Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 14452 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 14452 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a MARSALA il 06/12/1974 COGNOME NOME nato a MARSALA il 31/07/1981
avverso la sentenza del 19/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 19 novembre 2024, ha confermato la sentenza del Tribunale di Marsala del 21 novembre 2023 che ha dichiarato COGNOME Daniele responsabile per il reato di cui all’art. 378 cod. pen. e COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 73, co. 5, D.P.R 309/90, condannando il primo alla pena di anni uno di reclusione e il secondo alla pena di anni due, mesi sei di reclusione ed euro 5000,00 di multa.
L’affermazione di responsabilità degli imputati è stata fondata sulle risultanze delle indagini effettuate a partire dal febbraio 2017 nei confronti dei fratelli COGNOME NOME e NOME, le quali avevano permesso di individuare l’esistenza di un’ampia attività di spaccio condotta dai due con l’ausilio di altri soggetti. Le intercettazioni ambientali presso l’abitazione di COGNOME consentivano di identificare COGNOME Gaetano quale acquirente di sostanza stupefacente del tipo cocaina destinata alla rivendita a terzi; inoltre, dalle stesse intercettazioni emergeva che COGNOME NOME aveva avvisato uno dei pusher facenti capo allo COGNOME NOME (Orto Giacomo) della presenza di agenti di Polizia nelle vicinanze della sua autovettura.
Ha proposto ricorso COGNOME NOMECOGNOME a mezzo di difensore di fiducia, lamentando, con un primo motivo, nullità della sentenza per violazione dell’art. 378 cod. pen. per avere ritenuto sussistente l’elemento oggettivo e soggettivo del reato di favoreggiamento personale, nonostante il reato presupposto avesse già esaurito la sua portata criminosa al momento della consumazione della presunta condotta favoreggiatrice. In ragione di ciò, la condotta dell’imputato non avrebbe potuto né portare ausilio al reato già compiuto, né ostacolare lo svolgimento delle indagini con conseguente intralcio alla giustizia. Dalle intercettazioni, peraltro, non emergeva con certezza l’identificazione del COGNOME quale partecipe della conversazione.
3.1. Con un secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver effettuato una distinzione tra posizioni, ruoli e condotte contestate al fine di motivare il diniego delle circostanze attenuanti generiche.
3.2. Con un ultimo motivo, si chiede che venga dichiarata l’intervenuta prescrizione del reato.
Il difensore di COGNOME COGNOME ha formulato i seguenti motivi:
4.1. Vizio di motivazione ex art. 606 co. 1 lett. e) cod. proc. pen. per non aver la Corte d’Appello valutato gli elementi evidenziati dalla difesa nell’atto di appello dai quali desumere che l’oggetto della conversazione intercettata fosse connesso all’attività di muratore svolta dall’imputato alle dipendenze di COGNOME COGNOME (circostanza non esclusa dalle dichiarazioni della teste COGNOME, moglie di COGNOME). La motivazione del provvedimento impugnato non rendeva esplicite le ragioni sulle quali si basava la certezza dell’esistenza di un’attività di smercio di stupefacente a favore dello COGNOME, trattandosi di responsabilità attribuita sulla base di un’unica intercettazione ambientale, così violando l’art. 192 cod. proc. pen.
4.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata esclusione della recidiva ex art. 99, co. 4, cod. pen. Il giudizio di pericolosità aggravata nei confronti dell’imputato era stato correlato unicamente alla presenza a suo carico di plurimi precedenti, omettendo di considerare la loro non omogeneità rispetto al fatto per cui si procede e la loro risalenza nel tempo.
4.3. Vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità o della detenzione domiciliare per non aver la Corte territoriale adeguatamente preso in considerazione la specifica richiesta.
4.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’eccessività del trattamento sanzionatorio. La pena era stata determinata in misura superiore alla media edittale nonostante non sia stata accertata l’esatta natura dello stupefacente ceduto e la quantità di principio attivo in esso contenuta.
Il Procuratore generale ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ricorso NOME NOME
Il primo motivo è infondato. La Corte territoriale ha fornito congrua motivazione riguardo alla configurabilità del reato contestato, riportando il tenore della conversazione captata, dalla quale emergeva l’avvertimento indirizzato dal Crimi allo spacciatore circa la presenza di operanti che stavano cercando installare microspie nella sua autovettura, consigliandogli di tenere gli occhi aperti ( cfr. testo integrale della captazione trascritto nella sentenza di primo grado, cui
rinvia per relationem la Corte territoriale, che ne cita alcune parti). Anche la riconducibilità dell’avviso al pusher alla persona del COGNOME è argomentata con riferimento alle inequivoche risultanze dalle intercettazioni ambientali eseguite presso l’abitazione dello COGNOME NOME e al riconoscimento vocale affermato dagli operanti. Né colgono nel segno le censure relative alla insussistenza del reato di favoreggiamento personale in quanto non vi sarebbe prova della volontà del Crimi di intralciare il corso della giustizia né risulterebbe un reale ostacolo allo svolgimento delle indagini. La comprovata condotta del Crimi, che aveva avvisato il pusher di aver visto la polizia che stava eseguendo controlli sulla sua auto, integra palesemente secondo il tenore letterale dell’art. 378 cod pen – un comportamento idoneo a eludere le investigazioni. Lo stesso ricorrente riconosce, nei motivi di ricorso, che la condotta era intervenuta dopo la consumazione delle molteplici cessioni di stupefacente, con la conseguenza che il predetto comportamento si inserisce proprio nella successiva fase dì indagine ed è oggettivamente idoneo ad ostacolarle (Sez. 6 – , n. 13143 del 01/03/2022, Rv. 283109 – 01, secondo cui la condotta del delitto di favoreggiamento personale, che è reato di pericolo, deve consistere in un’attività che abbia frapposto un ostacolo, anche se limitato o temporaneo, allo svolgimento delle indagini, provocando quindi una negativa alterazione del contesto fattuale all’interno del quale le investigazioni e le ricerche erano in corso o si sarebbero comunque potute svolgere).
E’ infondato il secondo motivo. La Corte territoriale ha argomentato in ordine al diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche considerando l’assoluta mancanza di elementi favorevoli rilevabili dagli atti. Si tratta di motivazione conforme ai principi, poiché costituisce approdo consolidato della giurisprudenza di questa Corte il principio per cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4 – n. 32872 del 08/06/2022, Rv.28348901;Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, GLYPH Rv. 270986 GLYPH – GLYPH 01;
Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014 Rv. 260610 – 01, cfr. anche Sez. 3 – n. 1913 del 20/12/2018, Rv. 275509 – 03).
Il terzo motivo è del tutto aspecifico. Il ricorrente si limita ad asserire genericamente che” nelle more del giudizio deve ritenersi maturato il termine prescrizionale”, senza alcuna argomentazione al riguardo; inoltre, il termine di prescrizione, per effetto delle sospensioni intervenute nel corso del processo, non risulta decorso al momento della pronuncia della presente sentenza.
Ricorso Zizzo
Il primo motivo è inammissibile, in quanto si sostanzia in censure di merito, tendenti ad ottenere dalla Corte di cassazione una diversa – e per il ricorrente più favorevole – ricostruzione dei fatti. È noto, tuttavia, che siffatte doglianze esulano dal sindacato della Corte di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto essenzialmente riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente e idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995 – dep. 1996, Clarke, Rv. 20342801; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507). Va poi ricordato che in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità. (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01).
Orbene, nessuna illogicità si coglie nella motivazione della sentenza impugnata, in cui si è rilevato, con coerenti, logiche ed esaustive argomentazioni, che il pieno coinvolgimento del ricorrente nel reato emergeva dal contenuto inequivoco delle intercettazioni che facevano riferimento ad una attività di smercio ( così com’è non la posso dare a nessuno; risposta del ricorrente” tu la devi dare a me, lo vedi come faccio io” e COGNOME risponde “non la posso dare a nessuno., a me la dà a 70”) del tutto incompatibili con la tesi alternativa prospettata (attività di muratore svolta per conto di NOME COGNOME). E’ in questo contesto che si inserisce l’ulteriore argomentazione, che corrobora la lettura non illogica del significato delle intercettazioni, secondo cui la
ditta di costruzioni edili facente capo ad NOME COGNOME risulta operativa dal 2918, mentre detta conversazione risale al 2017.
