Finalità di Spaccio: Quando la Detenzione di Droga non è Uso Personale
Determinare la linea di confine tra detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale e la finalità di spaccio è una delle questioni più delicate e ricorrenti nel diritto penale. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione, la n. 9048 del 2024, offre un’importante occasione per riepilogare i criteri utilizzati dai giudici per distinguere le due fattispecie. La decisione sottolinea come una serie di elementi oggettivi possa condurre a una condanna per spaccio, anche quando l’imputato sostiene la tesi dell’uso personale.
I Fatti del Caso: La Difesa dell’Uso Personale
Il caso ha origine da un ricorso presentato da un uomo condannato dalla Corte di Appello di Napoli alla pena di un anno di reclusione e 1000 euro di multa per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990. L’imputato sosteneva che la droga rinvenuta fosse destinata al suo consumo personale e che la motivazione della sentenza d’appello fosse viziata, sia riguardo alla qualificazione del fatto sia per quanto concerne il trattamento sanzionatorio.
Nello specifico, le forze dell’ordine avevano trovato in suo possesso un quantitativo complessivo di 72,30 grammi di hashish, dai quali sarebbero state ricavabili oltre 550 dosi medie singole. La sostanza non era in un unico blocco, ma era già suddivisa in nove ‘stecche’ ben confezionate e detenuta in luoghi diversi: una parte all’interno del suo veicolo e un’altra parte presso la sua abitazione. A complicare il quadro difensivo, era stata accertata anche una cessione di droga a un’altra persona, la quale aveva confermato di acquistare saltuariamente hashish dall’imputato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno stabilito che le censure mosse dal ricorrente non rientravano tra quelle ammissibili in sede di legittimità. Il ricorso, infatti, non denunciava una violazione di legge o un vizio logico manifesto della motivazione, ma si limitava a proporre una diversa valutazione delle prove e una ricostruzione dei fatti alternativa, attività riservata esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
Le Motivazioni: Indizi Plurimi per la Finalità di Spaccio
La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte di Appello fosse congrua, esauriente e logicamente ineccepibile. I giudici di secondo grado avevano correttamente inferito la finalità di spaccio da una pluralità di elementi sintomatici, la cui valutazione complessiva non lasciava spazio a dubbi. Questi elementi erano:
*   Il significativo quantitativo: 72,30 grammi di hashish sono stati considerati un quantitativo ingente, difficilmente compatibile con un consumo puramente personale.
*   La suddivisione in dosi: Il fatto che la sostanza fosse già frazionata in nove ‘stecche’ preconfezionate è stato interpretato come un chiaro indizio della preparazione per la vendita al dettaglio.
*   Le modalità di detenzione: La conservazione della droga in luoghi diversi (auto e casa) è stata vista come un’ulteriore conferma di un’attività organizzata e non di una semplice detenzione per consumo.
*   La prova della cessione: L’accertata vendita a un terzo, corroborata dalla dichiarazione dell’acquirente, ha fornito la prova diretta dell’attività di spaccio.
La Corte di Cassazione ha ribadito che, di fronte a una motivazione così precisa e circostanziata, basata su un’analisi approfondita delle risultanze processuali, il suo ruolo non è quello di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.
L’Importanza della Valutazione del Giudice di Merito
Questa ordinanza conferma un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità della Cassazione non è un ‘terzo grado’ di merito. La Corte non può riesaminare le prove, ma solo verificare che il giudice che ha emesso la sentenza abbia seguito un percorso logico-giuridico corretto e non contraddittorio. Se la motivazione è solida, come in questo caso, le conclusioni a cui giunge sono insindacabili.
Le Conseguenze dell’Inammissibilità del Ricorso
La declaratoria di inammissibilità ha comportato per il ricorrente non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione è prevista dall’art. 616 del codice di procedura penale quando il ricorso è proposto per motivi non consentiti dalla legge e senza che vi sia colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Le Conclusioni: Criteri Oggettivi e Limiti del Ricorso in Cassazione
In conclusione, la decisione in esame ribadisce che la finalità di spaccio viene accertata sulla base di un’analisi complessiva di indizi oggettivi e non sulla mera dichiarazione dell’imputato. La quantità della sostanza, le modalità di confezionamento e di detenzione, e l’esistenza di prove di cessione a terzi sono elementi chiave che i giudici di merito valutano per distinguere il consumo personale dall’attività illecita. Per chi intende ricorrere in Cassazione, è fondamentale comprendere che non è sufficiente proporre una diversa lettura dei fatti, ma è necessario individuare specifici vizi di legge o palesi illogicità nella motivazione della sentenza impugnata.
 
Quali elementi indicano la finalità di spaccio invece dell’uso personale?
Secondo la sentenza, la finalità di spaccio è indicata da una pluralità di elementi, tra cui: il significativo quantitativo di sostanza stupefacente (in questo caso, 72,30 grammi di hashish), la suddivisione della stessa in porzioni già confezionate (9 stecche), la detenzione in luoghi diversi (veicolo e abitazione) e la prova di un’effettiva cessione a terzi.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi proposti non rientravano in quelli consentiti dalla legge. L’imputato non ha contestato una violazione di legge o un vizio logico della motivazione, ma ha cercato di ottenere una nuova valutazione delle prove e una diversa ricostruzione dei fatti, attività che sono di esclusiva competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non della Corte di Cassazione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per il ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9048 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 9048  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MUGNANO DI NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata con la quale la Corte di appello di Napoli lo ha condannato alla pena della reclusione di anni uno ed euro 1 di multa in relazione ai reati di cui agli artt. 73, comma 4 e 5, d.P.R. 309/1990.
Il ricorrente deduce, con il primo motivo di ricorso, violazione di legge e vizio motivazione in ordine alla finalità di uso personale; con il secondo motivo, vizio della motivaz in relazione al trattamento sanzionatorio
Il ricorso è basato su motivi che non rientrano nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insind in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. N caso di specie, la Corte d’appello ha inferito la sussistenza della finalità di spaccio da una pluralità di e sintomatici, quali il significativo quantitativo di sostanza stupefacente rinvenuta, complessivi grammi 72,30 di hashish da cui sono ricavabili 550,80 dosi medie singole, il fa che la sostanza stupefacente era già suddivisa in porzioni e, precisamente, in 9 stecche, b confezionata, ed era detenuta in luoghi diversi, in parte all’interno del veicolo in uso al ri e in parte nell’abitazione. Il giudice a quo ha inoltre evidenziato che è stata accertata una condotta di cessione a terzi, contestata nel capo a) dell’imputazione, tenuta nelle medesi circostanze di tempo e di luogo, e considerato che lo stesso acquirente ha dichiarato di acquist saltuariamente dal COGNOME lo stupefacente di tipo hashish. Dalle cadenze motivazionali dell sentenza d’appello è quindi enucleabile una ricostruzione dei fatti precisa e circostanz avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alla decisione attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultan processuali, in nessun modo censurabile sotto il profilo della correttezza logica, e sulla ba apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illo perciò insindacabili in questa sede. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Anche le determinazioni del giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio so insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuridici. caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata è senz’altro da ritenersi adeguata avendo la Corte territoriale fatto riferimento all’ingente quantitativo di sostanza stupef detenuta, ritenendo così congrua la determinazione della pena base in misura non coincidente con il minimo edittale.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia prop il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativannente fissata in euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 gennaio 2024
DEF
71 MAR 2024 z’ GLYPH –