Foglio di via obbligatorio: fino a dove si spinge il controllo del giudice penale?
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, torna a pronunciarsi su un tema cruciale che interseca diritto amministrativo e penale: i limiti del controllo del giudice penale sulla legittimità di un foglio di via obbligatorio. Questa misura di prevenzione, emessa dal Questore, incide profondamente sulla libertà di circolazione dei cittadini, e la sua violazione costituisce reato. L’ordinanza chiarisce che il sindacato del giudice penale non può trasformarsi in una nuova valutazione della pericolosità del soggetto, ma deve arrestarsi alla verifica della legittimità formale dell’atto.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un individuo destinatario di due provvedimenti di foglio di via emessi dal Questore, con divieto di fare ritorno nel comune di Catanzaro per tre anni. Nonostante il divieto, la persona veniva fermata in più occasioni all’interno del territorio comunale tra aprile e agosto 2018. Per tale violazione, veniva condannato dalla Corte di Appello per il reato previsto dall’art. 76, comma 3, del d.lgs. 159/2011 (Codice Antimafia).
L’imputato proponeva ricorso per Cassazione, contestando la legittimità del provvedimento amministrativo posto a fondamento della condanna. In particolare, lamentava un vizio di motivazione del foglio di via riguardo alla valutazione della sua pericolosità sociale.
La Decisione della Corte di Cassazione sul foglio di via obbligatorio
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno ribadito un principio giurisprudenziale consolidato: il giudice penale, chiamato a giudicare del reato di violazione del foglio di via, non può estendere il proprio sindacato al merito della valutazione discrezionale compiuta dall’autorità amministrativa (il Questore).
Il controllo del giudice penale è circoscritto alla verifica della conformità dell’atto amministrativo alle prescrizioni di legge. Questo include l’obbligo di motivazione, specialmente per quanto riguarda gli elementi di fatto su cui si fonda il giudizio di pericolosità del soggetto. Tuttavia, non può spingersi fino a una rivalutazione di tale giudizio.
Le Motivazioni: I Limiti del Sindacato Giudiziale
Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella netta separazione tra la giurisdizione penale e quella amministrativa. Il giudice penale può sindacare l’atto amministrativo solo in via incidentale e unicamente per rilevare vizi macroscopici, come la manifesta illogicità o l’arbitrarietà, che configurano un vero e proprio ‘abuso del potere discrezionale’.
Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva correttamente evidenziato che non sussisteva una ‘condizione patologica’ dell’atto amministrativo. La motivazione del foglio di via, basata su circostanze fattuali specifiche, non era né assente né palesemente illogica. Il ricorrente, invece, chiedeva al giudice penale una nuova e diversa valutazione dei suoi profili personologici, un’attività che esula dalle competenze di quel giudice e che spetta, in sede di impugnazione dell’atto, al giudice amministrativo.
La Cassazione ha richiamato un proprio precedente (Sez. F, n. 54155 del 27/07/2018), secondo cui ‘il sindacato del giudice in ordine al provvedimento del Questore, senza potersi tradurre in una rivalutazione del giudizio di pericolosità espresso dal provvedimento stesso, deve riguardare la verifica della conformità di quest’ultimo alle prescrizioni di legge’.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. Chiunque sia destinatario di un foglio di via obbligatorio e ritenga ingiusta la valutazione di pericolosità alla base del provvedimento, non può attendere il processo penale per violazione dello stesso per contestarne il merito. La sede appropriata per contestare la valutazione discrezionale dell’autorità di pubblica sicurezza è il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR).
In sede penale, la difesa può solo sperare di dimostrare un vizio formale grave dell’atto, come la totale assenza di motivazione o una sua palese irragionevolezza. In assenza di tali vizi, il provvedimento è considerato legittimo e la sua violazione integra il reato, con la conseguente condanna.
Un giudice penale può annullare un foglio di via obbligatorio se lo ritiene ingiusto nel merito?
No, il giudice penale non può sostituire la propria valutazione a quella dell’autorità amministrativa. Il suo controllo è limitato alla legittimità formale dell’atto, come la presenza di una motivazione, e non può estendersi alla rivalutazione del giudizio di pericolosità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure del ricorrente miravano a ottenere una nuova valutazione dei profili di pericolosità, un’attività che esula dalle competenze del giudice penale e che attiene al merito del provvedimento amministrativo.
Qual è l’unico caso in cui il giudice penale può ‘sindacare’ un foglio di via?
Il giudice penale può esaminare l’atto amministrativo per verificare la presenza di una ‘condizione patologica’, come l’evidenza di un abuso del potere discrezionale, che si manifesta in una motivazione totalmente assente, arbitraria o manifestamente illogica.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4624 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4624 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANZARO il 18/11/1985
avverso la sentenza del 19/03/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata con la quale la Corte di appello di Catanzaro ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del delitto di cui all’art. 76, comma 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 perché, sottoposto alla misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio nel Comune di residenza, con divieto di fare ritorno nel Comune di Catanzaro per anni tre, in virtù di provvedimenti del Questore di Catanzaro dell’8 maggio 2015 e del 23 maggio 2018, veniva fermato a Catanzaro in diverse occasioni dall’aprile all’agosto 2018;
letto il motivo di ricorso con il quale è stato eccepito il vizio di motivazione con riguardo alla legittimità del provvedimento di foglio di via obbligatorio;
rilevato che:
il profilo contestato dal ricorrente ha formato oggetto di specifica e puntale motivazione da parte della Corte di appello che, rispondendo al correlato motivo di impugnazione, ha evidenziato come il giudice non possa estendere il proprio sindacato al merito dell’atto amministrativo, potendo verificarne solo la conformità alle prescrizioni di legge, con specifico riferimento al rispetto dell’obbligo di motivazione sulla pericolosità del soggetto;
è stata richiamata, sul punto, la giurisprudenza che indica nell’«evidenza di abuso del potere discrezionale» l’ambito del controllo incidentale, segnalando la mancanza, nel caso di specie, di tale condizione patologica dell’atto amministrativo, alla luce delle circostanze fattuali che ne hanno determinato l’adozione;
ritenuto che:
tale profilo della motivazione non forma oggetto di specifica contestazione, avendo sollecitato il ricorrente la rinnovata valutazione dei profili personologici dell’imputato allo scopo di contestare la legittimità dell’atto amministrativo, ma non la ricorrenza delle condizioni che consentono il limitato sindacato del giudice penale rispetto al provvedimento del Questore;
considerato che l’orientamento giurisprudenziale del quale la Corte di appello ha fatto applicazione costituisce arresto consolidato di questa Corte, dovendosi ribadire che «in tema di contravvenzione al foglio di via obbligatorio, il sindacato del giudice in ordine al provvedimento del Questore, senza potersi tradurre in una rivalutazione del giudizio di pericolosità espresso dal provvedimento stesso, deve riguardare la verifica della conformità di quest’ultimo alle prescrizioni di legge, tra le quali rientra l’obbligo di motivazione sugli elementi di fatto da cui viene desunto il giudizio di pericolosità» (Sez. F, n. 54155 del 27/07/2018, COGNOME, Rv. 274649);
considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/12/2024