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Finalità di spaccio: quando il ricorso è inammissibile

La Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una condanna per detenzione con finalità di spaccio. I giudici ribadiscono che la valutazione dei fatti, se logica e ben motivata, non è sindacabile in sede di legittimità. La decisione si basa su plurimi indizi come quantità e confezionamento.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Finalità di Spaccio: Inammissibile il Ricorso se la Prova è Logica

Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del processo penale: la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di merito. Un ricorso che mira a una nuova valutazione degli elementi probatori, senza evidenziare reali vizi logici nella sentenza impugnata, è destinato all’inammissibilità. Il caso specifico riguarda una condanna per detenzione di sostanze stupefacenti con finalità di spaccio, confermata in appello e ritenuta insindacabile in sede di legittimità.

I Fatti di Causa

Il procedimento trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello, che aveva confermato la condanna di un soggetto per il reato di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. La difesa del ricorrente aveva sollevato due questioni principali dinanzi alla Suprema Corte, sperando di ottenere l’annullamento della decisione di secondo grado.

Il Ricorso in Cassazione e la valutazione della finalità di spaccio

I motivi del ricorso si concentravano su due aspetti cruciali:

1. Errata valutazione delle prove: Il primo motivo contestava la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello. Secondo la difesa, i giudici di merito avevano errato nel ritenere provata la destinazione della sostanza allo spaccio, basando il loro convincimento su elementi non sufficientemente solidi.
2. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Con il secondo motivo, si lamentava la non applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, una causa di non punibilità prevista per reati di modesta gravità. La difesa sosteneva che, anche qualora fosse stata provata la detenzione, la sua lieve entità avrebbe dovuto portare a un proscioglimento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. Le motivazioni dell’ordinanza offrono importanti chiarimenti sui limiti del sindacato di legittimità.

La Corte ha innanzitutto ribadito che il suo ruolo non è quello di un ‘terzo grado’ di giudizio nel merito. Non può, cioè, sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, logica e coerente, espressa dai giudici dei gradi precedenti. Il primo motivo è stato quindi respinto perché le censure sollevate non denunciavano un vizio logico manifesto della motivazione, ma si limitavano a proporre una diversa lettura del materiale probatorio, attività preclusa in sede di legittimità.

I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse correttamente fondato la sua decisione sulla finalità di spaccio su una pluralità di elementi fattuali convergenti:
* Il dato ponderale: la quantità della sostanza detenuta.
* La suddivisione: la droga era confezionata in più involucri, suggerendo una preparazione per la vendita al dettaglio.
* L’occultamento: le modalità con cui la sostanza era stata nascosta.
* Il materiale per il confezionamento: la disponibilità di strumenti utili a preparare le dosi.
* Le condizioni economiche: la modesta situazione economica del soggetto, ritenuta un possibile movente per l’attività di spaccio.

Questo insieme di indizi, secondo la Corte, costituiva un ragionamento fondato, congruo e privo di illogicità.

Anche il secondo motivo, relativo alla tenuità del fatto, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che le argomentazioni della difesa erano aspecifiche e ripetitive rispetto a quelle già presentate e respinte in appello. La Corte territoriale aveva fornito una motivazione adeguata per escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., basandosi sulla gravità complessiva della condotta di detenzione finalizzata alla cessione a terzi.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida il principio secondo cui la valutazione degli elementi di fatto per determinare la finalità di spaccio è di competenza esclusiva del giudice di merito. Se la motivazione della sentenza è adeguata, coerente e priva di vizi logici, non è possibile contestarla in Cassazione proponendo semplicemente una ricostruzione alternativa dei fatti. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende, come conseguenza diretta dell’inammissibilità del ricorso.

Quando un ricorso in Cassazione sulla valutazione delle prove viene dichiarato inammissibile?
Quando la motivazione della corte di merito è considerata congrua, adeguata, esente da vizi logici e basata su corretti criteri di inferenza. La Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo la logicità della decisione.

Quali elementi possono dimostrare la finalità di spaccio di sostanze stupefacenti?
Secondo l’ordinanza, la finalità di spaccio può essere desunta da una pluralità di elementi di fatto, tra cui il dato ponderale (la quantità), la suddivisione in più involucri, le modalità di occultamento, la disponibilità di materiale per il confezionamento e le condizioni economiche dell’imputato.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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