LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Favoreggiamento personale: quando scatta il reato

Un caso di spaccio di stupefacenti e favoreggiamento personale arriva in Cassazione. La Corte conferma la condanna per chi aveva avvisato un pusher della presenza della polizia, chiarendo che il reato di favoreggiamento personale sussiste anche se volto a ostacolare le indagini successive al reato principale. La sentenza ribadisce inoltre i criteri per l’interpretazione delle intercettazioni, la valutazione della recidiva e la commisurazione della pena.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Favoreggiamento Personale: la Cassazione definisce i confini del reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 14452 del 2025, offre importanti chiarimenti su due figure di reato molto diffuse: lo spaccio di stupefacenti e il favoreggiamento personale. Il caso analizzato dai giudici supremi riguarda la condanna di due individui, uno per aver acquistato cocaina destinata alla rivendita e l’altro per aver avvisato uno spacciatore della presenza di forze dell’ordine intente a installare delle microspie. La decisione della Corte è fondamentale per comprendere quando una condotta di aiuto integra il reato di favoreggiamento personale, anche se interviene dopo la consumazione del delitto principale.

I Fatti di Causa

Le indagini, avviate nel 2017, si concentravano su un’ampia attività di spaccio gestita da due fratelli. Attraverso intercettazioni ambientali, gli inquirenti hanno identificato un primo soggetto come acquirente di cocaina destinata alla vendita a terzi. Dalle stesse intercettazioni emergeva che un secondo individuo aveva avvertito uno degli spacciatori della presenza di agenti di polizia vicino alla sua auto, consigliandogli di “tenere gli occhi aperti”.

I due venivano condannati sia in primo grado che in appello. Il primo per il reato di spaccio di lieve entità (art. 73, co. 5, D.P.R. 309/90) e il secondo per favoreggiamento personale (art. 378 c.p.). Entrambi hanno proposto ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni di legittimità.

La configurabilità del reato di favoreggiamento personale

Il ricorrente condannato per favoreggiamento personale sosteneva che la sua condotta non potesse costituire reato, poiché il delitto presupposto (lo spaccio) si era già consumato. A suo dire, l’avvertimento non avrebbe potuto né aiutare lo spacciatore né ostacolare concretamente le indagini. La Cassazione ha respinto questa tesi, ribadendo un principio consolidato.

L’ostacolo alle indagini come elemento chiave

La Corte ha specificato che il favoreggiamento personale è un “reato di pericolo”. Ciò significa che per la sua configurazione non è necessario che le investigazioni vengano effettivamente e definitivamente compromesse. È sufficiente che la condotta sia oggettivamente idonea a ostacolarle, anche solo temporaneamente. Avvisare un indagato che la polizia sta per installare delle microspie nella sua auto è un comportamento palesemente finalizzato a eludere le investigazioni e, pertanto, integra pienamente il reato, inserendosi nella fase successiva alla consumazione del delitto di spaccio ma cruciale per l’accertamento delle responsabilità.

Le decisioni della Corte su spaccio e criteri di pena

Anche i motivi di ricorso presentati dall’imputato per spaccio sono stati rigettati. Questi vertevano sull’errata interpretazione delle intercettazioni, sulla valutazione della recidiva e sull’eccessività della pena.

La valutazione delle intercettazioni

La difesa aveva proposto una lettura alternativa delle conversazioni, sostenendo si riferissero a un’attività lecita di muratore. La Corte ha dichiarato il motivo inammissibile, ricordando che l’interpretazione del linguaggio, anche criptico, utilizzato nelle intercettazioni è una questione di fatto riservata al giudice di merito. Il sindacato di legittimità può intervenire solo se la motivazione è palesemente illogica, cosa non avvenuta nel caso di specie, dove i giudici avevano coerentemente escluso la tesi difensiva sulla base del contenuto inequivocabile dei dialoghi.

La gestione della recidiva e della pena

La Cassazione ha confermato la correttezza della valutazione sulla recidiva e sulla commisurazione della pena. I giudici di merito avevano legittimamente considerato i numerosi precedenti penali, anche specifici, come indice di una maggiore capacità a delinquere, giustificando così l’aumento di pena. Allo stesso modo, è stato ritenuto corretto il diniego delle pene sostitutive, basato su una prognosi negativa circa la futura condotta dell’imputato, desunta dalla sua personalità e dal suo percorso criminale.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato le sue decisioni basandosi su principi giuridici consolidati. Per quanto riguarda il favoreggiamento personale, ha sottolineato che la condotta punita dall’art. 378 c.p. è quella che crea un ostacolo, anche solo potenziale, allo svolgimento delle indagini. L’aiuto fornito all’indagato si inserisce nella fase di accertamento del reato, ed è proprio questa la fase che la norma intende tutelare. In riferimento alle censure sulla valutazione delle prove, la Corte ha ribadito la propria funzione di giudice di legittimità, che non può sostituirsi al giudice di merito nella ricostruzione dei fatti, ma solo verificare la coerenza logica della motivazione. Infine, in tema di sanzioni, è stata riaffermata l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel determinare la pena e nel concedere benefici, purché la decisione sia fondata sui criteri dell’art. 133 c.p. e adeguatamente motivata.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida l’interpretazione giurisprudenziale sul reato di favoreggiamento personale, chiarendo che qualsiasi condotta idonea a intralciare l’attività investigativa è punibile, indipendentemente dal fatto che il reato principale sia già stato perfezionato. La decisione, inoltre, riafferma i limiti del sindacato della Cassazione sulla valutazione delle prove e la discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena, sottolineando l’importanza della personalità del reo e dei suoi precedenti penali in tale valutazione.

Avvisare un indagato della presenza della polizia è sempre reato di favoreggiamento personale?
Sì. Secondo la sentenza, avvisare una persona della presenza di forze dell’ordine intente a svolgere attività di indagine (come installare microspie) è una condotta oggettivamente idonea a ostacolare le investigazioni. Trattandosi di un reato di pericolo, è sufficiente questa idoneità a far scattare il reato, anche se l’indagine non viene definitivamente compromessa.

Come interpreta la Corte di Cassazione le conversazioni dal linguaggio criptico nelle intercettazioni?
La Corte di Cassazione stabilisce che l’interpretazione del linguaggio usato nelle intercettazioni, anche quando è ambiguo o cifrato, è una questione di fatto che spetta al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione interviene solo se la motivazione della sentenza è manifestamente illogica o contraddittoria, ma non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici che hanno analizzato le prove.

Avere precedenti penali impedisce di ottenere pene alternative al carcere?
Non automaticamente, ma è un fattore determinante. La sentenza chiarisce che il giudice, nel decidere se concedere pene sostitutive (come la detenzione domiciliare o i lavori di pubblica utilità), deve formulare una prognosi sulla futura condotta del condannato. Un numero significativo di precedenti penali, specialmente se specifici, può rivelare una spiccata capacità a delinquere e portare il giudice a escludere una prognosi positiva, negando così l’accesso a misure alternative.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati