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Finalità di spaccio: gli indizi che la provano

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La Corte ribadisce che la finalità di spaccio non si desume solo dalla quantità, ma da un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti come la presenza di un bilancino di precisione, un coltello con tracce di sostanza e materiale per confezionare numerose dosi. L’appello è stato ritenuto una mera riproposizione di tesi già respinte, senza individuare vizi logici o giuridici nella sentenza impugnata.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Finalità di Spaccio: Quando il Possesso di Droga Diventa Reato

La distinzione tra uso personale e finalità di spaccio è una delle questioni più delicate e frequenti nel diritto penale degli stupefacenti. Non basta la quantità di sostanza detenuta per determinare la colpevolezza; sono necessari indizi chiari che dimostrino l’intenzione di cederla a terzi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illumina proprio questo punto, chiarendo come un insieme di elementi probatori possa delineare in modo inequivocabile l’intento criminale, rendendo inammissibile un ricorso basato su una lettura alternativa dei fatti.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da una condanna per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio (previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990), confermata sia in primo grado dal Tribunale di Teramo sia in appello dalla Corte di L’Aquila. Durante una perquisizione, l’imputato veniva trovato in possesso di tre grammi di sostanza stupefacente. Ulteriori accertamenti in un casotto di sua pertinenza portavano alla scoperta di due barattoli di vetro contenenti una quantità di sostanza sufficiente per confezionare rispettivamente 36 e 82 dosi singole. Insieme ai barattoli, venivano rinvenuti anche un bilancino di precisione e un coltello ancora intriso della medesima sostanza. Un altro elemento significativo era che l’imputato non si era mai dichiarato assuntore di droghe.

I Motivi del Ricorso e la Finalità di Spaccio

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, articolando diverse censure. In primo luogo, ha contestato l’affermazione della sua responsabilità penale, sostenendo che le prove non dimostravano la finalità di spaccio e che la sua condotta avrebbe dovuto essere inquadrata come un semplice illecito amministrativo per uso personale. A suo dire, la condanna si basava unicamente sul dato quantitativo (il cosiddetto ‘dato ponderale’). Inoltre, ha lamentato la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131 bis del codice penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda su una valutazione rigorosa dei limiti del giudizio di legittimità e sulla coerenza delle argomentazioni dei giudici di merito.

L’Inammissibilità del Ricorso per Genericità e Reiterazione

I giudici di legittimità hanno osservato che il primo motivo di ricorso era una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. Il ricorrente, infatti, non ha evidenziato vizi logici o giuridici nel ragionamento della sentenza impugnata, ma si è limitato a offrire una lettura alternativa delle prove. Questo approccio è inammissibile in sede di Cassazione, il cui compito non è rivalutare i fatti, ma controllare la corretta applicazione della legge.

Gli Indizi Plurimi che Dimostrano l’Intento di Spacciare

La Corte ha sottolineato come la decisione dei giudici di merito fosse ben fondata, basandosi non solo sulla quantità di stupefacente, ma su un quadro indiziario completo e coerente. Gli elementi considerati erano:

* Il potenziale di confezionamento: la sostanza nei barattoli permetteva di creare un numero elevato di dosi (36 + 82).
* Gli strumenti del mestiere: il rinvenimento di un bilancino di precisione e di un coltello sporco di droga è un classico indicatore dell’attività di preparazione e vendita.
* L’assenza di una dichiarazione di uso personale: il fatto che l’imputato non si fosse mai professato consumatore ha indebolito ulteriormente la sua tesi difensiva.

Questi elementi, letti congiuntamente, superano la soglia del mero sospetto e costituiscono prove logiche della finalità di spaccio.

Il Rigetto della Causa di Non Punibilità

Anche il motivo relativo alla mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p. è stato respinto. La Corte ha ricordato che la valutazione sulla ‘particolare tenuità del fatto’ richiede un’analisi complessa di tutte le circostanze, incluse le modalità della condotta e il grado di colpevolezza. Nel caso specifico, i giudici hanno tenuto conto anche di un episodio successivo ai fatti in esame, che evidentemente deponeva contro l’ipotesi di un’offesa di lieve entità.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione si concentrano sul principio secondo cui la finalità di spaccio viene provata attraverso un’analisi complessiva degli indizi, e non basandosi su un singolo elemento. Un ricorso in Cassazione è destinato a fallire se si limita a contestare la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito, senza dimostrare un errore nell’applicazione delle norme di legge o un vizio manifesto nel percorso logico seguito. La presenza di strumenti specifici per la pesatura e il taglio, unita a una quantità di sostanza già predisposta per la suddivisione in dosi, costituisce un quadro probatorio solido che la difesa non è riuscita a scalfire con argomentazioni generiche o alternative.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un orientamento consolidato: per distinguere tra detenzione per uso personale e detenzione per spaccio, è necessario guardare all’intero contesto. La quantità è solo uno dei tanti indicatori. La presenza di bilancini, materiale per il confezionamento e le modalità di conservazione della sostanza sono elementi cruciali che, insieme, possono fornire la prova logica dell’intento di cedere la droga a terzi. La decisione, inoltre, serve da monito sulla natura del giudizio di Cassazione, che non è una terza istanza di merito, ma un rigoroso controllo di legittimità delle decisioni precedenti.

La sola quantità di droga è sufficiente a dimostrare la finalità di spaccio?
No, secondo la Corte la condanna non può basarsi solo sul ‘dato ponderale’. È necessario un quadro probatorio complessivo che includa altri indizi gravi, precisi e concordanti.

Quali elementi, oltre alla quantità, indicano l’intento di spacciare?
Nel caso specifico, gli elementi decisivi sono stati il rinvenimento di un bilancino di precisione, un coltello con tracce di sostanza, due barattoli contenenti droga sufficiente per creare un alto numero di dosi singole (36 e 82), e il fatto che l’imputato non si fosse mai dichiarato assuntore.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché era ‘reiterativo’, cioè si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, offrendo una lettura alternativa dei fatti senza individuare specifici vizi di legge o di logica nella motivazione della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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