Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23901 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23901 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 26/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a KEBEMER( SENEGAL) il 30/08/1997
avverso la sentenza del 23/09/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di L’ Aquila ha confermato la sentenza del 15 giugno 2022 emessa dal Tribunale di Pescara con la quale NOME COGNOME è stato dichiarato colpevole del reato di cui all’articolo 76, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 15 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136).
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo tre motivi di ricorso, di seguito enunciati secondo il disposto di cui all’ 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 60 comma 1, lett. b) cod. proc. pen., l’inosservanza o l’erronea applicazion della legge penale o di altre norme giuridiche in ragione della violazione dell’articolo 5 All. E) della legge 20 marzo del 1865 n. 2248 che impone la disapplicazione l’atto amministrativo illegittimo.
In particolare, il ricorrente ha eccepito che il giudice d’appello avrebb dovuto verificare la legittimità della motivazione del provvedimento del foglio di via obbligatorio in ordine agli elementi di fatto sui quali è stato fondat giudizio di appartenenza del ricorrente ad una delle categorie dell’art. 1 del legge n. 1423 del 1956, sia in ordine ai motivi che inducevano a ritenere l’imputato socialmente pericoloso, non potendo ritenersi sufficiente la commissione di un solo reato sia pure grave.
A tal fine la difesa ha evidenziato che l’atto amministrativo, la cu violazione costituisce la condotta del reato di cui all’art. 76, comma 3, d. I n. 159 del 2011, era stato emesso in conseguenza di un divieto di avvicinamento e di custodia cautelare in carcere sul falso presupposto che egli avesse commesso atti di aggressività e di violenza nei confronti della e fidanzata, rilevando, a sostegno del motivo, che l’imputato aveva prodotto al giudice per le indagini preliminari documentazione attestante l’insussistenza della condotta di reato venendo revocata, poi, la misura cautelare custod ia le.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 60 comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza e l’erronea applicazion della legge penale in relazione al vizio di motivazione del provvedimento del Questore in ordine alla pericolosità sociale dell’imputato.
La difesa ha eccepito che la pericolosità sociale sarebbe stata ricondotta dal Questore all’applicazione della misura cautelare del divieto d avvicinamento alla ex fidanzata e alla presunta aggressione ai danni di quest’ultima, oltre che a una serie di violazioni, non specificate, di nor amministrative per uso di sostanze stupefacenti e in tema di ubriachezza, essendosi invece, poi, dimostrato – anche alla luce di un decreto d archiviazione adottato in relazione ad un analogo procedimento – che l’imputato non era l’autore delle condotte aggressive ma, piuttosto, la vittim tant’è che il Gip aveva revocato la misura e lo aveva prosciolto.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’artic 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. la mancata applicazione dell’art. 131 bis cod pen e il difetto di motivazione in ordine alla non applicabilità dell stesso.
La Corte d’appello, ed anche il giudice di primo grado, hanno negato l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’articolo 131-bis cod p ritenendo che non potesse ravvisarsi la particolare tenuità del fatto in ragio dei precedenti specifici dell’ imputato in tal modo incorrendo in un palese vizio della motivazione avendo ingenerato confusione tra la particolare i tenuità del fatto che concerne le modalità della condotta di reato, l’intens del dolo ed il requisito ostativo della abitualità della condotta.
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito evidenziate.
Priva di pregio è la censura dedotta con il primo motivo di ricorso concernente la mancata disapplicazione del provvedimento amministrativo adottato dal Questore per asserita illegittimità dello stesso.
La Corte d’Appello, aderendo alle valutazioni formulate dalla Giudice di primo grado, con motivazione corretta e esente da vizi logici, ha affermato la piena legittimità del foglio di via obbligatorio, avendo dato atto che provvedimento, nel momento in cui era stato adottato, era conforme alle prescrizioni di legge.
Nella sentenza impugnata si è, infatti, evidenziato che il provvedimento questorile, all’atto della sua emanazione, era da qualificarsi com legittimamente emesso perché adottato i non solo sulla base di un giudizio di
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pericolosità sociale derivante dal fatto che l’imputato era stato colpito da u misura restrittiva per un’aggressione nei confronti della ex fidanzata, ma anche in relazione a condotte rilevanti sul piano amministrativo per uso di sostanze stupefacenti e in tema di ubriachezza.
Ciò posto deve rilevarsi che in ordine alla contravvenzione al foglio di via obbligatorio, infatti, il sindacato del giudice relativo al provvedimento d Questore, non può tradursi in una rivalutazione del giudizio di pericolosit espresso dal provvedimento stesso, ma deve riguardare la verifica della conformità di quest’ultimo alle prescrizioni di legge, tra le quali rien l’obbligo di motivazione sugli elementi di fatto da cui viene desunto il giudizi di pericolosità (sez. F – Sentenza n. 54155 del 27/07/2018 Ud. (dep. 04/12/2018) Rv. 274649 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 44221 del 17/09/2014) Rv. 260897 – 01).
Deve pertanto affermarsi che la Corte d’appello, correttamente ha ritenuto che il giudice di primo grado non fosse tenuto a disapplicare il fogl di via per illegittimità dello stesso, non potendo rilevare ai fini del giudizi conformità alla legge accadimenti successivi alla sua adozione, quali appunto la revoca della misura cautelare e il proscioglimento dell’imputato a seguito della ritrattazione della ex fidanzata.
Infondata, per ragioni analoghe a quelle appena sopra evidenziate, è anche la deduzione oggetto del secondo motivo di ricorso con il quale è stato eccepito il vizio di motivazione del provvedimento questorile circa la pericolosità sociale dell’imputato; come già sopra rilevato il provvedimento impugnato ha ritenuto adeguatamente motivato il giudizio di pericolosità non solo alla luce dell’applicazione della misura restrittiva della libertà perso ma dai precedenti di polizia per le diverse violazioni amministrative i materia di stupefacenti e ubriachezza.
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Privo di pregio è anche il terzo motivo di ricorso. Si tratta d doglianza generica che evidenzia, ancora una volta, che il ricorrente, una volta venuta meno la misura cautelare, riteneva che fosse conseguenzialmente decaduta anche la misura di prevenzione. Il motivo di ricorso, pertanto, non si è specificamente confrontato con la motivazione del diniego dell’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. che, invece, n provvedimento censurato si incentra sulla personalità del ricorrente valutata alla luce dei cinque precedenti penali specifici ritenuti dai giudici di appel , l ostativi all’applicazione della causa di non punibilitàgmcle
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5. Per le ragioni che precedono il ricorso va, dunque, rigettato co conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai
sensi dell’art. 616 cod. proc. pena.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 26 marzo 2025.