La Corte territoriale ha inoltre assolto in misura congrua e pertinente I’ onere motivazionale in ordine alla ritenuta applicazione della recidiva, con particolare riguardo all’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa, anche per le modalità di esecuzione, a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Rv. 247838 ; Sez. 3, n. 19170 del 17/12/2014, Rv. 263464). In particolare, i giudici di merito hanno fatto pertinente riferimento al fatto che l’imputato, al momento della commissione del reato per cui si procede, risultava gravato da plurimi precedenti, anche specifici, e non aveva mostrato alcuna attenuazione della capacità criminale, ma aveva continuato a perpetrare le medesime condotte: in linea con i principi esposti la Corte ha considerato che l’ulteriore episodio è certamente indice di una aumentata e pervicace capacità a delinquere e di una maggiore pericolosità del reo.
Il quinto motivo è infondato. Il ricorrente lamenta vizio motivazionale in ordine alla mancata applicazione della pena sostitutiva, poichè i giudici di merito avrebbero fatto esclusivo riferimento alla pena pecuniaria, laddove era stata avanzata richiesta di applicazione della detenzione domiciliare o lavoro di pubblica utilità. Al riguardo, pur rilevandosi che la sentenza impugnata fa riferimento alla pena pecuniaria, deve considerarsi che i presupposti indicati dalla legge in ordine alla sostituzione delle pene detentive brevi sono comuni a tutte le pene sostitutive. Invero, l’art. 58 della L.689 del 1981 prevede che: «Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato». GLYPH Ciò chiarito, la valutazione dei giudici di merito è conforme ai principi di diritto affermati da questa Corte di legittimità, secondo cui la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice sulla base dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. e, dunque, considerando, in primis, le modalità delle violazioni commesse e la personalità del condannato (ex multis,
Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, Rv. 263558-01): tanto anche in seguito alla riforma Cartabia (Sez. 6, n. 33027 del 11/5/2023, Agostino, 4 Rv. 285090-01, in motivazione), posto che l’attuale richiamo ai «fondati motivi» di omesso adempimento, che determinano il rigetto dell’istanza di sostituzione della pena, ai sensi dell’art. 58, comma 1, seconda parte, legge 689/1981, impone solo di soppesare adeguatamente gli elementi prognostici disponibili, portando all’adozione di forme sanzionatorie più consone alla finalità rieducativa del condannato e all’obiettivo di assicurare effettività alla pena (Sez. 5, n. 17959 del 26/01/2024, Rv. 286449-01), non certo ad escludere che si effettui la detta prognosi anche in base alla sua personalità. Si è dunque chiarito che il giudice, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, non può argomentare la prognosi negativa in ordine adempimento delle prescrizioni da parte dell’imputato facendo esclusivo riferimento ai suoi precedenti penali, ma può trarre elementi di valutazione dalla natura e dal numero di essi, oltre che dall’epoca di commissione degli illeciti. (Sez. 2 – n. 45859 del 22/10/2024, COGNOME, Rv. 287348 01). In proposito, la Corte territoriale sottolinea il rilevante numero dei precedenti, anche specifici, risultanti dal certificato penale dello COGNOME, rivelatori di una spiccata capacità delinquenziale e di una incapacità di revisione critica del proprio vissuto. Secondo i giudici di merito ciò conduce ad escludere una prognosi positiva sulle potenzialità rieducative della pena sostitutiva e sulla correttezza del futuro comportamento. Come detto, si tratta di argomentazioni del tutto conformi ai principi sopra richiamati.
Anche l’ultimo motivo, con il quale si lamenta vizio di motivazione in ordine alla pena, superiore al medio edittale, è infondato. La misura della pena, pari a due anni e sei mesi di reclusione, va rapportata alla misura media considerando la recidiva contestata ed applicata dai giudici di merito, restando quindi ampiamente del medio edittale. La motivazione offerta in ordine al trattamento sanzionatorio è dunque pienamente rispettosa della consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo cui la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica
e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media edittale
(Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017 ,Rv. 271243;Sez. 2, n. 36245 del
26/06/2009, Rv. 245596 – 01).
9. Si impone conseguentemente il rigetto dei ricorsi. Segue per legge la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Roma 25 marzo 2025