Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1536 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1536 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a TEANO il 26/01/1975
avverso la sentenza del 04/04/2023 della CORTE APPELLO di
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria inviata in forma scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, dl. 2 ottobre2020, n. 137, e succ. mod., con la quale il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
Trattazione scritta
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di L’Aquila confermava la decisione resa in data 16 aprile 2021, con la quale il Tribunale di Chieti aveva condannato NOME COGNOME alla pena di due mesi di arresto perché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 76, comma 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, in quanto, essendo sottoposto alla misura del foglio di via obbligatorio disposta dal Questore di Chieti con provvedimento del 20 ottobre 2016, notificatogli in data 13 gennaio 2017, con divieto di fare ritorno nel territorio de Comune di Miglianico per tre anni, veniva sorpreso il 23 giugno 2018 nell’area di sosta dell’autostrada A/14, denominata “Alento Ovest”, ricadente nel territorio del suddetto Comune.
Avverso la menzionata sentenza ha proposto ricorso l’interessato, per il tramite del difensore avv. NOME COGNOME deducendo, con un unico motivo, omessa motivazione in relazione alla richiesta di assoluzione.
Si duole, in particolare, il difensore del ricorrente della mancata risposta, da parte della Corte di merito, al motivo di gravame con il quale si contestava la legittimità del provvedimento questorile presupposto, in quanto privo dell’ordine di rimpatrio verso il luogo di residenza.
Nella sua requisitoria, fatta pervenire in forma scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, e succ. mod., il Procuratore generale presso questa Corte ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va rigettato, perché infondato.
Occorre premettere che la condotta sanzionata dall’art. 76, comma 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, consiste nella contravvenzione alle disposizioni di cui all’art. 2 del medesimo decreto, a tenore del quale «Qualora le persone indicate nell’articolo 1 siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale sono allontanate».
La norma individua e descrive il contenuto del provvedimento amministrativo (la cui inosservanza integra il reato e che ne costituisce il necessario antecedente logico-giuridico) e lo configura come una misura di prevenzione di natura promiscua, che assomma effetti coercitivi e inibitori: il rimpatrio, con il foglio di via obbligatorio, e il divieto di ritorno.
2.1. Secondo il più recente orientamento espresso da questa Corte sul tema, cui il Collegio intende dare continuità, le richiamate prescrizioni di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel comune oggetto dell’ordine di allontanamento costituiscono condizioni imprescindibili e inscindibili per la legittima emissione del foglio di via obbligatorio, dal che consegue che la mancanza di una sola delle due determina l’illegittimità del suddetto provvedimento, sindacabile dal giudice penale, e la conseguente insussistenza del reato di cui all’art. 76, comma 3, citato (Sez. 1, n. 34556 del 18/4/2023, COGNOME, Rv. 285058; Sez. 1, n. 24163 del 11/3/2022, COGNOME, Rv. 283403; Sez. 1, n. 14023 del 17/2/2022, Ciurar, R.v. 282851; Sez. 1, n. 13975 del 5/3/2020, Kim, Rv. 278821; Sez. 1, n. 11645 del 10/1/2020, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 278587; Sez. 1, n. 4374 del 20/12/2019, dep: 2020, COGNOME, Rv. 278158).
Nel caso di specie, esaminato il provvedimento questorile, si rileva l’esistenza dell’ordine di rientro presso il Comune di abituale dimora, che va raccordato con la precisa indicazione, contenuta nelle premesse dell’atto amministrativo, del luogo di residenza, individuato nel Comune di Montesilvano, in provincia di Pescara.
In mancanza di specifica contestazione difensiva, i due luoghi ora menzionati (Comune di abituale dimora e Comune di residenza) devono ritenersi coincidenti, anche in virtù della disposizione espressa contenuta nell’art. 43, comma 2, cod. civ. (“La residenza è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”), sicché non può fondatamente sostenersi, come fa il ricorrente, che il foglio di via obbligatorio oggetto di esame non contenesse (anche) l’ordine di rimpatrio nel luogo di residenza.
Va aggiunto che la data di commissione del fatto (23 giugno 2018) rientra appieno nella sfera di vigenza dell’art. 159, secondo c:omma, n. 1), cod. pen., nella versione introdotta dalla I. 23 giugno 2017 (c.d. legge “Orlando”), disposizione concernente i reati commessi fra il 3 agosto 2017 e 1° gennaio 2020, a mente della quale: “Il corso della prescrizione rimane sospeso nei seguenti casi: 1) dal termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio, per un tempo comunque non superiore ad un anno e sei mesi; [..1”.
La limitata vigenza temporale della disposizione in commento si spiega in quanto, a partire dal 10 gennaio 2020, va applicato l’istituto della cessazione del corso della prescrizione, inserito nel nuovo art. 161-bis, primo periodo, cod. pen. (introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. c), I. 27 settembre 2021, n. 1-734), da
considerarsi in rapporto di continuità normativa con l’omologa causa di sospensione legata alla sola pronuncia della sentenza di primo grado, prevista dall’art. 159, comma secondo, cod. pen. (disposizione a sua volta introdotta dalla legge n. 3 del 2019 sempre a far data dal 1° gennaio 2020).
In applicazione della norma richiamata, il reato contravvenzionale contestato – commesso, come detto, il 23 giugno 2018 – non può ritenersi prescritto, in quanto, ai cinque anni previsti dagli artt. 157 e 161 cod. pen. (spirati il 23 giugno 2023), deve sommarsi l’ulteriore periodo di un anno e sei mesi (essendo decorso, nel caso in esame, un tempo maggiore fra la data di deposito della sentenza di primo grado e la pronuncia del dispositivo della sentenza d’appello), con il conseguente slittamento del termine prescrizionale alla data del 23 dicembre 2024.
Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il President