Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24230 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24230 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LEGNANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/09/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del di Appello di Milano indicata in epigrafe con la quale è stata parzialmente riformata pronunciata dal Tribunale di Busto Arsizio che lo aveva dichiarato responsabile di de fini di spaccio di hashish, integrante il reato di cui all’ art. 73, comma 5, d.P.R.
L’esponente lamenta mancanza ed illogicità della motivazione in merito alla finalità di spaccio.
Il ricorso è manifestamente infondato, in quanto, relativamente al posse cocaina, il ricorrente si è limitato a riprodurre le stesse questioni già devolute quei giudici puntualmente esaminate e disattese con motivazione del tutto coerente e senza in alcun modo sottoporle ad autonoma e argomentata confutazione.
E’ ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che rip medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valut non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la ma correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni de censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 59 lett. c) cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso sez. 15/7/2011, COGNOME non mass.; conf. sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, Sammarc 255568; sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, COGNOME, Rv. 253849; sez. 2, n. 19951 del 15/5 Piccolo, Rv. 240109; sez. 4, n. 34270 del 3/7/2007, COGNOME, Rv. 236945; sez. 1 del 30/9/2004, COGNOME, Rv. 230634; sez. 4, n. 15497 del 22/2/2002, COGNOME, Rv. 221
Va inoltre ricordato che l’indagine circa l’uso personale della sostanza effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e fatto (cfr. questa Sez. 4, sentenza n. 7191/2018, Rv. 272463, conf., Sez. 6, n. 444 241604). Si è precisato che il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto – e superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73-bis, comma primo, lett. a), d del 1990 – non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulterior normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza i crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le alt dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzi multis, Sez. 3, n. 46610 dei 9/10/2014, COGNOME, Rv. 260991).Tuttavia, il poss quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73, comma prim d.P.R. n. 309 del 1990 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva desti
sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente elementi, tale conclusione.
Il ricorso, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della impugnata, che appare logica e congrua, conforme ai suesposti principi pertanto immune di legittimità. In particolare, i giudici di merito rilevano il valore confessorio del rese dal medesimo imputato, ed acquisite agli atti in forza del rito prescelto: egli dichiarato agli agenti di essersi fatto portare gr.2,7 di hashish in carcere al fin con altri detenuti per avere generi alimentari. Come detto, nessuna evidente e illogicità è dato cogliere nel tessuto motivazionale della pronuncia impugnata, che ha dedotta finalità meramente immaginaria di cessione, attesa la chiara intenzione d esplicitamente manifestata dal ricorrente.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Co sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indi dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Am Così deciso in Roma, il 29 maggio 2024
Il Consigli re estensore
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