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Fine di profitto: anche un vantaggio non patrimoniale

Un uomo, condannato per furto, ha impugnato la sentenza sostenendo di aver agito non per trarne un profitto, ma per essere arrestato e mettersi al sicuro da ritorsioni. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che i motivi erano una mera ripetizione di argomenti già respinti. La Corte ha inoltre colto l’occasione per confermare un principio cruciale: il fine di profitto non deve essere necessariamente economico, ma può consistere in qualsiasi vantaggio personale, anche non patrimoniale.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fine di Profitto nel Furto: La Cassazione Chiarisce la Nozione

L’ordinanza in esame offre un importante spunto di riflessione sul concetto di fine di profitto nei reati contro il patrimonio, come il furto. La Suprema Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile un ricorso, ha ribadito un principio consolidato, ma spesso frainteso: il profitto non è solo denaro o un bene materiale, ma può consistere in qualsiasi vantaggio, anche non patrimoniale. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche di tale principio.

I Fatti del Caso

Un individuo, già condannato in primo e secondo grado per il reato di furto previsto dall’art. 624-bis del codice penale, ha presentato ricorso per cassazione. La sua tesi difensiva era peculiare: sosteneva di non aver agito con l’intento di arricchirsi, ma con il movente di farsi arrestare. A suo dire, temendo per la propria incolumità a seguito di una deposizione resa contro esponenti della criminalità organizzata, vedeva nell’arresto l’unica via per garantirsi protezione. Secondo la difesa, questa motivazione escluderebbe l’elemento soggettivo richiesto dalla norma, ovvero il dolo specifico del fine di profitto.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Concetto di Fine di Profitto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile per due ragioni fondamentali.

L’Inammissibilità per Genericità del Ricorso

In primo luogo, la Corte ha osservato che i motivi del ricorso erano una semplice riproposizione delle argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. La giurisprudenza è costante nell’affermare che un ricorso per cassazione è inammissibile se non si confronta specificamente con le ragioni della decisione impugnata, limitandosi a ripetere doglianze già ritenute infondate. Un’impugnazione, per essere valida, deve contenere una critica puntuale e argomentata al provvedimento che contesta, non ignorarne le motivazioni.

L’Interpretazione Estensiva del Fine di Profitto

In secondo luogo, e questo è il punto di maggior interesse giuridico, la Corte ha affrontato la questione del fine di profitto. Richiamando una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 41570 del 2023), i giudici hanno ribadito che la nozione di profitto nel reato di furto non deve essere interpretata in senso restrittivo e puramente economico. Essa comprende “qualsiasi vantaggio, anche di natura non patrimoniale”, che l’agente si prefigge di conseguire con la sua condotta. Pertanto, anche l’ottenimento di un vantaggio come la sicurezza personale derivante dall’arresto potrebbe, in linea teorica, rientrare in questa ampia definizione, vanificando la tesi difensiva.

Le Motivazioni

La motivazione dell’ordinanza si fonda su un doppio binario. Da un lato, c’è un aspetto prettamente processuale: non si può accedere al giudizio di legittimità riproponendo le stesse identiche questioni già esaminate e motivate nei gradi precedenti. Questo comportamento processuale porta a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

Dall’altro lato, vi è la motivazione di merito. La Corte d’Appello aveva già valutato le dichiarazioni dell’imputato, ritenendole prive di credibilità. Ma anche a prescindere da ciò, la Cassazione chiarisce che la tesi difensiva è giuridicamente infondata. Il concetto di profitto è ampio e flessibile, includendo qualsiasi forma di soddisfazione o utilità che il reo intende trarre dall’impossessamento della cosa altrui. L’obiettivo può essere il compiacimento, il desiderio di vendetta o, come nel caso ipotizzato, la ricerca di una forma di protezione. Questa interpretazione estensiva è funzionale a garantire una tutela più ampia al patrimonio, punendo tutte le condotte di spossessamento volontario non giustificate da altre norme.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento offre due insegnamenti pratici. Il primo, di natura processuale, è un monito sulla necessità di formulare ricorsi specifici e pertinenti, che critichino in modo argomentato la sentenza impugnata, pena l’inammissibilità. Il secondo, di diritto sostanziale, consolida l’interpretazione estensiva del fine di profitto nei reati contro il patrimonio. Non è necessario un arricchimento economico perché si configuri il reato di furto; è sufficiente che l’agente miri a ottenere un qualsiasi vantaggio personale, anche di natura morale o, paradossalmente, di tutela personale.

È possibile commettere un furto senza un fine di profitto economico?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando una sentenza delle Sezioni Unite, ha confermato che il “fine di profitto” può consistere in qualsiasi vantaggio, anche di natura non patrimoniale, che l’autore del reato si prefigge di ottenere con la propria condotta.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando i motivi sono generici o si limitano a riproporre le stesse questioni già esaminate e respinte nel giudizio di appello, senza criticare specificamente e in modo argomentato la motivazione della sentenza impugnata.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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