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Favoreggiamento personale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso avverso una condanna per favoreggiamento personale. I motivi del ricorso sono stati ritenuti mere doglianze di fatto, generiche e riproduttive di censure già esaminate e respinte nel merito, confermando che il favoreggiamento personale è un reato di pericolo a dolo generico.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Favoreggiamento personale: quando il ricorso in Cassazione è inutile

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, specialmente in casi di favoreggiamento personale. La Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: non è possibile utilizzare il ricorso per ottenere una terza valutazione dei fatti già analizzati dai giudici di merito. Vediamo nel dettaglio perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile e quali sono le caratteristiche del reato contestato.

I Fatti alla Base della Vicenda

Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Cagliari per il reato di favoreggiamento personale. L’imputato contestava la sentenza di secondo grado basando le proprie doglianze su due punti principali:
1. La presunta inattendibilità di un testimone chiave e, di conseguenza, l’errata ricostruzione dei fatti operata dai giudici.
2. L’inidoneità della sua condotta a integrare gli estremi del reato di favoreggiamento.

In sostanza, la difesa mirava a una completa rilettura del quadro probatorio, sperando di scardinare l’impianto accusatorio che aveva portato alla condanna nei precedenti gradi di giudizio.

La Decisione della Suprema Corte e il Favoreggiamento Personale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 724/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale che delinea nettamente i confini del giudizio di legittimità. I giudici hanno sottolineato che i motivi presentati dall’imputato non erano altro che “mere doglianze in punto di fatto”, ossia critiche relative alla valutazione delle prove e alla ricostruzione della vicenda.

Questo tipo di censure non è ammesso in Cassazione, il cui compito non è rivalutare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Poiché i giudici d’appello avevano già adeguatamente esaminato e respinto le stesse obiezioni con argomenti “giuridici corretti e privi di vizi logici”, il ricorso è risultato essere meramente riproduttivo e, quindi, inammissibile.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni dell’inammissibilità. In primo luogo, ha evidenziato che le questioni relative all’attendibilità del teste e alla ricostruzione dei fatti erano già state ampiamente trattate (pagg. 10-13 della sentenza d’appello) e risolte in modo logico e coerente dal giudice di merito. Tentare di riaprire questa discussione in sede di legittimità è un’operazione non consentita dalla legge processuale.

In secondo luogo, e con particolare riferimento al reato di favoreggiamento personale, la Corte ha ribadito la sua natura di reato di pericolo. Questo significa che per la sua configurazione non è necessario che l’autore del reato presupposto riesca effettivamente a sottrarsi alla giustizia; è sufficiente che la condotta dell’agente sia oggettivamente idonea a intralciare le indagini. Inoltre, l’elemento soggettivo richiesto è il dolo generico: basta la coscienza e la volontà di aiutare qualcuno a eludere le investigazioni, senza che sia richiesto un fine specifico o un particolare movente. La Corte d’Appello, secondo i giudici di legittimità, aveva correttamente applicato questi principi (pagg. 7-8 e 13 della sentenza impugnata), allineandosi alla giurisprudenza consolidata (richiamando, tra le altre, Cass. n. 13143/2022 e n. 50206/2019).

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma che il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Le censure devono riguardare violazioni di legge o vizi logici manifesti della motivazione, non una diversa interpretazione delle prove. Per il reato di favoreggiamento personale, la lezione è chiara: si tratta di un reato di pericolo che si perfeziona con la semplice consapevolezza di ostacolare la giustizia, e la valutazione della condotta e delle prove spetta insindacabilmente ai giudici di merito, a meno di errori giuridici o palesi illogicità. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro, un esito comune per i ricorsi giudicati inammissibili.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano considerati “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero contestazioni sulla valutazione delle prove e sulla ricostruzione dei fatti, che non possono essere riesaminate dalla Corte di Cassazione. Inoltre, le censure erano generiche e riproponevano questioni già correttamente risolte dalla Corte d’Appello.

Cosa si intende per favoreggiamento personale come reato di pericolo?
Significa che il reato si configura per il solo fatto di aver posto in essere una condotta idonea a ostacolare le indagini della giustizia, creando un pericolo per il suo corretto funzionamento. Non è necessario che l’aiuto fornito porti a un risultato concreto, come l’effettiva fuga del colpevole.

È possibile contestare l’attendibilità di un testimone davanti alla Corte di Cassazione?
No, la valutazione dell’attendibilità di un testimone è una questione di merito, la cui competenza spetta esclusivamente ai giudici dei primi due gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza impugnata su quel punto è manifestamente illogica, contraddittoria o inesistente, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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