Finalità di Spaccio: Inammissibile il Ricorso se la Prova è Logica
Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del processo penale: la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di merito. Un ricorso che mira a una nuova valutazione degli elementi probatori, senza evidenziare reali vizi logici nella sentenza impugnata, è destinato all’inammissibilità. Il caso specifico riguarda una condanna per detenzione di sostanze stupefacenti con finalità di spaccio, confermata in appello e ritenuta insindacabile in sede di legittimità.
I Fatti di Causa
Il procedimento trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello, che aveva confermato la condanna di un soggetto per il reato di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. La difesa del ricorrente aveva sollevato due questioni principali dinanzi alla Suprema Corte, sperando di ottenere l’annullamento della decisione di secondo grado.
Il Ricorso in Cassazione e la valutazione della finalità di spaccio
I motivi del ricorso si concentravano su due aspetti cruciali:
1. Errata valutazione delle prove: Il primo motivo contestava la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello. Secondo la difesa, i giudici di merito avevano errato nel ritenere provata la destinazione della sostanza allo spaccio, basando il loro convincimento su elementi non sufficientemente solidi.
2. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Con il secondo motivo, si lamentava la non applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, una causa di non punibilità prevista per reati di modesta gravità. La difesa sosteneva che, anche qualora fosse stata provata la detenzione, la sua lieve entità avrebbe dovuto portare a un proscioglimento.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. Le motivazioni dell’ordinanza offrono importanti chiarimenti sui limiti del sindacato di legittimità.
La Corte ha innanzitutto ribadito che il suo ruolo non è quello di un ‘terzo grado’ di giudizio nel merito. Non può, cioè, sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, logica e coerente, espressa dai giudici dei gradi precedenti. Il primo motivo è stato quindi respinto perché le censure sollevate non denunciavano un vizio logico manifesto della motivazione, ma si limitavano a proporre una diversa lettura del materiale probatorio, attività preclusa in sede di legittimità.
I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse correttamente fondato la sua decisione sulla finalità di spaccio su una pluralità di elementi fattuali convergenti:
* Il dato ponderale: la quantità della sostanza detenuta.
* La suddivisione: la droga era confezionata in più involucri, suggerendo una preparazione per la vendita al dettaglio.
* L’occultamento: le modalità con cui la sostanza era stata nascosta.
* Il materiale per il confezionamento: la disponibilità di strumenti utili a preparare le dosi.
* Le condizioni economiche: la modesta situazione economica del soggetto, ritenuta un possibile movente per l’attività di spaccio.
Questo insieme di indizi, secondo la Corte, costituiva un ragionamento fondato, congruo e privo di illogicità.
Anche il secondo motivo, relativo alla tenuità del fatto, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che le argomentazioni della difesa erano aspecifiche e ripetitive rispetto a quelle già presentate e respinte in appello. La Corte territoriale aveva fornito una motivazione adeguata per escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., basandosi sulla gravità complessiva della condotta di detenzione finalizzata alla cessione a terzi.
Le Conclusioni
L’ordinanza consolida il principio secondo cui la valutazione degli elementi di fatto per determinare la finalità di spaccio è di competenza esclusiva del giudice di merito. Se la motivazione della sentenza è adeguata, coerente e priva di vizi logici, non è possibile contestarla in Cassazione proponendo semplicemente una ricostruzione alternativa dei fatti. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende, come conseguenza diretta dell’inammissibilità del ricorso.
Quando un ricorso in Cassazione sulla valutazione delle prove viene dichiarato inammissibile?
Quando la motivazione della corte di merito è considerata congrua, adeguata, esente da vizi logici e basata su corretti criteri di inferenza. La Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo la logicità della decisione.
Quali elementi possono dimostrare la finalità di spaccio di sostanze stupefacenti?
Secondo l’ordinanza, la finalità di spaccio può essere desunta da una pluralità di elementi di fatto, tra cui il dato ponderale (la quantità), la suddivisione in più involucri, le modalità di occultamento, la disponibilità di materiale per il confezionamento e le condizioni economiche dell’imputato.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000,00 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43015 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43015 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SAN SEVERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/05/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Ì
Ritenuto che il primo motivo dedotto concernendo la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, investe profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello di Bari che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza e convergente con quello del Tribunale, in rapporto alle ragioni della ritenuta finalità di spaccio della detenzione;
ritenuto che l’accertamento della destinazione allo spaccio è stata motivatamente desunta da una pluralità di elementi di fatto, costituiti dal dato ponderale, dalla suddivisione in più involucri, dalle modalità di occultamento, dalla disponibilità del materiale necessario al confezionamento, dalle condizioni economiche modeste, quindi sulla base di argomenti non illogici;
ritenuto che il secondo motivo in tema di tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131 bis risulta inammissibile perché introduce censure aspecifiche, reiterative di quelle proposte con i motivi di appello, rigettate con motivazione congrua ed immune da vizi logici, incentrate sulla gravità delle condotte di detenzione a fine di spaccio;
ritenuto che da quanto precede deriva la inammissibilità del ricorso dalla quale consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25 ottobre 2024
Il Consig ere estensore
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