eccepisce l’omessa comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 l.n. 241/1990 in relazione all’emissione del provvedimento del Questore.
Anche su questo punto la Corte territoriale ha ampiamente motivato sul punto, evidenziando che le condizioni di necessità e di urgenza emergevano dalla motivazione.
Il ricorrente formula una mera protesta in ordine al fatto che nel provvedimento questorile si rinviene solo una motivazione stereotipata ma non si confronta con gli argomenti svolti dalla Corte territoriale, la quale ha dato una complessiva, ragionata e plausibile lettura dell’atto nel quale emerge plasticamente il crescendo delle condotte allarmanti del Luperto fino a giungere all’annotazione di servizio del 26/09/2019 sulla condotta di resistenza a pubblico ufficiale, commessa poco tempo prima. PoichØ lo stesso giorno della trasmissione dell’annotazione in cui veniva denunciato questo ulteriore episodio era stato emesso il provvedimento questorile, appare congrua e logica la conclusione dei giudici di merito che hanno ritenuto connessi a tali condotte in esso riportate le formule linguistiche che richiamavano la necessità e l’urgenza di emettere l’atto contenente le prescrizioni funzionali alla prevenzione della commissione dei reati e al contenimento della pericolosità sino ad allora manifestata.
E’ inammissibile, perchØ ripropositiva, controvalutativa e aspecifica, la censura che si duole della mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. in favore del COGNOME, ampiamente motivata dalla Corte territoriale, facendo riferimento all’incontestata commissione di condotte violative analoghe sia prima sia dopo quella oggetto del presente giudizio.
La decisione dei giudici di merito dà correttamente ossequio all’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, secondo la quale «ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità
della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il comportamento Ł abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame. (In motivazione, la Corte ha chiarito che, ai fini della valutazione del presupposto indicato, il giudice può fare riferimento non solo alle condanne irrevocabili ed agli illeciti sottoposti alla sua cognizione – nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui- ma anche ai reati in precedenza ritenuti non punibili ex art. 131 bis cod. pen.). (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591 – 01).
Del pari inammissibile Ł la doglianza in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Com’Ł noto, «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non Ł piø sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato» (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610 – 01).
Oltre alla preclusione che impedisce al giudice di limitarsi a prendere atto dell’incensuratezza per fondare la sua decisione di concedere le circostanze attenuanti generiche, dopo la riforma dell’art. 62-bis cod. pen. (che ha superato la presunzione di meritevolezza del beneficio in favore dell’imputato incensurato in assenza di elementi negativi), deve rilevarsi che la disposizione normativa, come riformulata e come costantemente interpretata dalla giurisprudenza di legittimità, richiede concreti elementi positivi a favore dell’imputato per giustificare la concessione delle circostanze attenuanti generiche, tanto che il giudice, dopo averne constatato l’assenza, non Ł tenuto nemmeno a motivare sulla mancata concessione del beneficio (tra le tante, sez. 4, n. 32872 dell’08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01).
Orbene la Corte territoriale nel presente giudizio non si Ł limitata a constatare l’assenza di elementi favorevoli per l’imputato, ma ha evidenziato la particolare gravità della condotta, che valutava unitamente a comportamenti analoghi precedenti e successivi, ad un precedente penale per furto ed altri procedimenti pendenti per vari reati (resistenza a pubblico ufficiale, lesione personale, evasione, tentato furto con strappo).
I giudici di merito hanno dunque compiutamente evidenziato l’incompatibilità del beneficio con la negativa personalità dell’imputato, sottolineando con congruo e insindacabile giudizio in fatto che la pena comminata all’imputato risulta già adeguata e proporzionata e non eccessivamente gravosa.
Gli argomenti difensivi, pertanto, sono inammissibili sia perchØ propongono una rivalutazione nel merito degli elementi, già valutati dalla Corte territoriale, sia perchØ non si confrontano con la logica trama della loro lettura combinata e di sintesi offertane dai giudici di merito e li parcellizzano, come se non fossero da incastonare in un quadro piø generale.
Non miglior sorte può avere la censura in ordine all’eccessività della pena. Il significativo scostamento dal minimo edittale Ł stato motivato in maniera congrua facendo riferimento a tutti i parametri di cui all’art. 133 cod. pen., evidenziando la personalità negativa e propensa alla reiterazione degli illeciti dell’imputato e per la constatata inefficacia dissuasiva delle precedenti otto condanne per fatti analoghe e delle condanne per altri delitti.
Le doglianze difensive non si confrontano con tale granitico elemento e propongono argomenti generici che mirano solo ad una mera rivalutazione del merito della decisione.
Il ricorso deve essere respinto con conseguente condanna dell’imputato al pagamento delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 27/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME