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Foglio di via: legittimo se indica la residenza

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un individuo condannato per aver violato un foglio di via obbligatorio. L’imputato sosteneva l’illegittimità del provvedimento per l’assenza di un esplicito ordine di rimpatrio. La Corte ha stabilito che il provvedimento era legittimo poiché, nelle premesse, indicava chiaramente il comune di residenza abituale verso cui fare ritorno, rendendo l’ordine di rimpatrio implicito ma effettivo. La condanna è stata quindi confermata.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Foglio di Via: la Cassazione sui Requisiti di Legittimità

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 1536/2024, è tornata a pronunciarsi sui requisiti di validità del foglio di via obbligatorio, una misura di prevenzione cruciale per la sicurezza pubblica. La pronuncia chiarisce un punto fondamentale: la legittimità del provvedimento dipende dalla presenza congiunta dell’ordine di allontanamento e dell’ordine di rimpatrio, anche se quest’ultimo non è formulato in modo esplicito ma è chiaramente desumibile dal contesto dell’atto.

I Fatti di Causa: la Violazione del Divieto di Ritorno

Il caso esaminato trae origine dalla condanna di un individuo per la violazione del reato previsto dall’art. 76, comma 3, del D.Lgs. 159/2011. L’imputato era stato destinatario di un foglio di via obbligatorio emesso dal Questore, con il quale gli veniva imposto di non fare ritorno nel Comune di Miglianico per tre anni. Nonostante il divieto, l’uomo veniva sorpreso all’interno di un’area di sosta autostradale ricadente proprio nel territorio di quel comune. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello confermavano la sua responsabilità penale.

Il Ricorso in Cassazione e la questione sul foglio di via

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandosi su un unico motivo: la presunta illegittimità del provvedimento del Questore. Secondo il ricorrente, il foglio di via sarebbe stato nullo in quanto privo dell’ordine di rimpatrio verso il luogo di residenza, un elemento considerato imprescindibile dalla giurisprudenza per la validità della misura. Si sosteneva, in pratica, che il provvedimento si limitasse a imporre l’allontanamento, omettendo di specificare la destinazione del ritorno.

La Sospensione della Prescrizione

Oltre alla questione principale, la Corte ha affrontato d’ufficio anche il tema della prescrizione del reato. Il fatto era stato commesso il 23 giugno 2018. Applicando i termini ordinari di cinque anni, il reato si sarebbe prescritto il 23 giugno 2023. Tuttavia, la Corte ha rilevato l’applicabilità della cosiddetta legge “Orlando”, che per i reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 1° gennaio 2020 prevedeva una sospensione della prescrizione fino a un massimo di un anno e sei mesi tra la sentenza di primo grado e quella d’appello. Questo meccanismo ha posticipato la data di estinzione del reato, rendendo la condanna ancora valida.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno ribadito l’orientamento consolidato secondo cui il foglio di via obbligatorio è una misura di prevenzione a natura “promiscua”, che combina un effetto coercitivo (il rimpatrio al luogo di residenza) e uno inibitorio (il divieto di ritorno nel comune di allontanamento). La legittimità del provvedimento dipende inderogabilmente dalla presenza di entrambi questi elementi.

Nel caso specifico, esaminando l’atto amministrativo, la Corte ha rilevato che, sebbene mancasse una formula sacramentale, l’ordine di rimpatrio era chiaramente presente. Nelle premesse del provvedimento, infatti, era stato individuato con precisione il comune di abituale dimora del soggetto, ovvero Montesilvano. Questa indicazione, secondo la Corte, è sufficiente a integrare l’ordine di ritorno, poiché il concetto di residenza coincide, ai sensi dell’art. 43 c.c., con il luogo di dimora abituale. Pertanto, l’atto del Questore conteneva tutti gli elementi necessari per essere considerato legittimo, rendendo la successiva violazione penalmente rilevante.

Le Conclusioni

La sentenza conferma un principio di diritto fondamentale in materia di misure di prevenzione: la validità del foglio di via non è legata a rigidi formalismi, ma alla sostanza del provvedimento. È sufficiente che dall’atto amministrativo emerga in modo inequivocabile sia il divieto di ritorno sia l’indicazione del luogo di residenza verso cui il soggetto deve fare rientro. Questa decisione sottolinea l’importanza di un’analisi completa del provvedimento questorile, comprese le sue premesse, per valutarne la legittimità. Per i cittadini, ciò implica che la contestazione di un foglio di via basata su presunte omissioni formali ha scarse probabilità di successo se gli elementi essenziali della misura sono, di fatto, presenti e identificabili nel documento.

Quando un foglio di via obbligatorio è considerato legittimo?
Un foglio di via è legittimo quando contiene due elementi imprescindibili e inscindibili: l’ordine di fare rientro nel luogo di residenza (rimpatrio) e il divieto di ritornare nel comune da cui si è stati allontanati per un determinato periodo.

È necessario che l’ordine di rimpatrio sia espresso con una formula specifica nel foglio di via?
No, non è necessaria una formula sacramentale. Secondo la sentenza, l’ordine di rimpatrio è valido anche se è desumibile in modo chiaro dal provvedimento, ad esempio attraverso la precisa indicazione del comune di residenza o di abituale dimora nelle premesse dell’atto amministrativo.

Perché il reato non è stato dichiarato prescritto nonostante fossero passati più di cinque anni?
Il reato non è stato dichiarato prescritto perché è stata applicata la normativa introdotta dalla legge “Orlando”, specifica per i reati commessi in un certo arco temporale (2017-2020). Tale legge ha sospeso il corso della prescrizione per un periodo massimo di un anno e sei mesi tra la sentenza di primo grado e la pronuncia di quella d’appello, posticipando di fatto il termine ultimo per l’estinzione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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