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Finalità di spaccio: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un uomo condannato per detenzione di stupefacenti. La Corte ha ritenuto che le censure sulla finalità di spaccio contestassero la valutazione dei fatti, non ammissibile in sede di legittimità, confermando la decisione basata sulla quantità e modalità di detenzione della sostanza.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Finalità di Spaccio: Inammissibile il Ricorso che Contesta la Valutazione dei Fatti

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in una terza valutazione del merito. La Corte ha dichiarato inammissibile un ricorso in cui si contestava la sussistenza della finalità di spaccio, poiché i motivi sollevati miravano a una riconsiderazione delle prove, attività preclusa in sede di Cassazione.

I Fatti del Caso

Il ricorrente era stato condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. L’imputato era stato sorpreso dalle forze dell’ordine al di fuori della propria abitazione in possesso di due involucri contenenti marijuana. Nello specifico, si trattava di due quantitativi, rispettivamente di 26 e 28 grammi, dai quali era possibile ricavare un totale di 199 dosi. Questa circostanza è stata ritenuta decisiva dai giudici di merito per configurare l’intento di cedere la sostanza a terzi.

I Motivi del Ricorso e la contestata Finalità di Spaccio

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a due principali motivi:
1. Violazione di legge: sosteneva che la sostanza stupefacente fosse destinata esclusivamente all’uso personale e non allo spaccio.
2. Vizio di motivazione: contestava il ragionamento della Corte d’Appello, ritenendolo illogico nell’affermare la sussistenza della finalità di spaccio.

In sostanza, la difesa mirava a ottenere una diversa interpretazione degli elementi di fatto, come la quantità e le modalità di detenzione, per escludere l’intenzione di vendere la droga.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che i motivi presentati non rientravano nel numerus clausus delle censure ammissibili in sede di legittimità. Il ricorso, infatti, non denunciava una reale violazione di legge o una manifesta illogicità della motivazione, ma si risolveva in una richiesta di rivalutazione delle prove e di ricostruzione del fatto, attività riservate esclusivamente al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha chiarito che il proprio ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sul fatto. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e controllare la coerenza logica del percorso argomentativo seguito dal giudice di merito. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua, esauriente e logicamente corretta per giustificare la condanna.

I giudici di secondo grado avevano inferito la finalità di spaccio da una serie di indizi precisi e concordanti:
* Le modalità di detenzione: la sostanza era trasportata fuori dall’abitazione.
* La quantità: il totale permetteva di ricavare quasi 200 dosi, un numero ritenuto incompatibile con il solo uso personale.
* La suddivisione: la droga era già ripartita in due distinti involucri.

Questi elementi, valutati nel loro complesso, costituivano una base fattuale solida e un percorso logico non censurabile in sede di legittimità. La motivazione della sentenza d’appello era stata ritenuta precisa e circostanziata, avendo esaminato tutte le argomentazioni difensive e giungendo a una decisione basata su un’analisi approfondita delle risultanze processuali.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è la sede per ridiscutere le prove. Per ottenere l’annullamento di una condanna in Cassazione, è necessario dimostrare che il giudice di merito ha commesso un errore di diritto o ha sviluppato un ragionamento palesemente illogico o contraddittorio. Un ricorso che si limita a proporre una lettura alternativa dei fatti, per quanto plausibile, è destinato all’inammissibilità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando un ricorso in Cassazione per spaccio di droga viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, il ricorso è inammissibile quando, invece di denunciare una violazione di legge o un vizio logico manifesto della motivazione, si limita a contestare la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti operate dal giudice di merito, attività che non sono consentite in sede di legittimità.

Quali elementi possono dimostrare la finalità di spaccio secondo i giudici?
La Corte d’Appello ha dedotto la finalità di spaccio da una serie di elementi, tra cui le modalità di detenzione della sostanza (trovata sulla persona fuori casa), la quantità significativa (sufficiente per 199 dosi) e la sua suddivisione in due distinti involucri, ritenendo tali circostanze incompatibili con un mero uso personale.

È possibile contestare la valutazione delle prove fatta dal giudice d’appello in Cassazione?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha ribadito di essere un giudice di legittimità, non di merito. Pertanto, non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella del giudice dei gradi precedenti, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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